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Autore: lunarfield    10/12/2013    2 recensioni
"[...] un cielo plumbeo, ferroso, minacciosamente vuoto e uniforme gli si aprì davanti, e lui ebbe paura di quell'immensità devastante. Provò a ruotare la testa, e un ottenebrante senso di impotenza iniziò a strisciare nelle sue viscere.
Sangue ovunque.
I morti puntellavano il campo come stelle in un limpido cielo estivo, più in là riusciva a scorgere le carcasse mastodontiche dei draghi."
Genere: Drammatico, Fantasy, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era finita.

L'aria era impregnata di un odore acre e pungente, lo captavano le narici di Hrazen, quasi dolevano al solo sentir quel puzzo di morte, il lezzo dei fumi provenienti dai corpi inceneriti. Tuttavia attorno a lui non c'era altro che buio: opprimente, esacerbante, quasi angosciante. Allungò un braccio – o almeno provò a farlo, ma gli arti non rispondevano alle sue suppliche e, mentre pensava disperatamente “muovetevi, per l'amor del cielo!”, essi restavano inermi, formicolanti, inchiodati al suolo. Aveva come l'impressione di trovarsi in un'immensa bolla di sapone, isolato dal mondo, se non per quel terribile odore che gli stuzzicava la memoria, ma non abbastanza da fargli ricordare chiaramente cosa fosse successo.
Hrazen faceva parte della nobile stirpe degli Öskuhl, questo lo rimembrava perfettamente, ed era un Cavaliere di Drago, come si addiceva alla sua discendenza. Era appena uscito dall'Accademia che l'aveva formato dopo anni e anni di pratica e calci in culo, e a ventitré inverni era già in groppa al suo drago Levekin, sorvolando un vasto campo di battaglia. Erano generazioni che la florida isola di Krön, nella quale aveva trovato gloria ed onore, disputava sanguinose guerre contro il Promontorio della Tempesta, celebre per la terrificante quantità di risorse energetiche magiche che ribollivano nel sottosuolo; quale bottino maggiore esisteva nell'intero mondo, se non il potere?
Ogni motivazione sembrava superflua al guerriero Hrazen mentre cercava di riportare a galla quanti più avvenimenti possibili: erano morti tutti, di questo ne era certo, e lui stesso si trovava con un piede nell'altro mondo.
Dopo qualche minuto, o quelle che sembravano ore, l'oscurità cominciò a diradarsi: un cielo plumbeo, ferroso, minacciosamente vuoto e uniforme gli si aprì davanti, e lui ebbe paura di quell'immensità devastante. Provò a ruotare la testa, e un ottenebrante senso di impotenza iniziò a strisciare nelle sue viscere.
Sangue ovunque.
I morti puntellavano il campo come stelle in un limpido cielo estivo, più in là riusciva a scorgere le carcasse mastodontiche dei draghi.
Terrore.
Dov'era Levekin?
Con quel pensiero e con la morte alle calcagna, tentò di alzarsi. I primi tentativi furono oltremodo umilianti, sentiva di aver perso ogni vigore, qualsiasi cosa lo riportasse al giovane uomo glorioso che era stato... Quando? Quanto era passato?
Con un urlo disumano si levò in piedi, sorreggendosi alla spada incrostata di qualcuno... ormai non importava più di chi fosse. Camminò per quelle che gli parvero miglia, scavalcando corpi e inciampando molte più volte nelle teste dei suoi compagni, e ad ogni passo la sua rabbia cresceva.
Arrivò nei pressi di un laghetto e ci si tuffò pesantemente, rimanendo a galleggiare per un'infinità. Solo adesso si accorgeva delle sue ferite, del suo dolore, del suo annichilimento. Era distrutto. Non esisteva più ciò che era prima, o quantomeno i suoi pezzi erano sparsi su quel campo di battaglia.
Mentre languiva in un riposo irrequieto, sentì un lamento provenire dalla sua destra, il primo vero suono a riportarlo brevemente alla realtà dopo molto. Pensò fosse un miraggio.
“Le... Levekin?”
Con fatica si svegliò dal torpore nel quale era scivolato e si mosse verso il suo drago, che era riverso a terra in una pozza di sangue. Numerose erano le frecce che avevano trapassato la corazza e le dure squame. I suoi occhi, un tempo ardenti come brace, adesso sembravano lontani e spenti.
“Eravamo tanti”, si azzardò a dire Hrazen, appoggiandosi di schianto al suo amico. “... Hai combattuto bene, comunque”. Si sforzò di sorridere, ma i muscoli facciali erano ormai paralizzati in una sorta di smorfia disgustata e triste.
Il drago emise uno sbuffo, colpendo il guerriero con scherzo. Ma era uno scherzo pieno di sfinimento e incapacità di lottare.
Hrazen lasciò andare la testa sul dorso del compagno, le forze che venivano a meno.
Erano due metà che combaciavano, lui ed il suo amato Levekin, ridotti a due pezzi di carne maciullati.
Attesero la notte assieme, sentirono avvicinarsi il rumore dei corni – di quale fazione che importava più ormai? – ed entrambi si strinsero sempre più l'uno all'altro.
Hrazen chiuse gli occhi, così fece anche Levekin, ed insieme spiccarono l'ultimo volo verso la vastità del cielo.

  
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