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Autore: Tommospepsi    14/12/2013    1 recensioni
Non sempre le ragazze perfette hanno anche una vita perfetta.
Marie Stewart, una donna misteriosa, con strane fissazioni. Crea per sua figlia la vita che lei avrebbe voluto.
Christine Stewart, figlia di Marie, perfetta in tutto ciò che fa, soffocata dalle manie della madre, accetta la vita che conduce, fin quando non conosce un ragazzo che le farà aprire gli occhi.
Genere: Drammatico, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CAPITOLO UNO

Mia madre irruppe nella mia stanza interrompendo il mio sonno già scarso. Accese la luce e mi tolse le coperte di dosso senza proferire parola. Aprii gli occhi disturbati dalla luce e la osservai nella sua perfezione. Unghie laccate di rosso, capelli arricciati e in ordine, trucco leggero ma anch’esso perfetto, non una piega sui vestiti.
Poso il mio sguardo sulla sveglia sopra il comodino e mio malgrado constato che sono le cinque. La notte precedente non riuscivo a prendere sonno e le braccia di Morfeo mi hanno accolta solo dopo la mezzanotte.
Mi alzai dal letto e mi trascinai pigramente in bagno per lavare dal mio corpo la stanchezza di una notte tormentata.
Uscii dalla doccia una decina di minuti dopo e quando tornai nella mia camera trovai sul letto già rifatto, i vestiti che mia madre aveva accuratamente stirato la sera prima e probabilmente anche mentre ero sotto la doccia.
Osservai gli indumenti qualche istante, disgustata. Mi misi l’intimo e tornai in bagno, trovando mia madre già pronta con l’asciugacapelli in una mano e una spazzola nell’altra. Mi sedetti sullo sgabello che aveva posizionato davanti a se e iniziò ad asciugarmi e acconciarmi i capelli. Non riuscii a capire quanto tempo ci avesse impiegato, ma quando mi diede una lieve spinta sulla spalla mi alzai e mi diressi nuovamente nella mia stanza ad indossare quei vestiti che tanto odiavo. Misi le calze e la gonna rosa pallido, quando mia madre entrò tempestivamente controllando che nulla si fosse stropicciato mentre lo indossavo. Infilai anche la camicia bianca e il cardigan. Osservai il mio riflesso nello specchio: i capelli scendevano morbidamente sulle mie spalle con dei piccoli boccoli sulle punte, le profonde occhiaie sul mio volto presto sarebbero state coperte dal trucco.
Tornai in bagno per la terza volta quella mattina e trovai nuovamente mia madre pronta per farmi il trucco. Mi mise del correttore per coprire i segni della mia stanchezza. Fece una linea sottile con l’eyeliner  e terminò il tutto con del mascara. Prima di uscire dalla toilette mi spruzzò del profumo e mi posizionò meglio una ciocca sulla spalla.
Scesi le scale diretta verso la cucina per prendere qualcosa da mangiare, ma mia madre mi fermò dicendomi che era tardi e non c’era tempo da perdere per la colazione. Ripercorsi la strada verso la mia camera per prendere la borsa che trovai già pronta con tutti i libri all’interno e mi avvia verso l’uscio prendendo le scarpe bianche appena lucidate da mia madre. Afferrai le chiavi della macchina e mi diressi verso la scuola. Parcheggiai distante dalla mia meta per concedermi qualche minuto di tranquillità, passeggiando. Arrivai con qualche minuto di anticipo e il pensiero di sedermi comodamente sulla panchina difronte a me mi allettava alquanto, ma la voce di mia madre irruppe tra i miei pensieri rimproverandomi che la gonna si sarebbe stropicciata.
Attesi accanto al mio armadietto che le lezioni iniziassero.
Al suono della campanella mi incamminai verso la classe di chimica arrivando, come consuetudine, per prima. Mi misi a sedere in un banco qualche fila indietro e osservai i miei compagni entrare e prendere posto scambiando un cenno accompagnato da un sorriso a qualcuno di loro.
Il professore entrò in classe scusandosi per i minuti di ritardo. La classe lo salutò dandogli il buongiorno.
Iniziò la sua lezione e io presi appunti cercando di recepire più nozioni possibili. Accavallai le gambe cercando di non rovinare la perfetta piega della gonna.
Nel mezzo della spiegazione mi sentii chiamare da qualcuno con un leggero tocco sulla mia spalla destra. Mi irrigidii e mi girai lentamente verso chi cercava la mia attenzione. Una ragazza dai capelli mori e lunghi mi rivolse un sorriso porgendomi un foglietto bianco ripiegato in quattro con scritto il mio nome sopra. Le sorrisi di rimando e afferrai il foglio poggiandolo sulla superficie liscia del mio banco indecisa se leggere cosa vi fosse scritto o seguire la lezione. Arrotolai una ciocca bionda sul dito e ci giocai qualche istante, ma decisi di lasciar perdere per evitare che si disfacesse. Decisi di leggere il contenuto del bigliettino dopo la lezione.
Continuai ad ascoltare il professore non riuscendo a concentrarmi come avrei voluto. Il mio pensiero era rivolto al contenuto del bigliettino.
La campanella mi avvisò che la lezione era terminata, così afferrai la borsa e mi affrettai ad uscire dall’aula. Arrivai al mio armadietto e presi il libro per l’ora successiva. Camminai verso le scale per salire al piano superiore, alla classe di filosofia. Nel mentre estrassi dalla borsa il bigliettino che avevo ricevuto e lo aprii insicura. Mi sentii stupida all’idea di avere paura di scoprire cosa ci fosse scritto. Arrivai in classe e mi sedetti. Lessi il contenuto del bigliettino.

domani sera do una festa per il compleanno di un mio amico.
A casa mia alle 22.00, spero di vederti!’

Girai il bigliettino e lessi l’indirizzo. Non ero il tipo di ragazza che va alle feste, per niente, ci andrà sicuramente tutta la scuola, se non ci andassi nessuno si accorgerebbe della mia mancanza.
Le lezioni finalmente terminarono e io non avevo mangiato niente. Mi incamminai a passo svelto verso la macchina, salii a bordo e partii in direzione di casa.
Mia madre attendeva il mio arrivo dietro la porta d’entrata e appena la aprii me la ritrovai davanti in tutta la sua perfezione. Mi spinse leggermente in avanti e fece un giro intorno a me per assicurarsi che fossi in ordine. Fece un’ espressione di sufficienza e mi indicò le scale. Salii ed entrando in camera trovai dei vestiti e una borsa. Mi cambiai e tornai al piano inferiore dove mia madre era già pronta per uscire con le chiavi della macchina in mano. La seguii nella vettura e mi misi la cintura di sicurezza. Poggiai la borsa sulle mie gambe guadagnandomi un’occhiataccia da mia madre.
<< Non apprezzi forse quello che faccio? >> mi disse con astio la donna al mio fianco. Le rivolsi uno sguardo confuso sperando che mi spiegasse a cosa si riferiva << Io ho stirato quella gonna, e tu ci stai appoggiando la borsa sopra. È forse questo che ti ho insegnato? >> domandò rivolgendo uno sguardo fugace alla mia borsa. Immediatamente la appoggiai vicino ai miei piedi attenta a non toccare le scarpe da poco lucidate.
<< Mi dispiace, ero sovrappensiero>> mi scusai con mia madre che non accennava a togliere dal suo volto l’espressione di disprezzo.
<< Cosa ho fatto per meritare una figlia così?>> pensò ad alta voce, non curandosi minimamente del fatto che potessi sentirla.
Il silenzio riempì l’abitacolo dell’auto fino al momento in cui mia madre spense il motore. Si girò verso di me e mi sistemò una ciocca fuori posto, sospirò e con tono di sufficienza mi disse cosa dovevo fare.
<< Io vado dall’estetista, tu invece vai nei negozi che ti ho scritto per messaggio e compra i vestiti di cui ti ho mandato la foto. La taglia te l’ho scritta con le foto. Vedi di non sbagliare. Ci vediamo dopo.>>
Si dileguò lasciandomi accanto alla macchina senza sapere da dove cominciare. Estrassi il telefono dalla borsa e trovai i messaggi di cui mi aveva parlato. Iniziai dal negozio più vicino fino ad arrivare a quello più distante a quasi sette isolati dal parcheggio. I vestiti che mia madre aveva scelto erano quasi tutti per me, non di mio gradimento, come sempre.
Le avevo mandato un messaggio avvisandola che avevo terminato le compere e mi aveva risposto che lei non aveva ancora finito e aveva bisogno di un’ora ancora e di farmi un giro, che una passeggiata mi avrebbe fatto bene.
Seguii il suo suggerimento e camminai per la fredda Londra stringendomi di tanto in tanto nel cappotto color crema. Passando davanti alle vetrine un vestito turchese attirò la mia attenzione. Mi soffermai ad osservarlo per qualche minuto, ma una folata di vento mi riportò alla realtà e dei brividi percorsero la mia schiena. Ripresi la mia passeggiata e passai da Starbucks per prendere qualcosa di caldo.
Presi il bicchiere che mi porse la commessa, la ringraziai e le sorrisi educatamente per poi andare a sedermi ad uno dei tavolini.
Pensai alla mia vita, a quanto facesse schifo, al fatto che non avessi amici, che non uscissi mai di casa se non per andare dal parrucchiere o a comprare vestiti che sceglieva mia madre. Mia madre non mi rivolgeva la parola se non per confessarmi il suo sdegno, le mie giornate erano silenziose. La mia non era una vita normale, ero in una gabbia, tenuta chiusa da mia madre, in una vita che lei riteneva perfetta.
A distrarmi dai miei pensieri fu’ un ragazzo che mi poggiò una mano sulla spalla, facendomi voltare. Era un mio compagno del corso di chimica.
<< Ciao Christine. Posso sedermi?>> mi sorrise. Sorrisi di rimando e annuii. Si sedette difronte a me sorridendomi e sorseggiando la bevanda che aveva nel bicchiere.
<< Ci sarai domani sera alla festa che ho organizzato?>> mi voltai di scatto portando i miei occhi sulla sua figura. Era lui che mi aveva mandato il bigliettino.
<< Veramente non lo so. Non so il tipo da feste e poi mia madre..>> lasciai la frase in sospeso, non mi sembrava il caso di rivelargli che mia madre era una perfezionista, manica del controllo.
<< Ah..>> sembrava deluso dalla mia risposta. << Ma se il problema è tornare a casa, non preoccuparti, ti accompagno io!>> cercò di convinvermi.
<< Grazie mille, ma il problema è un altro… Comunque ci penserò! Se vengo te lo faccio sapere. Ora, scusami ma devo andare, mia madre penso sia uscita dall’estetista e devo raggiungerla.>> feci per alzarmi e uscire, ma mi afferrò delicatamente il polso facendomi riportare l’attenzione su di lui. Lo osservai interrogativa, poi mi porse il telefono. Poggiai il bicchiere sul tavolo le buste con i vestiti a terra, composi il mio numero e lo salvai.
<< Ciao Harry >> lo salutai. Mi sorrise e mi rispose con un cenno.
Camminavo a passo svelto. Mi ritrovai finalmente davanti al negozio con il vestito turchese. Entrai e cercai il vestito. Andai nel primo camerino libero che trovai, mi specchiai con indosso quel meraviglioso vestito, mi piacevo, finalmente qualcosa che sceglievo io. Era la prima volta che potevo scegliere cosa indossare.
Uscii dalla cabina con in mano il vestito e andai a pagarlo. La cassiera ripose il vestito nella busta rosa chiaro e me lo porse. La ringraziai e le sorrisi, sorrise e mi augurò una buona serata.
Controllai che ora fosse e mi affrettai a raggiungere mia madre che probabilmente stava aspettando.
Come avevo previsto era davanti al negozio dell' estetista con le braccia incrociate a petto con aria spazientita. Ero spaventa dalla reazione che avrebbe avuto al mio ritardo.
Appena mi vide mi rivolse un’occhiata di fuoco e si diresse a passo svelto verso l’auto. La seguii, misi le buste sui sedili posteriori e mi andai a sedere accanto a lei. Durante tutto il viaggio non mi rivolse la parola. Arrivammo a casa. Quella casa senza emozioni nella quale vivevo da quando ero nata. Quella che non era mai in disordine, quella senza un granello di polvere, quella che potrebbe sembrare ‘la casa perfetta’ ma in cui nessuno vorrebbe viverci.
Presi le buste e salii al piano superiore per nascondere il vestito che avevo comprato senza sgualcirlo più del dovuto.
Decisi di andare a scusarmi con mia madre per averla fatta attendere quel pomeriggio, bussai alla porta della sua stanza, ma non ricevetti nessuna risposta. Io non avevo il permesso di entrare in quella stanza. Il perché non me lo aveva mai spiegato, mi vietava solo di entrarci. Bussai una seconda volta, e non ricevetti  ancora nessuna risposta. Decisi di lasciarla in pace. Tornai in camera mia e per la seconda volta in quella giornata il mio pensiero era rivolto alla mia vita, a quanto la odiassi, a come avrei voluto stravolgere tutto. E finalmente presi la decisione giusta, per la prima volta: sarei andata a quella festa. 



NOTA AUTRICE
Ciao! Questa è la mia prima fanfiction, quindi siate clementi.
Spero che il modo in cui scrivo si almeno leggibile ahhaha
Ho la trama di questa storia tutta in testa e cercherò di svilupparla nel miglior modo possibile.
Se questo primo capitolo vi è piaciuto, o non vi è piaciuto, lasciate una recensione, sarò ben contenta di leggere i vostri commenti. Accetto tutto, anche le critiche.
-Camilla
  
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