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Autore: Hermione Weasley    13/05/2008    1 recensioni
Si è pure alzato sul bancone deciso a prenderlo per vedere cosa c'è che non va e ripararlo, ma è semplicemente risceso senza nemmeno toccarlo. Quando si è rimesso a sedere si è anche chiesto perché, ma la domanda è sparita nel niente. Caduta, in quella stanza informe, come la metà delle sue riflessioni.
[Sylar/Maya] [Missing Moment] [Season 2: 2x10 e 2x11]
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sylar
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I Don't Need You (But I'm Lost).



L'orrenda musica di sottofondo non riesce a farlo concentrare.
Sembra lirica, un tenore o qualche stupido baritono. Non c'ha mai capito molto nell'Opera, si ricorda soltanto che suo padre aveva una pessima passione per quel genere di spazzatura.

A Gabriel non piace la musica in generale.
Sylar la detesta e basta.

Alza lo sguardo sull'orologio appeso alla parete.
Segna mezzanotte. Più o meno da cinque ore.
Deve essersi fermato.

Si è pure alzato sul bancone deciso a prenderlo per vedere cosa c'è che non va e ripararlo, ma è semplicemente risceso senza nemmeno toccarlo.
Quando si è rimesso a sedere si è anche chiesto perché, ma la domanda è sparita nel niente.
Caduta, in quella stanza informe, come la metà delle sue riflessioni.

Non è familiare.
C'è solo il tic tac continuo dell'orologio difettoso, che in quel momento assomiglia quasi ad una pendola, ma non ne è totalmente sicuro.

Un alito di vento caldo gli accarezza la nuca.
Ci dev'essere un termosifone da qualche parte, ma nonostante i suoi sforzi non riesce a scorgerlo. E' troppo buio e confuso.
E poi c'è un profumo strano, che sente solo adesso.

Non capisce come sia possibile.
Sa di alcool, rhum forse. Non ne è del tutto certo: non è una gran fanatico degli alcolici. E anzi... adesso che è più attento, scommetterebbe quasi che quell'odore non c'è più.
Venuto e andato, come se non ci fosse nemmeno mai stato.

E' stufo di quell'ambiente. Sembra cambiare e mutare forma di continuo, impedendogli di farsene un'idea precisa.

- Te gusta, Gabriel?

Raggela quando una voce che credeva di aver dimenticato lo raggiunge alle spalle.
Si volta, ma non vede niente. Nient'altro che buio pesto e una lingua di fumo grigiastro attorcigliarsi su se stessa, come proveniente da un qualche mozzicone di sigaretta ancora non spento.

Torna a guardare rapidamente avanti, mentre un fremito di quella che assomiglia maledettamente a paura gli risale lungo la spina dorsale.

E lei è lì davanti, in un bellissimo abito nero che le stringe i fianchi e le fascia le forme.
I capelli sono sciolti, le cadono sulle spalle scure, umide.
Gli sta sorridendo. Avrebbe giurato di esserselo dimenticato quel sorriso... l'ampio distendersi delle sue labbra in quel modo così infantile che le illuminava il viso.
Ma ha un'aria diversa. Una sottile linea nera le circonda gli occhi, come a delimitare quegli invalicabili confini tra il regno dei vivi e quello dei morti.
Come a volerlo tenere lontano da quelle pozze di pece dove le anime affogano e soffocano per poi morire definitivamente.

- Maya.

Una constatazione. Non di più.

- Te estaba esperando.
- Come... ?
- Shhhh.

Lo stava aspettando? Da quanto? E... perché?

Parla in spagnolo, come era abituata a fare con suo fratello, ma stavolta riesce a comprenderla. Non sa come sia possibile: lo spagnolo non lo conosce, non lo parla. Non l'avrebbe mai conosciuto se non fosse stato per lei e per Alejandro, incontrati su quelle assolate strade del Messico.

Non lascia cadere il sorriso. Solo in quel momento si rende conto che risulta un po' inquietante.
Lo strascico del vestito le modella le forme e poi cade lungo lo sgabello alto sul quale è seduta. Si appoggia al bancone di fianco.
Giurerebbe di essere in un pub.
Qualche voce lontana, incomprensibile, giunge fino a lui.
Parlano spagnolo anche quelle... ma non riesce a distinguerle. Sono confuse, si accavallano l'una sull'altra, come pronunciate da entità inesistenti e incorporee... parole evanescenti.

Sbatte un paio di volte le palpebre. Quando riapre gli occhi Maya è molto più vicina di prima.
E' seduto anche lui adesso, appoggiato con un gomito al tavolo di fianco.
Lei sorseggia un cocktail dal colore vermiglio.

- Dove siamo?

Le domanda, ma lei non risponde. Fa finta di niente, come se non l'avesse sentito affatto. Fissa il vuoto oltre il bancone, solo altro buio che si perde nella stesse oscurità di poco prima.

- Es tarde.
- Per cosa?

Per cosa è tardi? Per cosa non c'è più tempo?

Gli sembra che si stia allontanando.

- No, Maya!

L'afferra per le braccia. Solo allora sente quanto è fredda.
E' gelida, come se stesse stringendo un statua di marmo ambrato.
La trattiene, impedendole di allontanarsi, avvicinandola a sé.

- Per cosa è tardi?
- Por ti.
- Per me?

Scuote la testa, senza capire, ma lei gli sorride di nuovo.
Quel sorriso, in altre circostanze, avrebbe spazzato via un suo qualsiasi dubbio.
Ma non questa volta, non in quel luogo, non in quel momento.

La vede sporgersi verso di lui.

- Gracias, Gabriel.

Lo ringrazia. Perché? Perché lo sta ringraziando?

Avverte le sue labbra morbide sulle proprie, ma sono gelate così come le sue braccia.
Lo bacia, e lui la bacia a sua volta, assecondando un istinto che gli risale lungo lo stomaco, al quale non può e non vuole sottrarsi.
Sembra veleno quello gli sta insinuando tra le labbra, un'orrenda sensazione di torpore e inquietudine a cui non riesce a dare un senso compiuto.
Un odore acre gli punge improvvisamente le narici, un tanfo nauseabondo - si scosta rapidamente, tornando a guardarla in viso.

- C'è puzza di sangue.

Si lascia sfuggire.

Sangue e cadavere putrefatto. Corpo marcescente... lì, da qualche parte.

- Lo sé.

Lo sa? E allora perché non fa niente? Perché resta così tranquilla e immobile... con quel suo stupido sorriso stampato sulla faccia.
Fa per dirle qualcosa. E' sul punto di arrabbiarsi. Vuole scuoterla, prenderla a schiaffi, urlarle di svegliarsi.

- Es el mìo.

Il suo.

Sente un caldo improvviso imbrattargli le mani. Abbassa lo sguardo ritrovandole completamente impregnate di sangue scuro, bollente.
Rialza il capo, impanicato.
Continua ad osservarlo incuriosita, mentre il buco che ha al centro del petto prende a sanguinare copiosamente, scendendo nello scollo dell'abito elegante.

- Tu sei morta.

La lascia andare di colpo. Pronto ad andarsene il più rapidamente possibile da quel posto senza alcuna logica.

- Io ti ho uccisa.
- Lo sé.

Cerca di ritrarsi alla sua presa quando sembra volersi sporgere verso di lui... per ghermirlo, afferrarlo, imprigionarlo.

- LASCIAMI!

Urla improvvisamente, cadendo dallo sgabello, all'indietro.
Gli sembra di precipitare nel vuoto e quando tocca terra, un urlo improvviso pare squarciare il silenzio.
Un grido disperato e disarticolato, quasi di bestia.

- Como el angel.

Solleva il capo, senza vedere o sentire nient'altro, mentre Maya viene inghiottita dalle ombre che li circondano, attirandola nel vuoto.

*

- Gabriel! Gabriel! Svegliati!

Un flash improvviso lo costringe a strizzare gli occhi.

- Che...

Un suono di clacson insistente. L'inchiodare di un'auto.

- Dios mìo!

La sente imprecare al suo fianco, mentre apre definitivamente gli occhi.

- Gabriel? - Che è successo? - Ti devi essere addormentato e... mi sono distratta.

Sono ancora su qualche stupida statale.

- Manca poco a New York.

Lo informa, prima di indicare un motel al lato della strada.

- Forse è meglio andare a riposare.

Sylar annuisce distrattamente, senza riuscire a far mente locale.

- Tutto okay?

Insiste lei.

- Tutto... tutto bene.

Conferma con un sorriso stentato e affatto convincente.

- Andiamo.

Aggiunge poi, togliendosi la cintura di sicurezza, riprendendo a respirare normalmente solo in quel momento.

- Grazie ancora, Gabriel.

Gli appoggia una mano sul braccio. Ed è calda.

- Di che...

Si limita a risponderle, scendendo di macchina quanto più rapidamente può.

  
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