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Autore: missimissisipi    18/12/2013    2 recensioni
La forma passiva del verbo spiazzare non è un verbo che ricorre spesso nel descrivere Damon. Semplicemente perché nulla lo spiazza più, il “Posso?” di Elena che non aspetta neanche una sua risposta è più rincuorante che spaventoso.
C’è meno gente al mondo, ma lui potrebbe comunque cadere e farsi molto male.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert | Coppie: Damon/Elena
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Goodbye kiss'
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On the road

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Il vento tra i capelli
La mano dietro il mio collo

[…]

Bere e guidare
Comprare troppo

Overdose e morte
Di droghe e di amore

-National Anthem, Lana Del Rey

 

 

 

Se c’è qualcosa di cui Damon è innamorato, quel qualcosa è la strada. La strada. Sì, la strada, la stessa che ha accolto la sua presenza a quindici anni quando andava via di casa, la stessa che lo ha portato ovunque, la stessa che lui adesso percorre con la sua Camaro celeste del 67.

Le strade son tutto, le strade portan a tutto e non portano a nulla, le strade son sempre oggetto di metafore e similitudini. La vita è come una strada… Scegli quale strada prendere… La strada è anche quella che lui sottintende quando urla un “va’ a quel paese” a Giuseppe, è come se volesse dire “va’ a quel paese, la strada da percorrere è quella lì”. Però non lo dice. Però è una metafora. La tua strada è quella, la mia va dal lato opposto -(rispetta il mio urlo, per piacere).

Ed è buffo -quanto Stefan che si fece la barba ad undici anni- vedere quanti diamine di concetti sono sottesi ad una semplice imprecazione; però Damon lo sa. E’ la strada.

Forse è già arrivato in Colorado, l’aria umidiccia si appiccica alla sua pelle diafana e si inumidisce il labbro inferiore mentre cambia la marcia, svolta a destra perché è così che dev’essere.

Damon fa così: quando tutto pesa troppo, prende il poco che gli serve e sguscia in macchina, stringe fra le mani il manubrio scuro della sua bambina perché non gli va di aspettare il ritorno di qualcuno che va perennemente via da lui. Poi sceglie una strada qualsiasi, va dove la benzina glielo permette.

Annota distrattamente tutto su un quadernetto rilegato verde, aggiunge un segnetto sulla sua mappa degli stati uniti e lo chiude. Quel posto l’ho visto… lì c’è una cascata non nota da toglier il fiato…

Quindi Colorado.

Ha deciso il Colorado.

Stazione di servizio ad ottocento metri.

E’ ora di una sosta.

 

Una musichetta country fa da sottofondo a quello che è l’interno della stazione di servizio, le luci fanno le bizze ed un’ insegna scolorita – “Road’s heaven”- fa capire a Damon che è un posto dimenticato da Dio.

“Ecco a lei” una donna dai lineamenti severi allunga la mano nella sua direzione per consegnargli il resto, ossia qualche spicciolo più uno scontrino fiscale bianco.

In risposta incurva le labbra in quello che appare un sorriso triste e che più tirato non si può.

Prende la busta con dentro tre birre, un giornale ed una torta di mele in una strana confezione dorata. Ha fatto il pieno ed ha usato la toilette, sciacquato il volto riuscendo ad essere più sudato di prima.

Quando chiude la porta alle sue spalle – producendo un inquietante tintinnio simile a quelli dei film horror- la vede. E non si riferisce alla sua bambina.

L’aria è umida, sono le sei di pomeriggio e il sole non pensa affatto a tramontare.

Ha dei pantaloncini di jeans chiari, mezzi stracciati e scuciti inferiormente, una camicia a quadri neri e rossi con le maniche piegate su i gomiti, delle converse bianche quasi nere e qualche parolaccia fra le labbra.

La massa di capelli scura non gli mostra il volto dalla carnagione olivastra e con occhi da cerbiatta.

Damon sbuffa, un impercettibile soffio d’aria che fuoriesce dalle sue labbra.

“Cazzo! Perché diamine non parte?”

Damon lo giura, vorrebbe fingere di non aver sentito e vorrebbe fingere di non saper nulla di auto. E ci riesce, sino a che lei non lo chiama.

“Mi scusi! La prego… sono disperata! Questa dannata auto non ne vuole sapere di partire”

Ha una faccia che urla dici a me?, ma lo sa che è a lui, quindi si inumidisce le labbra per qualche che gli sembra la novantesima volta e si avvicina poggiando la busta a terra, vicino a lui.

“Batteria? Motore? Bobina? Benzina? Ha controllato qualcosa?”

La ragazza assume un’espressione terrificata, con le sopracciglia aggrottate ed il volto inclinato.

“So solo che quando giro la chiave la macchina emette un rumore… beh si, simile a un gemito… poi non parte”

Le guance diventano rosse, lui l’osserva per mezzo secondo prima di ghignare.

Ragazzina, se è così è un problema della batteria o del pignone dell’alberino”

Prima di domandare “pign che?” esclama: “Grandioso!” con un sorriso sulle labbra.

Damon la guarda, scoppia a ridere.

“Significa che non si ripara con uno schiocco di dita, a meno che questo posto non sia magico invece di essere sperduto in Colorado” abbozza un mezzo sorriso che fa automaticamente sparire quello della bruna.

“Ed io come faccio, adesso?”

Un’idea.

Lei non lo dice.

Lui ha capito.

“Non ci provare”

Spalanca le braccia: “Ti prego!” quando son passati a darsi del tu? “Un passaggio fino a Denver, da lì me la saprò cavare!”

Scuote la testa e quota novantuno, si inumidisce le labbra.

“A due condizioni”

“Spara”

“Primo, la musica la scelgo io. Secondo…” vaga con lo sguardo sulle sue scarpe sporche. “Non provare ad entrare nella mia macchina con quelle”

Il sorriso della ventiduenne va da un orecchio all’altro: “Sono Elena, comunque”

“Non te l’ho chiesto”

“D’accordo mister gentilezza, ma si da il caso che io sia una ragazza educata”

“Ed io restio a parlare con ragazzine sconosciute in preda agli ormoni. E comunque non ti ho chiesto neanche questo”

***

Il viaggio è una gran cosa, ma ammettiamolo: qualsiasi cosa abbia a che fare con la strada –se poi si aggiunge la sua piccola… - rende questa nettamente migliore.

Damon stira le labbra, stringe le mani attorno al manubrio quando la ragazzina canticchia “working double time on the seduction line tamburellando le dita sulle cosce scoperte.

Lo sa che vorrebbe parlare, ma lui non è quel genere di persona e si limita a non sbandare quando lei allunga le sue lunghe gambe, perché lui è pur sempre un uomo e lei innegabilmente attraente.

Gli AC/DC partono con il ritornello, Elena incrocia le braccia prima di rivolgergli un’eloquente occhiata.

“Mi piace pensare che a Denver ritroverò mio fratello” esordisce, inclinando appena le labbra.

Lui alza un sopracciglio in risposta, arriva a quota novantadue e la guarda per mezzo secondo.

“So di non avertelo chiesto” – dice lei – “Ma vorrei fare conversazione. Ed è come se mi potessi fidare di te”

Scuote la testa, punta gli occhi color del ghiaccio di fronte a sé, voce roca e “La gente non dovrebbe fidarsi di me”. Probabilmente dentro gioisce, sette parole son molte rispetto ai trentaquattro minuti di silenzio trascorsi ed Elena si volta nella sua direzione. “Ma io non sono la gente. Io sono Elena”

“L’hai già detto, ragazzina”

La forma passiva del verbo spiazzare non è un verbo che ricorre spesso nel descrivere Damon. Semplicemente perché nulla lo spiazza più, il “Posso?” di Elena che non aspetta neanche una sua risposta è più rincuorante che spaventoso.

C’è meno gente al mondo, ma lui potrebbe comunque cadere e farsi molto male.

Lei alza il volume, adesso ci sono le note iniziali di No bravery riecheggiano nella Camaro, Elena giura di averlo visto prendere uno strano respiro. Siamo a quota novantatré quando lui vede negli occhi di Elena il rimorso.

 

Ogni tanto fa ancora male sentire certe parole, potrebbe comunque dare la colpa alla melodia di No bravery. Ma diamine, quando gli ha detto “Non vedo più coraggio nei tuoi occhi” non dovrebbe pensare a lei, allo stesso modo Elena, con il “Non devo cambiare te” pronunciato da Damon con le lacrime agli occhi.

 

“Siamo quasi arrivati” esclama Elena, le gambe incrociate ed, obiettivamente, uno strano sorriso sulle labbra che Damon comprende.

“Vuoi che ti lasci qui, adesso?” e quanto fanno male queste parole, Elena si blocca per due secondi e sorride. “Dovrebbe esserci un Motel a duecento metri”

Mai visto un sorriso più triste: “Ti lascio lì, allora”

La bruna deglutisce, mormorando un ‘grazie mille’ ed osservando il grigio Motel che ha visto un sacco di volte.

“Tuo fratello è qui?” chiede mentre la voce vibra, spegne il motore della macchina ed apre la sua portiera.

Elena scuote la testa: “Non penso proprio. Passerò la notte qui”

Alza il capo, chiude la macchina; un sussurro flebile “che coincidenza”.

 

“Sai Damon” – prende la parola facendolo rabbrividire. – “Non c’è bisogno di prendere una stanza accanto alla mia, me la saprò cavare”

Sorride ed abbassa il capo: “Ragazzina, non sono mica qui per te”

E può quasi giurarlo, gli era mancato il suo nome pronunciato con quella voce e da quelle labbra morbide, perennemente al gusto di ciliegia.

“Immaginavo” deglutisce.

“Buona notte”

“Notte, Lena”

 

La stanza in cui dormirà –o perlomeno fingerà di farlo- è quadrata, un letto matrimoniale che non occuperà mai per bene, una scrivania, due sedie, delle tende bordeaux che chiudono un’ampia finestra ed un cassettone bianco. Alla sinistra c’è una porta che conduce al bagno, piccolo ma efficiente.

Butta il suo zaino a terra, poggia le birre sul tavolo.

Probabilmente lei è già sotto le coperte, o magari sotto la doccia, o forse è scappata via e Damon potrebbe a) rincorrerla b) ripetersi quant’è scemo.

Ma a) non fa niente di tutto questo e b) ripensa a lei e alla stupida proposta, stupida quanto fatale.

 

“Adesso io andrò via – Elena esclama in preda alla disperazione – io andrò oltre quella porta e non mi vedrai più, Damon. Puoi fare due cose. Puoi seguirmi, rincorrermi e prendermi per mano. Oppure non ci diremo neanche addio, io chiuderò per sempre con te e viceversa.”

Lui la guarda, gli occhi lucidi ed il groppo in gola.

“Se scegli la seconda opzione, non ci vedremo più. Se ci rincontreremo sarà solo opera del dannato destino che adesso sto mandando a fanculo. Ma non sarà così semplice: se un giorno ti ritroverò, se dovrò parlarti… fingerò di non sapere chi tu sia. E tu devi far lo stesso. Sconosciuti”

“Saremo sconosciuti” sibila Damon. “Sconosciuti che hanno condiviso un letto, una casa ed hanno esplorato uno il corpo dell’altro. Certo Elena, fingerò di non averti mai vista, fingerò di non averti vista nuda né in preda alla pazzia, al piacere ed alla gioia. Saremo sconosciuti”

Elena vorrebbe capire se prova ancora qualcosa per lei.

“Io vado” – scrolla le spalle – “Hai due opzioni, ricordatelo”

 

E Damon decise di non seguirla, di non farla diventare come lui, scelse il meglio per lei.

Ma Elena… lei voleva lui, voleva sbagliare e voleva il peggio.

Lui… immobile.

 

Damon deglutisce, giunge a quota novantaquattro e si passa una mano fra i capelli.

Si alza dal letto su cui era seduto e sguscia fuori dalla sua camera.

E’ un attimo ed i suoi occhi incontrano un paio da cerbiatta. Sgranati ma da cerbiatta.

“Cosa ci fai qui?”

“E’ il momento di finirla con questa farsa”

Poggia le sue labbra su quelle della bruna, cinge il collo elegante con una mano.

“Dio, Damon” esclama lei, baciandolo appena e poi sfuggendo alla sua presa.

“Cosa?”

Cosa? Mi stai davvero chiedendo cosa?!”

Ha le braccia spalancate, il respiro corto e la rabbia negli occhi.

“Dio, Damon! Dopo tutto questo tempo… mi chiedi cosa? Non mi hai fermata! Perché siamo ancora qui?” una lacrima sfugge ad Elena, che adesso ha un dito puntato sul petto di lui.

“Io dovrei essere via… mi hai lasciata andare”

“Ho fatto quello che avrebbe fatto qualsiasi persona”

Ride istericamente, portandosi le mani ai capelli. “E’ questo il punto, noi due non siamo la gente, o qualsiasi persona. Io volevo te, anche se mi hai praticamente cacciato da casa nostra e dalla tua vita!”

“Io non sono una persona di cui fidarsi, una persona come quella che vuoi tu… mettitelo in testa, ti ho fatto un favore”

“Ma quale favore, Damon? Non farmi soffrire? Be’, notizia flash. Eccome se l’hai fatto”

“Non sei come me. E’ molto”

“Ma io ho sempre voluto te” sussurra con gli occhi rossi e la voce spezzata dal pianto.

Damon protende una mano verso Elena, per accarezzarle il volto. Si ferma a mezz’aria.

“Credimi, ragazzina, c’è una differenza sostanziale fra essere e volere”

 

L’uomo chiude la porta alle sue spalle. E’ un attimo ed entra nella sua, prende tutte le sue cose e pensa a cosa farà Elena quando lo scoprirà.

Calpesta il terreno per arrivare alla sua Camaro ed, automaticamente, chiudere con lei e  abbandonarla nuovamente.

“Cosa pensavi di fare?” mormora una voce alle sue spalle.

Damon stringe lo zaino fra le mani mentre la consapevolezza di doverla affrontare una volta per tutte si fa strada nella sua mente.

“Andarmene. Scegliere ancora per te. Mettere un punto a noi due”

Elena inclina le labbra, le labbra tremano e corruga la fronte.

“Ti prego, resta”

“Resta e cosa, Elena? E’ ovvio che tu debba andar avanti, che io debba farlo. La tua camera è la tre e la mia la cinque, perché non hai scelto la quattro?”

Sorride: “Per lo stesso tuo motivo”

E’ quello che lei fa sempre, lo mette alle strette perché sa di aver ragione. L’ha sempre fatto.

“Perché ti amo?”

“Perché la quattro è la nostra stanza. La nostra. Ma le nostre strade oggi non convergono, oggi non siamo insieme”

Damon scuote la testa al ricordo. “E’ stata la nostra prima vacanza”

“Resta”

“Avevi vent’anni ed io ventiquattro, è stato il primo segno sulla mappa”

“Sai che puoi restare”

“Ti amerò sempre, sempre e comunque, con la stessa intensità e passione. Il mio amore non sarà mai comparabile a quello di qualcun altro nei tuoi confronti”

Sta piangendo. “Resta, Damon. Resta perché mi ami”

“Mi piace pensare che ci ritroveremo”

“Resta perché ti amo ancora, non ho mai smesso”

 

“Ti amo anche io, splendida ragazza. Ma adesso è ora di andare”

 

-

Se siete arrivati qui, sappiate che un profondo grazie non lo nego a nessuno.

Questa OS è particolarmente… non so, diversa dalle altre. Ci tengo.

Non è nulla di che, praticamente come ogni cosa che scrivo. Nella mia testa avrebbe dovuto finir per bene, in un altro modo. Ma word mi ha bloccata. Ha detto “non è così che dev’essere, loro due si ritroveranno. Un’altra volta” e d’altronde mi piace pensar che sia così.

Probabilmente arriverò con un’altra OS sui Delena. Ma non so, ci sono momenti in cui ho delle idee, le butto giù su word e non mi piacciono più.

Se lasciaste un parere io vi amerei fino alla fine dei giorni.

Grazie per aver letto queste duemiladuecentocinquantanove parole.

Un abbraccio forte

Ah, se vi va passate dalla mia nuova long, Acid Rain… ci terrei moltissimo.

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