Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |       
Autore: Chimera in blue jeans    13/05/2008    12 recensioni
"Shikamaru sapeva che Kankuro non era uno Yakuza, contrariamente a quanto si sarebbe potuto dedurre dagli estesi tatuaggi. Non era che un coraggioso ribelle, un alternativo sfuggito alle redini della sua famiglia per ostentare sfacciataggine e violenza.
Il barista osservava, captava, immancabilmente ascoltava. Veniva a conoscenza dei fatti di tutti quei clienti che frequentavano abitualmente l’izakaya, convincendosi ogni giorno di più che ognuno portasse in petto un segreto oscuro.
Sapeva che Rock Lee era un disoccupato degenerato dall’alcol, conosceva ogni risvolto del suo pessimo trascorso. Sapeva che Karin, spesso in compagnia degli uomini di Sasuke, batteva la notte.
Sapeva che Sabaku no Kankuro aveva una sorella…
Stop. Quella era una storia proibita alla sua stessa memoria, facente parte della categoria ‘errori’."
Storia di un errore, forse nobile, forse semplicemente... sciocco. Vissuta fra ricordi e rimorsi, sconfitte e parole mai dette. Pericolose.
[Prima classificata al concorso ShikaTema indetto da bambi88 e arwen5786]
Genere: Romantico, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kankuro, Temari, Altri, Ino Yamanaka, Shikamaru Nara
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Nota: Lo dico per scrupolo, in caso qualcuno se lo sia chiesto… i tatuaggi che ho tanto menzionato, facendo collegamenti con i tratti caratteristici dei personaggi del manga (la svastica di Neji, le ossa di Hidan, ecc), sono un tratto caratteristico e realmente esistente degli Yakuza: in Giappone sono poche le persone che osano tatuarsi, per il semplice timore di essere presi per mafiosi. Questo tende a sottolineare il carattere ribelle e provocatorio di Kankuro, che ho “tatuato” nella storia con i segni che porta sempre in volto durante la serie, nonostante lui non sia parte della Yakuza ^^.
Ed ora, buona lettura della seconda parte!


Capitolo 2



Infilò la chiave nella toppa, producendo un cupo raschiare.
Alle loro spalle la luce acquistava consistenza sull’asfalto, nella scalata del sole lungo il buio pendio del cielo; un sibilo sordo sul pavimento polveroso e la porta si aprì lenta, rivelando l’interno addormentato del locale.
Mattino. E la città si destava, svogliata.
Mossero pochi passi verso l’interno, gustando silenziosi l’amaro in bocca della levataccia. Ino spalancò le finestre, lasciando che una fresca brezza luminosa invadesse l’izakaya.
Shikamaru la osservò muoversi freneticamente al di là della mano premuta sulla tempia, in un gesto di debole sconforto.
“Su, Shika” La lunga coda biondo platino della ragazza spuntò ondeggiando dalla cucina, sovrastata da un rigido manico di scopa. “Ti ho promesso che ti avrei aiutato a ripulire, ma non pensare che ora faccia tutto io”.
Il ragazzo socchiuse gli occhi, infastidito dal trillo della voce di Ino; lentamente, sconfiggendo la stanchezza pian piano, si arrese al dovere e scese dal tavolino su cui era seduto, facendo leva sulle gambe foderate di denim sdrucito. Si trascinò in un angolo polveroso, afferrando al volo uno scopettone passatole prontamente dalla ragazza.
“ ’azie”
Iniziò a spazzare con scarso vigore, rimuovendo patine di polvere per poi accatastarle più in là.
Com’era triste, il locale. Così immerso nel suo sonno di materia morta, polveroso, spento. I residui della scanzonata serata precedente ingombravano impercettibilmente il tutto, urla e risate ebbre svanivano nel nulla del silenzio.
Forse era solo molto stanco.
Di lavorare, di doversi piegare sia al proprio dovere che al loro divertimento.
Di fare finta di aver fatto la cosa giusta.
Di vivere senza di lei.
Prima di poterlo realizzare, le sue braccia si fermarono. Poggiarono sul davanzale, fondendosi nel riflesso del vetro incrostato sotto il suo stesso sguardo vacuo.
Le nuvole erano spesse, intermittenti. Come quella volta in cui…
Ma era notte, quella volta.
E lui era insieme a lei.

Temari schioccò la lingua.
Il polso ruotò fluido sul manubrio, aizzando l’acceleratore. S’innalzò in risposta un ruggito feroce, che scosse col suo eco vibrante due animi silenziosamente euforici.
Shikamaru affondò le mani nei suoi fianchi torniti, allarmato.
“Che c’è?”sbottò la bionda, curva contro la strada.
La moto rallentò e giunse a fermarsi, rimanendo in bilico sulle due ruote per qualche secondo, prima che due tacchi di stivali in cuoio stabilizzassero l’equilibrio. Affondarono nello sterrato della deserta strada di periferia, offuscando la lucida pelle di una patina di polvere.

Uno straccio atterrò sul tavolino accanto a lui, distogliendolo dai suoi pensieri.
Si voltò appena, incontrando lo sguardo accigliato della ragazza, intenta a controllare che lo smalto sulle lunghe unghie non si fosse scheggiato. Sollevò la testa bionda, rivolgendogli i grandi occhi azzurri.
“Aah” Ino sospirò, un gran sorriso sulle labbra imperlate di rosa opalescente. “Quando guardi le nuvole con lo scopettone morto in mano, significa che sei malinconico come poche volte. Ho indovinato?”
Shikamaru le restituì uno sguardo cupo, facendole scivolare via il sorriso dal volto come acqua saponata su un piatto. Ino calò al pavimento le due pozze cerulee.
Col pretesto di riguadagnarsi lo straccio lanciato via in un accesso d’impazienza, si avvicinò al ragazzo, gestendo precise falcate sui tacchi alti. Lo raggiunse, sedette pacata sul tavolino, la pezza stracciata in grembo.
Il ragazzo sentì lo sguardo preoccupato di lei sfiorarlo per un momento ancora, fuggevole.
Poi, con un tono che voleva suonare neutro, pronunciò la domanda che probabilmente voleva esporre da minuti:
“Quanto manca?”
“A cosa?” La risposta di Shikamaru fu quasi brusca. La voce di Ino si fece, se possibile, ancor più cauta.
“Quanto manca a quando… dovrai pagarli?”
“Dieci giorni” soffiò, atono.
Gli parve di vedere le due iridi rossastre di Sasori restituirgli lo sguardo, avide.
La ragazza tacque, lasciando che la mente di lui si disperdesse nel cielo azzurro, macchiato da nuvole libere.
Libere. Perché era questo in fondo il suo desiderio più grande.
Era incatenato al ricatto che lo logorava lentamente. Era prigioniero.
Ma anche Temari, come le nuvole, era libera.
Forse era anche per questo che l’aveva lasciata… lei, così viva, sciolta da vincoli mortali. Forse, oltre al desiderio di tenerla lontana dalla sua situazione di pericolo, aveva preferito allontanarla per rivalsa.
Perché lei era libera, e lui no.
Forse era stato quasi piacevole sentirsi per un momento libero di scegliere, utilizzando tale libertà per allontanare lei e la sua maledetta fortuna.
Schadenfreude?
E le nuvole scorrevano, silenti.

“Vai piano…”ammonì, la linea delle labbra incerta.
Per tutta risposta, la ragazza sollevò al cielo le iridi smeraldine. La sella foderata in pelle tremò furente sotto di loro mentre ripartivano bruscamente. Forse un po’ troppo.
Il ragazzo si aggrappò disperatamente alla schiena di lei, sospinto indietro dalla forza di gravità. La voce ruggente di quella che avrebbe dovuto essere una delicata ragazza gli solleticò l’udito, macchiata dall’interferenza delle raffiche ghiacciate.
“Si vive una volta sola!”
“Appunto” Shikamaru rabbrividì nel giubbotto militare “Cerchiamo di farla durare”.
Una risata di scherno in risposta.
La mano della gravità premeva sul suo petto, togliendogli il respiro.
O forse era il peso. Il peso nello stomaco.
Tentava di scalzarlo dalla sella.
Quei vent’anni di vita asettica lo annoiavano, svuotandolo di gioia e iniziativa. Come sperare di passarne altri sessanta, in tale pigra passività?
Fili di morbido miele danzavano impazziti contro la sua fronte, sfuggiti al casco della loro proprietaria. Poteva quasi sentire la carica elettrica di quella donna dipanarsi lungo le fibre intessute d’oro, contaminare il suo inerte silenzio.
Buffo.
L’apatia lo rendeva attaccato a una vita di per sé apatica.
Ma anche se non l’avrebbe mai ammesso, quelle corse sfrenate, vissute dietro la schiena di un demonio scatenato, gli avevano donato qualcosa: la capacità di sorprendersi, di non dar più nulla per già visto, per scontato.
Shikamaru l’aveva persa fin dall’adolescenza.
Quell’angelo dalla natura demoniaca era riuscito a fargli riscoprire lo stupore per ogni piccola cosa che, con la sua indolenza, lui non notava, giudicandola insignificante.
La brezza, così mansueta e dolce nel sereno.
Shikamaru non avrebbe mai immaginato quanto brutale potesse divenire, nell’impatto contro corpi lanciati a tale velocità. Era rimasto sorpreso.
E la noia, la passività che lo caratterizzavano, avevano per un istante lasciato scoperto un barlume di vitalità. Solo in quel contrasto con la Luce si era accorto di come quelle limitazioni rendessero opaca la sua vita.
Temari era vento, era una folata di cambiamento, d’aria fresca, che divorava quella ormai stagnante del suo pigro trascorrere. Ma lui aveva un ruolo da giocare, una maschera a cui restare leale. E in quanto a questo, era fortemente, stupidamente orgoglioso.
“Manca tanto?”gridò, la corrente aggressiva che gli strappava le parole di bocca.
Temari rise, maliziosa.
“Sì, Nara. Siamo ancora tanto, tanto lontani da casa…”
La sua voce si perse nel vento, contro il vuoto della visiera.
Senza catene, senza limiti. Libera.
Filarono per un’ampia sopraelevata, che curvava su sé stessa sino a connettersi al raccordo. Le luci filavano basse ai loro fianchi, anime sopite fra le mura immerse nel buio.
Una notte eterea.
Temari gettò la testa indietro, in preda all’ebbrezza della velocità.
“Respira, avanti!”
Rallentò svoltando in una strada secondaria, finché le loro parole furono udibili oltre il rombo scemante della moto. Per quanto consentito, la ragazza si affacciò al di sopra della propria spalla, sulle labbra vermiglie un sorriso ebbro, selvaggio.
“E’ aria di libertà. La senti?”
“Sa di smog” osservò Shikamaru, piatto.
Un’ombra strisciò sul volto della ragazza, celata dalla visiera del casco. Si voltò.
Tacque a lungo mentre un lontano semaforo si avvicinava sfrecciando.
“Non sai guardare oltre la punta del tuo naso, Nara”.
Era un suo limite. Era vero.
E mentre la spinta sull’acceleratore sfumava, la sua voce si freddò quanto il motore.

“Tieni, dai”
Ino gli porse nuovamente la scopa, spingendolo a proseguire il lavoro. Si riscosse, promettendosi ingenuamente di non cadere mai più nella trappola delle nuvole.
Riprese obbedientemente a rassettare il locale per la serata, il volto distorto di tanto in tanto da cupe interferenze. Faticava a respirare, e non era certo colpa dell’allergia alla polvere.
Perché Temari era vento.
Era assuefatto all’ossigeno, ed ora, da stupido eroe suicida, boccheggiava in astinenza.


*

“Prego”
Con un’espressione che non avrebbe potuto essere più annoiata, si voltò verso l’avventore.
“Birra” gracchiò l’uomo.
“Asahi, Sapporo, Kirin…” elencò, piatto.
“Asahi”
Shikamaru annuì, inespressivo, voltandosi verso i boccali stipati in ordine su una mensola di legno levigato. Sbuffando per il caldo, colmò il boccale e lo schiaffò sulla liscia superficie, per poi abbracciare ostilmente con lo sguardo l’arrivo al bancone di un ragazzo mingherlino e l’incedere rapido di una donna, diretta anch’essa verso di lui.
Ancora clienti. Non gli stavano dando tregua.
“Shikamaru, vieni un attimo a portarmi quella cassa di gamberi!” La voce di sua madre giunse strepitando dalla cucina, oltre la tendina di canne di bambù; si ficcò una mano fra i capelli, disfacendo all’istante il precario codino alto.
“Un attimo mamma, un secondo!” boccheggiò, disperato. Lunghe ciocche di capelli scuri gli si appiattirono sul volto, liberi. Al diavolo.
“Sto facendo la schiuma!” sbottò, la voce lamentosa. Gli occhi del ragazzo in attesa erano percettibilmente piantati su di lui, mentre con gesti stizzosi e insolitamente rapidi si sfilava la maglia di cotone.
Tirò un sospiro di sollievo, sentendo la pelle freddarsi al contatto con l’aria; solo una leggera maglietta a mezze maniche, attillata, ricopriva ora il suo torace, lasciando intravedere le fattezze del suo corpo atletico ma accaldato.
Si voltò nuovamente verso il bancone, un sorrisetto soddisfatto sulle labbra.
Un sorrisetto che si congelò all’istante.
La donna che prima si stava avvicinando era arrivata al bancone. E lo fissava con occhi penetranti.
Lei.
Era lì.
Ebbe una misera, fulminante frazione di secondo per realizzare. Il motivo gli era oscuro, ma i quattro biondi codini non lasciavano dubbi su chi fosse.
Oltre il bancone, bella e altezzosa come la prima volta che l’aveva vista.
Il calore avvampò nuovamente sulla sua pelle, proprio come era accaduto solo alcuni minuti prima.
Proprio come era avvenuto solo alcuni mesi prima.

“…e un goccio del leggendario Sakè di Yoshino per la mia nii-san, che stasera è venuta a farmi da balia” soggiunse l’energumeno, strizzando l’occhio.
“Arriva, arriva” Shikamaru represse uno sbuffo divertito, passandosi sbrigativamente un braccio sulla fronte lucida di sudore.
‘Chissà che nii-san di classe avrà Sabaku no Kankuro’ pensò sardonico, disponendo svariati boccali sul bancone. Per un fugace istante immaginò il ragazzone coperto di tribali affiancato da una robusta, tipica lanciatrice di giavellotto, di stazza analoga a quella del fratello. Magari con le stesse braccia scimmiesche e i capelli ispidi, lanosi.
Sì, i piccoli filmini mentali, le stupide fantasticherie che sollevano gli angoli della bocca addolcendo la giornata.
Peccato che quando si voltò verso l’avventore, il viso stravolto nella pura immagine dello stress, la seccata sorella maggiore in questione fosse approdata al bancone con irruenza, poggiandovi i gomiti piuttosto rudemente.
Peccato che non somigliasse per nulla a una lanciatrice di giavellotto.
Peccato che in quei due occhi verdi da pantera si rispecchiassero i suoi, spalancati, che quelle labbra imporporate di vermiglio fossero improvvisamente così a portata di bocca, che le dita curate ticchettassero ritmicamente sul bancone.
Sì, le piccole sorprese della vita che spalancano a forza la bocca in espressioni improbabili, rendendo piccante la serata.
“Sicuro che il barista sia di questo pianeta, Kankuro?” chiese la donna in tono quasi casuale, lo sguardo indifferente fisso sul volto immobile di Shikamaru.
Il barista si diede un contegno, ricambiando lo sguardo distaccato con un broncio; lei inarcò le sopracciglia, il seno prosperoso schiacciato contro le braccia ripiegate sul bancone.
“Hai sentito, testa ad ananas? Un sakè per me, su” bofonchiò, strafottente. “Puoi farcela”.
“Che seccatura…” si sorprese a borbottare il ragazzo mentre, trascinandosi in direzione della cucina, seguiva passivamente l’essenziale regola ‘Il cliente ha sempre ragione’.
“Hai detto qualcosa?” Un latrato polemico gli giunse alle orecchie, gonfiandogli le guance di un insulto trattenuto a viva forza. Era una donna, diamine, non poteva permettersi di suggerirle efficaci soluzioni quale “Se ti rode, grattatelo”.
Uno dei tanti, buoni motivi per etichettare le donne come seccature su due zampe.
Prima di immergersi nel regno di sua madre, Shikamaru drizzò le orecchie, captando qualcosa di incredibilmente interessante per essere provenuto dalla gran bocca di Kankuro:
“Ehi, ehi Temari! Vacci piano, Shikamaru non è mica abituato alle mangiatrici di uomini!” Il barista occluse i canali recettivi in nome di un accattivante pensiero.
Dunque, la leonessa si chiamava Temari.
‘Sabaku no Temari’. Suonava bene.
Sorella di Sabaku no Kankuro, grezza quasi quanto il fratello stesso. E nonostante ciò, indiscutibilmente attraente, dotata di una bellezza selvaggia, singolare.
L’inaspettato in persona aveva i capelli biondi, divisi in quattro eccentrici codini.

Le dita della donna corsero ai folti capelli biondi, nel vano tentativo di domare i lunghi fili di frangia dorata. I vivaci occhi felini tenuti razionalmente a bada, inclinò appena la testa.
“Ciao” esordì.
Un tono curioso, più simile a una domanda. Tono che si guadagnò uno sguardo piatto, scoccato da due occhi troppo vacui, stagliati su un volto troppo inespressivo.
Shikamaru non si mosse. I muscoli immobili, paralizzati.
Sabaku no Temari.
Evidentemente, voleva giocare al suo gioco.
E fosse. Shikamaru recitò passivamente la sua parte, il tono formale e inespressivo.
“In cosa posso servirla?”


“Shikamaru!”
Fuori pioveva.
S’intravedeva dalla minuscola finestra socchiusa accanto alla porta d’ingresso, unica via di fuga del momento. Non si curò di rispondere a sua madre, né del ragazzo smilzo che attendeva più in là, con la pazienza che solo un avventore ancora lucido poteva avere. Rimase a osservarla, in attesa.
Non era rilassato. Non ci voleva un genio per notarlo.
Stabilì che se non si fosse decisa a parlare, se ne sarebbe semplicemente tornato alle sue occupazioni. Oltre la frangia bionda, nulla si mosse.
“Aspetta” borbottò, piano.
Temari inarcò le sopracciglia.
“Devo aiutare un attimo mia madre”
“Non c’è problema” replicò prontamente lei, calpestandogli la voce con la sua, insolitamente acuta. “Devo solo farti due domande sul locale. Posso aspettare, ho tutta la serata” soggiunse, un punta di amarezza nel tono secco.
Pessimo segno che lei fosse lì; ancor peggiore l’accenno al locale.
Shikamaru girò sui tacchi e condusse passi rapidi in cucina, facendo per afferrare una cassetta ricolma di pesce abbandonata nel grande freezer. La sua espressione, già granitica, si irrigidì maggiormente nel notare che era sparita.
“L’ho portata io a tua madre” borbottò una voce annoiata, così simile alla sua.
Si voltò di scatto, per incontrare gli occhi fondi del padre, i lineamenti orientali illuminati dalla luce azzurrina della cucina. Shikaku aggrottò la fronte.
“Che ti prende? Sei pallido” osservò l’uomo.
“Papà, servi tu al bancone, mi serve… mi servono dieci minuti, ecco. C’è Temari”
Senza curarsi di ascoltare la risposta, Shikamaru uscì dalla cucina a passi rapidi, rendendosi conto solo al ritorno nella sala di star sudando freddo.
“Bene… vieni fuori..?” buttò lì senza preamboli, evitando di incrociare il suo sguardo. La ragazza annuì, impassibile.
Il senso di colpa, i rimorsi, i rimpianti. Si morse le labbra, precedendola verso la porta posteriore del locale.

*

La temperatura esterna era umida, fredda, in netto contrasto con quella soffocante dell’izakaya; rabbrividì.
L’odore della pioggia.
Che scroscia a cascate.
Quando tutto si fa bianco, si lascia abbattere inerte della cortina di freddo opaco.
Temari si chiuse la porta alle spalle, raggiungendo Shikamaru nel cortile esterno, sotto un ripido cornicione. Il ragazzo si affrettò a frugare nella tasca, risultando impassibile nell’estrarre un pacchetto di sigarette.
“Una?” chiese, mentre l’accendino tremolava incerto fra le sue mani.
“No, grazie” fu la risposta, forzatamente fredda.
Il barista ripose il pacchetto, aspirando profondamente dalla sigaretta che aveva infilato sbrigativamente fra le labbra. Guardava altrove.
Fingeva, sfuggiva ancora.
Trascorsero diverse boccate prima che Temari si decidesse a parlare, la voce rotta. Lui si voltò a guardarla, per la prima volta da quando si era ritirato in cucina.
“Io non sapevo nulla” Puntò in alto gli occhi verdi, il viso bagnato di bianco. Si sforzò di mantenere un freddo distacco, quasi altezzoso. Shikamaru rimase in silenzio, lo sguardo fisso nel suo.
“Non mi avevi detto nulla…” mormorò “…di Sasori e del suo clan” concluse, alzando la voce per sovrastare quella di lui, probabilmente preparata ad un ingenuo ‘Di cosa?’
Il ragazzo si rabbuiò, le spalle irrigidite poggiate al muro. Si chiuse in un lungo silenzio, che la ragazza rispettò senza fiatare.
Poi, finalmente, un roco “Guardami”.
Temari risollevò gli occhi orientali, incontrando i suoi. Erano torbidi, torbidi come non li aveva mai visti.
“Guardami e giudica tu. Sarei stato l’uomo giusto per te, davvero? Un uomo che paga il pizzo e non sa come uscirne, che ti avrebbe soltanto trascinata nei suoi stessi casini?”
Temari scoppiò a ridere, quasi isterica. Si staccò dal muro, finendo oltre il raggio di protezione del cornicione; fredde stille di pioggia presero a ticchettarle contro, insistenti.
“Si diceva di te che avessi 200 punti di quoziente intellettivo, Nara!” lo schernì.
“Se è alla denuncia che pensi, fai due calcoli e ti renderai conto che non c’è bisogno di troppi neuroni per capire che denunciare avrebbe messo in crisi tutta la mia famiglia” sbottò lui, cupo.
“Ma ti saresti liberato di Sasori!” ringhiò, furiosa.
“Sì. E il resto del clan lo avrebbe vendicato”.
Poche parole che la misero a tacere.
“Io non volevo lasciarti, Temari” soggiunse piano, serio. Nello sguardo si leggeva chiaro che stava mandando al diavolo l’orgoglio. “Ma avrei dovuto dirti tutto, degli Yakuza e il racket, se non l’avessi fatto”.
La donna si voltò di scatto, facendo schizzare in aria gocce ormai riscaldate dalla sua pelle.
“E allora? E quando mi avessi detto che la Yakuza ti sta distruggendo la vita?”
“Sarei stato un codardo per te. E ti avrei immischiato nel mio problema”
Ed ecco Shikamaru che gettava una maschera: quella del menefreghista, del ventenne svagato a cui non importava nulla del giudizio altrui.
“Sei stato un codardo a farmi… soffrire” ammise lei, le mascelle serrate “Pur di non dirmi che avevi un problema!”
“Ero stanco di fingere”
“Avresti dovuto essere sincero!”
Tacquero, entrambi. La pioggia portò via le loro parole, ormai così basse, inutili.
Solo frutti morti, figli di terreni ormai bruciati.
Shikamaru sospirò, estraendo nuovamente il pacchetto di sigarette. Una richiesta di pausa.
“Passamene una, Nara” mormorò Temari, massaggiandosi la fronte stancamente. Il ragazzo gliela porse senza obiezioni, ancora passivamente abbandonato contro il muro del cortile.
I codini, ormai scivolati via dagli elastici, strisciarono lungo le spalle bagnate di lei mentre si chinava verso quella mano asciutta che le tendeva il desiderato bastoncino bianco, intatto.
Shikamaru imprecò distrattamente nel constatare che l’accendino aveva preso acqua; lo fece scattare più volte, fallendo nel tentativo di accendere la sigaretta.
“Sono senza accendino” dichiarò, osservando la sua interlocutrice con espressione piatta.
Le labbra di Temari s’incurvarono appena.
“Ne hai uno proprio nella tua bocca”
Il ragazzo osservò accigliato il mozzicone pendere dalle sue stesse labbra; poi, rivolgendole lo sguardo con un sospiro, lo tenne fermo fra le dita. Lei si avvicinò, gli occhi assottigliati nell’attenzione.
Le due punte bianche giunsero a toccarsi, quella della sigaretta più corta propagando gradualmente il calore nell’altra, spenta.
Le bocche erano vicine.

Le bocche erano vicine.
Le labbra si sfioravano.
-Uno sguardo gettato nel buio, furtivo.
Le loro bocche erano unite.
Le loro labbra che divoravano.
L’ebbrezza del calore. Di lei, di lui.
-Quanto le mani possano essere fredde sulla pelle che scotta…
Il buio era dolce, allontanava il silenzio pressante.
-Quanto la voce contro il collo dell’altro possa essere rotta…
L’appartamento era deserto, un vasto impero soltanto per loro.
Loro, che si sentivano nient’altro che re e regina, vividi nel loro eterno splendore.
Gli occhi erano ciechi, ottenebrati di tenebre e piacere; non cercavano che quelli dell’altro.
Le mani erano sudate, pregne di profumi intensi; non cercavano che la pelle dell’altro.
Erano uniti, erano soli, erano rinchiusi nel loro mondo di segreti inconfessabili, passione, orgoglio ormai dischiuso.
Non sentivano le corde che si serravano ai loro polsi.
Strisciavano sulla pelle.
Come le loro lingue lungo i lobi, lungo la schiena dalla pelle liscia.
Perché, ansimando e urlando, avevano la maledetta sensazione che il Paradiso fosse infinito?

Temari ritrasse la testa, osservando la punta della sigaretta incenerire e bruciare.
Aspirò, vivendo soffusamente quelle sensazioni mai dimenticate.
Soffiò fuori il fumo.
“Potrei chiedere aiuto a mio padre”
Era stanca, debole. Gli occhi di Shikamaru la seguirono stanchi, deboli.
“E’ un avvocato. Credo che la legge abbia soluzioni per una situazione come questa”
“Non ce ne sono” sbuffò lui, atono.
Chiuse gli occhi, lasciandosi accarezzare la schiena dalla pioggia incessante.
“Io pensavo solo che avremmo potuto provare insieme” concluse, vuota di altre parole. “Almeno provare. E che l’avremmo affrontato insieme. Solo questo”.
Forse non sarebbe bastato a risolvere.
Forse sarebbero potuti rimanere invischiati nel ricatto fino alla morte.
Ma per lui, Temari non avrebbe ceduto alla paura.
“Be’, hai fatto la tua scelta. Io la mia parte te l’ho offerta” Gettò la cicca già fradicia a terra, esausta.
Fece per muoversi verso la porta, incapace di definire il suo stesso stato d’animo. Una voce lenta e profonda la raggiunse, come non la sentiva da un pezzo.
Non avrebbe detto che due parole, prima di raggiungerla sotto l’acqua del cielo.
“Vieni qui”
Sì. Assaggiamo insieme quanto salate possano essere le lacrime di coccodrillo.
Salate e amare.
Perché senti anche tu quel loro sapore, lo so.
Aspre e brucianti.
E so che non ti piace, che lo odi…
Le dita affondarono nei suoi capelli bagnati, immobili, in un’unione amara.
… che ti fa provare dolore. Forse più di quanto ne provi io.
Schadenfreude.
No. Stavolta è più che altro masochismo.
Silenzio.
C’erano solo loro, la pioggia e i loro corpi, stretti in un abbraccio.
Ma un abbraccio che aveva il sapore dolce e acerbo di un bocciolo. Nuovo, fiducioso.
Che nasce da un ramo spezzato e vuole tornare all’antico splendore.
Pioveva, su di loro.
Pioveva e non si sciolsero.
Contro la Schadenfreude che impregnava le loro fragili esistenze, la giovane promessa di un fiore sbocciato dal sale.


***




Angolo dell’autrice:
Ed ecco il finale. Volevo terminare la fic in modo un po’ agrodolce, ricongiungendo i due ma lasciando aperta la questione Yakuza; nessuno sa come Shikamaru risolverà il problema, ma ad ogni modo… lo affronterà con Temari. E una storia che sembra ormai troncata di netto dalle incertezze di Shikamaru, ritrova un raggio di speranza da cui rinascere grazie alla forza d’animo di Temari. Questo era il mio intento, e spero fortemente di essere riuscita a descrivere bene ciò che avevo in mente nel finale.
Dunque, più di una persona ne ha parlato nelle recensioni: la storia che i due hanno alle spalle non è definita in modo chiaro, lo so. E’ stata una scelta volontaria, ho voluto lasciare nella penombra i particolari del loro passato (questo, per la mia visione, si adatta di più all’atmosfera soffusa dell’izakaya, in cui è ambientata la gran parte della fic ^^).
Quindi non ho descritto esplicitamente l’inizio della loro storia, né la fine; soltanto alcuni sprazzi di esperienze vissute insieme (come la corsa in moto), il loro primo incontro e i loro primi approcci, segnati dalla gelosia. Ed anche un momento di passione e (nello scorso capitolo) il ricordo di una incomprensione e discussione fra i due. Anche qui spero di conoscere il vostro parere; sono riuscita a rendere completa la loro storia di tutti i tipi di esperienza che caratterizzano un rapporto? O risulta troppo confusa e sottointesa? Fatemi sapere, ci tengo moltissimo… ci ho messo l’anima nel rendere spessore a questa fic.
Ah, rinnovo il mio richiamo alle persone che hanno aggiunto la fic ai preferiti senza commentare: spero che vi facciate sentire, non costa davvero nulla :)

Rispondo alle vostre meravigliose recensioni *__*

Un bacio a tutti!
Chime

Arwen5786: Grazie, Cami e Roberta. La vostra recensione da giudici mi ha fatta sentire veramente felice e gratificata del lavoro che ho fatto… nonostante quello che avete scritto sulla forma e lo stile, credo proprio che non sarò mai capace di descrivere bene la mia gioia :-). E non esagero. Che dire? Grazie di cuore!

Stefy90: La tua recensione mi ha veramente emozionata! Ti ringrazio tantissimo, sono contenta che tu l’abbia trovata viva e reale, che i personaggi ti siano sembrati tutti importanti nel loro ruolo. Ho ritardato a pubblicare il seguito per problemi di connessione, nel frattempo credo che ti sarai ripresa, come hai detto tu :-) Spero che questo capitolo riesca a darti i brividi come il precedente; ho provato a distaccare la storia dalla durezza delle vicende della mafia per concentrarla di più sull’intensità del rapporto che c’era tra i due quando erano ancora insieme. Fammi sapere che ne pensi, nel frattempo ti mando un bacione e un ringraziamento!

SangoChan88: Grazie mille! E grazie per i preferiti ^^ Che ne pensi di questa seconda parte, ti è piaciuta? Baci e grazie ancora!

La faina di primavera: “Sorry Nicky, human nature, nothing I can do! It’s… Schadenfreude! Makin’ me feel glad that I’m not you.” Ah, Fainuzza mia. Ricordi quando lessi questo pezzetto dal tuo messaggio e mi innamorai della parola Schadenfreude? E te lo ricopiai nel mio? Tu e i tuoi pazzi musical mi avete fatto superare il blocco dello scrittore (se di scrittrice si può parlare xD). Lo so che sono stata un po’ cretina, ma lo sai che la autostima non è propriamente un elicottero… Grazie soltanto di aver sopportato la mia cocciutaggine e di avermi inconsapevolmente ispirata a scrivere questa fic. E i tuoi commenti via msn mi fanno sempre più commossa **. Un bacio fortissimo, mio pelosissimo animaletto!

Nanami_Kimura: Grazie mille per i complimenti ^///^ Ecco il secondo cap, problemi di linea per cui sono un po’ in ritardo… dimmi che te ne pare di questa seconda parte! Un bacio e grazie ancora!

Lily_90: La tua recensione mi ha lasciata senza parole per diversi motivi. Non mi viene in mente altro che “grazie”, che è la cosa più banale da dire ma anche quella più sincera. Sono davvero contenta che tu ti senta immedesimata nel personaggio di Temari e che la fic sia riuscita a coinvolgerti fino a farti avere i brividi. La tua recensione, così dettagliata, è stata sicuramente fra le più gradite: sai, di quelle che ti fanno capire che allora non scrivi per niente… e poi sai bene quanto mi piaci come scrittrice, come il tuo parere su una ShikaTema sia prezioso come l’acqua ** A proposito, ti è arrivata la mia e-mail? Ti ho inviato la mia recensione a “Just as long as you stand by me, darlin’” e spero che ti sia arrivata >.< Fammi sapere! Ho ancora problemi di connessione, per cui non riesco a postare recensioni. Nel frattempo, spero che questa seconda parte sia stata all’altezza della precedente… dimmi che ne pensi, tengo moltissimo al tuo giudizio! Ancora grazie e un bacione! ^.^

Kaho_chan: Ma salve, collega mosca grigia ^.^ Non preoccuparti della sensatezza della tua recensione, sappi solo che l’ho amata così com’è *___* Ti ringrazio tantissimo, mi rende felice sapere che sono riuscita a rendere le sensazioni e le atmosfere che immaginavo nella mia testa! Ah, in quanto alla Schadenfreude… oddio, a ripensarci ho scoperto questa parola per caso, chiacchierando di canzoni con una mia amica. E’ un sentimento, in pratica, che spazia dal vero e proprio compiacimento per le disgrazie altrui a situazioni minori, come… Uhm, hai presente quando una ragazza insopportabilmente odiosa e oca magari inciampa e cappotta in piena strada? Ti capita mai di sentirtene mooolto contenta? Ecco, se sì, quella che provi è Schadenfreude ** Sono rimasta affascinata dalla parola in sé, perché in fondo è qualcosa che in varie misure proviamo tutti… spesso, poi, è il sentimento che fa andare avanti interi sistemi, come il bullismo.
Sai, la tua recensione mi ha fatto rendere conto di una cosa. Ho rivisto milioni di volte ogni frase, ogni dialogo… ma mi era sfuggito quanto Choji sia sì, un po’ rozzo come me lo immagino, ma decisamente non-puccio, come tutti lo conosciamo o.O E dire che mi piace proprio per la sua bontà d’animo.. Intendiamolo come un prodotto della società allora, povero Choji xD. Spero che ti sia piaciuta Ino e che questo cap sia stato all’altezza del primo… fammi sapere! ^o^ Ah, come ho già detto a Lily, ho problemi ad inviare le recensioni; mi scuso per il ritardo, lascerò la mia recensione al secondo capitolo di “Exausting reruns” non appena avrò risolto il problema. Bacioni!

Valy88: Prima di tutto grazie per aver risposto alla mia mail ^^ Sei stata davvero gentile, e sono contenta che tu mi abbia lasciato un commentino… commentino? Mi hai lasciato una bellissima recensione *.* Ti ringrazio di cuore per ciò che hai detto sulla trama e tutto, come sai è sempre utile per chi scrive conoscere il parere dei lettori! Sì, effettivamente sono un po’ maniaca, ho rivisto praticamente ogni frase prima di darla per buona… ma le recensioni come le tue sono quelle che mi fanno capire che ne è valsa la pena ^^ Prenditi pure il tempo necessario per recensire; quando vuoi e quando puoi, naturalmente. E grazie ancora! Spero che questa seconda parte ti sia piaciuta!

Matta_Mattuz: Gentilissima, ti ringrazio! ^^ Sono contenta che trovi la storia e la caratterizzazione di Shikamaru diverse dalle altre! Un bacio e grazie, spero che la seconda parti ti sia piaciuta quanto la prima! Ah, una cosa che non c’entra nulla, ma che non potevo con dire… il tuo nick è fantastico xD

Talpina_pensierosa: Grazie *___* Spero che ti sia piaciuta questa seconda parte e… scusa per il ritardo d’aggiornamento, so che mi sono fatta un po’ attendere a causa della connessione ^^” Un bacione!

Maobh: Grazie infinite per i tuoi commenti sullo stile, mi hanno fatto un piacere enorme! Per quanto riguarda la storia fra Shikamaru e Temari, ho deciso fin dall’inizio di riportare soltanto alcuni momenti particolarmente significativi della loro storia, ricordi che potessero sorgere grazie a situazioni particolari. Non ho però approfondito, volutamente, sui momenti in cui si sono messi insieme e lasciati; spero di aver reso comunque lo spessore che desideravo al loro rapporto. In questo capitolo si intende anche il motivo esatto del termine della loro storia, ma più che dai flashback lo si deduce dai dialoghi e dai pensieri stessi. Fammi sapere se la cosa rimane ancora troppo sottintesa, e se il modo in cui ho gestito i flashback sulla storia passata ti sia piaciuto: è importantissimo per me, soprattutto se si tratta di rendermi conto di punti che non riesco a rendere abbastanza chiaramente! Grazie ancora, spero di sapere cosa ne pensi.. Baci e a presto!

Tem_93: Grazie, è sempre molto apprezzato il giudizio dei lettori, in particolare, in questo caso, di voi mosche nere ^^ Sono contenta che ti sia piaciuta, e spero che il passato di Shika e Temari risulti più comprensibile leggendo questa seconda parte della storia. Fammi sapere che ne pensi, un bacio e grazie ancora!

Shikatema: Se scrivi queste recensioni, allora posso assicurarti che chiunque vorrebbe un “assillo” così, come ti definisci tu xD. Il crimine affascina anche me (come resistere a certi membri di una certa organizzazione, poi?), e ho cercato ritrarlo nei suoi aspetti più nascosti e angoscianti. Spero che ti sia piaciuta la seconda parte, fammi sapere che ne pensi! Un bacio, e mi scuso per aver fatto attendere un po’ questo secondo cap!

Muppello: Grazie Miki *__* (Posso chiamarti Miki? *w*) Sono contenta che la storia ti sia piaciuta, poi il tuo commento è davvero prezioso considerando che non ami il genere AU. Grazie per i commenti sul modo di scrivere, e a presto! Spero ti sia piaciuta questa seconda parte, un bacione!
  
Leggi le 12 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Chimera in blue jeans