We
met right here.
Alle
mie
Warriors (e non lol), che amo più di me stessa.
Che
ci
sono sempre. Che ti ascoltano.
Che
ti
capiscono.
Che
ringrazio il Cielo che esistano.
E
non
vedo l’ora che arrivi il giorno in cui le
abbraccerò, perché quel giorno la mia
vita, sarà più che completa.
Vi
amo.
Manchester.
Sunday, 8th February
’09.
Dopo
un viaggio in treno, lungo ed estenuante, per
raggiungere quella città in cui finalmente si sarebbe
avverato uno dei suoi
molteplici sogni, il piccolo quattordicenne Harry Styles, scese
saltellante da
quel mezzo infernale scuotendo la massa di ricci che si ritrovava sulla
testa,
alzando le braccia al cielo stiracchiandole.
Da lì a poco avrebbe raggiunto la 02 Apollo Arena, per
assistere al concerto della sua band preferita, i The
Script.
La
folla agitata e urlante, non smetteva di
sballottarlo a destra e manca, senza sosta.
Ad Harry però, dal canto suo, piaceva quella
sensazione.
Il sentirsi emozionato. Le mani al cielo, le lacrime,
le canzoni intonate, anche se alla fine staccava per le troppe urla.
Quel senso di pienezza.
Chi l'avrebbe mai detto che il suo primo concerto fosse
così sensazionale?
Aveva pregato sua madre da mesi per far sì che lo
mandasse, le diceva, anche, che sarebbe stato il regalo di compleanno
più bello
della sua vita;
qualche favore a sua sorella più grande, invece, per farsi
accompagnare.
Ma non fu' così difficile, visto che anche Gemma
era una fan accanita del gruppo.
Tutto
era perfetto e come si immaginava, il piccolo
Harry.
Aveva quattordici anni -da pochi giorni-
e un sogno nel cassetto: diventare una star di fama
mondiale, come i suoi idoli lì su quel palco, di fronte a
lui.
Cantava, mentre sognava ad occhi aperti, saltava a
causa di un pezzo un pó più rock di un'altro.
E ancora spinte, e mani ovunque che si muovevano alle
sue spalle.
E adrenalina, e gola secca.
Sudore e tremolio alle gambe.
Ma non erano nulla confronto alla tempesta di emozioni
che lo investiva dentro.
«Ti
stai divertendo
poco, vero fratellino?»
chiese ironica la
bionda, mentre gli cingeva con un braccio le spalle, per abbracciarlo e
cantare
insieme a lui le note di quell'ennesima canzone, quella sera.
“Going back to the corner
When I first saw you…”
Fu'
un attimo, quando il riccio si girò per rispondere
a sua sorella che saltava tra le sue braccia, già abbastanza
grandi e lunghe
per la sua età, che li vide.
Due gioielli blu, anzi azzurro cielo,
che brillavano più di tutto e tutti tra quell'ammasso
di gente.
Due occhi che facevano risaltare un viso ancor più
bello.
E il possessore di quei gioielli -sì
perché era un ragazzo, e Harry non riusciva a smettere di
guardarlo-,
aveva anche un sorriso che da solo, bastava ad illuminare tutto.
Denti bianchissimi, labbra sottili, capelli lisci e
ciuffo che gli copriva l'intera fronte.
“Picture in my hand
Saying
‘if you see this girl can you tell her
where I am…”
Si
ammutolì per vari minuti Harry, guardando
estasiato, -addirittura a bocca aperta-
quella creatura.
Così estasiato che
Gemma al suo fianco dovette richiamare la sua attenzione con uno
schiocco delle
dita, davanti ai suoi occhi.
«Non
la canti
questa? Ascolta! Whooo!»
si divincolò la
bionda dalla sua presa per iniziare a urlare a squarciagola The man who can’t be moved,
canzone che
Harry amava alla follia.
Ma ogni parola, ora, sembrava vana.
Il suo sguardo
saettava sempre alla sua destra, qualche persona ad intaccargli la
vista, per
scorgere ogni tanto quella meraviglia.
Anche lui sembrava amare quella canzone, e lo vedeva
agitarsi con le braccia in alto a sventolare una fascia con
su’ il nome del
gruppo.
“I know it makes no sense, but what
else can I do,
How
can I move on when I’ve been in love with
you…”
Ne
era sicuro, quella creatura non poteva essere umana.
Era troppo perfetto
ai suoi occhi.
E sì, si sentiva uno stupido Harry in quel momento,
perché sapeva che in lui qualcosa non andava da tempo
ormai; ma addirittura fissare
un ragazzo ad un concerto, non era da lui.
Perché quel momento voleva viverlo intensamente, con il
cuore a battere forte nel petto, con il sangue che pompava veloce nelle
vene, e
la voce di Danny a spaccargli i timpani;
ma qualcosa anzi, qualcuno, ormai
aveva occupato le sue priorità.
“Thinking maybe you’d come
back here to the place that we’d meet
And you’d see me waiting for you on the corner of the street.
So, I’m not moving. I’m not
moving…”
E
la canzone scorreva, e lui sembrava perso. In un
altro mondo, in un altro Universo.
Non voleva che finisse tutto quello.
Non voleva che la magia si spezzasse. Non voleva che
tutto si rompesse.
Che quella bolla, così leggera che lo stava facendo
sentire bene, scoppiasse.
Riusciva
a scorgerlo ancora, tra la folla, non molto
lontano da lui.
Aveva qualche lacrima sulle guance, ma ancora quello
splendido sorriso a risaltargli il volto.
E cantava, quell’angelo.
E Harry
avrebbe donato qualsiasi cosa in suo possesso, per poter mettere a
tacere
quella folla per sentire, anche solo per un attimo, la sua voce.
La
immaginava delicata, leggera, di quelle voci
angeliche, che quasi non le senti.
Perché un viso e occhi del genere, non potevano che
avere, abbinati, una voce celestiale.
Forse
era un cantate, come lui, che sognava di stare un
giorno su’ quel palco, e far urlare la folla.
O forse no, ma Harry in quel
momento non se ne preoccupava, perché lui aveva ripreso a
sorridere e il mondo
si era fermato.
Voleva restare lì per sempre a guardarlo. Avrebbe passato
anche
tutta una vita ad osservarlo, senza mai stancarsi.
“I said ‘there’s
someone I’m waiting for if it’s a day, a month, a
year’.
Gotta
stand my ground even if it rains or snows
If
she changes her mind this is the first place
she will go...”
Ed
Harry tornò a guardare sul palco per un momento, e
cominciò anch’esso a piangere, quasi
empaticamente. Come se stesse vivendo le
stesse emozioni di quel ragazzo.
«Lo
sapevo che
avresti pianto prima o poi, fratellino. » disse
Gemma, asciugandogli una lacrima su quella guancia paffuta e
imporporata di
rosso, ora.
Lo prese e lo attirò a se’, allora, in un
abbraccio
stretto e caldo, che emanava amore che solo sua sorella e sua madre
sapevano
dargli, fino ad ora.
Nel
farlo si voltò di nuovo in quella direzione.
L’angelo era sparito.
Volatilizzato. Troppa gente a bloccargli la visuale,
purtroppo.
Riusciva a scorgere solo una ragazzina bionda
e un ragazzo
paffutello, nel punto esatto dove poco prima c’era
il possessore di quei
gioielli blu.
Nulla più. Allora, Harry si chiese se davvero fosse
stato reale quello che aveva visto o solo frutto della sua
immaginazione.
Perché
non poteva davvero esistere al mondo un essere
come quello, bellissimo, solare e pieno di vita.
E anche se fosse esistito, non
avrebbe mai ricambiato quello che al momento stava provando lui.
“People talk about the guy
Who’s
waiting on a girl
There are no holes in his shoes
But
a big hole in his world…”
Sciolse
il lungo abbraccio con la sorella, tirando un
grosso sospiro, per ricacciare in dentro le lacrime.
Diede però, un piccolo e
fugace sguardo in quell’angolo con la speranza che potesse
rivederlo. Ma nulla.
Continuò solamente a cantare, forte, le note di quella
canzone che stava svolgendo al termine, così come quel
favoloso concerto.
Sì,
era felice. Aveva sognato, pianto, immaginato.
E continuava a farlo, imperterrito Harry, perché
nessuno al mondo poteva impedirglielo.
Nessuno poteva infrangere i suoi sogni.
Nessuno poteva dirgli chi amare.
E un giorno, ne era sicuro, avrebbe trovato
quell’angelo; forse non proprio lui.
Forse non così perfetto. Forse, avrebbe aspettato
ancora qualche anno, il tempo di sognare ancora un
po’.
E poi si sarebbe messo
alla sua ricerca.
Perché Harry era così. Una persona semplice, che
rincorreva i suoi sogni fino
in capo al mondo e amava incondizionatamente.
“Maybe I’ll get famous as
Man who can’t be moved
And
maybe you won’t mean to but you’ll see me on
the news
And
you’ll come running to the corner
Cos
you’ll know it’s just for you
I’m the Man who can’t be
moved…”
La
canzone era sul finire, davvero.
Ultime parole, ultime note, ultime lacrime e poi tutto
quello sarebbe finito.
Harry tremava come una foglia.
Neanche il tocco
protettivo della sorella, riusciva a calmarlo in quel momento,
appoggiata con
la testa e i lunghi capelli biondi, contro la sua spalla.
Si tenevano per mano, guardandosi negli occhi,
trasmettendosi tutto il bene del mondo, solo con degli sguardi.
E solo il rumoroso suono delle mani che battevano e le
grida della gente, lì destarono da quel piccolo momento di
‘calma’.
Gemma si unì alla folla, urlando e saltando
contemporaneamente, mentre delle lacrime di gioia scendevano, ora,
anche dai
suoi occhi chiari.
Harry
invece, si teneva il viso con le mani, incredulo
ancora di aver passato tutto quello.
E si concesse l’ultima lacrima e l’ultimo
sguardo, prima che le note finissero e Danny smise il suo pezzo,
ringraziando
il pubblico.
“Going back to the corner where I
first saw you
Gonna
camp in my sleeping bag not I’m not gonna
move.”
*
Le
luci spente. La folla diminuiva man mano e l’Arena
si svuotava.
Quel posto magnifico, dove Louis,
per la prima volta si è sentito bene, in pace, come a casa,
semplicemente si stava svuotando, lasciando un vuoto dentro di lui
quasi
incolmabile.
Come
se quella folla urlante e scalmanata, gli fosse
entrata dentro.
Come se per un’ora lui e quel gruppo fossero una cosa
unica.
Lo sognava da sempre quel concerto, è lo sognava
così.
Come l’aveva appena vissuto.
Troppo
perfetto e quasi irreale.
E
Louis ora, piangeva, come poche ore prima.
Perché
c’era in lui una tempesta e un volto che ha visto, osservato,
guardato per
tutta la durata del concerto, e che difficilmente avrebbe dimenticato.
Ma
soprattutto ricordava un sorriso
perfetto; l’ultimo che gli vide, prima di perderlo tra la
folla.
Il
vero problema e che non riusciva ancora a respirare se ci pensava.
Note
e ringraziamenti.
Salve
gente! Vi chiederete da
cosa ho preso ispirazione per questa breve os.
Beh
ecco, come sapete i nostri
ragazzi sono stati nel nostro Paese pochi giorni fa’, e due
ragazzi poco
sgamabili *inserire sarcarmo* di nome Louis ed Harry, durante uno
scorcio
d’intervista, hanno colto l’occasione per
raccontarci, anche se brevemente, il
loro primo incontro (a me piace chiamarlo così, diciamo
u.u).
Sappiamo quindi che sono andati
allo stesso concerto, prima di conoscersi effettivamente poi, ad
X-Factor (…e
per fortuna :’D).
E
nulla, questo è ciò che viene
fuori dalla mia testolina, in pratica.
Come me lo sono immaginato.
Come i Larry, inconsciamente, si
sono incontrati per la prima volta :’)
La
canzone non è presa a caso,
così come la data (mi sono documentata u.u) riportata
all’inizio della ff e il
titolo.
Titolo che prende spunto dal mio telefilm preferito Glee
(yaaay *-*), e la frase fa’ parte
di una scena a dir poco spettacolare:
L’ho
scritta di getto, tra ieri e
oggi.
Quasi come se si fosse scritta da sola, e davvero non so come ho fatto
a
terminarla in così breve tempo, visto che ho centinaia di
cose già scritte e
abbandonate nella cartella apposita lol
Detto
ciò mi dileguo, ma prima
voglio ringraziare chi legge, chi recensisce e chi solamente
è passato.
Mi fa’ piacere comunque, che credete
u.u
Anche perché non scrivo mai, ma
quando lo faccio sono davvero ispirata, insomma!
Tanti
bacioni e spero di pubblicare
altre storie al più presto, promesso :D
PS.
Perdonatemi eventuali errori, se ci sono!
Bravery.
<3