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Autore: xScricciolo    13/12/2013    2 recensioni
Avete mai pensato a quanto a volte, ci si possa affezionare ad una persona?
A volte ci si ritrova legati a questa quasi come si fossero catene.
Si ha bisogno di lei come si ha bisogno dell’ossigeno,
come se fosse una droga
Curioso come due vite si incontrino continuamente
e come insistentemente continuino a diventarne una sola.
Talvolta rimangono unite, talvolta si separano
ma non è per sempre…
Esse sono destinate a rincontrarsi
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Avevo tredici anni quando lo incontrai la prima volta.
Quel giorno ero, come mio solito, alla ricerca di paesaggi belli da fotografare.
Ero sul bus con la mia migliore amica Elena, a sfogliare riviste di fotografia, parlando del più e del meno.
L’avevo convinta a venire con me per quel fine settimana e le avevo permesso di scegliere la destinazione.
Così ci eravamo ritrovate a prendere un bus per un piccolo paesino vicino al mare, dove vi era la dimora della sua cara zietta, che aveva acconsentito ad ospitarci per quei tre giorni.
Elena aveva insistito affinché andassimo li per due giorni, dichiarando che solo uno non sarebbe bastato per vedere tutta la bellezza di quel posto. Inoltre la data scelta coincideva con l’inizio della fiera e così, dopo aver miracolosamente convinto mia madre, aggiungemmo anche un terzo giorno.
Fu proprio il terzo giorno che lo incontrai.
Quella mattina avevamo deciso di andare a vedere la fiera, avremmo mangiato li con un panino e poi avremmo ripreso il bus per ritornare a casa.
Uscimmo di casa molto presto, perché prima della fiera avrei voluto fare un salto in spiaggia.
I due giorni prima avevo riempito due rullini interi di foto e quella mattina mi accingevo a finire anche il terzo.
Avevo deciso che l’ultima foto sarebbe stata anche l’ultima di quel meraviglioso fine settimana e perciò sarebbe dovuta essere bellissima.
Sfortunatamente non raggiunsi mai la spiaggia perché i cugini di Elena ci trascinarono con loro.
Passammo dunque l’intera giornata con loro e io feci tante foto.
Arrivò la sera e io, stanca della fiera, mi staccai dal gruppo e andai a cercare nuovi soggetti da fotografare.
Mi incamminai verso il mare e a metà strada svoltai in una piccola stradina seguendo un riccio.
La stradina portava ad una vecchia torre aragonese. L’ingresso di essa non era chiuso da nessuna barriera e pensai che dall’alto della torre la visuale sarebbe stata perfetta e io avrei potuto scattare la mia ultima foto.


Man mano che salivo le scale, la luce veniva a mancare, e, anche a causa del muschio che rendeva la pietra scivolosa, inciampai.
La macchina fotografica mi scivolò dalle mani e cadde a terra, mentre io riuscii a tenere l’equilibrio.
Mi accorsi allora che non ero da sola: Qualcuno davanti a me rideva, e quel ridere mi infastidiva non poco.

Apparve così, di fronte a me, con la sua maglietta blu e i suoi bermuda, con in mano la mia macchina fotografica, che mai era stata toccata da nessun’altro oltre a me.
Mi porse la macchina mentre ancora rideva.
Aveva un sorriso che avrebbe fatto invidia anche agli angeli.
Mi chiese se mi fossi fatta male.
Ricordo benissimo il tono di voce con cui disse “Cosa ci fa un angelo nella tana del diavolo?” “Non sai che questo posto è pericoloso? Rischiavi di farti male” aggiunse.


La macchina fotografica non si era fatta nulla per fortuna, ma dopo quello che mi era successo non mi andava più di salire fino in cima.
Risposi alla domanda del ragazzo raccontandogli che avrei voluto fare l’ultima foto del mio rullino dall’alto della torre.
Ridacchiò nuovamente per ciò che era accaduto, ma questa volta la sua risata non mi infastidì.
Parlammo del paese e di tutte le foto che avevo fatto finché non arrivammo all’ingresso della torre.
“Cosa ci facevi tu li?” chiesi allora.
“Bè…” guardò un punto lontano e poi tornò al mio viso “scappavo” disse infine.
Quella fu l’unica domanda che gli feci.
Dispiaciuto per l’accaduto decise di accompagnarmi alla spiaggia sotto la torre per fotografare il tramonto.
Il paesaggio era stupendo, ma non divenne soggetto dell’ultima foto.
Ci sedemmo sulla spiaggia e parlammo finché non decisi di tornare da Elena.
Quella volta restai con lui per non più di mezz’ora, e, sebbene non sapessi nulla di lui, mi sembrò di conoscerlo da una vita.
Mi alzai allora e tolsi il coperchio dall’obbiettivo.
“Hei” dissi per farlo girare verso di me.
Mi guardò, ed io scattai l’ultima foto.
Di quello strano pomeriggio non raccontai niente a nessuno, neanche ad Elena, alla quale raccontai di essermi persa.
  
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