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Autore: Shetani Bonaparte    08/12/2013    0 recensioni
[Deadpool]
Una guarigione in corso, in un magazzino abbandonato. Deadpool e Bob confessano cose che nessuno ha mai udito. E lo fanno in silenzio.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'I love you, Mr. Wilson'
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~~Ti avvicini a lui e ti inginocchi.
Gli sfiori la guancia con un tocco quasi inesistente ma lui se ne accorge.
Soffre. Glielo leggi negli occhi. Evidentemente, esser stato trivellato da una mitragliatrice e gettato giù da un elicottero non è affatto divertente.
La sua maschera è a brandelli, il suo costume è strappato e bucato e intriso di sangue – il SUO sangue. Ma non importa. Gli sollevi il capo e il busto, gli fai poggiare la schiena sulle tue gambe e il tuo busto, la sua testa è poggiata sulla tua spalla sinistra.
Oddio… se i tuoi compagni dell’Hydra ti vedessero, potrebbero ucciderti seduta stante. In fondo, ti stai curando di un nemico.
La tua mente è stranamente lucida anche se il suo sangue ti sporca, impregnando la trama intricata della tua verde divisa da Agente dell’Hydra, anche se ti viene da piangere, a vederlo così, anche se vorresti prenderlo per mano e carezzargli il petto mentre il suo fattore di rigenerazione lo guarisce, anche se vorresti potergli posare un casto bacio sulle sue labbra screpolate e deturpate e, noti, ancora sporche della Nutella che si era mangiato tre giorni fa.
Ma non fai nulla di tutto ciò. Non PUOI fare nulla di tutto ciò. Non puoi perché, lo sai, lui ti rifiuterebbe; e poi, insomma, ti eri iscritto all’Hydra per mostrare a quella stronza della tua ex moglie tutta la tua virilità, che sei un vero uomo!
Lui geme mentre si mette comodo: una costola, probabilmente, o la spina dorsale, scricchiola con un rumore secco, che ti fa impressione.
“Ssshh… sta fermo… quando starai meglio ti porterò via di qui… fermo…” gli mormori nell’orecchio. Chini il capo, poggi la tua guancia sinistra su quella destra di lui, serri gli occhi trattenendo quelle lacrime estremamente bastarde che ti pizzicano gli angoli degli occhi.
Santo Thor… fa un male cane vederlo soffrire. Ti fa così male che, forse, soffri più tu di lui.
“B-bob” ti senti chiamare.
Risollevi la testa per guardarlo meglio, osservi il suo corpo, che sta guarendo estremamente veloce, e poi appunti gli occhi sui suoi.
“Bob, pensi c-che tornando a casa potremmo fermarci al negozio di tacos?”
Ridacchi e lo fai non per la stupidità della domanda, non solo perché dovrebbe preoccuparsi del proprio stato di salute fisica – e mentale, dai – ma perché sei felice di sapere che si sta riprendendo. Non che tu sia preoccupato per la sua vita: suvvia… lui è il grande Deadpool!
Annuisci; ti guardi attorno. Siete in un magazzino abbandonato e decadente, il pavimento – come tutto il resto – è sporco e polveroso. Fortuna che, a causa dell’alba che sta per nascere e della mezza oscurità che governa tutto, non vedi un ratto pulcioso passarti, silenzioso, accanto.
Fai per far sedere quello scapestrato del Mercenario quando lui, contrariato, mormora un debole “No, Bob, stiamo qui un altro pochetto”.
Resti li, lasciando che lui si poggi di più a te, la testa reclinata all’indietro, affianco alla tua, poggiata sulla tua spalla, senti il suo respiro che, da pesante e gorgogliante, si fa normale, pacato. Ormai, lo vedi, è totalmente guarito e la sua pelle orribilmente colma di cicatrici e piccoli bubboni causati dal cancro è integra.
Ti muovi un attimo, sedendoti a terra più comodamente, le gambe ai suoi lati.  Poi non sai come o se dovresti reagire, sai solo che senti le sue mani inguantate e grosse carezzartele, sondando la superficie ruvida dei pantaloni verdi.
Arrossisci, un po’ per l’emozione, un po’ per l’imbarazzo che quel suo gesto stranamente dolce nei tuoi confronti ti infonde, avviluppandoti l’anima, facendo sussultare il tuo cuore.
‘Ti amo’ vorresti dire. Due semplici parole così piccole e dal significato così complesso e grande. Potresti rischiare, potresti dirgliele ma facendolo potresti venire atrocemente punito o allontanato o tutte e due le cose assieme. Senti che è rischioso, confessargli questi sentimenti che a stento hai confessato a te stesso, senti che ci sarebbe qualcosa da perdere. Anzi, qualcuno: lui.
Così ti consoli, concentrandoti sul suo corpo così a contatto con il tuo, sulle sue carezze, tentando di scolpirtele nella memoria.
Ti rendi conto di esser stato almeno minimamente utile a mr. Wilson, che aveva bisogno di te – lui, che dice di non aver mai bisogno di nessuno ma che in realtà, lo sai, si sente solo e bisognoso d’affetto, anche se non lo ammetterebbe manco sotto tortura.
Eppure ora rimane lì, mentre gli carezzi il petto con una mano.
‘Ho bisogno di te’
Queste parole non le pronuncia nemmeno, ma le senti, sono nell’aria, lo vedi dal modo in cui sospira, girando la testa e nascondendo il viso nell’incavo del tuo collo, lasciandosi carezzare, gustandosi il tuo affetto – affetto vero, puro, semplice – e tacendo – lui, il Mercenario Chiacchierone che tace… ironico, eh?
Lui non ammette di soffrire la solitudine, tu non gli riveli di amarlo e ciò vi fa male nel profondo.
Così ora, in quel magazzino lercio, tu gli doni l’affetto che da sempre volevi donarli e lui riceve tutto quello che desiderava. Vi consolate a vicenda, in un tacito accordo, senza proferir parola per non disturbare il silenzio del sole che tramonta.
Ammettete questi vostri segreti in un silenzio assordante, vi capite.
Il silenzio, fra di voi, a volte vale più di mille parole.
 
  
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