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Autore: Johnee    17/12/2013    2 recensioni
"Il mio posto è al fianco dell’AT-12 Raider che si aggrappa saldamente alla mia schiena.
Sono assieme a lui, nessun altro può darmi la compagnia che merito.
Mi sposto velocemente da un corridoio all’altro, cerco di mirare alla testa quando sparo.
So di essere crudele, ma devo fare ciò che va fatto, per il bene dei coloni rapiti e usati come merce di scambio dagli schiavisti. Eseguire gli ordini non è mai stato così soddisfacente…"
Torfan, 2178
Genere: Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Comandante Shepard Donna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Lenore'
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Ore 0.15 (+7 GMT), Torfan
Bunker B17, funzione sconosciuta, probabilmente un deposito d’armi.

 
Il mio posto è al fianco dell’AT-12 Raider che si aggrappa saldamente alla mia schiena.
Sono assieme a lui, nessun altro può darmi la compagnia che merito.
Mi sposto velocemente da un corridoio all’altro, cerco di mirare alla testa quando sparo.
So di essere crudele, ma devo fare ciò che va fatto, per il bene dei coloni rapiti e usati come merce di scambio dagli schiavisti. Eseguire gli ordini non è mai stato così soddisfacente…
L’atmosfera è densa di polveri di vario genere, io e il mio gruppo siamo stati costretti a ricorrere alla riserva di ossigeno, qui è impossibile respirare. Probabilmente quei figli di puttana hanno diffuso qualche droga pesante nell’aria. Ci sono delle ventole, sui lati di questi tunnel labirintici, una sorta di condotto scivola sopra le nostre teste, percorrendo i corridoi come se fosse un gigantesco basilisco.
Non riesco ad intravedere i colori, ma il contrasto del viscidume sulle pareti con le luci al neon che scendono dal soffitto è qualcosa di spettacolare e inquietante allo stesso tempo.
Sto camminando da ore, in questo dedalo…
Non posso fermarmi, non ora. I miei compagni risentono della mia stessa fatica, li sento respirare pesantemente attraverso il commlink. Di fronte alla fatica, l’esitazione deve diventare adrenalina, gli arti doloranti devono seguitare a stringere l’AT-12, perché la missione è troppo importante.
“Lei non può farcela, Shepard” aveva detto qualcuno.
Allorché Anderson si era proteso verso quel qualcuno e l’aveva mandato al diavolo:
“Dica ad un marine che non può fare qualcosa e quello vi dovrà per forza dimostrare il contrario”.
Mi ritrovo a fermarmi nel bel mezzo di un corridoio, perché Hawthorne ha sentito dei passi veloci provenire da un passaggio parallelo. Mi chino e appoggio una mano a terra, cercando di individuare la fonte di quel rumore.
Indirizzo la nostra avanguardia verso un punto alla nostra destra, giusto dove Hawthorne ha sentito il rumore, poi dico agli altri di non fiatare, li minaccio di non fargli più vedere la luce, se solo osano respirare.
Forse non me ne frega un cazzo dei coloni, o della mia squadra di reclute incapaci, varrà altrettanto per i Batarian che rimarranno in quel tunnel vita natural durante? Non ne ho idea, so solo che è una missione impossibile e io sono l’unica a volerla portare a termine.
Un’esplosione giusto dove l’avanguardia ha mosso un passo. Veniamo tutti sbalzati all’indietro dall’onda d’urto che ne è conseguita, cadendo rovinosamente sul compagno che ci stava alle spalle, sul terreno viscido… i Batarian sono degli ottimi costruttori, perché né il soffitto, né le pareti sono crollati. Un altro fattore a nostro svantaggio.
Siamo tutti incolumi, al contrario dell’avanguardia. Bene, un altro Batarian perderà la testa per questo. Una scusa in più per premere il grilletto, una scusa in più per giustificare un omicidio. Che i generali non mi vengano a dire che è illogico, ingiusto e crudele, perché è per questo che siamo qui: sterminare una quantità indefinita di Batarian.  
Hawthorne protesta ancora una volta, vuole uscire da quell’inferno una volta per tutte. Lo rimetto in riga con una minaccia…
Dovrebbero darmi un Oscar per la Migliore Sceneggiatura, ho un dono speciale per le minacce, mi vengono naturali… una delle cose più soddisfacenti nell’avere un ruolo di comando è che puoi far pesare la tua autorità nei momenti più tragici. La rabbia verso un proprio superiore è un buon modo per convogliare le forze del marine verso la rivalsa, cercherà di dare il massimo.
Anderson non sarebbe assolutamente d’accordo con quest’argomentazione… lui è uno dei buoni, lui pensa ancora che l’assassinio sia giustificabile. Ma non diciamo cazzate!
Mi rendo conto tardi di aver lasciato indietro troppi soldati, in quel bunker, ma non è il momento di pensarci, la missione è molto più importante.
Troviamo altre mine sul nostro percorso, riusciamo a disinnescarne metà, le altre esplodono, uccidono altri tre soldati.
Rimaniamo in quattro: io, Hawthorne, Schultz e Catfish…
Abbiamo ancora cinque minuti prima di piazzare le cariche, trovare la via dell’uscita e poi aspettare la detonazione. La bomba farà piazza pulita di ogni cosa qui dentro, dobbiamo muoverci e arrivare al limite di sicurezza prima di finire in pezzi assieme a quelle carogne aliene.
Mentre corro, mi ripeto che, semmai andasse male, non avrei alcun rimpianto, nemmeno quando vedo Schultz cadere sotto una raffica di mitra. Uccido il dannato Batarian che mi impiccia la visuale e vado avanti.
Implacabile. Non è forse un’ottima sintesi, questa?
Chiederò di nuovo ad Anderson se è compito di un soldato N7 riuscire dove gli altri potrebbero fallire. Ho visto più N7 che Batarian cadere in battaglia, negli ultimi venti giorni. Ironico, molto.
Siamo solo carne da cannone? No, signore, noi faremo saltare questo fottuto bunker e ne usciremo tutti e tre vivi, l’ho promesso a Catfish, sentendo i suoi piagnistei via radio. Andrò io in testa, piazzerò io ogni singola carica, poi porterò lei e Hawthorne fuori da questo inferno.
Quel che va fatto va fatto, non ci sono scuse per indugiare, nemmeno la morte dei nostri amici e compagni.
Piazzo l’ultima carica e i Batarian ci sono addosso. Ho due colpi in canna, prima del surriscaldamento dell’arma; durante il corso dell’addestramento mi sono abituata ad usare un colpo singolo, ad aspettare le giuste tempistiche prima di sparare di nuovo… la tecnica si è sempre rivelata affidabile, non ho mai fatto surriscaldare l’AT-12 Raider, nemmeno nelle situazioni dove mi ritrovavo accerchiata e in inferiorità numerica.
Devo costringermi a non pensare a quanto importante sia portare il culo fuori da quel bunker. Prima dobbiamo occuparci di quei Batarian, ho bisogno di uno scambio equivalente, ho bisogno di teste.
Sono morti sette soldati e per questo moriranno sette Batarian. Mi sembra ovvio, mi sembra giusto. In realtà non mi sazia… mi asseta, mi inaridisce come una pianta innaffiata da una lager bier. Me ne rendo conto dopo, a vendetta ultimata, mentre copro la fuga ai miei.
Siamo costretti a correre come se non ci fosse un domani, mentre l’indicatore sul casco proietta il timer.
20 secondi prima che esploda la prima carica, poi l’effetto a catena.
Catfish ruzzola in terra e rimane indietro. La prendo per un braccio e la trascino a me, costringendola a rialzarsi.
Si è slogata una caviglia, l’idiota. Oh, no, Cat, non puoi permetterti di restare indietro!
La prendo sulle spalle e continuo la mia corsa dietro ad Hawthorne, il fucile ancora in mano.
10 secondi e noi non siamo nemmeno riusciti a vedere uno spiraglio di luce. Troveremo resistenza all’uscita, lo so, ne sono certa, ma non c’è tempo.
Dico ad Hawthorne di stare attento, di darci fuoco di copertura mentre prendiamo l’ultimo corridoio.
5 secondi e i Batarian ci sono di nuovo addosso. Uso l’AT-12 come una mazza ferrata, mentre l’M-7 Lancer del mio sottoposto falcia via qualsiasi resistenza, dandoci la possibilità di sorpassare i nemici, per scegliere una direzione diversa.
Avviene la prima detonazione e io mi chiedo se davvero la missione mi avrebbe concesso di sopravvivere, perché era lei che comandava, non un soldatino N7 fresco fresco di accademia.
Vedo la luce che ormai l’ultima carica sta per esplodere, l’onda d’urto ci spinge fuori dal bunker con violenza spropositata, sollevando un quantitativo di polvere superiore ad ogni mia aspettativa. I sistemi dell’armatura vanno automaticamente offline, le visiere dei caschi si incrinano e schegge di qualsiasi metallo fosse rivestito quel bunker si proiettano verso di noi, facendoci male, ricordandoci che tutto ha un prezzo.
Non riusciamo ad esultare, non riesco nemmeno a complimentarmi con i superstiti… sento solo che le pareti viscide di quel labirintico Stige rimarranno dentro di me per sempre.
Torfan mi serviva, mi serviva a capire fin dove sarei riuscita a spingermi prima di crollare. È stata una vittoria, ma la cifra in fondo allo scontrino è davvero troppo alta.
Mi chiedo se le mani unticce che sto stringendo siano dettate dalla convenienza, più che dal sollievo. Anderson mi guarda con aria soddisfatta, ma io di soddisfazione ne ho ben poca… ho solo fatto quello che andava fatto, Cristo!
E guardo l’unico compagno che mi resta, l’AT-12 Raider, ricordandomi che quella è davvero l’unica compagnia che merito.
   
 
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