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Autore: Marne    12/12/2013    2 recensioni
Durante il viaggio verso Aldenor, Jordan si ritrova a fronteggiare situazioni che mai, in vita sua, avrebbe immaginato di vivere. Jerome, la Chiamata della croce, tutto confluirà nel rendere quelle ore a cavallo le più importanti della sua vita.
Dal testo:
"« Beh, di sicuro non pretenderò che tu sia incatenato nelle mie stanze per subire ogni genere di tortura e saziare il mio onore ferito, questo è certo. Preferirei una bella ragazza, se fosse proprio necessario » provò a scherzare il principe del nord, con una risatina nervosa e, forse, un po’ forzata, che si spense allo sguardo improvvisamente più acceso di Jerome che, però, lo distolse immediatamente. « Ehi, amico, tutto a posto? »
« Certamente, maestà. Perché qualcosa non dovrebbe essere a posto? » il tono impertinente del giovane ufficiale di Altieres praticamente lo gelò sul posto."

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(Ipotetica Missing Moment per L'ordine della Croce - Jordan/Jerome)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jerome Sinclair, Jordan Vandemberg
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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« Altezza, forse dovremmo fermarci un paio di ore

Fandom: Black Friars.
Pairing/Personaggi: Jordan Vandenberg; Jerome Sinclair; Jordan/Jerome.
Rating: giallo.
Chapters: 1/1.
Genere: Romantico.
Words:  3301

Note: Non ho resistito. Non ce l’ho fatta proprio, mi dispiace. Studiavo per il mio esame e pensavo a loro, andavo a dormire e pensavo a loro, mi lavavo i denti e SBAM! Pensavo ancora a loro. E sì, devo aggiornare, proprio con loro, l’altra mia ff, ma questa cosa non poteva essere collegata, quindi… Ma, tranquilli (anche se reputo improbabile che qualcuno possa agitarsi per la mia ipotetica assenza o.o), a breve arriverà anche l’altra!

So che il marchio di Jordanino mio si è presentato mentre lui andava a prendere il controllo dell’esercito, quindi dopo il viaggio verso Aldenor… infatti mi sono premurata di sottolineare che ancora non è totalmente comparso, cosa che farà dopo v.v Concedetemi questa piccola licenza, su…

Non so se è chiaro, ma io mi sono eletta a presidentessa del “Jerdan fan club” e sono aperte le iscrizioni. Come to the Jerdan side, we have biscuits and hot gay boys.

Il titolo arriva da questa bellissima ninnananna, vi consiglio proprio di ascoltarla!

Grazie in anticipo per chiunque passerà a leggere! Vi amo tutti, dal primo all’ultimo!

 

 

Anche questa è per te, Noe!

Il primo membro del mio fan club se la merita.

 

Blue in an ocean of grey.

You are the dawn of a new day that's waking 
A masterpiece still in the making 
The blue in an ocean of grey 
You are right where you need to be.

 

« Altezza, forse dovremmo fermarci un paio di ore. » la voce di Jerome Sinclair, che fino a quel momento era stato un’ombra silenziosa al suo fianco, lo raggiunse all’improvviso, interrompendo il turbinio incessante dei suoi pensieri, delle sue preoccupazioni. Quando il più giovane fra i Vandemberg lo guardò, sembrò mostrare un lieve imbarazzo nell’increspatura delle labbra. « I cavalli non ce la fanno più. E… » Jerome tossicchiò leggermente, quasi stesse decidendo se avesse davvero potuto azzardarsi a parlare.

« Cosa? » Jordan rallentò, tirando leggermente le redini fino a far fermare il purosangue che, se ne rendeva conto solo in quel momento, era davvero, davvero stremato. Non si fermavano a riposare da quasi quattro ore, il sole stava per sorgere, all’orizzonte.

Il giovane ufficiale di Altieres esitò per qualche istante, fermandosi a sua volta, prima di decidersi ad aprire la bocca e parlare. « E voi mi sembrate pallido. Siete certo di stare bene? » chiese, con un accenno vagamente preoccupato nella voce generalmente seria e piatta. Una voce che, nelle rare volte in cui l’aveva sentita, lo aveva incuriosito molto. Non condivideva l’esuberanza dei gemelli, il freddo distacco di Gabriel Stuart o l’allegria che lui era abituato a trovare in Julian. Era… calma.

« Sto benissimo, il pallore è normale, per noi del nord. » fu la sua unica risposta, accompagnata da uno scrollare leggero delle spalle. Non l’avrebbe mai ammesso, ma, in realtà, non stava un granché bene da qualche giorno. Dolori al capo, ai muscoli… dolori inspiegabili iniziati all’improvviso e che, ormai, erano diventati parte integrante della sua giornata. Forse avrebbe dovuto farsi vedere da Eloise o da Stephen, ma quello non era proprio il momento per mostrarsi deboli come ragazzine e piagnucolanti come bambini. Aveva detto ai suoi fratelli, appena poche ore prima, di essere un uomo con abbastanza indipendenza e responsabilità da affrontare un viaggio fino ad Aldenor, per avvisare il fratello ed il padre adottivo del concilio fra le Nationes. Non poteva mettersi a frignare per qualche sciocco ed insensato dolorino.

« Non se tende al verdognolo, maestà. » borbottò l’altro ragazzo, con un sospiro quasi rassegnato, smontando dal cavallo - imitato prontamente dal giovane principe - e dirigendosi verso un angolo nascosto dietro delle rocce e degli alberi, dove ancora l’oscurità era fitta e potevano difendersi al meglio da attacchi improvvisi.

« Forse non sei abbastanza abituato a noi di Aldenor, Sinclair. » Jordan sorrise leggermente, raggiungendolo ed accomodandosi con le spalle poggiate all’alta roccia che li nascondeva, per poter rilassare, almeno in parte, la schiena dolorante a causa delle lunghe ore a cavallo. Con gli occhi socchiusi, notò l’altro sedersi poco lontano, lo sguardo rivolto verso i cavalli, che si stavano abbeverando al fiume lontano pochi metri da loro. Dovevano essere ad un paio di ore dal confine con Aldenor.

« Non ho avuto modo, Maestà. » Jerome gli dedicò uno sguardo vagamente divertito - una novità, in effetti - e si voltò nuovamente verso i cavalli. « Ma vi assicuro che riconosco un colorito poco sano, a prescindere dalla tonalità dalla pelle. Non vedo un Vandemberg così pallido da quando mia sorella ha sporcato il mantello nuovo al Principe Bryce. » aggiunse, con un tono lugubre che il compagno di viaggio comprendeva totalmente. Dopotutto,  entrambi sapevano cosa aveva comportato la lotta al mantello più sporco, fra il Principe Bryce e Lady Margot Sinclair. C’erano state vittime innocenti, in quella faida.

« Ancora mi chiedo come abbia fatto, tua sorella, a non morire »

« Io mi chiedo come abbia fatto lui a non essere fulminato sul posto »

Si scambiarono un sorriso complice, prima che un’ombra attraversasse lo sguardo del giovane Sinclair, spingendolo a distogliere gli occhi da lui, ancora una volta. Era un atteggiamento strano, che incuriosì molto il Principe Vandemberg. Avrebbe voluto chiedergli se fosse tutto a posto, ma frenò la propria lingua. Come poteva essere tutto a posto? Suo fratello maggiore faceva parte dell’Ordine della Spada, sua sorella era sprovvista di protezione contro i presidiales, molto più che le sue cugine più vicine a Sophia. Probabilmente aveva realizzato che, al loro ritorno, avrebbe potuto non riabbracciare uno dei due. O entrambi.

Restarono in silenzio, per qualche minuto, persi entrambi nei loro pensieri, prima che Jordan decidesse di interrompere il momento di calma. « Grazie per avermi accompagnato. Non credo che mi avrebbero lasciato andare, da solo. » sussurrò, quasi avesse avuto paura di svegliare un bambino dormiente. « I miei fratelli sanno essere degli stupidi dalla mentalità chiusa, a volte. Mi vedono ancora come un bambino da accudire » sbottò, forse con troppa acidità, strappando qualche ciuffo d’erba dal terreno.

« Non è stato un problema, Maestà. Dopotutto,  siete un Vandemberg come loro… anche voi potete essere uno stupido, a volte » fu la criptica risposta del ragazzo, accompagnata da un sorrisino vagamente divertito. Jordan, per un istante, si ritrovò a rievocare quel suono, nella sua mente, totalmente affascinato. Jerome aveva una bellissima risata. Davvero, una delle risate più belle e musicali che lui avesse mai sentito in vita sua. Ed un sorriso molto caldo, senza il lato freddo che caratterizzava quello di Axel, quello canzonatorio di Bryce o quello malizioso di Julian. Era bello, caldo e confortante come un tramonto estivo.

« Sai che una simile affermazione, qualche secolo fa, ti avrebbe causato un’accusa di lesa maestà? » sbottò, fra il divertito e l’offeso, incrociando le braccia al petto ed inarcando le sopracciglia in una posa che ricordava, in modo tutt’altro che vago, suo fratello Axel quando scopriva l’ennesima bugia della sua fidanzata.

« Ma quei tempi sono finiti, no? Fortunatamente la società si è evoluta. » ribatté l’altro, con un cipiglio ironico e vagamente irriverente, mostrando un sorriso amaro, scurito da un’ombra che l’altro non riuscì ad identificare. C’era forse qualcosa, oltre lo scampato pericolo di essere accusato di lesa maestà, a renderlo così ironico? Nascondevano qualcosa, i suoi occhi grigioverdi?

« Beh, di sicuro non pretenderò che tu sia incatenato nelle mie stanze per subire ogni genere di tortura e saziare il mio onore ferito, questo è certo. Preferirei una bella ragazza, se fosse proprio necessario » provò a scherzare il principe del nord, con una risatina nervosa e, forse, un po’ forzata, che si spense allo sguardo improvvisamente più acceso di Jerome che, però, lo distolse immediatamente. « Ehi, amico, tutto a posto? »

« Certamente, maestà. Perché qualcosa non dovrebbe essere a posto? » il tono impertinente del giovane ufficiale di Altieres praticamente lo gelò sul posto. Aveva detto qualcosa di sbagliato? Perché, all’improvviso, lo stava trattando in modo tanto brusco? Era abituato all’educato distacco emotivo che lui dedicava a tutti, tranne che, forse, al suo migliore amico. Si stava abituando anche al tono di vaga confidenza che stavano entrambi imparando ad usare, in quel lungo viaggio. Ma nelle sue parole c’era ironia, c’era quasi delusione. Lo aveva deluso?

Con una morsa allo stomaco, Jordan si rese conto che l’idea di ferirlo lo destabilizzava, facendolo confondere. Era una sensazione nuova e strana, per lui, sorta in modo improvviso e prepotente, insieme alla voglia di trovare un modo per far passare quell’astio nei propri confronti.

Lo osservò alzarsi in piedi, con uno scatto veloce, per poi dirigersi a grandi passi verso i due cavalli. « Vado a controllare che stiano bene. Voi non muovetevi, siete ancora pallido e non voglio dover dare spiegazioni, se qualcuno dovesse trovarmi a trasportare un principe reale mezzo svenuto. » gli disse, facendolo quasi gelare sul posto e senza neppure guardarlo in faccia. No, qualcosa che non andava c’era davvero ed era qualcosa che riguardava lui in prima persona. Doveva averlo offeso, in qualche modo. Doveva… Doveva aver detto qualcosa di terribilmente sbagliato. Ma cosa? Cosa aveva detto? Come poteva rimediare? Come poteva far tornare il sorriso sulle sue labbra?

Jordan lo seguì, realizzando improvvisamente di avere serie difficoltà a muoversi, senza provare un dolore lancinante al fianco destro.  Un dolore talmente forte da essere sopportabile solo per i primi dieci passi, lasciandolo, poi, mezzo tramortito. Crollò al suolo, trattenendo a stento un urlo davvero, davvero poco virile. Si rese conto di aver perso i sensi solo quando, riaperti gli occhi, vide il viso di Jerome, contratto in una smorfia colma di terrore. Era a terra, sdraiato sul’erba umida, il viso bagnato - probabilmente era opera del compagno, per fargli riprendere i sensi - e con un dolore simile a stilettate nel fianco destro.

« Cosa vi fa male? Dove? » chiese l’ufficiale di Altieres, con un tremito febbrile nella voce, guardandosi intorno come se temesse che il tutto fosse opera di un qualche assalitore improvviso e letale. Quando Jordan si limitò ad indicare  il fianco destro, all’altezza dell’osso iliaco, fu con una certa esitazione che lui allungò le mani verso il corpo del ragazzo, il viso contorto in un’espressione a metà fra il preoccupato e l’imbarazzato.

« Voglio solo… solo vedere cosa sta succedendo, Maestà, lo giuro. » si premurò di specificare, lasciando l’altro interdetto, per qualche secondo. Fu solo quando le dita d Jerome si posarono sulla patta dei suoi pantaloni, che lui comprese. Fu come un’illuminazione, in effetti.

Se Julian fosse stato al suo posto, probabilmente gli avrebbe semplicemente tirato giù le braghe, senza tanti complimenti, tirando fuori qualche commentino malizioso per farlo imbarazzare a morte. Se ci fosse stato Gabriel Stuart, in una malaugurata ipotesi, avrebbe imitato il quasi cognato, senza i commenti scaltri. Qualsiasi ragazzo non avrebbe dato tante spiegazioni, limitandosi a spogliarlo il più velocemente possibile, per evitare un reciproco imbarazzo. Ma Jerome no, lui aveva voluto precisare le proprie intenzioni. Lui lo aveva specificato, per paura che potesse fraintendere. Perché chiunque fosse stato abbastanza sveglio avrebbe capito cosa stava succedendo fra loro due, dal loro discorso, dal modo in cui gli si era posto prima di scattare come una molla ed allontanarsi.

Jerome era saltato via quando lui aveva nominato la bella ragazza da portare in camera.

« Non preoccuparti. » cercò di rassicurarlo, troppo pieno di dolore anche solo per concentrarsi abbastanza da arrossire. Dopotutto, non era cambiato nulla, dal momento in cui aveva compreso. Jerome era sempre Jerome e lui non lo avrebbe trattato diversamente.

Il ragazzo del sud annuì, tirando fuori l’espressione più rassicurante che gli avesse mai visto in volto, stringendo i denti e tirando giù, solo leggermente,  i pantaloni dell’altro, sollevando anche la maglia. Quando posò una mano sulla carne scoperta e dolorante del fianco, Jordan si sentì come attraversato da una saetta di fuoco. All’inizio fu solo il dolore a raggiungere il suo cervello, più forte di quanto avesse potuto immaginare. Riprese il controllo di sé, dopo qualche minuto, concentrandosi sul calore che le dita dell’altro ragazzo emanavano. Era un calore piacevole, totalmente diverso dal gelo delle proprie mani da giovane uomo del nord. Un calore lieve, coinvolgente, delicato come le ali di una farfalla appena uscita dal suo bozzolo.

« La Croce » sussurrò Jerome, all’improvviso, senza, però, ritrarre le mani. Puntò gli occhi screziati su Jordan, trasmettendogli un carico di ansia e rispetto, misti ad un certo imbarazzo. « Siete stato chiamato dalla Croce, maestà. Come… come Gabriel e come Julian Lord. Anche se ancora non è del tutto formata. Probabilmente provate più fastidio, rispetto al vostro amico, a causa del punto delicato in cui si sta presentando. » spiegò, riabbassando gli occhi sul fianco ferito del giovane, sfiorando i contorni della croce appena evidente con la punta delle dita e perdendosi in qualche pensiero precluso all’altro.

« Jordan. » sussurrò quest’ultimo, prendendo un brusco respiro a causa del dolore che sembrava peggiorare di minuto in minuto. « Jordan, non maestà. » gli disse, quasi ordinandoglielo, accennando un lieve sorriso quando Jerome annuì. « Cosa… cosa puoi fare? Devo… devo andare ad Aldenor… »

« Non parlare troppo, sprechi energie utili. » lo zittì immediatamente il giovane ufficiale, dedicandogli uno sguardo severo, prima di tirare fuori dalla tasca una fiala di liquido trasparente, probabilmente acqua santa. « Posso fare un impacco, ma non durerà molto. Dovresti tornare indietro. Posso andare io ad Aldenor. » propose, strappandosi un brandello di camicia - il rumore del tessuto lacerato fece venire i brividi al giovane Vandemberg, senza alcuna ragione - e bagnandolo con l’acqua santa, prima di poggiarlo sulla carne martoriata del nuovo Cavaliere.

Jordan scosse la testa, gli occhi chiusi sia per il dolore che per l’imbarazzo, sospirando di piacere quando l’acqua benedetta gli diede un po’ di sollievo. « No, devo essere io ad andare. Puoi accompagnarmi, ma non prendere il mio posto. Questo è compito mio. » sbottò, schiudendo le palpebre, per guardare l’altro.  Jerome, però, aveva gli occhi puntati sulla medicazione in corso, le agili e calde mani impegnate nel creare una fasciatura resistente ed efficace.

« Sei un testardo, principe Jordan. Degno fratello di Axel Vandemberg. » sbuffò, contrito, dedicandogli una sola, lunga occhiata carica di qualcosa che Jordan non riuscì a comprendere. Uno sguardo strano, che lui aveva già visto negli occhi di altre persone e mai rivolto a lui. Uno sguardo piacevole, da un certo punto di vista, ma capace di lasciarlo interdetto, facendolo sentire in colpa.

Poi, all’improvviso, dopo aver riabbassato lo sguardo sulla medicazione, Jordan lo vide arrossire furiosamente ed iniziare a schiarirsi la voce, le mani, che fino a quel momento erano state lente e delicate, ammaliatrici del suo corpo, improvvisamente erano diventate nervose e scattanti, molto più circospette nei movimenti. Il principe non riuscì a comprendere il motivo di tale cambiamento, finché non si rese conto del fatto che il suo corpo avesse reagito in maniera fin troppo entusiasta alle attenzioni del ragazzo. Fu il suo turno, a quel punto, di arrossire furiosamente. Non gli era mai successo nulla di simile - non con un ragazzo, almeno - e non aveva la più pallida idea di come comportarsi. La mattina, quando sia lui che Julian si risvegliavano con evidenti problemi, non esistevano motivi di imbarazzo: erano soliti ignorare il tutto e sbrigarsi per potersi recare a lezione. In quel momento, invece, Jordan sentiva di essere sul punto di morire, ben conscio che l’altro ragazzo fosse nelle sue stesse condizioni.

« Posso arrivare ad Aldenor, non sto così male. » schiaritosi la voce, il principe del Nord provò ad allentare la tensione, sperando di poter mettere fine a quel momento tanto tragico. Ma della stessa opinione non doveva essere il ragazzo, che si limitò ad annuire, sempre più rosso in volto, finendo di sistemare la medicazione ed allontanandosi, sempre in ginocchio al suo fianco. Non lo guardava in viso e sembrava sul punto di mettersi ad urlare.

« Come… come desideri. Io ti accompagnerò. » fu la sua unica risposta, un attimo prima che un’altra ombra gli oscurasse gli occhi grigioverdi. « Sempre se lo vorrai. Comprendo che… che tu possa aver cambiato idea. Non sarebbe poi così strano. » le palpebre socchiuse ed una lieve smorfia carica di un antico dolore accompagnarono le parole del giovane uomo del sud, insieme al pugno serrato lungo la coscia. E allora Jordan si rese conto che Jerome - quel ragazzo che gli era sempre sembrato così lontano dall’avere emozioni, che sembrava una piccola vedetta agli ordini di suo cugino, - dovesse aver sofferto molto più di quanto lui avrebbe mai potuto immaginare, nella sua breve vita da principe rispettato. Con una stretta al cuore, desiderò cancellare quelle ombre da lui con un semplice colpo della mano. Ma non era possibile.

« Sarò felice di continuare il mio viaggio con te. » sbottò, interrompendo le parole di Jerome e sollevandosi a sedere, seppur con qualche difficoltà. Gli tenne il braccio fermo, senza lasciarlo andare. « Non so chi ti abbia inculcato certe idee, ma non è affatto normale desiderare di non averti al mio fianco in questo viaggio solo per quello che ho scoperto. Non sei cambiato da quando siamo partiti, non ai miei occhi. » continuò, con gli occhi fiammeggianti fissi in quelli del ragazzo, sgranati per la sorpresa. « Non vedo perché non dovresti essere il coraggioso cavaliere che sei sempre stato, ai miei occhi, solo per questa piccola scoperta. Sei e resterai sempre un uomo di grande valore e io- » Jordan non riuscì a finire la frase, perché trovò le labbra di Jerome a fermare le sue.

Fu un bacio veloce, distratto, saltato fuori quasi per caso, come se Jerome si fosse spinto in avanti e, per errore, si fosse scontrato con lui. Il giovane Vandemberg non ebbe il tempo di riflettere, di rendersi conto di cosa diamine fosse successo, perché la sua mente ebbe giusto il tempo di elaborare la sensazione di estrema morbidezza data da quel contatto, che lui si spostò di colpo, fissandolo come se gli fosse appena spuntata un’altra testa. Che nella sua mente si stesse maledicendo in almeno otto dialetti diversi, non v’era alcun dubbio.

« Dio! » Jerome, pallido come uno spettro, allontanò le mani dalle spalle del giovane principe, come se fossero diventate incandescenti. « Maestà, sono spiacente… io… non ho idea di cosa mi sia preso, deve essere stata… io… » esalava, costernato, gesticolando come un matto e con la voce rotta, come se fosse stato sul punto di scoppiare a piangere o a vomitare il cuore. Jordan non l’aveva mai visto così sperduto, così confuso come in quell’istante. Non sembrava neppure lui, a dire il vero, con gli occhi lucidi e carichi di angoscia ed il viso pallido chiazzato di rosso, come se avesse contratto all’improvviso una qualche strana malattia. Era così diverso, così… indifeso, rispetto all’immagine di lui che, nell’ultimo anno, si era creato, che il suo corpo reagì da solo, quasi fosse stato mosso da mani invisibili.

Un attimo prima lo ascoltava delirare in preda al panico più assoluto, poi, improvvisamente, si era ritrovato a premere nuovamente le sue labbra sulle sue, gli occhi bene aperti e fissi in quelli dell’altro ragazzo. Ragazzo che impiegò, probabilmente, meno di due secondi per bloccare l’attacco di ansia che l’aveva colpito e rispondere a quel piccolo assalto con davvero tanto, tanto entusiasmo.

« Jordan? » pigolò Jerome, quando si separarono, con gli occhi ancora socchiusi, il viso rosso ed i capelli vagamente sconvolti, lasciando scivolare le proprie mani dalle spalle del compagno al suolo, quasi come se stesse cercando di non perdere l’equilibrio. Il principe, dal suo canto, non spostò le proprie dalle guance dell’altro, forse troppo agghiacciato per muoversi o troppo sconvolto dall’essersi reso conto che quel bacio gli fosse piaciuto. Piaciuto parecchio.

« Questa è una cosa che non avevo previsto. » fu tutto ciò che sussurrò, gli occhi ridotti a due fessure ed il viso chiazzato di rosso, incandescente. « Davvero, non avevo previsto una cosa simile. Mai e poi mai. » aggiunse, con un filo di voce, talmente sconvolto da preoccupare il giovane ufficiale di Altieres.

Per un attimo, Jerome aveva pensato che, forse, il suo cuore quella volta non sarebbe stato ridotto in mille pezzi. Era già successo con Gabriel, quando erano più piccoli e soffriva all’idea che lui dovesse sposare la sua unica sorella, prima di accettare la situazione ed andare avanti. Era successo, si era illuso e non voleva che accadesse di nuovo. « Ed è un male? » domandò, quindi, sentendo già un forte dolore all’altezza del petto.

Il fatto stesso che, nel rispondergli, Jordan non avesse staccato gli occhi dalle sue labbra, la disse lunga su quanto, in effetti, quel contatto gli fosse dispiaciuto. « Non ne sono affatto sicuro » gli disse, sussurrando, avvicinandosi ancora una volta, più lentamente, più delicatamente, coinvolgendolo in un bacio che non era una reazione involontaria, ma, piuttosto, la soddisfazione del desiderio di scoprire qualcosa di nuovo ed assolutamente affascinante.

« Jordan… »

« Chi è là? Nel nome della Nazione Sovrana di Aldenor e del Gran Cancelliere del Regno, mostratevi! »

   
 
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