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Autore: ShadeKay    07/12/2013    1 recensioni
Un gruppo di uomini, una serata di svago, da biglietteria a proiezione passando per crudeltà, nichilismo ed arrendevolezza. Tutto ciò all'interno di un teatro di gelidi, ordinati spigoli. Horror psicologico dell'indifferenza e dell'arrendevolezza.
Genere: Generale, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Benvenuti, signori, benvenuti.
State per ammirare il capolavoro dell'arte contemporanea, il frutto di decenni di sperimentazione creativa. Prego, dopo di me, avvicinatevi.


Un passo dopo l'altro, con fare incerto ti avvicini come suggerito. 

E' buio, fa freddo, ma il tuo cappotto impermeabile ti protegge dall'umidità. L'aria è stranamente lieve, soffia un'effimera brezza serale. Schiarisci la voce con un colpo di tosse, eppure non parli, raggiungendo l'ingresso.
Una stretta di mano al portiere, ricambiata con un'espressione a metà fra lo statico ed il contrito. Il pavimento rivestito di bianco si srotola davanti ai tuoi piedi, mentre cominci a perderti fra le parole del presentatore. 

Proiezione tre giornaliera, sala cinque.
Con un gelido e composto bacio sulla guancia saluti la donna che ti ha accompagnato fino a quel momento. La proiezione non aspetta, ma il presentatore pare tranquillo. Altri colpi di tosse, eco, silenzio e bianche luci soffuse.
Dalla biglietteria ticchettio incessante, biglietti di gentiluomini prodotti all'istante, consegnati e timbrati, lasciati perdere. E' emicrania od il suono ti pare naturalmente martellante? 

Tocca a te.

Due rapidi tocchi, un'occhiata fugace alla bigliettaia nascosta dietro una paratia di vetro opaco ed il biglietto è nella tua mano. Il presentatore, nel frattempo, cerca di intrattenere gli invitati con forzato garbo, un sorriso di pietra. Un'eco quasi eterea risponde ad ogni sua parola, facendo vibrare i lampadari di cristallo appesi alla grande sala.

Per un attimo è silenzio.


Signori, seguitemi. Ci spostiamo ora nella sala d'attesa, purtroppo avrete da aspettare qualche tempo prima che la seconda proiezione giornaliera termini. Nulla di preoccupante, figuratevi. Sedetevi e attendete, nulla v'è proibito.


Ed un suono lieve di pianoforte, in lontananza, si fa strada verso le tue orecchie. Tu e gli altri ospiti vi sedete, senz'aria alcuna di mestizia o noia, nella fredda calma della sala d'attesa. Il tono falsamente caldo del presentatore si allontana con lui, fino a scomparire, mentre la porta viene chiusa.


Ti senti stranamente rigido, notando che gli occhi di tutti i presenti sono rivolti al suolo o ai lati della camera, quasi ad evitare di entrare in contatto l'uno con l'altro.
Rimani in silenzio per qualche minuto, pur avvertendo un certo nervosismo. Le risate ed i delicati tocchi di pianoforte al di là della sala si fanno più chiari, nell'imbottigliato silenzio della stanza. 

Ad un tratto, uno dei presenti alza lo sguardo. Per un istante che sembra durare più del dovuto, ti guarda, osservandoti con placida curiosità. Difficile per te decifrare il perchè di questo gesto.
Pian piano, gli sguardi d'ogni altra persona in attesa cominciano ad incontrarsi. Ognuno di loro ha un'immagine diversa da proiettare, chi è incuriosito, chi affrettato, chi preoccupato.


Due di loro si alzano, cominciano a girare in tondo attraverso la stanza, con fare pensieroso. Le luci bianche dei lampadari paiono affievolirsi, inondando la stanza di una palpabile ed omogenea nebbia oscura. 

E ti senti strano, per chissà quale motivo. Tutto ciò ti sembra mediocremente differente dalle altre serate al cinema, diverso da quello che questa volta speravi di rivedere.

Ma, in un attimo, le luci si spengono con fragore. I delicati cristalli trasparenti cadono a terra come pioggia, frantumandosi, ancora e ancora al pavimento.
Non ti muovi dalla sedia, non serve. Finalmente.


Le pareti della stanza sembrano dilatarsi, mentre ognuno dei presenti si alza dalle proprie postazioni. 
Vedi gioia in alcuni, stupore in altri, accenni di smarrita delusione in altri ancora.
Tu sei felice. Arcobaleni d'animi differenti, trascuranti finalmente dell'apparenza. E negli arpeggi di viola, così distanti e soffocati, riconosci l'eclettica perfezione che hai sempre ricercato nelle serate erroneamente definite "svago".



L'oscurità si fa sempre più pressante, mentre le risate ed i suoni di piano dalla Sala Proiezioni sono udibili come ad un passo dalla tua stessa posizione. La situazione, per un attimo, si raggela in un battito di artificiale freddezza. Ogni cosa è al suo posto, nell'originaria posizione alla quale era destinata. E come i pezzi di cristallo frantumati al suolo, le nervose convulsioni degli uomini in piedi, anche tu sei precisamente dove dovresti essere.
Ah, il miracolo del cinema.

Un brusio appare in crescendo, dal fondo della stanza. Ironicamente, il tuo udito se ne accorge solamente quando il suono tocca il suo apice. Così fanno i presenti, del tutto inaspettatamente.
Fra di essi, uno di loro sembra nella situazione peggiore. 

Scorgi chiaramente il sudore freddo che imperla la sua fronte, così come l'agitazione quasi ossessiva delle sue braccia, le gambe tremanti. Posto nel centro della stanza, passa lo sguardo vitreo da un angolo all'altro, alla disperata ricerca di qualcosa che non vedrà mai nessuno.

Senti un ringhio improvviso alla tua sinistra, ne sei urtato inconsciamente. Con grande sorpresa, osservi un uomo che con incredibile ferocia si scaglia contro il preoccupato occupante del centro della sala. 
Con sguardo freddo e analitico, ragioni sui suoi movimenti, mentre le sue braccia si avvinghiano intorno al collo dell'uomo. Quegli, sconvolto, pare paralizzato dall'improvviso e apparentemente immotivato assalto dello sconosciuto, ma non sembra reagire.
Così come tutti gli altri occupanti della sala.

E, sotto l'amorfo sguardo di chi attende, l'uomo viene colpito ripetutamente, malmenato fino a sanguinare. Dopodichè, i suoi vestiti vengono strappati, ridotti in brandelli, probabili ultimi rimasugli della carneficina in procinto di compiersi. Qualche gemito, soffocato quasi come ombra di una volontaria reazione. E poi, le ultime convulsioni, mentre l'aggressore sembra calmarsi.
Con le mani prove stesse dell'atrocità del misfatto, si guarda intorno spaesato.
E così come un istante prima era capitato alla sua vittima, ecco assistere egli stesso alla riapparizione immediata del carnefice.

Una cravatta, ed il volto stesso del reo assassino si contrae in un'espressione di pentimento terrificato. Un minuto di agonia, un soffocamento rapido, accompagnato da un'emorragia lieve dovuta all'esplosione di una vena sotto pressione. Ironicamente, il corpo, non più freddo di quanto già non fosse in vita, si accascia su quello della sua stessa vittima.

Un calcolato silenzio.

Una decina di minuti ed una distinta figura dal volto impassibile ma leggermente accigliato si avvicina alle due carcasse, dimenticate da chiunque. Uno o due tocchi, polso, collo ed occhi.
Il medico si allontana, decretando la morte delle due figure, come corvo messaggero di passate sventure ora vagante per le campagne disabitate. Sbatti le ciglia, egli è nuovamente al suo posto.

Il suo atteggiamento provoca l' irata reazione di tre dei componenti della combriccola in attesa, venendo giudicato lentamente e con furore in crescendo. E così tocca anche a colui che guarda e constata l'ovvio, armato del solo timore di poter perdere qualcosa nel modificare la situazione. Stranamente divertente.


Lentamente, con fare disgustosamente patetico, i tre si avvicinano al medico, circondandolo. Nel frattempo, tu osservi incuriosito gli avvenimenti in compagnia dei restanti cinque gentiluomini.

Ognuno dei tre porta qualcosa di diverso in mano. Vedi cocci di cristallo, un oggetto metallico non meglio identificato. Il medico si alza.
Con fare di sfida e senza parole, li fissa, uno per uno. Ed uno per uno essi ricambiano il suo sguardo, quasi esterrefatti dinanzi alla palese spavalderia dell'uomo. Egli porge loro l'orologio.


Con fare dapprima curioso, poi terrorizzato, i tre uomini osservano con spietato interesse le lancette muoversi. Uno, due, tre.
Uno, due.
Quattro, sei, dodici.
Uno.


Che senso ha questa attesa? E' semplice ritardo oppure preparazione? Gli spigoli della stanza si restringono, aspetta il tuo turno. Il cinema non ha abbastanza posti per tutti.


Il respiro dei tre uomini diventa affannoso, come se ogni secondo aggiunga un enorme peso al loro cuore ed animo. La disperazione è percettibile, mentre il medico fa notare l'enorme importanza dell'attesa che oramai prosegue da tempo indefinito. Con le mani costrette alle tempie, si abbassano uno dopo l'altro, sulle ginocchia. Sbattono le palpebre con anormale velocità, sintomo di preoccupazione crescente. Le loro pupille scattano in alto ed in basso, ogni secondo che passa. 


Tornano ai loro posti, strisciando. Il medico, con fare disinvolto e soddisfatto, esce dalla porta della camera d'attesa. Nessuno osa seguirlo.

Solo ora ti accorgi che le luci sono di nuovo accese, rimproverandoti per la tua distrazione.

Senti le risate farsi più forti dalla Sala Proiezioni. 


Non ne puoi più di quest'attesa, non riesci a sopportare oltre. Basta. E' tempo di portare i reclami al portiere.

Ti alzi.

Stai per toccare la maniglia, ma due dei presenti ti bloccano la strada.
Nessuno di loro proferisce parola. Non ce n'è bisogno, al cinema.


Fai cenno di spostarsi per poter aprire la porta ed uscire da quella gelida sala quadrangolare, ma nessuno sembra aver compreso il tuo gesto.
Ti ripeti, ma la reazione è la stessa. Ancora e ancora.

Basta.


Il pollice e l'indice premono contemporaneamente. I tuoi polsi sono stretti dalle rossastre mani dell'uomo che poco prima cercava di bloccarti il passaggio.
Con sadico desiderio di rivalsa, lo spingi a terra, nonostante si sia precedentemente spostato, arreso alla prima manifestazione di superiorità. Sessanta secondi.


Serenità, velocità, attesa.


I tuoi occhi sono fissi in quelli della tua stessa vittima, che cade a terra gorgogliando, tentando di portare le scomposte mani tremanti al collo.


Apri la porta.

Ansimando, sei fuori. Cadi sulle ginocchia, provi in un solo attimo tutto lo sforzo accumulatosi in quella stanza. Respiri a pieni polmoni aria nuova, come di ritorno da un'apnea durata fin troppo a lungo.
Vieni subito accolto.


Oh, benissimo, signore. L'attesa è finita, la proiezione numero tre può cominciare.

Per un attimo ti ricordi degli altri, chiedendo informazioni su chi è rimasto all'interno della stanza. 


Non si preoccupi per loro, chi deve assistere alla proiezione ha la garanzia di essere presente. Mi segua, ora.


Un corridoio dal tappeto blu, in contrasto con il bianco del pavimento. I grandi portoni della Sala Proiezioni si spalancano dinanzi a te, mentre il portiere ti porta nel posto a sedere, riservatoti fin dall'inizio. Noti compagnia intorno a te, ma non te ne curi. L'attesa è finita.


La Proiezione comincia. Fissi il grande schermo con aria di attesa, curioso di cosa guarderai ancora una volta. Sagome cominciano ad apparire dalla celluloide.


Signori, seguitemi.


Sorridi.

 
  
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