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Autore: Soqquadro04    12/12/2013    5 recensioni
[Angst!Delena | Possibile OOC | Spoiler!5x09 | Non riesco a scrivere nient'altro. Nient'altro.]
[...] sono a casa – stanno bene.
Poi un urlo squarcia la notte ed è terribile e familiare, e non va bene che lo sia, che riconosca quella voce. Porta il ricordo del presente – e fa male, fa male, fa male, quando il sogno finisce. [...]
E le grida, le grida ci sono sempre, le grida che si rincorrono sulle pareti di pietra – pietra crudele che non riesce ad attutire nulla, e ogni
singolo gemito delle cinghie tese dagli spasmi le martella nelle tempie –, le grida dell'uomo che aveva giurato di proteggerla ad ogni costo. [...]
Prigionia e sogni spezzati dalle grida, dolore e buio - baci che non riescono ad oltrepassare le sbarre.
Genere: Angst, Dark, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert | Coppie: Damon/Elena
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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N/A - Note dell'Autrice - Premessa

Non voglio parlarne.
Davvero.
Sono triste, depressa - lo so che lo dico tutte le sere, ma purtroppo l'umore è quello... -, mi immagino queste cose perché ho sinceramente bisogno che Elena capisca.
Qui, giusto per farmi un po' di pubblicità, gli ultimi lavori pubblicati (vi linko quelli inerenti. Non mi sembra il caso di parlare di Fluff in questo momento - e se arrivo a dirlo io dev'esser epiù grave di quanto pensassi fino a dieci secondi fa):

Cade il cielo || 1953 - 1958 [Long!Raccolta di conversazione fra Enzo e Damon, una al mese, dal 1953 al 23 dicembre 1958]
21051 [Mini-raccolta di due OS su Damon e la prigionia (ancora) - prima che scoprissi di Enzo]

A presto,
la vostra Soqquadro


P.S. Scusate in anticipo tutte le ripetizioni, le virgole mancanti e l'incoerenza: è tutto voluto... e dite che il Rating Arancione è troppo?

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Uomini e mostri

Quando all’animo sensitivo è inferta una ferita profonda, che però non uccide il corpo, l’animo si riprende quando il corpo guarisce. Ma solo apparentemente. In realtà, è solo il meccanismo delle abitudini che torna in funzione. Lentamente, molto lentamente, la ferita dell’anima inizia a farsi sentire, come un livido che solo lentamente fa affiorare un dolore intenso, fino a riempire l’intera psiche. E quando si pensa di essere guariti e di aver dimenticato, è allora che ci si imbatte nelle conseguenze più terribili”.
David Herbert Lawrence


Sono a casa.

Accoccolati sul divano, abbracciati e avvolti in una coperta, le luci spente – l'unica illuminazione viene dal fuoco che getta ombre distorte dal camino, le fiamme quasi troppo alte che litigano con qualche pezzo di legno ancora intero prima di trasformarlo in cenere grigia.
Ridono, anche se non sa per quale motivo. Forse lui le ha sussurrato piano qualcosa, all'orecchio – qualcosa che sa di calore e baci, e dita che si sfiorano, e respiri intrecciati nella sera –, con quel tono fintamente supponente che lo rende così ridicolo.
Forse è solo la calma sonnacchiosa del salone che le fa venire voglia di riempire il silenzio con un'ilarità giocosa.

Perché sono a casa – stanno bene.

Poi un urlo squarcia la notte ed è terribile e familiare, e non va bene che lo sia, che riconosca quella voce. Porta il ricordo del presente – e fa male, fa male, fa male, quando il sogno finisce.



È sveglia, e si agita nell'oscurità con gli occhi ancora chiusi – non può aprirli, non vuole, no –, un suono straziato che le graffia la gola, e per più di un momento c'è solo il panico che la blocca a terra, in bocca il sapore del suo sangue e il buio che le è chiuso intorno come un bozzolo minaccioso che non la protegge perché come potrebbe farlo?

E le grida, le grida ci sono sempre, le grida che si rincorrono sulle pareti di pietra – pietra crudele che non riesce ad attutire nulla, e ogni singolo gemito delle cinghie tese dagli spasmi le martella nelle tempie –, le grida dell'uomo che aveva giurato di proteggerla ad ogni costo.

E ora ne sta pagando lo scotto – lo sente urlare, sente il bisturi martoriarle la carne come sta facendo con la sua, come se fosse già bloccata in quella stanza, accanto a lui, insieme a lui.

Si prende la testa fra le mani, mordendosi le labbra fino a ferirsi – e non fa male, quello non è dolore, il dolore è tutt'altro –, e aspetta.
Aspetta che le grida svaniscano, aspetta che lo riportino da lei, aspetta che lo lascino tornare a respirare – lo tengono sempre più tempo di lei. Sempre.

E, mentre attende, Elena capisce perché lui abbia fatto quello che ha fatto, capisce perché sa di non avere mai odiato nessuno quanto odia chi sta facendo questo, non ha mai desiderato con una tale forza la morte di un essere che non può credere viva nello stesso universo in cui vive lei, che condivida la sua stessa aria.

Non può permettersi di farlo.
Non ne ha il
diritto.

Non mentre getta – come se fosse un qualcosa di inutile, una vecchia bambola di pezza – Damon nella cella accanto alla sua, non mentre lei è ancora rannicchiata a terra con i palmi premuti sulle orecchie per non sentire, non sentire.
Non mentre riesce a malapena a guardare il volto di lui, imbrattato di sangue – e i suoi occhi sono ciechi, non la vedono, non ancora.

Non mentre lui le si avvicina, i muscoli ancora troppo deboli – non mentre le sussurra che andrà tutto bene, che lui sta bene, che se ne andranno presto.
Non mentre lo zittisce con un gesto, mentre avvicina il viso al suo e cerca di baciarlo – vuole solo sentire il suo corpo fra le braccia, solo farlo smettere di tremare, di soffrire, perché non può sopportare altre grida, non può –, non mentre la porta della sua prigione si apre con il suono sinistro del ferro male oliato e l'avverte che sta arrivando il suo turno.

Dicono che lo fanno per liberare il mondo dai mostri.

Damon si lancia contro le sbarre, tentando di uscire, tentando di liberarla, gridando il suo nome, gridando per farsi portare dentro al posto suo, di nuovo.

Lei scuote il capo – e con le labbra mima un
ti prego, no, ti amo

ti amo.
 

Dicono che lo fanno per liberare il mondo dai mostri.
Ma, lì dentro, il vero mostro è davvero quell'uomo che la osserva con la colpa –
non è vero, non è vero – negli occhi?

   
 
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