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Autore: Francesca_Chiara    16/12/2013    0 recensioni
Una giovane ragazza è pronta ad andare a scuola, ma qualcosa sconvolgerà i suoi piani.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi svegliai. Era Lunedì, mi alzai, mi lavai, mi vestii e mi misi il profumo. Presi la borsa e uscii. Andai alla fermata del bus, dove normalmente prendevo l’autobus per andare a scuola, ma non quella mattina. Si certo, prendevo comunque il 14, ma ciò che ancora non sapevo era che non mi avrebbe portato a scuola. Ero in anticipo di mezz’ora, come sempre e quindi decisi di andare in lavanderia a ritirare i vestiti che avevo lasciato li, non erano molti, solamente tre, anche se il loro valore complessivo si aggirava sui cinquecento euro non temevo certo che me li rubassero. Salì in autobus. Non c’eravamo che io e tre ragazzi sulla trentina. Decisi di scendere una fermata prima per prendermi un cappuccino a bar. Quando uscii decisi di prendere una strada alternativa per arrivare al liceo. Mentre camminavo e cercavo di controllare lo stato del mio fondotinta notai che gli stessi tre ragazzi dell’autobus mi erano dietro, svoltai a destra e di colpo senti un braccio avvolgermi il collo. Se avessi urlato di sicuro qualcuno mi avrebbe sentito ma non ci riuscivo. Iniziai a sudare ma pian piano sentivo che la presa sul mio collo si allentava mi buttarono a terra. Tremante e con voce flebile gli dissi che i vestiti costavano molto, che la borsa era di marca e che anche essa valeva molti soldi ,che avevo il portafoglio con la carta di credito, dei contanti. «Come ti chiami?» non risposi. «Ti ho chiesto come ti chiami, rispondi cazzo!» «Sharon» balbettai. Mi dissero di alzarmi, e mi dissero che dovevamo comportarci come amici, se no le persone avrebbero potuto sospettare. Mi portarono in stazione prendemmo il treno e dopo estenuanti ore di viaggio giungemmo in una città che non conoscevo, ma dai cartelli capii che era Milano, proseguimmo a piedi verso la periferia e man mano i quartieri diventavano sempre più malfamati. Dopo un’ora o anche più arrivammo in un vicolo pieno di scritte, graffiti, incisioni entrammo in un appartamento. Li mi trascinarono in una camera e chiusero la porta, con me rimase solo uno dei tre, che scoprii chiamarsi Ivan. «Il tuo cognome?» «Aminid» «Allora… Sharon Aminid, raccontami un po’ di te: A giudicare dai tuoi vestiti ai dei genitori ricchi, dico bene?» «Si. Hanno anche molta influenza. Mia madre fa la modella per Cosmopolitan e mio padre fa il regista, George Aminid e Elle aminid.» «Bene, meglio. Vediamo… il cellulare ce lo hai dato iPod anche… per ora basta… non tremare mi metti ansia» Lui se ne andò e io mi accasciai al muro. Speravo che avrebbero rintracciato i miei genitori e che gli chiedessero un riscatto. Stavo in quella stanza solo da venti minuti e già mi sentivo morire. Guardai l’orologio appeso al muro. Le 16:30. La sfortuna di avere due genitori famosi è che non sono mai a casa e che quindi non possono sapere se tu ci sei o meno. Vennero gli altri due uomini «Io sono Drek, lui è Brakoo.» Brakoo mi prese per il braccio e strattonandomi mi alzò. Io gli svenni fra le braccia. MI risvegliai che ero distesa sul letto. Di fianco a me c’era Ivan. Sulla testa avevo una pezza bagnata. Ivan mi fece per prima cosa bere un’intera bottiglietta d’acqua poi mi diede una pastiglia e infine mi porse un panino. «Grazie» mormorai. «Quanti anni hai?» «Sedici» «Io venti» La nostra conversazione terminò perchè Brakoo entrò nella stanza. Mi disse che l’indomani saremmo andati a chiamare i miei genitori. Accese la televisione, dappertutto c’erano Telegiornali, su alcuni canali anche edizioni speciali che parlavano della scomparsa di Sharon Aminid. Io chiusi gli occhi e mi addormentai sperando che tutto ciò sarebbe finito presto.
  
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