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Autore: jehan du moulin    13/05/2008    6 recensioni
Pansy odia un giorno particolare dell'anno. Quello che riguarda il suo compleanno, e quando Ginny le confessa che ha intenzione di festeggiarlo in qualche modo il terrore la assale.
Una piccola One-Shot per il compleanno di una persona speciale. Perchè non so fare altro che scrivere. Perchè ci tenevo.
Alla Pansy che conosco io, con tutto il mio affetto.
A LittleMissMaddy, Jehan
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Ginny Weasley, Pansy Parkinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Pansy. Quella che conosco io. 
E al suo compleanno, l'8 Maggio.
Ai suoi 19 anni e agli shock che le faccio prendere solo io.
A tutto quello che non ti ho mai detto. A tutto quello che non mi dirai mai.
Ma, sopratutto, ad una conversazione di finestre al terzo piano, torte e canzoni a squarciagola. 

OTTO MAGGIO

Pansy Parkinson odiava l’Otto Maggio.

Lo odiava con tutta se stessa, con tutto il cuore, dalla prima ora del mattino, in cui il sole, filtrando dalle inferiate, scivolava velocemente attraverso la stanza a baciarle il viso, all’ultima della notte, quando il suo amante, Morpheo, la cullava dolcemente fra le sue braccia, reduce di una notte d’amore.

E quell'Otto Maggio non si prospettava diverso. 
Avrebbe ingoiato tutti i falsi sorrisi, le ipocrisie, le parole cordiali con lo stesso medesimo viso fino a sera, quando, se Dio avesse voluto, avrebbe trovato un po' di pace. 
Come ogni dannatissimo anno. 

Sarebbe scesa a colazione con la stessa faccia funerea di tutti i giorni, avrebbe mandato al diavolo Draco per le sue battutine pungenti e avrebbe fulminato con lo sguardo Theo e Blaise per gli auguri idioti che ogni anno si premuravano di farle con la stessa energia di quando vicevano una partita di Quidditch. 
E avrebbe sopportato anche quello.

Ma ciò che quell'anno la preoccupava non erano le cagate di Malfoy, o la totale mancanza di tatto dei due idioti. No.
Quella che la preoccupava era un'altra persona.

*
Aveva cercato di spiegarle, la sera prima, di come la cosa non avesse alcuna rilevanza per lei.
Peccato, perchè la bambina che le stava di fronte la pensava in maniera diversa. Completamente diversa.

"Giuro che non mi accamperò davanti al tuo Dormitorio con una torta in mano, aspettando la mezzanotte per cantarti gli auguri" lo aveva detto come si dice 'auguri per il compito di domani' con la stessa ironia che la agghiacciava. L'idea che potesse fare qualcosa { qualsiasi cosa } di anche solo vagamente simile la terrorizzava.

"Sarà meglio" aveva sbuffato con impazienza.

"Come sei nervosa..." il dolce rimprovero riuscì a strapparle un sorriso a malapena.

"Lo sarò molto di più se provi a fare una cosa del genere. E' un giorno come tanti" la sottile supplica era talmente palese che il sorriso sul viso della ragazzina si allargò ulteriormente.

"E' il tuo compleanno"

"Appunto"

*
E così, ora, lentamente, come un condannato a morte, si avviava, con lento incidere, ignorando i commenti che la sfioravano come aliti di vento.


Ignorava Draco che si complimentava per un altro anno passato ad amarlo.
Povero piccolo illuso.

Ignorava Blaise che le saltellava intorno, canticchiando una canzone idiota.
Ignorava persino Theo che, stranamente di buon umore, dava il ritmo a mezza voce.

Eppure qualcosa le sfuggiva.
Dov'erano i complimenti? Dov'erano i sorrisi? Dov'erano i regali ?

In preda al più furioso { e discreto} panico aprì la porta della Sala Grande, lasciando che lo sguardo spaziasse al suo interno, con la gola bloccata e il cuore che le batteva a mille.

Niente.

Nessun manifesto.
Nessuna torta esageratamente grande.

Qualcosa dentro di lei morì.
Morì lentamente la speranza di qualcosa di eclatante, una volta tanto.
Morì il terrore della sorpresa.
Morì la sensazione di piacevole gelo che l'aveva tenuta prigioniera per tutto il tragitto.

Capeggiando la squadra dei Serpeverde si trascinò lentamente al Tavolo dei Serpeverde, ben attenta a non voltare la testa verso quello dei Grifondoro.
Eppure sbirciava, di tanto in tanto. La  sbirciava.

Fu quando, quasi a malincuore, raggiunse il familiare Tavolo e vi prese posto che lo vide.
Discreto come un fazzoletto normale. Un pezzo di appunti smarrito da qualcuno che non conosceva e che si era intrattenuto a studiare poco prima.
Un angolo di pergamena, strappato dal nulla.
Una pergamena che portava ancora qualche parola leggibile, sopra le cancellature di parole indecifrabili.

Il cuore della Serpeverde perse un battito.
Uno solo.
Qualcuno giurò di aver visto un sorriso su quel viso sempre corrucciato, per un secondo soltanto.
Qualcun altro, invece, fu sicuro di notare una luce diversa nei suoi occhi.

Quello che i tre ragazzi di fronte a lei notarono, invece, con sicurezza, fu il progressivo cambiamento della carnagione sul viso della fanciulla, quasi stesse arrossendo.
Nessuno disse nulla. Il biglietto sparì velocemente nella tasca della divisa.

*
Quella sera la luce nella stanza Parkinson - Greengrass si spense tardi.
Qualcuno stava rileggendo per la millesima volta due paroline tanto banali quanto smielate.
Le stesse che aveva criticato tanto, in passato.
Le due parole più vecchie del mondo.

"Pan?" la chiamò docilmente l'amica.
"Sì?"
"Di chi era il biglietto?"
"... non lo so"
"Oh"
"..."
"Pan?"
"Dimmi"
"Buon Compleanno"

Fin



 

  
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