“Haru-chan! Haru-chan!”

Ogni giorno la stessa storia. Quel ragazzo non si smentisce mai; sarà sicuramente ancora nella vasca e anche oggi arriveremo in ritardo. Ancora mi chiedo perché mi ostini a passare da lui ogni mattina: non mi ha mai ringraziato, ne mi ha mai fatto capire se questi piccoli gesti li apprezzi. Si limita a riemergere dall’acqua, come un bellissimo delfino che sguazza nell’oceano.
Ma basta, ho deciso che avrei smesso di pensare a lui e di soffrire: so che non avrò mai quello che ho sempre desiderato, ma va bene così, mi basta la sua vicinanza, la sua amicizia.

“Sto entrando Haru-chan, questa volta potresti farti trovare pronto?”

Spalanco la porta del bagno, sicurissimo di trovarlo immerso nella vasca come suo solito. Mi avvicino a quella piccola pozza d’acqua, troppo piccola per un tipo come lui e lo prendo per mano.
Lui accetta la mia stretta e si alza in piedi; ma questa volta è diverso, il suo sguardo è assente e non osa guardarmi negli occhi.

Forse l’ho fatto arrabbiare; si sarà innervosito a causa delle mie visite. Si, sarà sicuramente per questo!
Sono un disastro, sapevo che prima o poi avrebbe reagito così. Meglio che vada via, meglio che lo lasci in pace.
Ma non so perché, non ci riesco. Non che sia io a impedirmi di andare, non è questo; è come se una qualche forza mi stia trattenendo qui. Mi volto di nuovo verso di lui e il mio cuore smette di battere: Haru è qui di fronte a me e…sta piangendo. Riesco a scorgere, tra le gocce d’acqua che solcano il suo corpo, quelle lacrime che non accennano a smettere di scendere.

“Dove pensi di andare, stupido?” mi chiede lui, singhiozzando.

Non so cosa dire, sono pietrificato. In questo momento sto provando mille emozioni, tutte in contrasto fra di loro: la paura si mescola alla felicità, mentre la tristezza contrasta quest’ultima. Le parole non escono, nonostante abbia ancora la bocca spalancata, immobilizzata dalla sua frase.
Ma è lui a reagire per me: senza neanche avere il tempo di realizzare cosa stesse succedendo, lo sento e lo vedo sempre più vicino, sempre di più. Socchiude gli occhi, inclina la testa; non si ferma e adesso sento il suo fiato sulla mia bocca, così caldo, così dolce.
Le sue labbra si schiudono mentre si avvicinano alle mie; si sfiorano, si accarezzano, si baciano.

Un bacio. Forse questo è un bacio? È questo quello si prova? È questo che per tutti questi anni ho aspettato da lui?

“Non voglio più nuotare da solo Makoto. Grazie.”

E con quest’ultima frase tutti i miei dubbi, le mie incertezze e le mie paure svaniscono, come non fossero mai esistite.
Sento la sua mano bagnata lasciare la mia, ma questa distanza dura solo un istante. Gocce d’acqua cadono sulla mia giacca, mentre si accascia a terra. I bottoni della camicia si slacciano, lasciandomi scoperto. Provo un brivido, ma non so se per l’aria fredda che incombe sul mio petto nudo e se per la situazione che sto vivendo.

“Vieni con me Makoto, voglio portarti nel mio mondo.”

Credo che oggi non andremo a scuola. Forse avrei dovuto mettere il costume...forse no.