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Autore: Viola89    14/11/2004    4 recensioni
"Sentimenti...che attendono solo di finire quello che hanno cominciato". I pensieri di Sanzo mentre fa i conti coi suoi contrasti interiori. Mi è venuta così,stranamente,perciò vi prego,fatemi sapere se vi è piaciuta lo stesso^___^!
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Disclaimers: questa ff mi è venuta in un momento di improvviso

black-out cerebrale, ma l’ ho scritta lo stesso. E’ una ff sui pensieri di Sanzo dopo essere stato colto da un certo ricordo. Spero che sia almeno

passabile ^____^E’ la seconda che scrivo su Saiyuki, e spero di migliorare con l’esercizio ^____^!

SHADOWS

Silenzio.


Notte.

Buio.

Freddo.

Sto ancora seduto davanti alla finestra, la testa appoggiata al vetro, e guardo all’esterno. E’ notte, ma non mi decido ad andare a letto. Sono troppo lacerato da una moltitudine di sciocchi pensieri e, forse perché sono un masochista, forse perché voglio avere il tempo che di giorno non ho per curarmene, non permetto a me stesso di sprecare le ore in un inutile sonno che ormai per me dura solo un attimo.

Tutta colpa sua! Tutta colpa di quella stupida scimmia! Il maledetto youkai che mi ha ferito non ha fatto neanche in tempo a raccomandarsi l’anima prima che lo spedissi all’altro mondo, ma ero messo proprio male.

Sarà perché quella volta non emisi alcun suono, che Goku mi si avvicinò e pianse, quasi credendo di avermi perso.

Quelle lacrime…in quel momento mi sono rivisto bambino davanti al corpo senza vita del mio maestro. Anche se Hakkai mi ha guarito Goku in quel momento pianse come piansi io. Quelle lacrime…possibile che io sia così importante per lui?

E’ da allora che nella mia mente scorrono immagini che vorrei ignorare, ma non ci riesco, perché queste insistono. Ognuno di questi pensieri attacca una parte di me con tutto quello che ha, come mostri invisibili che mordono e lacerano, ma che non si accontentano del sangue e della carne. La mia anima è stata martoriata da loro già una volta, dieci anni fa, quando, coperto di sangue che non era mio, piansi le uniche lacrime della mia vita.

Tutti quei monaci che avevano visto il mio viso solcato solo da due gocce salate mi giudicarono un mostro; non sapevano che quella notte, da solo, versai tutte le lacrime che avevo, ne versai fino a non averne più, fino a stare male. E mi sentii svuotato.

Quei maledetti sentimenti mi tolsero tutto, e ogni cosa dentro di me si infranse definitivamente; avevano divorato i frammenti della mia anima, del mio cuore, il mio sangue, e persino le mie lacrime. Privato di tutto, persino di ciò che non pensavo di possedere, mi sentii vuoto, una bambola. Volli morire, perché non avevo più nulla per cui valesse la pena vivere,ero solo un corpo vuoto e morto che si ostinava a respirare.

Ma le circostanze mi condannarono alla vita.

Io le maledissi e le benedissi contemporaneamente. Tuttora ogni tanto vago con la mente in un luogo dove non circola neanche un’anima dannata. L’unico sono io, con ciò che resta di me stesso.

Da qualche giorno a questa parte inoltre piove continuamente.

Ci mancava solo la pioggia.

Pioggia.

Malinconia.

Sangue.

Sentimenti.

Sentimenti che ho smesso di nutrire con parti di me dopo la mia nomina a “Sanzo”, ma che attendono solo il momento di finire quello che hanno cominciato.

Ho appena deciso di uscire, di camminare sotto la pioggia.

Stupido vero? Ma oggi le stupidaggini sono all’ordine del giorno, e lo faccio lo stesso.

Mentre cammino lascio che l’acqua mi invada completamente, lascio che mi bagni i capelli che si incollano alla fronte, lascio che mi inzuppi i vestiti e che mi penetri fin nelle ossa, lascio che colpisca con violenti rovesci il mio viso. Credo che sia necessario se voglio fare i conti con quella ferita che ancora brucia in me. E intanto penso ancora. Dopo la morte della persona a me più cara, ho visto i giorni diventare grigi e riempirsi di polvere. Ho visto quanta ipocrisia ci sia nel mondo, quanta falsità.

Dopo aver sperimentato la verità di un legame come quello che mi donò Komyo Sanzo capii di non volere qualcosa di falso, e mi estraniai da tutti, dal mondo.

Divenni un’ombra. Invece di morire divenni un’ombra, silenziosa, letale nel mio caso, cinica e pericolosa. Ma dicendo di non volermi sacrificare per non fare soffrire qualcun altro ho praticamente ammesso di sperare che al mondo ci fosse qualcuno che tenesse a me. Il fatto che alla fine abbia scelto di vivere, comunque, è maggiormente motivato dal fatto che…in cuor mio speravo di trovare qualcuno che vivesse delle giornate luminose, non quei polverosi giorni di chi non sa come spendere la vita, qualcuno che fosse disposto a dimostrare amicizia senza interesse o servile devozione, qualcuno, insomma, che osasse vivere e non solo esistere.

Trovai queste persone in altre ombre, altri emarginati, altri esseri odiati. Non capii come facessero quelle tre ombre a brillare tanto, le ombre! Cose che di solito sono fredde e scure. Chissà se anch’io ai loro occhi brillavo quando ci conoscemmo. Non glielo chiesi mai, e non dissi mai quello che pensavo realmente di loro, almeno non in loro presenza. Me ne guardai bene. Per difendere la mia immagine, s’intende.

Non sto bene, mi gira la testa e sento sempre più freddo; non è una buona idea sedersi sul terreno bagnato, ma non ce la faccio più a stare in piedi. Il picchiettare delle gocce di pioggia nelle pozzanghere, sulle foglie degli alberi, sui tetti delle case, è come una dolce ninna nanna che si affievolisce sempre più ai miei sensi, come la fiamma di una candela in procinto di spegnersi.

Goku. Ripenso a lui. Perché deve farmi questo?

Perché si ostina a volermi dare dell’affetto che io non saprei come ricambiare?

Perché lo fa? Non si rende conto che mi fa soffrire?

Eppure…è doloroso per ciò che resta del mio cuore sostenere il peso di un sentimento così magnifico e sincero, ma lo sento come un muscolo atrofizzato che cerca faticosamente di riprendere la sua funzione. Ora fa male, ma poi…

Poi anche il mondo monotono in cui vivo, in cui viviamo, si illuminerà per me, per noi.

Ma che vado a pensare? Forse sto male.

In tutto questo tempo mi è sembrato di sentire la voce del mio maestro che mi diceva “Io ti ho salvato perché ti ho voluto bene, perché attorno a te c’è un mondo che ti aspetta. Ci sono tante cose solo per te, devi solo trovarle. Ti piacerà vivere se vivrai come ti detta la tua volontà e se saprai trovare quei doni che sono solo tuoi. Allora, hai trovato qualcosa per cui valga la pena vivere?”

Finora a quella domanda ho risposto con un misero “no”, deludente più per me che per la voce che attende una risposta, ma ora…

Dall’ambiente esterno, ovattato dalla melodia della pioggia che continua imperterrita a scrosciare, mi giunge un suono lontano…una voce, anzi tre, ma una più insistente. Come sono fastidiose! Quasi quasi elimino quei disturbatori!

Tutte ripetono la stessa cosa: “Sanzo!”

Vedo il mondo buio per metà, e il resto è sfocato; mi si chiudono gli occhi…ho molto sonno…l’ultima cosa che percepii fu un tocco caldo sulle spalle che sciolse la catena di gelo che finora mi aveva circondato.

Ora basta! Se continuo così mi danno per malato mentale più di quanto già non sia! Se qualche altro pensiero molesto e logorante mi infastidirà saprò io come sistemarlo! Senza rendermene conto mi stavo facendo consumare, divorare lentamente dal rimpianto, il più subdolo dei sentimenti, e tutto perché non volevo fare i conti con me stesso, ma ora basta!

Apro gli occhi, sento qualcosa di freddo e bagnato sulla fronte; non mi ero neanche accorto di avere la febbre. Guardandomi intorno li vedo tutti e tre, e penso che forse a loro modo anche le ombre sono luminose, e addirittura calde, però…accidenti, quanto sono stupide! Erano tutti addormentati nella mia stanza: Gojyo sul pavimento, davanti alla porta, Hakkai su una sedia e Goku in ginocchio, con la testa e le braccia appoggiate sul mio letto, scompostamente. Non intendo dare alcuna spiegazione, e se qualcuno si azzarderà a fare i suoi commentini idioti ritroverà il suo nome su un necrologio.

Li guardo, guardo Goku e gli poggio una mano sulla testa, che mi preoccuperò di ritirare non appena si sveglierà. Sorrido, anche se di nascosto.

La voce del maestro mi interroga ancora, ma ora so, con orgoglio, cosa rispondere.

“Allora, hai trovato qualcosa per cui valga la pena vivere?”

Guardo quei tre stupidi e rispondo “Sì”.

  
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