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Autore: yingsu    18/12/2013    4 recensioni
«Nel volto, vivo o morto, lei ti seguirà».
Fece oscillare le catene delle manette che le stringevano i polsi, che le graffiavano la pelle e martoriavano le piaghe aperte. «Il re la colpì, quella dama rapì | nel mare si rianimò | Il cielo più intenso, nel mare immenso | quei ladri qui, guidò» intonò, ma uno dei Pacificatori le colpì una gota, costringendola a smettere. Li sentì ridere mentre la sua guancia bruciava, ferita dal colpo. «Lasciala stare, fra poco non canterà più!» affermò uno dei soldati della Capitale, aprendo poi la portiera dell’auto.
▪ | Narek Yakir e Marja Seiren | DISTRETTO 4 | a radioactive ♡ |
▪ PREQUEL e SPIN-OFF de "Quando si muore, si muore soli".
▪ Il rating è giallo perché Efp comanda così.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovi Tributi, Nuovo personaggio, Senza-voce, Tributi edizioni passate
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Anche la neve morirà domani.'
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A radioactive, che non sa,

e ai pettorali di Narek.

 

 

Ogni rosa è preda dell’inverno.

 

 

 

 

«Nel volto, vivo o morto, lei ti seguirà».

 

 

I vetri oscurati dell’autovettura mostravano in parte i vari paesaggi di Panem alternarsi, come nello schermo della vecchia televisione che suo padre aveva posizionato davanti al divano. Non aveva avuto il tempo di dirgli addio, non aveva detto a suo fratello quanto lo amava prima che lo caricassero sul treno e lo trascinassero via, verso la morte che da anni tentava di catturarlo e farlo suo, di mietere la sua anima stanca e malata.

Marja chinò il capo con gli occhi gonfi di lacrime, i lividi violacei sulle braccia ed il corpo, dove le botte dei Pacificatori avevano lasciato il loro segno, marchiandola come una traditrice, una criminale pericolosa per l’intero stato. Ma lei non aveva fatto nulla, voleva solo salvare una vita, una vita innocente.

Fece oscillare le catene delle manette che le stringevano i polsi, che le graffiavano la pelle e martoriavano le piaghe aperte. «Il re la colpì, quella dama rapì | nel mare si rianimò | Il cielo più intenso, nel mare immenso | quei ladri qui, guidò» intonò, ma uno dei Pacificatori le colpì una gota, costringendola a smettere. Li sentì ridere mentre la sua guancia bruciava, ferita dal colpo. «Lasciala stare, fra poco non canterà più!» affermò uno dei soldati della Capitale, aprendo poi la portiera dell’auto. La spinsero giù con la forza, la tirarono per i capelli fino alla scalinata di un imponente palazzo. Riusciva a vedere la scritta dorata dominare il portone:  Panem. Hodie. Crastinum. Perpetuum, diceva. Non ci volevano degli studi per intendere cosa significasse, poteva benissimo immaginarlo da sola. «Yoh – oh, la gloria corre nell’aldilà | nel volto, vivo o morto | lei ti seguirà» canticchiò alzandosi a fatica, trascinandosi lentamente lungo la gradinata. Erano le sue ultime parole, non avrebbe più cantato, dopo.

«Yoh – oh, non c’è tregua, quella gloria vivrà» continuò mentre uno dei Pacificatori le puntava la pistola contro la spina dorsale – poteva sentirlo, il proiettile che le avrebbe trapassato la schiena se solo avesse fatto un passo falso, un tentativo di fuggire. A loro non importava, non importava:  avrebbe varcato quella porta da viva, o da morta – toccava a lei, decidere.

«Nel volto, vivo o morto, lei ti seguirà» concluse, nello stesso istante in cui il portone si chiuse dietro di lei, dietro la sua vita, la sua voce, la sua lingua.

 

 

Narek fissò gli occhi al molo, al legno vuoto e deserto, a quel posto che solitamente era occupato da lei, da quei capelli del colore del tramonto. Si aspettava – come per miracolo – di vederla comparire, di osservarla mentre sgusciava fuori dall’acqua, bella come sempre, bella come le sirene. Ma lei non c’era più, e non sarebbe più tornata a cantare per lui, per il suo marinaio che sarebbe arrivato, prima o poi. Doveva arrendersi all’idea che la Sirena del Distretto 4 se n’era andata, era morta assieme a quel ragazzino, a quel Tributo ucciso nel Bagno di Sangue, trapassato dalla lama di una spada.

Immerse lo spazzolone costringendosi a smetterla di pensare a lei, di sperare che un giorno o l’altro l’avrebbe rivista, bella come sempre, e che sarebbe tornata a cantare, ad intonare quella vecchia nenia che lui non riusciva a smettere di fischiettare.

Era la rosa più bella del mare, ma si sa: ogni rosa è preda dell’inverno.

 

 

Guardò il riflesso della specchiera, osservò le sue ciocche rovinate e scolorite sfiorarle il collo mentre le lacrime le rigavano lentamente le gote. Non osava aprire la bocca, schiudere le labbra ed osservare il vuoto, il niente che avevano lasciato al posto della sua lingua. Suo fratello era morto, e con lui era morta anche Marja, la Sirena. Non aveva più un motivo per vivere, per respirare, non poteva più cantare e tessere quella rete lunga come i suoi capelli, infinita come il mare.

Era solo una senza–voce  come altri, non possedeva più un’identità, un nome ed una famiglia – ma la personalità, quella non avrebbero potuto portargliela via. Si era fermata più volte – nel Centro di Addestramento – ad osservare le conchiglie che ornavano la tavola, che l’abbellivano e decoravano a festa, lì al piano riservato ai Tributi del Distretto 4. Le avevano ordinato di servire lì solo per mostrare – a chi l’avesse riconosciuta –  quello che Capitol City fa ai ribelli come lei, a quelli che non rispettano le leggi e tentano di mettersi contro la Capitale, contro il Presidente.

Sarebbe stata di esempio: la prova che nessuno può vincere contro di loro.

Raccolse un vassoio e lo portò fino alla stanza del tributo maschio di quell’anno, un certo Narek Yakir che non aveva mai sentito nominare, anche se i lineamenti del suo viso le erano familiari: lo aveva già visto, da qualche parte.

Non incrociò il suo sguardo nemmeno per un secondo, lui sembrava evitarla come si fa con i malati, con gli ubriachi al porto, e qualcosa dentro di lei le disse che lui sapeva, sapeva più di quanto avesse voluto. Abbandonò il porta vivande girandosi in fretta, dandogli le spalle e uscendo, fischiando ancora quella vecchia canzone.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Là dove senti cantare fermati, gli uomini malvagi non hanno canzoni.

 

Lèopold Sèdar Senghor

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NdA;

 

Non chiedetemi da dove è uscita questa cosa, perché non lo so: davvero.

Volevo scrivere qualcosa su Marja e Narek, e mi è venuto questo.

Tutto è molto Licenza Poetica, ma ho dato sfogo ai miei deliri, ed ecco qui che cosa è uscito.

Insomma, la canzone che canta Marja è “Issa la Bandiera” de “I Pirati dei Caraibi” – sono fissata, lo so.

Narek è un OC di radioactive che potete trovare qui: Quando si muore, si muore soli. 19th Hunger Games. Che vi invito caldamente a leggere, perché merita davvero tanto. Garantito al Limone, insomma. ~

E per il resto non è ho idea. Se fa schifo: ditelo. Se vi è piaciuta: ditelo.

Vado, sperando che a radioactive abbia apprezzato, ma non lo so. Sì.

Adios. ~

 

~yingsu.

 

   
 
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