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Autore: Black_Sky    17/12/2013    2 recensioni
Tutto sarebbe diverso se il mondo non fosse invaso da esseri sovrannaturali pronti ad uccidere chiunque si metta sul loro cammino.
Tutti noi saremmo persone normali se alla nostra età il solo pensiero di mostri, ci facesse scappare o piangere.
Tutta la nostra vita sarebbe diversa se non fossimo dei mostri anche noi.
Tutto sarebbe diverso se andassimo in una scuola come tutti gli atri.
Invece noi siamo diversi dai nostri coetanei, non frequentiamo scuole in cui il problema principale è trovarsi un fidanzato, non studiamo materie normali.
Non siamo normali.
Noi siamo stati addestrati ad uccidere i nostri simili.
Noi siamo gli studenti della scuola del Paranormale più famosa al mondo
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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prologo
L’aria era tiepida, il sole di metà settembre illuminava il cielo e un leggero venticello faceva muovere lievemente le foglie degli alberi.
L’estate era appena terminata, bambini e ragazzi erano alle prese con i primi giorni di scuola, quelli in cui si è felici di rivedere i propri amici, dopo mesi di vacanza, anche se con la consapevolezza che la voglia di alzarsi alle sei di mattina sarebbe sparita nell’arco di una settimana o due.
Non si poteva dire la stessa cosa però, delle tre ragazze dall’aspetto così insolito che andavano a passo spedito verso il grande cancello in ferro battuto che divideva la strada da un grande edificio color pesca.
Molti si giravano quando le vedevano arrivare, parecchi occhi erano puntati su di loro, forse per le loro voci squillanti e per le loro risate cristalline, oppure per il loro strambo abbigliamento.
Una aveva i capelli che partivano viola, fino ad arrivare ad un rosa molto intenso sulle punte.
Era mediamente alta, con un fisico normale ed aveva il septum e un dilatatore da 2 cm all’orecchio destro.  Indossava delle collant nere, degli shorts in jeans chiaro e un maglione qualche taglia in più della sua di un color verde smeraldo.
La seconda aveva i capelli lunghi fino a metà schiena, lisci come spaghetti, con una graziosa frangetta. La cosa insolita nei suoi capelli era probabilmente il colore: come l’altra aveva i capelli tinti, ma lei di due colori, metà testa era di un azzurro cielo, mentre l’altra metà rosa confetto.
Indossava dei leggins neri ed una felpona in pile bianca con delle stampe colorate sul retro, il tutto abbinato a delle Converse bianche completamente ricoperte da scritte e disegnini colorati.
L’ultima era più piccola e minuta rispetto le altre due, aveva i capelli completamente legati in treccine color cioccolato fondente, gli occhi grandi e azzurri nascosti dietro a degli occhiali grandi con le bacchette gialle.
Indossava dei pantaloni a vita alta a righe bianche e nere verticali, con due file di bottoni dorati nella parte alta e una camicetta con le maniche a sbuffo bianca con un fiocco nero. Ai piedi aveva delle creepers nere e sulla spalla aveva una borsa in cuoio marroncino, con le cinghie dorate.
Stavano camminando velocemente, come tutti i lunedì mattina, verso la loro “Scuola”.
Sapevano di avere tutti gli sguardi puntati addosso, era così tutte le volte, da quando scendevano dal treno fino a quando varcavano la soglia del cancello in ferro, c’era molta gente che le guardavano male, perfino bambini che le puntavano il dito contro, ragazzi che le osservavano curiosi.
Entrarono di corsa nell’edificio, che frequentavano ormai da 2 anni.
Per arrivare in classe passarono davanti al bancone dei bidelli, che le guardavano sorridendo e mimando un no con la testa, attraversarono il corridoio sul quale si affacciavano le classi dedicate allo studio, scesero le scale in marmo e corsero verso la loro classe, passando dal corridoio completamente coperto da murales, fino a trovarsi di fronte alla porta arancione della loro aula speciale.
Aprirono la porta, entrarono nell’aula ed in silenzio arrivarono al loro posto, passando accanto alla professoressa intenta a fare l’appello.
Andarono al proprio posto sperando di non essere troppo in ritardo e di non essersi fatte notare dall’insegnante che però parve sentire i loro pensieri e disse : << Bhè, buon giorno anche a voi. Comunque fatevi spiegare da questi fannulloni dei vostri compagni cosa ho appena spiegato. Poi iniziate anche voi. >>
La ragazza dai capelli bicolore andò vicino ad un’altra ragazza che stava cercando di prendere una scatola sull’ultimo ripiano dell’armadio, senza però arrivarci.
La ragazza le andò vicino e si appoggiò all’anta del mobile.
<< Ciao Giorgia, vuoi una mano? >> chiese con tono divertito la ragazza.
L’amica sobbalzò, per poi mettersi a ridere fragorosamente per lo spavento.
<< Ciao Sara … Sì, non è che potresti prendermi la scatola nera  là sopra? >> chiese poi imbarazzata.
Giorgia era una ragazza dai capelli arancioni fluo lunghi fino alle spalle e gli occhi grigio-verde brillante. Indossava una felpa grigia e dei jeans blu, con delle Converse nere. Era molto bassa, non raggiungeva il metro e cinquantacinque  e spesso veniva scambiata per una primina nonostante fosse ormai in terza.
Sara le prese la scatola e gliela porse, per poi chiedere cosa avesse spiegato la prof.
<< Bhè, ci ha parlato della missione di Alessia e Adrian e ci ha spiegato come affrontare un licantropo di secondo livello. >> spiegò la ragazza dai capelli arancioni. L’altra sobbalzò a sentire il nome dell’amica che ormai era in missione da quasi una settimana.
Era partita con il suo compagno e non si erano più avute loro notizie.
<< Alessia?? Cosa le è successo?! >> chiese preoccupata alzando la voce e guadagnandosi un occhiataccia dalla professoressa che stava sbraitando contro un ragazzo.
<< Non ti preoccupare, hanno detto che lei a Adrian erano in missione speciale e hanno trovato una nuova recluta. Avremmo una nuova compagna di scuola, il suo nome è Xenia, ha 15 anni. E domani tornano a scuola … mi sa che dovremmo andare in infermeria a trovarli, perché hanno detto che Adrian si è rotto un braccio e Alessia si è ustionata una gamba … >>
Era frequente che durante le missioni gli studenti si facessero male, molti si rompevano qualche osso, altri si prendevano malattie. Anche se in pochi alcuni erano morti durante le missioni: si potevano contare sulle dita di una mano. Una era una ragazza che frequentava il secondo anno, che andata in missione con la compagna del quarto si era lasciata trascinar via da un vampiro che l’aveva ammaliata e che poi l’aveva uccisa sotto gli occhi dell’amica. Altre vittime delle missioni furono tre ragazzi, uno del primo anno e due del terzo, che nel cacciare un lupo mannaro vennero catturati e uccisi poco dopo.
Oltre a questi però nessun altro era stato ferito davvero gravemente, ance se molti erano andati vicini.
Alessia e Adrian erano due ragazzi molto svegli, anche se spesso si trovavano in mezzo a guai seri, forse per l’impulsività di Adrian quasi sempre, dopo le missioni entrambi finivano spesso in infermeria.
<< Come al solito … quei due prima o poi si faranno male sul serio … >> disse sconsolata Sara, con una mano sulla fronte e  l’altra sul fianco.
<< Bhè ora mi sa che dovremmo iniziare … ma aspetta un po’… mi devi spiegare alcune cose … ad esempio … cos’è questa storia che esci con Munel Colucci ? >> aggiunse ridendo l’arancione, picchiando una mano sulla spalla dell’amica che la fissava a bocca aperta.
<< E tu come lo sai? >>
Come poteva saperlo? Era un segreto, nessuno a parte Alessia, Elisa, Federica e Gaia lo doveva sapere.
In fondo era poco tempo che erano fidanzati e lei lo aveva detto solo alle sue amiche più intime.
Lui era di due anni più grande e lei aveva paura del giudizio della gente.
Si erano conosciuti circa un mese prima, lui si era proposto come rappresentante d’istituto, lei lo aveva visto e da quel momento se ne era perdutamente innamorata. Lui dapprima non la considerava, anzi, non sapeva neanche della sua esistenza, non sapeva che lei tutti i giorni lo aspettava vicino alle scale per vederlo passare oppure sorridere ai suoi amici che lo aspettavano sempre per poi uscire a fumare.
Si erano conosciuti per caso, dopo che Federica l’aveva spinta facendola sbattere contro di un ragazzo di nome Sam, nonché amico di Manuel che si era avvicinato ridendo ed aiutandola a rialzarsi.
Da quel momento lui l’aveva sempre salutata  e molte volte si erano anche parlati. Dopo quasi una settimana lui andava a trovarla ad ogni pausa pranzo e spesso si sedeva con lei a pranzare, sotto lo sguardo divertito dei suoi amici e delle amiche di lei.
 Le aveva chiesto di essere la sua ragazza solo quattro giorni prima, durante l’intervallo delle due e lei non aveva esitato d accettare.
Manuel Colucci era un tipo molto particolare: aveva i capelli lunghi fino alle spalle metà castani e metà verde prato, gli occhi erano del colore della cioccolata calda, che infondevano serenità e dolcezza. Non era molto alto per avere diciassette anni, aveva un fisico asciutto e la pelle abbronzata. Indossava sempre dei jeans a sigaretta con felpe di ogni colore e forma. Era uno dei ragazzi più belli della scuola ed era per quello probabilmente che aveva vinto le elezioni e forse anche per quello che non voleva che si sapesse del fidanzamento. Era capitato solo l’anno prima che delle ragazze minacciassero la sua fidanzata con frasi spiacevoli e non voleva che la cosa si ripetesse.
Lei non aveva detto nulla ed aveva accettato la cosa anche quando lui era stato eletto secondo più popolare della scuola, dopo un certo Marco Castellini e prima del fratello di quest’ultimo, tale Luca.
Ma come faceva a saperlo Giorgia? Lei non aveva detto nulla tranne che alle sue amiche che le avevano promesso che non avrebbero detto nulla a riguardo. Oltre a loro però lo sapevano anche Marco e Luca, che li avevano visti baciarsi in casa di Manuel, il giorno prima, dopo che i tre avevano fatto un video in diretta con la scuola per ringraziare quelle che li avevano votati più popolari.
Infatti lei era a casa del suo ragazzo quando i due ragazzi sono entrati di colpo vedendoli.
Si erano poi seduti davanti alla webcam, mentre lei si era accomodata in salotto a chiacchierare con la mamma di Manuel fino alla fine del video.
Era poi tornata su dopo un quarto d’ora, assicurandosi che avessero finito di  registrare il video.
Quando aveva sentito Manuel dire << Ok, Luca spegni la webcam , abbiamo finito >> era entrata ed aveva aspettato che Luca si risedesse, con il cellulare in mano come probabilmente aveva fatto per tutta la durata del video, per messaggiare con chi non si sa, dopo aver spento la telecamera.
Poi lei era andata a baciare Manuel e insieme avevano spiegato ai due fratelli della loro storia.
<< Allora, come lo sai? >> chiese lei di nuovo.
<< Credo che tutti vi abbiano sentito parlare ieri, sai, Luca sarà anche popolare e carino ma è un idiota totale. >>
<< Non dirlo, la webcam era accesa, vero? >> chiese consapevole della risposta.
L’arancione fece segno di si con la testa e poi la guardò curiosa come non mai di sapere tutto.
Naturalmente non seppe nulla poiché una certa persona dalla chioma viola cadde a terra, facendo girare tutti quanti.
<< Elisa, ti sei fatta male? >> chiese Sara correndo verso l’amica, felice di non dover spiegare niente a nessuno.
Elisa era la ragazza più imbranata e pasticciona che potesse esistere sul pianeta Terra, ma forse anche nell’universo, non c’era lezione che non cadesse o riuscisse a fare subito un esercizio correttamente senza cadere, farsi male oppure urlare come una pazza. Ma in fondo era una delle sue migliori amiche proprio per questo: si compensavano, erano il magnifico quintetto.
Sara, Elisa, Gaia, Federica e Alessia.
Insieme erano il gruppo perfetto, pur essendo totalmente diverse tra loro. Si compensavano, erano i pezzi di un puzzle che combaciavano perfettamente: se a una di loro fosse successo qualcosa le altre sarebbero andate in tilt, fuori controllo.
Si conoscevano da appena due anni e già erano diventate inseparabili.
Sara porse la mano all’amica che si rialzò senza perdere il sorriso che la caratterizzava: nessuno era mai riuscita a toglierle la risata, tranne Luca Castellini, per il quale aveva una cotta dall’aprile dell’anno precedente e che molte volte l’aveva fatta piangere.
Non perché fosse una cattiva persona, anzi. Lui era popolare tra le ragazze e se ne vantava un sacco, ne cambiava una ogni due settimane ma non era questo che la faceva stare male. La infastidiva il fatto che fumasse, che si facesse di canne tutti i giorni e che non rinunciava mai ad ubriacarsi . la vita era già breve, pensava, perché un ragazzo doveva distruggersela così? Non sapeva neanche il motivo per cui si fosse innamorata di quel ragazzo tanto stronzo e stupido quanto bello. Quando le si faceva la domanda lei rispondeva che “bho, in fondo l’amore è cieco …”, non le piaceva per l’aspetto, ma non le poteva piacere sicuramente per il modo di fare o per il carattere.
<< Grazie, Sara … >> disse lei ridendo.
Teneva in mano una spada e probabilmente era stata la sua scarsa abilità con le armi che l’aveva portata a cadere rovinosamente per terra. Lei era abituata ad usare le sue amate pistole e non sapeva adattarsi alle altre armi. Più volte Sara aveva provato ad insegnarle come utilizzare il suo tridente, Gaia a farle provare la falce e Alessia la sua spada ma nulla. L’unica che aveva avuto un piccolo successo era stata Federica che le aveva insegnato ad usare il mitra.
<< Hai sentito, Alessia e Adriano si sono messi di nuovo nei guai … chissà cos’è successo questa volta. >> rifletté la viola.
<< Bhé, io so solo che se non torniamo ad allenarci la Pagani ci mette due e poi ci caccia fuori come ha fatto con Ale, l’ultima volta … >> disse Sara avvicinandosi alla postazione con le armi. Impugnò arco e frecce e, seguita dall’amica che lasciò giù la spada per prendere anche lei arco e faretra, si avvicinò a due ragazze che stavano parlando animatamente. Una aveva i capelli biondi, occhi castani  e l’altra i capelli arancioni carota e occhi blu mare. Entrambe erano alte e magrissime, con i capelli lunghi e indossavano gli stessi vestiti: canottiera fucsia e leggins neri, con degli anfibi neri la prima e Vans grigie la seconda. Erano Martina e Beatrice, due delle più popolari in tutta la scuola. Erano vanitose e un po’ipocrite ma erano dei maghi con arco e frecce e quindi le due insegnanti perfette per due tipe che con la mira andavano poco d’accordo.
<< Ehi Sara, Elisa … pronte per iniziare? >> disse ridacchiando Bea, fissandole con aria superiore.
<< Già guardate che oggi non vi risparmieremo … >> aggiunse l’altra.
<< Pronte >> risposero in coro le due amiche, per poi mettersi a tracolla le faretre e impugnare l’arco.
Andarono alla  parte di sala dedicata al tiro e iniziarono a lanciare qualche freccia. Sara se la cavava, qualche volta riusciva persino a prendere le x rosse segnate sui manichini che stavano appesi in diverse pose dall’altro lato dell’aula.
Questa infatti era ampia, molto più grande di qualsiasi altra, con un diametro di circa 75 metri. Era vastissima, di forma ottagonale, con il soffitto di circa quindici metri di altezza e le pareti grigie.
Sul muro di fronte all’entrata c’erano disposte ogni varietà di armi: dalle katane, alle pistole, dagli archi ai tridenti. Sulla destra c’era poi un armadio in acciaio, con garze e kit per il pronto soccorso, oltre che aggeggini strani che utilizzavano i ragazzi di quarta e quinta.  Sulle pareti accanto, rispettivamente una a destra e una a sinistra, si trovavano i manichini con segnati i punti in cui colpire, che si muovevano azionandoli con il computer che stava su una mezza colonna e che faceva funzionare tutto il resto.
Andando a destra poi c’era una pedana rialzata di almeno mezzo metro che serviva per i combattimenti corpo a corpo, accanto invece c’era una delle cose più strane che si potessero trovare: tramite il computer e un sistema efficientissimo di apparecchi supertecnologici quella parte di sala diventava un qualsiasi paesaggio con animali, oggetti e persone in movimento da poter colpire.
Erano ologrammi ben fatti e non erano radi come i soliti: se dovevi colpire un cervo questo ti si presentava davanti come se fosse reale.
Dall’altra parte poi c’era una vasca con delle piattaforme galleggianti, con accanto un percorso che si poteva regolare con il computer, con ogni genere di ostacoli molto difficili da superare.
Insomma, l’allenamento non era sottovalutato ed in media una classe stava in quell’ “aula speciale” per quasi quattro ore al giorno.
Quando la porta di quell’aula si chiudeva non si riapriva fino a quando le due ore stabilite non erano terminate.
La seconda si allenava dalle sette fino alle nove, la mattina e la sera dalle cinque alle sette. Dalla terza in poi ci si allenava tre ore ed in prima cinque.
Oltre le ore di allenamento speciale c’erano due ore di arte, poi italiano, inglese, russo, mandarino, algebra, geometria, scienze e corsi di recitazione.
Inoltre era obbligatorio svolgere almeno tre corsi extra.
Si tornava a casa il sabato sera, per poi tornare il lunedì mattina. Il resto della settimana dormivano a scuola, in camere da sei, tutti divisi per età e sesso.
Suonò la campanella che segnava la fine di due delle ore più intense della giornata e tutti uscirono dall’aula di fretta, come se fossero statti un branco di pecore e non degli studenti della scuola di agenti del paranormale più famosa al mondo.
 
  
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