Era mattina, le sei
e mezza per la precisione, in una stanza di un castello di un epoca
remota.
Un
uscio si aprì nel castello: era l’accesso per una
graziosa stanza del decimo piano dove dormiva una ragazza.
La
serva si assicurò di non fare rumore: la ragazza odiava
essere svegliata bruscamente, e non voleva certo essere sgridata dalla
madre perché "la signorina non si comportava come una
principessa perché era troppo nervosa di mattina."
Aprì
leggermente le tende per far passare la luce a poco a poco.
La
ragazza sembrò destarsi.
Come
era buffa mentre dormiva, questa volta era arrivata addirittura a
girarsi completamente nel letto e ora dove sarebbe dovuta essere la sua
testa c’erano i suoi piedi, mentre lei, dormendo alla
rovescia, aveva fatto cadere tutte le coperte e ora stava strangolando
il cuscino in un abbraccio.
Col
tempo, la serva aveva imparato ad interpretare le posizioni della
ragazza: di solito quando dormiva così stava facendo un bel
sogno.
La
luce sembrava infastidirla; si stava svegliando.
Nel
tentativo di proteggersi dal bagliore si mise il cuscino sulla faccia,
sperando così di riaddormentarsi e di tornare nel suo mondo,
nel suo sogno.
-Su
signorina si svegli- disse la serva scuotendola delicatamente, ma lei
si scostò tergiversando con il cuscino sulla faccia.
-Ma
sono le sei e mezzo, non potrei svegliarmi più tardi?- la
sua voce impastata dal sonno si faqceva ancora più confusa
in quanto proveniva da sotto il suo cuscino.
-Mi
dispiace signorina, ma è sua madre che mi ha chiesto di
svegliarla così presto.-
Bulma
si spostò di nuovo, ma stavolta finì
giù dal letto insieme alle poche lenzuola che erano rimaste
su di lei.
-Va
bene, va bene mi alzo- si arrese lei.
Si lisciò la vestaglia e si guardò allo specchio,
una massa di capelli che andavano in ogni possibile direzione era li
sulla sua testa al posto dei capelli.
La
serva la aiutò a pettinarsi e presto, della massa informe
che c’era prima, rimase una liscia treccia di capelli
turchini che le ricadeva sulla schiena.
La
legò con un nastro rosa: il suo colore preferito e poi si
vestì.
Di
solito si sarebbe vestita con molti strati di indumenti, decorati con
fronzoli, ma visto che sarebbe dovuta andare a fare una visita agli
amici sulla montagna; vestiti così erano decisamente fuori
luogo.
Una
camicia bianca e una gonna marrone che le arrivava alle caviglie
sarebbero stato un abbigliamento adeguato e se li infilò in
tutta fretta, sempre aiutata dalla serva.
Si
specchiò, ammirandosi nel grande specchio ovale che
c’era in camera sua.
“niente
male” pensò lei.
Era
una ragazza bella e avvenente e come tale se ne vantava, in fondo era
un principessa, anche se quel giorno dai vestiti sarebbe sembrata una
contadina, ma anche con quei vestiti sembrava una nobile.
Rimase
ad ammirarsi e contemplarsi ancora un po’ provando a posare
davanti allo specchio: le piaceva sentirsi bella.
Scese
in tutta fretta le scale.
Dieci
piani, solo per raggiungere la cucina; ormai non ci faceva
più caso.
Ad
ogni pianerottolo c’era un enorme finestra che dava sul
cortile del castello.
Arrivò
finalmente alla cucina dove le serve stavano preparando la
colazione.
Lei non aveva tempo; era già in ritardo ed
afferrò del pane infilandoselo in bocca.
Passò
per la sala da pranzo dove la signora Brief faceva colazione, vestita
con un magnifico abito bianco.
Vedendo
la figlia correre con quegli abiti “inappropriati”
storse il naso.
“Bulma...
cara”
Lei
ancora con il pane in bocca fissò la madre.
“Che c’è?”.
“Bulma
almeno oggi fa colazione, con calma, come si conviene a una
principessa”.
Bulma
mando giù il suo pane.
“Ho
fretta” rispose secca.
“Oh
Bulma, ma tu sei una principessa devi…” inutile;
non la sentì, era già uscita e correva verso le
scuderie.
Per
quanto Bulma potesse essere bella e vanitosa non sarebbe, mai, stata
frivola come la madre.
No, lei non era così, lei era molto intelligente e sagace,
caratteristica che aveva decisamente ereditato dal padre.
Questi
non era sempre stato il sovrano di quella terra, prima che lo divenisse
era un lord, in stetti rapporti di amicizia con il re.
Il
re era molto vecchio e un giorno si ammalò, dopo qualche
tempo morì e lasciò il regno alla persona di cui
si fidava di più: il signor Brief.
Bulma era
allora molto piccola e perciò non le fu mai fatto mancare
nulla, crebbe come una vera principessa.
Tutta
via il popolo, da quando suo padre era passato al potere, non era molto
contento.
Egli
stesso si era definito inadatto per governare un così vasto
regno e aveva insistito perché al trono salisse qualcun
altro, ma secondo il testamento era lui il proprietario di quelle terre
e fu costretto a salire al potere.
Non
era ne un generale, ne una persona particolarmente importante; era solo
un lord che si interessava alle scoperte scientifiche di cui il re
aveva grande stima.
Bulma
andò a sbattere contro qualcuno e cadde a terra.
-Ehi
guardate dove andate…-si alzò e vide un ragazzo
con i capelli neri e gli occhi pure.
-Perdonatemi
principessa- e la aiutò ad alzarsi.
-Oggi
siete particolarmente bella- fece per baciarle galantemente la mano, ma
lei la ritrasse.
-No,
Yamacha per favore, non insistere- disse lei.
Lui
rimase con un espressione di un misto tra lo stupito e il deluso.
Yamacha
era un contadino, particolarmente piacente e ben voluto dal re, di
solito si trovava nei pressi del castello perché nelle
scuderie c’erano dei cavalli che appartenevano anche a lui.
-Dove
state andando?-
-Sulle
montagne Paoz-
-Anche
io ci sto andando, a trovare Goku vero?-
-Esatto
e ora dovrei andare alle scuderie, per ciò se voleste
spostarvi- e lo scostò con un braccio.
Bulma
era l’unica ragazza in età da marito del regno che
non fosse stata rapita dal fascino di Yamacha, era
così… a portata di ogni donna quel ragazzo.
Sempre
a corteggiare qualcuno di nuovo, ormai tutte le ragazze del regno
dell’ovest gli lanciavano degli sguardi di fuoco quando
sorrideva a qualcuna, ribollendo dalla rabbia per averle illuse.
Era
il suo modo per ingannare il tempo, a quanto pareva.
Bulma
era decisa a tenerselo il più lontano possibile, ma lui non
le dava tregua, mai.
Era
sempre li, appostato da qualche parte, pronto a esaudire ogni suo
desiderio, nel tentativo di compiacerla.
Non
riusciva mai ad affascinarla.
Si
diresse a passo veloce verso le scuderie allontanandosi da Yamacha,
incrociò un servo per la via.
Bulma
notò uno scudiero che passava di li con una coperta per gli
animali della stalla
-Tu!Preparami un cavallo-
Il
servo faticò a riconoscerla nelle sue vesti semplici.
-Ah,
certamente principessa Bulma- e cominciò a montare le
redini, la sella e tutto ciò che occorreva.
Il
servo era loquace – oggi vedo che è vestia in modo
molto…-
-Si,
lo so, lo so, mi aiuti a salire?- tagliò corto lei.
-Dove
è diretta?-
Bulma
lo guardò; tutte quelle domande la irritavano, lei era la
principessa Bulma Brief e non avrebbe dovuto rispondere a nessuno ne
tantomeno a un servo, ma cercò di mantenersi educata "come
si conviene a una principessa".
-Sulle
montagne Paoz-
-Sono
certo che sono bellissime in questo periodo, vuole anche la scorta?-
Lei
si voltò verso il servo una volta iin sella.
-Ma
è impazzito?! Quei soldati non mi lasciano mai in pace, e
poi sui monti Paoz non c’è mai nessuno. Per favore
mi prenda un mantello-
-Ma
lei è una persona importante, qualcuno potrebbe…
infastidirla-
Bulma
sbuffò.
-Vedrà
che non accadrà-
-Ma
sua madre mi ha raccomandato…-
-Ho
ventun'anni, mia madre dovrebbe aver capito che so badare a me stessa-
Il
servo non rispose e le porse il mantello.
Lungo
e nero le copriva quasi completamente la faccia.
-Non
ha caldo?-
-No,
fuori tira vento-
Il
servo si accorse della bugia, infatti fuori c’era una
piacevole arietta primaverile e faceva molto caldo: era una giornata
quasi perfetta.
Bulma
spronò il cavallo e partì al galoppo.
**
Stava
cavalcando ormai da un’ora, quel mantello la soffocava, ma
almeno le impediva ai capelli di disturbarle la vista.
Nel
cielo vagavano solitarie nuvolette, era la giornata ideale per andare
sulle montagne.
Aveva
ormai superato le colline attorno al villaggio e la strada in terra
battuta si stava facendo più stretta e cominciava a salire
verso l’alto.
Bulma
doveva percorrere un tratto della strada nella foresta e la cosa non le
piaceva neanche un po’.
Quel
luogo le era sempre sembrato così tetro, gli alberi
sembravano sempre pronti a prendere vita per poi tendere i loro rami
verso di lei e rapirla.
Ciò
non ostante si addentrò nella foresta.
Doveva
attraversarla tutta.
“Oh
povera me” si diceva guardando gli alberi, era la sua
immaginazione o la loro corteccia sembrava una faccia ghignante e
malvagia.
Circolavano
voci poco rassicuranti su quel posto che sembravano confermare le sue
teorie.
Si
sentì il rumore degli zoccoli di un altro cavallo.
Neanche
il destriero di Bulma sembrava gradire quel ambiente così
cupo.
Bulma
si portò la mano alla cinta dove aveva sempre un pugnale con
se.
Sua madre continuava ad insistere per non farglielo portare
perché “una ragazza così affascinante e
importante non dovrebbe maneggiare strumenti rudi come le
armi”.
Colui
che si nascondeva sembrò uscire allo scoperto, il cavaliere
era anche lui avvolto in un mantello nero.
-Salve
principessa- Yamacha si scoprì il volto.
Bulma
sbuffò seccata sia dalla sua presenza, sia dal fatto che
aveva tentato di spaventarla.
-Lei non ha niente di meglio da fare?-
Yamacha
assunse un aria furba.
-Io
gliel’avevo detto che sarei andato a trovare Goku-
Lei
scrollò le spalle.
-Faccia
come le pare-
Proseguirono
insieme, lei doveva ammettere che con qualcuno accanto la foresta
sembrava meno minacciosa.
Yamcha
era abile con la spada: l’avrebbe saputa difendere.
Continuarono
fino a una distesa della prateria, al centro della quale,
c’era una piccola casetta in legno e pietra circondata da
alcuni alberi e arbusti.
Legarono
i cavalli vicino a un abbeveratoio e scesero.
Bulma
bussò alla porta.
Nessuno
rispose.
Bussò
di nuovo e questa si aprì con un cigolio inquietante.
Schiuse
l’uscio: era una catapecchia.
L’interno
era in uno stato pietoso, e per di più disorganizzato: gli
indumenti erano sparsi d’appertutto, in un angolo
c’erano delle armi che colavano sangue e accanto la carcassa
di qualcosa che Bulma non riuscì riconoscere.
C’erano
anche due letti, le cui lenzuola erano sudicie, solo una picola
finestrella portava luce.Nell'ambiente circostante inoltre aleggiava un
odore di chiuso misto a muffa e vecchiume.
Bulma
scosse la testa in segno di disapprovazione.
-Non
ci sono- dichiarò, e si richiuse la porta alle spalle, ma in
quel momento un grosso ramo di un albero vicino cadde e Bulma fece un
salto nascondendosi dietro a Yamcha.
Poco
dopo uscirono Crilli e Goku che stavano combattendo.
Goku
combatteva con una spada lucida, sottile; era un arma molto veloce.
Crili
aveva anche lui una spada e la lama sembrava addirittura più
sottile di quella di Goku o forse così sembrava per via
della sua statura.
Dopo
un affondo di Crilli mal riuscito Goku gli tirò un calcio
che lo scaraventò contro un altro albero e gli punto la
spada al petto.
-Non
ci siamo Crilli- lo rimproverò Goku.
Crilli
spostò lentamente la lama dell'amico; era troppo vicina alla
sua gola, Goku si faceva prendere troppo la mano, cominciava a temere
che un giorno lo avrebbe infilzato sul serio.
-Suvvia
Goku, si sa che tu sei più bravo di me, non
c’è bisogno che mi umigli tutti i giorni-
Goku
era un abile combattente, alla pari con quelli dell’esercito
regolare del re, ma nonostante padroneggiasse la spada con un
abilità incredibile lui non si arruolava, anche se la sua
indole guerriera gli suggeriva il contrario.
“Mio
nonno disapprovava la guerra” diceva “mi ha
insegnato quel che so solo in caso qualcuno mi attaccasse” ma
in realtà lui avrebbe voluto combattere, avrebbe voluto
servire l’esecito e, probabilmente, si sarebbe rivelato anche
un elemento indispensabile.
-Se
ti allenassi di più sarebbe diverso- inisistette lui.
-Sai
bene che non sono fatto per queste cose-
Goku
invece non era come lui, quando combatteva si sentiva salire
l’adrenalina in faccia e si buttava sull’avversario
senza dargli possibilità di contrattaccare o difendersi.
Non ostante
questa sua predisposizione al combattimento Goku era un ragazzo allegro.
Bulma,
che non sopportava di non essere vista e amava stare al centro
dell’attenzione tossicchiò sonoramente attirando
l'attenzione dei due.
-Scusate,
non è certo così che si tratta una signora- disse
a braccia conserte.
-Oh
ciao Bulma, scusaci non ci eravamo accorti che eravate arrivati,volete
entrare?-
Bulma
indispettita ancor di più: perché non
l’aveva chiamata con il titolo che le era dovuto rispose
acidamente.
-No
grazie, la dentro non si respira-
Crilli
estrasse la spada che Goku gli aveva sfilato di mano e che si era
andata a conficcare in un abero.
-Non
tutti possono vivere in un palazzo come il tuo- disse lui rimettendo
l'arma nel fodero.
Lei
assunse un aria offesa.
-Eravamo
venuti a trovarvi.- disse Yamacha tentando di deviare il discorso verso
un altro argomento.
-E
avete fatto bene, è stupendo qui in questo periodo- disse
Goku dirigendosi verso un fiordo altissimo vicino alla loro casa.
Diceva
che l’avevano costruita li proprio per la stupenda visuale di
cui si godeva da quel punto.
Bulma
e gli altri lo raggiunsero.
Lei
era arrivata proprio sul bordo, era altissimo e soprattutto ripido, una
vera e propria parete verticale rocciosa.
All’orrizzonte si intravedeva il grande fiume Kamid che
divideva la grande terra dei Sayan con la, ancor più grande,
terra Jii sotto il controllo dittatoriale di un nuovo sovrano che, da
circa vent’anni, spadroneggiava su di essa e nei dintorni.
Da
vent’anni le terre che confinavano con questa erano stati
assalite dai barbari e, approfittando del loro arrivo, che doveva aver
indebolito gli eserciti, il dittatore invadeva a sua volta quei
territori annettendoli ai suoi possedimenti.
Ormai,
anche la vasta terra dei Sayan era stata annessa al regno Jii,
così come tutte quelle sul confine.
Doveva
essere davvero bellissima quella terra, ora i viaggiatori che
riuscivano a uscirvi raccontavano che la gente Sayan non
c’era più.
Ormai per le strade si vedevano solo le legioni del regno Jii che
fermavano i viaggiatori, li derubavano dei loro averi e li
uccidevano o li torturavano.
Nelle
case non abitava più nessuno e le città erano
state trasformate in degli accampamenti militari dei soldati.
La
poca parte del regno che si intravedeva da lassù,
però, sembrava incontaminata, piena di verde e tranquilla.
Si
era alzato il vento che faceva danzare la gonna di Bulma.
Che quiete che c’era lassù.
Cullata
dalla brezza Bulma aprì leggermente le braccia come per
offrirsi ad essa.
Come
sarebbe stato cadere li e continuare sempre, con il vento caldo che le
accarezzava la faccia, che le scompigliava la treccia azzurra, che le
faceva lacrimare gli occhi azzurri anch’essi.
Per un momento le parve di perdersi
nel vento e chiuse gli occhi.