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Autore: Fuocqua    10/05/2008    2 recensioni
Come'era Jack a sedici anni? Dove ha imparato tutto quello che sa? Che rapporti aveva con suo padre? Qui tutte le risposte date dalla mia fantasia
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jack Sparrow, Joshamee Gibbs, Lord Cutler Beckett, Tia Dalma
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Basta! Questa è l’ultima goccia! Io me ne vado.” Gridò Jack, un pirata sedidicenne, anche quella volta s’era battuto come leone durante l’arrembaggio, è vero forse aveva commesso qualche imprudenza, ma era stato bravo e suo padre, il massimo che gli avesse detto era stato: la prossima volta vedi di stare più all’erta, sei quasi stato colpito. Solo queste parole, nulla di più. A Jack, ciò non era affatto piaciuto, sperava di essersi meritato un qualche complimento e invece……………. Ma tanto era inutile, per quanto si impegnasse quel che faceva non bastava mai per soddisfare suo padre, il grande Capitan Teague Sparrow, il pirata più temuto fra i filibustieri e custode del Codice. Era difficile per Jack essere sempre all’altezza delle aspettative che i pirati avevano su di lui e per quanto si sforzasse non riusciva mai ad avere l’approvazione del padre. Per il giovane riuscire a rendere fiero di lui il padre era l’ambizione più grande, siccome s’era reso conto che non poteva mostrare il suo valore finché viveva all’ombra del padre, aveva quindi deciso di andarsene da quella nave e da quella flotta.
“E dove avresti intenzione d’andare, Jackie?” chiese ironico il Capitano Teague che non credeva alla risolutezza del figlio. “Lontano da te, armerò una nave per conto mio e diventerò il più grande Capitano di tutti i tempi.”
“E credi di farcela? Vorresti davvero andare da solo a cercare una ciurma ed una nave? Nessuno ti seguirebbe, pivello. Non hai abbastanza disciplina, non hai denaro, hai bisogno di una cultura più approfondita e di molte altre qualità che ancora non hai. Se vuoi diventare un grande marinaio devi restare al mio fianco, da solo non potrai mai avere le nozioni necessarie.”
“Piuttosto che restare con te, che mi tratti alla stregua di un mozzo, preferisco andarmene.”
“Ti ripeto la domanda, dove vuoi andare?” Jack rimase pensoso qualche attimo, suo padre non aveva tutti i torti, aveva ancora bisogno di addestramento, ma non lì…………...no, non poteva restare, specialmente dopo questo suo colpo di testa, glielo avrebbero rinfacciato per anni………… C’era una sola soluzione, esisteva soltanto un altro modo per poter diventare dei provetti navigatori, e per quanto fosse difficile prendere quell’amara decisione, disse: “Andrò ad arruolarmi all’accademia della marina britannica.” Il padre e la ciurma, che era presente, trasalirono, poi gli occhi del Capitano Teague si infiammarono ed urlò: “Non permetterò mai che mio figlio si arruoli nella marina, tra i miei nemici! Ti farò tener d’occhio affinché tu non possa scendere dalla Perla Nera, mai! E ora rimangiati quello che hai detto.”
“No! Ho deciso di andarmene, e così sarà!” ribatté con ferocia il giovane Jack, il padre impallidì per qualche attimo ma subito si riprese ed ordinò al nostromo e ad un altro paio di pirati: “Prendetelo, e dategli dieci frustate. Nessuno può abbandonare la nave del Capitano Teague, nessuno! Neppure suo figlio. E come previsto dal Codice, chi disobbedisce o contesta gli ordini del capitano deve essere punito.” Il comandante in seconda e gli altri due eseguirono, senza batter ciglio, quel terribile ordine.
Jack era chiuso nelle prigioni nella stiva della nave, era assurdo che suo padre lo trattasse così, seguiva troppo alla lettera le disposizioni del Codice dei pirati e ripeteva sempre Codex Lex est, il codice è legge e non si faceva scrupoli per farlo rispettare, quando si trattava degli scritti Morgan e Bartholomew non guardava in faccia nessuno, neppure suo figlio. Jack era convinto che il padre avesse un’avversione particolare nei suoi confronti, lo trattava sempre più severamente rispetto agli altri, forse perché lo voleva il migliore, o forse per fortificare il suo carattere……bhe
a Jack non importava quale fosse il motivo, a lui non piaceva essere trattato così, punto e basta. Ci fosse almeno stata sua madre, era anni che non la vedeva, infatti Teague aveva preteso di prendere con sé ed educare il figliolo non appena che avesse compiuto dodici anni così era stato. Erano quattro anni, quindi, che Jack non vedeva la madre. Il giovane pirata, rimescolando dentro di sé tutti i suoi pensieri, decise che era l’ora di dormire e che avrebbe pensato l’indomani a un modo per evadere. Si gettò a terra con la pancia sul pavimento, non poteva di certo appoggiare la schiena così martoriata.
La mattina dopo, quando uno della ciurma gli portò la colazione, a Jack venne una geniale idea per scappare, quella notte stessa, gli era infatti tornato in mente il pugnale che teneva nascosto nello stivale. Rimuginò sui dettagli tutto il giorno, poi, la sera, quando uno dei filibustieri gli andò a portare la cena, lo mise in atto. L’uomo aprì la porta e bofonchiò: “Pivello, t’ho portato una scodella con del cibo.” Jack non perse tempo, s’alzò in piedi d’un lampo e puntò il coltellaccio al collo del pirata, poi gli prese le armi (aveva con sé due carabine ed un fioretto), poi lo imbavagliò, infine gli prese la ciotola con la cena e gli legò i polsi, per ultimo uscì dalla cella chiudendovi dentro l’uomo. Sgattaiolò velocemente fuori coperta e senza problemi attraversò il ponte, poi, facendo ben attenzione di non farsi scorgere dal timoniere che stava sul cassero di poppa, calò una baleniera in mare e infine vi salì a bordo ed iniziò a seguire una sua rotta. Mentre la barcaccia s’allontanava, Jack si volse un attimo indietro e con luccicone negli occhi pensò Addio padre, prima o poi ci rincontreremo e per allora sarò diventato un uomo.
La mattina seguente, a bordo della Perla Nera, un pirata si precipitò d’innanzi al capitano dicendo: “Vostro figlio! È sparito!”
“Che cosa?” domandò feroce il capitano e subito si precipitò sotto coperta nella prigione, nel vedere uno dei suoi uomini legato ed imbavagliato al posto del figlio e alla notizia che una delle scialuppe era sparita, al Capitano Teague s’illuminarono gli occhi e quasi sussurrando, con un sorriso sulle labbra, disse: “Il mio Jackie.” poi pensando aggiunse: sta imparando a volare.

Jack era in mare da qualche giorno e si era reso conto d’esser stato uno sprovveduto a non portarsi dietro né dei viveri, né delle carte nautiche, aveva con sé soltanto una bussola. Il sole picchiava alto, Jack era affamato ed assetato, non sapeva dove si trovava, ad un tratto, poco prima di svenire, vide un’isola e, sperando che quello non fosse un miraggio, cadde come corpo morto cade.
Aprì gli occhi e, incredulo d’esser ancora vivo, si guardò intorno, si trovava in una capanna di legno piena di oggetti strani, per lo più di roba che riguardava la magia e la veggenza, ad un tratto il suo occhio cadde su una donna di carnagione scura seduta ad un tavolo. Era una donna strana, vestita con un vecchio abito tutto rovinato, aveva i capelli lunghi ed in colti, ma era piena di una misteriosa bellezza. Jack non sapeva se doveva parlare oppure no, a togliergli questo dubbio pensò la stregonessa che disse: “Ben svegliato Jack Sparrow.”
“Conosci il mio nome?”
“Conosco molte cose su di te. Gli spiriti ultraterreni che invoco mi raccontano tutto su qualsiasi persona io voglia.”
“Siete voi che m’avete salvato?”
“Sì, Tia Dalma ti ha soccorso e curato.”
“Grazie infinite, mi credevo ormai morto.”
“Il giorno della tua definitiva dipartita da questo mondo è ancora lontano.”
“Ti hanno detto pure questo gli spiriti?” chiese Jack scettico ed ironico. Tia Dalma lo ammonì: “Tu sei ancora giovane, ma destinato a vivere grandi cose, avrai a che fare con forze ultraterrene più di quanto tu ora possa immaginare. Ti renderai presto conto che la magia permea questo mondo.” Jack non dette molto peso a quelle parole e subito chiese: “Da quanto tempo sono qui?”
“Due giorni.”
“E quanto dista da qui l’accademia della marina britannica più vicina?”
“Quindici giorni su quella tua barca, andando in direzione………..nord, centosessantasette gradi nord. Ho già pensato a procurare viveri a sufficienza.”
“Di già? Ma ti sto simpatico o antipatico? Prima mi salvi e poi mi cacci…..”
“Jack, devi andare e proseguire il tuo cammino, ci saranno molte altre occasioni in cui ci rincontreremo. Tornerai da me e allora ci potremo conoscere, molto meglio e più intimamente. Ma ora è il momento che tu vada!”
E così il buon Jack Sparrow si rimise di nuovo per mare, questa volta provvisto di tutti i viveri necessari. Navigò per nove giorni in piena tranquillità, poi giunse in vista di una grande fregata inglese, quando tra le due imbarcazioni c’erano poco più di venti metri di distanza, un soldato del grande veliero domandò: “Ehi del canotto, chi vive?” Jack decise che sarebbe stato comodo avere un passaggio su quella signora nave, per cui rispose: “Sono un povero diavolo che vuole iscriversi all’accademia della marina. Vado bene in questa direzione?”
“Sì, ma è inutile che tu prosegua su quella barcaccia. Oggi è il tuo giorno fortunato, questa nave ha raccolto tutti i giovani che come te si vogliono arruolare e li sta conducendo all’accademia. Ti conviene salire a bordo.” Jack non se lo fece ripetere due volte, subito accostò la scialuppa a tribordo, poi la fece issare e infine salì anche lui sul ponte. “Giovanotto dove sono i tuoi effetti personali?” domando il nostromo “Li ho tutti indosso, signore.”
“Uhm……non sei il figlio di qualche nobile, né di un qualunque borghese, il tuo aspetto è estremamente trasandato, come mai vuoi arruolarti?”
“Ho i miei motivi, signore. Comunque non credevo che bisognasse essere figli di gente benestante per potersi arruolare, credevo che quelle fossero le credenziali per far carriera.” Il comandante in seconda arrossì un attimo, poi ordinò: “Tenente Steward, portate in una cabina questo sagace giovanotto.”
“Subito, signore.” Rispose l’interpellato ed accompagnò Jack sotto coperta, mentre il nostromo andava ad informare il Capitano della presenza di un nuovo passeggero. Jack si sistemo nella propria cabina, o meglio vide qual era dato che non aveva nulla da riporvi, infatti con sé aveva soltanto gli abiti che indossava (pantaloni di tela originariamente blu, una camicia rossa, una lunga fascia multicolore intorno alla vita e una bandana rossa sui capelli nerissimi ed increspati) e le armi che aveva rubato al pirata quella notte in cui era fuggito. Il giovane decise di fare un giro della nave, tanto per vedere che tipo di gente ci bazzicava……erano per lo più damerini, figli di lord o dell’alta borghesia. Jack si sentiva un po’ a disagio in mezzo a quella gente proveniente da un mondo così diverso dal suo, ma di certo ciò non lo spaventava, anzi lo spronava a mescolarsi ancor di più in mezzo a quei ragazzi per allargare le proprie conoscenze. Mentre gironzolava vide due ragazzi della sua stessa età appoggiati sul parapetto ed intenti a parlare, Jack decise di provare a conoscerli, s’avvicinò loro e disse: “Buongiorno, mi chiamo Jack Sparrow, sono appena salito a bordo di questa fregata, siete anche voi diretti all’accademia?” i due giovani lo guardarono con sdegno, poi quello che tra loro era il capetto rispose: “Io mi chiamo Cutler Beckett e lui è Mercer. Mio padre è un ammiraglio della marina britannica e il suo è un commodoro, il tuo che mestiere fa, lo straccivendolo?” Jack scosse la testa sorridendo e disse: “No, è a capo di una flotta privata, tutta sua.” I due lo guardarono stupiti, ma subito si convinsero in cuor loro che il ragazzo stesse mentendo e Beckett riprese: “Una flotta di cosa? Di barchette di carta o zattere di fortuna? Mi pare impossibile che tu possa esser figlio di qualcuno d’importante, altrimenti non andresti in giro vestito così, come un pezzente.”
“Già, i vestiti………… Ti ricordo che l’abito non fa il monaco e poi” tirò fuori e mostrò le due carabine “mio padre ha potuto permettersi di darmi queste. Sapete che cosa sono? Delle pistole, ne avete mai viste?” Beckett divenne verde d’invidia e rispose: “Certo, tuo padre le avrà tolte ad un qualche cadavere. Il mio, invece, si è potuto procurare per me questa bella lama di Toledo.” e mostrò con orgoglio la navaja che aveva alla cintura, dopo averla sfoderata. “Bella!” esclamò con stupore Jack “A Toledo si fabbricano lame con acciai inarrivabili! Io, invece, ho un normalissimo fioretto.”
“Strappato a un morto anche quello, suppongo.”
“Smettila d’insultare mio padre. In ogni caso non conta la provenienza di una spada, ma l’abilità di chi la maneggia.”
“E tu credi di saperla maneggiare bene? Mio padre mi ha fatto istruire nella scherma dai migliori insegnanti d’Italia e di Francia.”
“Anch’io sono stato addestrato bene dagli uomini di mio padre.”
“E chi erano? Vagabondi e attaccabrighe? È inutile che tu tenta di far passar tuo padre per chissà chi, mio padre è il migliore.”
“Tu non conosci il mio genitore e io non conosco il tuo, non possiamo giudicarli. Infondo non importa chi siano i nostri padri, ma di cosa siamo capaci noi.” L’altro sorrise e confermò: “Già, ma ricorda, talis pater talis figlium e poi buon sangue non mente. Il mio sangue è buono, ma il tuo? A me sa che è un po’ marcio.” si mise a ridere col suo amico, poi ancora sghignazzando si voltò per andarsene. A quelle parole Jack era rimasto impietrito, una rabbia lo aveva preso, stava per estrarre la spada, ma poi fece due respiri profondi, poi disse: “Non credere di confondermi col latino. Per quello che hai detto avrei voglia di ucciderti, ma non posso, la legge lo vieta: dura lex, sed lex est !” e ciò detto fu soddisfatto, sapeva che con quella frase aveva dimostrato la propria qualità. Dopo quel fastidioso dialogo si voltò e vide un altro ragazzo andargli incontro e dirgli: “Non te la prendere per quel che ha detto quel Beckett. Quello è uno che si crede chissà chi solo perché è figlio di un pezzo grosso, ma sotto, sotto non credo che valga un granché. Piacere mi chiamo Joshamee Gibs, e tu sei…….?”
“Capitan Jack Sparrow.” rispose stringendo all’altro la mano. “Capitano di cosa?” domandò perplesso l’altro “Della baleniera che ho rubato a mio padre, con cui sono arrivato sin qui, e di tutti coloro che mi vorranno seguire.” Joshamee lo guardò dubbioso, poi chiese: “Posso essere il tuo secondo?”
“Certo, mi pari un tipo in gamba, Gibs. Mi piace, Sparrow e Gibs versus Beckett e Mercer, suona bene, non trovi?”
“Tu dici? Ma perché contro? È meglio lasciarli perdere quei tipi, te l’ho detto, non vale la pena di prendersela con loro.”
“Sbagli, mio caro, per questi due anni di accademia i figli di nobili e ricchi tormenteranno, credendosi superiori, tutti gli altri. Bisogna che qualcuno ristabilisca l’equilibrio, ti pare?” E così Jack e Joshamee fecero amicizia per la prima volta, i due giovani continuarono a parlare e Gibs presento a Jack tutti gli altri ragazzi d’umili o medioborghesi origini presenti sulla fregata.
Nel giro di tre giorni arrivarono a destinazione ed allora le distinzioni sociali furono meno evidenti poiché la marina britannica forniva a tutti gli arruolati un paio di divise una da indossare e una per il ricambio, ma Beckett e quelli come lui s’erano già fatti un’idea della gente da frequentare e di quella da evitare. L’accademia era una vera e propria scuola di tutto rispetto dove non solo venivano insegnate ai giovani tecniche di navigazione, orientamento, nodi e a combattere, ma pure materie molto più culturali come la storia, la geografia naturalmente, economia, politica e, addirittura, il latino! Due anni lì, per Jack, passarono d’un lampo, si divertiva molto sia ad imparare, sia a far continui scherzi a Cuttler Beckett, Mercer ed i loro amici, anche se l’expirata dovette ammettere che Beckett era, dopo di lui, il migliore della scuola e non un pallone gonfiato, così come aveva inizialmente pensato. Durante quel periodo, il giovane Sparrow non era solo a combinar le sue marachelle e, oltre a Gibs, aveva intorno a sé diversi amici, in particolare s’erano legati a lui un certo Weston Sam e Trable Isac, entrambi molto in gamba e dal carattere risoluto che vedevano in Jack un modello da imitare. Come già detto il tempo all’accademia era volato via velocemente, era ormai tempo di prendere il diploma e di scoprire quale ruolo sarebbe loro stato assegnato, ma prima di tutto ciò c’era un’ultima e decisiva prova. Nel nuovo mondo esistevano infatti due accademie della marina, una britannica e l’altra spagnola ed entrambe, ogni anno, si sfidavano in una simulazione di guerra per vedere quale che fosse tra loro la migliore. naturalmente non si voleva rischiare la vita dei ragazzi, per cui era proibito l’uso delle pistole, mentre le spade erano senza filo, ma cosparse d’una strana mistura che macchiava chi da essa veniva colpito e quindi si riusciva a capire chi doveva fingersi ferito e chi morto. La competizione consisteva in questo: ogni accademia mandava due squadre sulla stessa isola, i quattro gruppi si sarebbero dovuti scontrare per prevalere gli uni sugli altri. Quando tutti i giocatori di una banda erano ‘morti’ allora quella aveva perso, così pure se si arrendeva, l’ultima squadra che rimaneva era quella vincente. I ‘morti’ sarebbero stati recuperati a fine gara. Gli insegnanti dell’accademia britannica, divisero i giovani diplomandi nei due gruppi e, pure nominarono i loro capitani, ovvero i due studenti migliori, che, com’era presumibile, erano Jack e Cuttler. Il giovane Sparrow guidava la squadra rossa e, ovviamente, si scelse Gibs come comandante in seconda; Beckett era a capo della squadra nera e il suo luogotenente era Mercer. Alla partenza Jack, che all’epoca era molto sportivo, disse all’avversario: “Bhe che vinca il migliore.”
“Si, lo farò di certo.” rispose freddamente l’altro. Jack non se la prese, anzi ridendo affermò: “Oscitat in campis caputa cervice, revolsum semianimesque micant, oculi lucemque requirunt” [ trad: la testa staccata dal collo giace con la bocca aperta nei campi e gli occhi semivivi guizzano e cercano la luce]
“Ma che orrore!” esclamò l’altro orripilato. “Già” ribatté Jack “Ma è la fine che faresti, se si trattasse d’una battaglia vera.”
“Non meum, sed tuum caput caderet.” I due giovani avevano smesso quasi subito d’insultarsi, se volevano sfidarsi verbalmente allora preferivano far sfoggio della loro abilità nel parlare la lingua della chiesa e degli antichi Romani.
Il veliero di Jack approdò sull’isola a tarda notte, egli, in qualità di capitano, ordinò che si dormisse sulla nave, al meno per quella prima volta. La mattina seguente, invece, diede queste disposizioni: “Signor Gibs, voi, con metà dell’equipaggio vi occuperete di trovare un luogo sicuro in cui costruire il nostro campo base. Io, invece, colla parte restante degli uomini andrò in esplorazione ed avanscoperta. Tutto chiaro?” tutti i ragazzi risposero “Sì, signor capitano.” quella risposta riempì Jack di gioia, poi disse: “Bene, dividetevi come meglio credete. Signor Weston, voi verrete con me.” Jack, con la sua parte d’equipaggio, perlustrò tutta l’isola e si fece più o meno un’idea di dove potessero essere le altre squadre o di che strategia avessero usato, ad esempio quella blu si era costruita un fortino in cima ad una collina, mentre la gialla aveva preferito non stabilirsi e aggirarsi per ogni dove alla ricerca degli avversari. La notte Sparrow fece ritorno alla nave e, ricordandosi ciò che Joshamee gli aveva detto quella mattina, intuì subito dove doveva essere stata eretta la fortificazione. Aprì la porta senza timore, ma ahimé, si trovò sciabole e fioretti puntati ovunque, immediatamente Jack estrasse la sua arma, pronto a difendersi, mentre i suoi compagni le gettarono a terra impauriti. Inaspettatamente si fece avanti Beckett che disse: “Sparrow, finalmente abbiamo anche te.”
“Capitan Sparrow, tanto per cominciare e poi………..Ma sei impazzito? Non è contro noi stessi che dobbiamo combatter, ma contro gli Spagnoli!”
“Infatti io condurrò alla vittoria la nostra squadra. Non ho ucciso i tuoi compari, né li ho fatti arrendere, semplicemente li ho convinti a combattere sotto la mia bandiera. Anche voi avete la stessa possibilità. Riprendete le vostre lame e venite dalla mia parte.” Tutti i ragazzi raccolsero le spade e si misero dietro a Beckett, solo Jack rimaneva in piedi, braccia conserte sul petto, a fissare negli occhi il capitano dei neri. “Bhe, che c’è, Jack, tu non vuoi forse combattere?”
“Ai tuoi ordini? Preferirei battermi da solo, piuttosto che seguire, te, Beckett.”
“Ah, capisco. Ti senti spodestato dalla tua autorità di capitano? Non preoccuparti, se eseguirai i miei ordini ti ricompenserò a dovere con dei dobloni che ho con me.”
“Non mi puoi comprare. Nec mi aurum posco; non cauponantes bellum, sed belligerantes ferro, non auro, vitam cernamus utrique.”
“Che paroloni, entrambi decidiamo la vita non coll’oro ma col ferro? Qui nessuno rischia niente, lo sai. E al contrario di quanto affermi la guerra, oramai, si fa mercanteggiando più che combattendo. E se non vuoi l’oro, allora avrai la gattabuia. Mercer, Bridge, portatelo nella prigione.” Mentre lo stavano disarmando Jack dichiarò: “Questo è sleale, fosse almeno un’alleanza alla pari, tra due capitani e non uno sottomesso all’altro, allora forse avrei accettato.” Beckett rise e mentre portavano via il suo avversario, gli disse: “Nulla sancta societas, nec fides regni est. Non te la prendere Jack, nulla di personale, è solo una questione d’affari.”
Jack venne scaraventato dentro alla stiva della propria nave, dato che quella era la prigione, e vi fu chiuso dentro. “Capitano!” esclamò una voce nell’ombra “Signor Gibs?” domandò stupito, poi aggiunse: “Cosa ci fate voi qui?”
“Credete forse che v’avrei tradito? Che sarei passato nell’altra squadra? Che vi avessi abbandonato? Nossignore, Joshamee Gibs non tradisce, né abbandona.” Jack la guardò contento e gli disse: “Amicus certus in re, incerta cernitur. Il vero amico si riconosce nei momenti difficili.”
“Lo so anch’io il latino, capitano.”
“Già. Speriamo solo che questo ammutinamento non mi sia di cattivo auspicio per quel che riguarda il futuro.” Poco dopo entrambi s’addormentarono.
Era mattina inoltrata quando i due prigionieri sentirono dei passi rimbombare nella nave e poco dopo videro arrivare Weston Sam e Trable Isac con in mano le chiavi della cella e subito liberarono i loro compari. “Che gioia vedervi, come mai da queste parti?”
“Capitano, non v’abbiamo tradito, stamani stessa ci siamo, di nascosto, staccati dal gruppo di Beckett per venirvi a liberare.” disse Isac, poi Sam continuò: “Quello è un pazzo! Vuol combattere a viso aperto contro gli Spagnoli nella valle.”
“Bhe, una battaglia campale, non vedo cosa ci sia di male. A parte che gli Spagnoli, essendo in due squadre, possono accerchiare i nostri compatrioti ed avere gioco facile su di loro. Presto, andiamo a raggiungerli!” dichiarò entusiasta Jack. Si misero subito in marcia e, quando giunsero sul campo di battaglia essa era ormai terminata, e ad occhio e croce era presumibile l’avessero vinta gli avversari. Il Capitan Saprrow, però, diede ordine di battere le foreste in cerca di superstiti ed infatti ritrovarono Beckett e un’altra decina di ragazzi. “Oramai si saranno imbarcati e veleggeranno verso il punto di ritrovo!” esclamò Mercer, tutti si sentivano delusi ed amareggiati per la sconfitta, ma Jack non si perse d’animo e disse: “Ma guardatevi e voi dovreste essere il futuro orgoglio della marina? Ma per piacere, state qui a disperarvi quando la speranza non è ancora persa. Noi siamo ancora in gioco e possiamo ancora farcela. Ora si va alla nave e si fa alla mia maniera, alla maniera degli Sparrow.” e dicendo questo un riso gli spuntò sulle labbra, mentre gli occhi gli brillavano di una strana luce.
Una volta a bordo Jack iniziò a dare le disposizioni per attuare il progetto che aveva in mente: “Per prima cosa dobbiamo issare una bandiera, non importa quale, basta che non sia quella inglese, va bhe, dai, mettete quella olandese. Qualcuno stia di vedetta e ci avverta non appena vede la nave spagnola in avvicinamento, se seguiamo la rotta che ho tracciato, dovremmo riuscire a tagliarle la strada. Comunque non appena sarà in vista, il signor Weston segnalerà con le bandiere alla spagnola che la nostra nave è in avaria, contemporaneamente tre dell’equipaggio scenderanno nella stiva per rendere credibile la storia dell’affondamento. I nostri avversari, che non sospettano nulla, ci faranno salire a bordo e sarà allora che noi li attaccheremo. Signor Beckett, quanti Spagnoli pensate ci possano ancora essere?”
“Una ventina, forse di più.”
“Allora sarà facile come bere un bicchier d’acqua.”
“Tu credi? Quelli sono almeno il doppio di noi e tu pensi che batterli sia semplice?”
“Mio padre se l’è cavata in condizioni anche peggiori.” poi si guardò intorno e aggiunse: “Ma è anche vero che qui non siamo sulla Perla Nera, non ho quei lupi di mare ansiosi di bagnare le lame nel sangue………”
“Ma che razza d’equipaggio ha tuo padre? Pirati, forse?”
“Non ha importanza. Comunque direi che possiamo farcela ugualmente, non dimenticare che abbiamo l’effetto a sorpresa dalla nostra parte………e se dovremo morire lo faremo con onore. Ora presto, su dobbiamo salpare, su tutti ai posti di manovra.” E così il veliero prese il largo.
Come previsto dal giovane Sparrow, la nave inglese precedette quella spagnola, la quale abboccò subito e cadde nella trappola tesale. Il vascello iberico s’affrettò immediatamente ad andare a portar soccorso a quello ‘olandese’ che stava andando a fondo. Quando tra le due imbarcazioni v’era ormai poca distanza, il capitano Julos domandò: “Amigos! Cosa accade alla vostra nave.” Gibs rispose: “Eravamo approdati in un’isoletta qua vicino per rifornirci d’acqua, ma quando siamo riparti probabilmente la chiglia ha urtato qualche scoglio……..ora nelle nostre stive c’è fin troppa acqua. Potete prestarci soccorso? Darci un passaggio fino al porto più vicino?”
“Sicuramente.” rispose l’altro capitano, poi ordinò ai suoi marinai: “Presto calate delle scialuppe in mare.” Immediatamente un paio di barcacce vennero calate e undici finti Olandesi vi salirono a bordo, per poi essere subito issati e metter piede sulla tolda nemica. Non appena furono tutti sul ponte, ecco Gibs gridare: “Alle armi.” I giovani della marina britannica sfoderarono le spade e si lanciarono all’assalto, subito diversi Spagnoli caddero, li altri si strinsero gli uni accanto agli altri e, sebbene circondati, si difendevano egregiamente. Ma ecco! Il Capitan Jack Sparrow, assieme Weston ed a Trable, aggrappato ad una cima, dall’alto piombare nella mischia. Infatti quei tre audaci non erano saliti assieme ai loro compagni, ma si erano arrampicati sull’albero maestro ed erano riusciti a passare sul braccio di trinchetto della nave nemica, da lì, poi, avevano prese tre funi e s’erano lanciati. Dopo quell’attacco dall’alto per gli Spagnoli non ci fu più scampo e furono tutti ‘uccisi’. Tutti si misero ad acclamare Jack per il suo magnifico piano e gli diedero l’onore di ammainare la bandiera spagnola per issare quella inglese. In un angolo Beckett rodeva d’invidia ed odio e diceva al suo fido Mercer: “Fortuna, si tratta solo di fortuna. Non è merito suo.”
Il vascello entrò in porto pochi giorni più tardi e dopo aver premiato gli allievi dell’accademia britannica che, dopo diversi anni di sconfitte, avevano ottenuto la tanto sospirata vittoria, ci fu davvero ciò che più interessava ai ragazzi. Quel giorno, infatti, sarebbero stati consegnati i diplomi e a ciascuno sarebbe stato assegnato un ruolo ed un grado nella gloriosa marina di sua maestà o della Compagnia delle Indie Orientali. Gibs fu assegnato ad un mercantile in qualità di navigatore, Trable divenne tiratore scelto per i cannoni da guerra, Weston divenne tenente in una guarnigione, a Beckett fu dato il ruolo di rappresentante della Compagnia delle Indie Orientali nella zona tra la Giamaica e Maracaibo, quindi doveva gestire tutti gli scambi commerciali e aveva l’autorità di decidere quale nave doveva portare una determinata merce ed aveva potere su tutti i capitani. Tutti erano felici quel giorno, tutti erano entusiasti, ma colui che lo era maggiormente era Jack Sparrow che da quel giorno in poi poteva farsi propriamente chiamare: Capitano.
La nave al cui comando si trovava Jack era stata affidata alla flotta di un grande ammiraglio, il cui compito era quello di rendere sicuri i mari sterminando i pirati ed i corsari d’altre nazioni. Il giovane capitano era in ricognizione a bordo del suo superbo veliero, era stato staccato dalla squadra per rimane a sorvegliare una rotta alquanto pericolosa lungo la quale doveva passare un mercantile assai ricco. Tutto procedeva tranquillamente quando la vedetta avvistò una nave dei bucanieri, Jack afferrò subito il cannocchiale, guardò e riconobbe all’istante la bandiera che sventolava al vento. “Quello è il Capitano Teague, il pirata più pericoloso dei sette mari, nella sua ciurma prende solamente i filibustieri più spietati e sanguinari della Tortue, Tortuga. È strano che non abbia con sé le altre sue navi. Meglio potremo dar battaglia.”
“Ma Capitano” mormorò il nostromo “attacchiamo così? Senza motivo, non dovremmo aspettare di coglierli sul fatto?”
“Non accetto discussioni. E poi gli ordini dell’ammiraglio sono stati chiari: prendere tutti i pirati che incontravamo e quelli lo sono, prova palese è la bandiera sotto cui servono. Signor Steefward, intima loro la resa e mi riferisca la risposta.” Il secondo eseguì, poi disse al suo comandante: “Capitano, inchiodano la bandiera.”
“Bene, vuol dire che hanno intenzione di gettarci sul fondo del mare o morire. Cannonieri ai vostri posti, i tiratori scelti alle mitraglie e alle spingarde. A me il timone.” La battaglia divampò, bordate e miriadi di proiettili e chiodi si infrangevano contro le murate delle navi, oppure bucavano vele e abbattevano alberi. Il fuoco pioveva da ambo le parti e già iniziavano a cadere a terra morti o feriti, ma Jack rimaneva impassibile al timone, puntava a speronare la chiglia nemica per infrangerla e far colare a picco la nave. D’un tratto, però, le cannonate triplicarono, erano infatti giunte le altre navi al soldo del Capitano Teague per salvare il loro comandante che si trovava molto in difficoltà. Nonostante ciò Jack non cedette e all’incredibile velocità di dodici nodi andò a scontrarsi, prua contro prua, ma ahimè l’esito non fu quello previsto, infatti fu la nave del giovane Sparrow a cedere e ad imbarcare acqua, allora il capitano gridò: “Presto tutti ai rampini, abbordare la nave, subito!” i marinai non se lo fecero ripetere due volte ed immediatamente si lanciarono sulla tolda nemica. Si ingaggiò una terribile battaglia, Jack guidava con grande abilità i suoi uomini, continuando di quel passo forse avrebbero potuto vincere, ma i pirati delle altre navi stavano giungendo in soccorso dei compari e l’attenzione del giovane stava per essere distratta. Difatti i due Sparrow si ritrovarono lama contro lama e dopo un’incredibile successione di colpi dati con abile maestria da ambo le parti, Jack riuscì a disarmare e ferire al braccio il padre. Ecco questa era l’occasione giusta per costringere i pirati alla resa, sarebbe bastato minacciare la vita del loro comandante, ma il giovane non aveva previsto la miriade di bucanieri che si misero a difesa del capitano. La lotta durò ancora per venti minuti, poi Jack si rese conto che i pochi soldati rimastigli (diciassette) erano tutti intorno a lui ed erano ormai esausti . il giovane capitano sapeva che a quel punto c’era una sola cosa da fare, rinfoderò la spada e a squarciagola gridò: “Parlé!” di botto i filibustieri abbassarono le armi; pur non capendo, i soldati ringuainarono le armi e uno di loro chiese: “Capitano, che cos’è il parlé?”
“È una regola del codice dei pirati, a chi lo invoca non può essere fatto del male finché non avrà avuto modo di trattare col capitano nemico.” I soldati rimasero stupiti, poi un altro di loro, impaurito, domandò: “Ma come fate ad essere così sicuro che loro lo rispetteranno, sono dei pirati!”
“Già, cosa te lo fa pensare?” chiesero pure alcuni dei bucanieri, Jack sorrise e rispose: “Il semplice fatto che se non rispetterete il codice, il vostro capitano vi appenderà al pennone più alto, oppure vi farà fucilare.” I pirati iniziarono a mormorare, come poteva quel capitano britannico sapere così tante cose? “Allora posso parlare col Capitano Teague?”
“Sì.” rispose la voce del feroce pirata “Ma innanzi tutto voglio sapere chi ho davanti.”
“Sarò lieto di rispondervi, ma solo dopo che m’avrete detto che cosa pensate della mia strategia d’attacco e del mio combattere, dato che abbiamo avuto l’opportunità di scontrarci direttamente io e voi.”
“Cosa ne penso? Penso che siate dannatamente abile, la vostra intenzione di speronare la nave è stata nascosta fino all’ultimo, peccato per voi che lo scafo della Perla Nera sia il più resistente, dopo quello dell’Olandese Volante. Per quanto riguarda la vostra spada, vi basti sapere che mai nessuno era riuscito a fare quanto avete fatto voi in un duello contro di me. Sebbene io sia solito risparmiare i valorosi, non vorrei mai più trovarmi di fronte ad un avversario come voi, per cui……. Uomini gettateli a mare.” I pirati si stavano già sfregando le mani, due s’avvicinarono minacciosamente a Jack, il quale si ritrasse ed esclamò: “Cani rognosi, allora questa non era una falsa, avete davvero poca memoria o io sono forse cambiato così tanto nel corso di due brevi anni?” si levò il cappello e la parrucca bianca che aveva in testa, i pirati lo guardarono senza ben capire, allora Jack si tolse giacca e camicia e mostrava le cicatrici delle frustate che aveva sulla schiena dicendo: “Nostromo, non ricordate forse queste frustate che m’avete dato due anni or sono quando dichiarai di volermene andare?”
“Jackie!” esclamò Capitan Teague e tra i filibustieri s’iniziò a mormorare “Ma sì è proprio lui!.......Non ci credo, il figlio del Capitano………..Certo che ne ha fatta di strada…………Il piccolo Jack è diventato grande……” e così via. Quando più o meno tutte le voci si furono spente, il giovane si rivolse al padre chiedendogli: “Allora, sono finalmente riuscito a soddisfarti? Sei finalmente orgoglioso del tuo figliolo? O dovrò tornare con una flotta e affondarti, affinché il mio valore sia finalmente riconosciuto?”
“No, Jackie. Sei stato formidabile, hai dimostrato d’esser diventato un uomo, ma finché sarai nella marina britannica non potrò essere fiero di te, perché sei privo di libertà. Comunque voglio farti ugualmente un regalo. Questa nave, la Perla Nera, è tua, io me ne procurerò un’altra, ma voglio che questa l’abbia tu.” Jack si commosse e disse: “Grazie, grazie padre, ne avrò cura e ti prometto che avrò cura di lei e non la lascerò mai.” il padre sorrise, poi tirò fuori una vecchia moneta dalla propria tasca e la mise in mano al figlio, Jack la guardò un attimo, poi esclamò: “Ma questo è uno dei nove pezzi da otto! Non puoi darmelo, io non sono un pirata e poi tu perderesti il tuo titolo di Re dei Pirati.”
“Che vuoi che sia? Tanto nessuno si ricorda più che ho quel titolo e non m’importa d’essere o meno un pirata nobile, in fondo sono pur sempre il terribile custode del codice.
Jack, prima d’andare ti voglio dire un ultima cosa, ho parlato con Tia Dalma, m’ha detto che vi siete conosciuti, comunque ricorda che l’ultraterreno esiste, non essere mai troppo sicuro di te e anche se il mare è dominato, ricorda sempre che: nullum peius macerat homines, quumde mare saevum: vires cui sunt magnae toppet, confringent unde.”
“ Niente di peggio del mare crudele tormenta gli uomini, colui che ha grandi forze le onde lo spezzeranno……me ne ricorderò.”
Così Jack tornò a ricongiungersi con la flotta dell’ammiraglio con una nave diversa da quella con cui s’era distaccato, per giustificare ciò raccontò che durante un battaglia loro avevano perso la nave, in compenso avevano presa quella dei pirati uccidendoli tutti. Il tempo passò e Jack colla sua nave fu trasferito e fu incaricato di compiere i trasporti di merci della Compagnia delle Indie. Jack, quindi, passò ad essere agli ordini di Beckett che tanto lo odiava. Infatti, nonostante fosse passato diverso tempo, l’odio che Cuttler Beckett provava per Jack non era affatto scemato. Determinato a sbarazzarsi dell’odiato excompagno d’accademia, il subdolo Beckett escogitò un piano per liberarsi di Jack. Un giorno il Capitan Sparrow venne convocato per ricevere istruzioni a riguardo del suo nuovo incarico, la sua amata Perla Nera era affiancata alla nave di Beckett. “Capitano, son lieto di rivedervi. Ho un importante trasporto d’affidarvi. Dovrete recarvi in Africa e lì caricare la nave di schiavi neri.”
“Non farò mai una cosa simile! Manda altri, io non posso negare la libertà a qualcuno che non ha fatto nulla di mele.”
“Questa è insubordinazione. Accettate l’incarico o dovrò considerarvi un ammutinato traditore.”
“Non posso farlo.”
“Come vuoi tu, Sparrow. Guardie, tenetelo fermo.” Due soldati bloccarono Jack impedendogli di muoversi. Beckett mise tra le braci la punta del bastone che aveva con sé. “Vedi Jack, la tua disobbedienza ti porta ad essere considerato un pirata, e come tale dovrai essere marchiato.” Dicendo questo afferrò il braccio dell’inerme e sul polso vi poggio il ferro rovente in modo da lasciare impressa una P. Beckett diede poi ordine di condurlo sul ponte in modo che vedesse la sua nave affondare. Per Jack fu una vista straziante quella della Perla Nera che s’inabissava, con furia si divincolò dalla presa dei soldati e si getto in mare invocando Davy Jhones. Beckett, convinto che il suo odiato sarebbe morto affogato, s’allontanto tranquillamente con la propria nave.
  
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