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Autore: Evelyn Wright    19/12/2013    2 recensioni
Era destino, semplicemente destino. Una creatura pura ed incredibilmente dolce non può esistere in questo mondo contaminato da forze malefiche pronte a schiacciare tutto ciò che di buono ancora esiste sulla Terra, ma forse quella creatura pura può comunque continuare ad esserlo nonostante tutto. Forse può lottare per un mondo migliore e contribuire a renderlo tale.. Tutto, però, dipende da lei e dalle sue scelte. In un mondo, quindi, infestato da creature sovrannaturali, Catherine Howard dovrà imparare a comprendere davvero ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, fidandosi esclusivamente del suo giudizio. Ma non sarà da sola.. avrà al suo fianco i Winchester e l'angelo Castiel. Ma riuscirà comunque a cavarsela?
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Fandom: Supernatural
Pairing: nuova coppia
Rating: verde (salirà più avanti)
Beta: nessuno
Genere
romantico, drammatico, triste (un po' di tutto).
Capitolo: 01/?


 




Lo 'Sweet and Bitter', era sempre stato il luogo di ritrovo preferito dei newyorkesi di quel piccolo quartiere dimenticato dal resto della grande città.

All'apparenza poteva sembrare poco frequentato e forse anche malmesso per via dell'insegna sgangherata e della scarsa illuminazione, ma in realtà era sempre pieno di persone in cerca di ristoro e di un bel boccale di birra da gustare in compagnia di amici e completi sconosciuti.

In quel momento, però, il locale era ancora chiuso e Catherine Howard si stava occupando della sistemazione dei tavolini e della manutenzione necessaria prima della consueta apertura giornaliera.

Una piccola radio era stata posta ed accesa sopra il bancone del bar e delle dolci note di una qualche canzone natalizia si stavano diffondendo nell'aria già dalle 17:00 di quel pomeriggio, l'ora in cui Catherine era arrivata particolarmente trafelata al locale con l'intenzione di ripulire tutto con scrupolosità ed accuratezza prima delle 21:00, ossia il momento in cui avrebbero aperto le porte del bar ai clienti abituali ed anche a quelli di passaggio.

Le ore, poi, erano volate via in un battibaleno e mancava decisamente pochissimo al momento 'x'! Catherine, già da un po', stava dando il massimo per dare gli ultimi ritocchi qua e là mentre i suoi colleghi di lavoro si apprestavano a sistemarsi alle loro postazioni.

A dire il vero, nessuno di loro (mi riferisco ai colleghi di lavoro) sopportava più quelle sdolcinate canzoni natalizie ma non avevano avuto il coraggio di chiederle di cambiare stazione perché la vedevano così contenta e piena di vita da non poterle negare questo piccolo piacere personale. Catherine ne aveva così pochi!

Pensava sempre e costantemente a far felici gli altri e se avanzava del tempo, poi, pensava a se stessa, anche se alla fine non era neanche davvero così.

Tempo fa aveva preso la decisione di dedicare ogni momento libero a chi ne aveva davvero bisogno, quindi non desiderava pensare a se stessa perché in realtà far felici gli altri faceva felice anche lei, quindi cosa poteva desiderare per sè a parte ovviamente prendersi cura degli altri?

In accordo con questo pensiero, si dedicava anima e corpo al suo lavoro.. cercando di distrarsi il meno possibile! Era così difficile, quindi, capire il motivo per cui non desideravano che smettesse di cantare? Per una volta che decideva di alleggerire il suo lavoro con della musica, non potevano che lasciarla libera di fare quel che desiderava. Inoltre era davvero un gran bel sentire, dato che ascoltarla canticchiare in quel modo era molto rilassante ed anche particolarmente gradevole.

Non guastava poi neanche il fatto che Catherine fosse una delle creature più dolci e carine di questo mondo! Quando la vedevi, avevi come la strana sensazione che da un momento all'altro potesse accadere qualcosa di meraviglioso.. qualche strana magia! Si.. Catherine dava a tutti una sensazione un po' strana.

Il 'capo' del locale, Sebastian Anderson, ed i camerieri/baristi dello 'Sweet and Bitter', Trevis e Michael, la ritenevano proprio come una di quelle principesse delle favole dalle quali ci si poteva aspettare di tutto. Catherine ne aveva l'aspetto ed anche la bontà infinita, quindi non sarebbe sembrato loro affatto strano se qualcosa di straordinario e fuori dal comune avesse deciso di manifestarsi nei pressi o addirittura all'interno del locale.

Sfortunatamente, però, fino a quel momento non era ancora capitato nulla di fantastico davanti ai loro occhi ed avevano dovuto accontentarsi di immaginare ciò che sarebbe potuto accadere se Catherine fosse stata sul serio un personaggio appartenente al mondo delle favole.

La giovane donna, comunque, non si accorgeva affatto delle loro aspettative e continuava con dedizione ad occuparsi del suo lavoro come aveva sempre fatto sin da quando era stata assunta allo 'Sweet and Bitter' come barista e cameriera. Un posto un po' strano per una donna così dolce e timida, eh? Effettivamente è così.

Non è esattamente il posto adatto per una ragazza fragile e delicata come lei ma la necessità di trovare un buon posto di lavoro l'aveva spinta ad essere coraggiosa ed a farsi avanti nonostante non sapesse cosa aspettarsi esattamente da un lavoro del genere.

Così, quando un mese prima si era trasferita a New York ed aveva visto il cartello 'cercasi barista' affisso davanti alla porta del locale, non ci aveva pensato due volte ed era entrata all'interno del bar per poi uscirne con un contratto in mano. Meglio così, no?

Aveva scoperto in questo modo che solo perché non si ci considerava adatti per un lavoro per qualche sciocca paura, non significava che lo si fosse davvero. Lei era contenta della sua situazione attuale ed adorava sia Sebastian che Michael e Trevis.

Si sentiva fortunata ed anche grata per quell'opportunità che le era stata offerta, nonostante avesse nel cuore una profonda tristezza che difficilmente poteva essere cancellata. Il motivo di tanta sofferenza era causato da ciò che l'aveva spinta a lasciare l'Ohio, la sua terra d'origine. Che dire in poche parole?

Si era innamorata del ragazzo sbagliato, che purtroppo risultava anche essere il suo migliore amico. Il suo nome era Jared ed era il ragazzo più dolce e sconsiderato che Catherine avesse mai conosciuto. Nessuno riusciva a capire come i due potessero essere diventati amici ma in realtà, probabilmente, si erano avvicinati proprio perché erano così diversi. Si completavano a vicenda.

Jared era il solito belloccio di quartiere, quello che faceva stragi di cuori e che se la spassava con la prima che lo intrigava, mentre Catherine era solo una giovane e bellissima ragazza altruista che preferiva passare il suo tempo a fare del volontariato piuttosto che a fare vita mondana, al contrario del suo migliore amico.

A mente lucida anche Catherine si chiedeva come potesse essergli stata tanto amica per tutto quel tempo ma poi si rispondeva che non avrebbe mai potuto non volergli bene, soprattutto a causa del modo in cui sorrideva e per la piccola ossessione che Jared aveva per il suo sorriso. In che senso? Jared aveva una missione nella vita, ossia quella di far ridere Catherine. Non che fosse difficile, solo che Catherine aveva sempre altri pensieri per la testa e se ne dimenticava.

Ci pensava lui, quindi, a farla sghignazzare di gusto e con le sue battutine sceme faceva riecheggiare per la stanza la risata cristallina di Catherine. Si sentiva orgoglioso per essere l'unico al mondo a farla ridere in quel modo e lei era semplicemente felice di averlo accanto.

Come si può immaginare, quindi, Jared e Catherine si conoscevano praticamente da sempre e lei aveva capito di amarlo quando ormai era troppo tardi per averlo. A dire il vero, Catherine non l'aveva previsto perché Jared, essendo sempre stato un donnaiolo, non dava l'idea di volersi 'accasare', ma un giorno trovò, sfortunatamente per Catherine, quella giusta e lei venne messa da parte. Cosa poteva dire o fare?

Era stata semplicemente troppo stupida per non aver capito prima i suoi sentimenti per Jared ed ora che lui era felice con Elizabeth, beh non c'era nulla che potesse o volesse fare per riprenderselo. Perché mai doveva essere egoista? Lui era felice ed era quello che contava di più.

Semplicemente, allora, decise di lasciarlo tra le braccia della sua 'rivale' e di allontanarsi anche dalla sua vita perché non voleva che Jared si accorgesse dei suoi sentimenti e della sua tristezza, che aumentò a dismisura quando la informò di aver chiesto ad Elizabeth di sposarlo. In tutto questo, però, ci andò di mezzo suo padre che non voleva assolutamente separarsi dalla figlia.

Alla fine però fu Catherine ad averla vinta e suo padre, James Howard, e Jared l'aiutarono a trasferirsi a New York, il luogo in cui era nata e dove era morta sua madre nel darla alla luce. Fu così che decise anche di non pesare ulteriormente sulle spalle del padre e di mantenersi da sola a New York con un lavoro.

Quindi, questo in sostanza è ciò che la portò allo 'Sweet and Bitter'. La ferita era ancora aperta e fresca nel suo cuore e non sapeva se si sarebbe mai davvero rimarginata. Quando Catherine amava, beh lo faceva per sempre quindi non nutriva molte speranze in merito.

Tutto ciò che desiderava era continuare a fare quello che poteva essere utile al prossimo e nient'altro. Era fatta così. Prima gli altri che se stessa.

L'avevano capito anche i suoi tre colleghi di lavoro ed era per questo che ogni tanto facevano le veci di Jared, anche se non se ne rendevano conto. In fondo Catherine non aveva nessuno a New York ed era anche per questo che si sentiva più sola e triste che mai.

C'erano però dei momenti in cui la tristezza andava via, per fortuna, proprio grazie ai suoi angeli personali che sinceramente non avrebbe mai neanche sperato di trovare.

« I really can't stay.. I've got to go away! This evening has been.. so very nice.. » canticchiò Catherine mentre dava un ultimo colpo di pezza al tavolo più vicino alla porta.

Dopo un attimo di esitazione, venne raggiunta proprio dal 'capo' Sebastian che la invitò molto galantemente a ballare con un piccolo inchino e Catherine accettò con un sorrisone quel gesto così gentile. In mezzo ai tavolini, quindi, i due incominciarono a ballare con eleganza sotto lo sguardo divertito di Michael e Trevis che non avrebbero mai immaginato che il loro boss fosse capace di ballare.

« I really can't stay.. Ahh, but it's cold outside! » cantarono infine in coro le ultime parole finali della canzone natalizia 'Baby, it's cold outside' e dopo un altro inchino, Sebastian la lasciò andare per accertarsi che non fosse già arrivata l'ora di apertura.

Effettivamente era così, quindi si avvicinò immediatamente alla porta e la aprì.

Un freddo gelido entò fin dentro e Catherine rabbrividì vistosamente mentre si posizionava dietro al bancone. Passi frettolosi segnalarono l'arrivo imminente di numerosi clienti e da lì la serata iniziò in men che non si dica. La birra scorse a fiumi e il vociare dei clienti incominciò a riscaldare l'atmosfera.

Catherine era sempre felice di stare al bancone per soddisfarli tutti ed aveva una parola gentile per ognuno di loro, anche per gli sconosciuti che non aveva mai avuto il piacere di incontrare prima. Quella sera c'era anche un nuovo ragazzo, giovane con i capelli biondo scuro e due occhi così verdi da non sembrare neanche veri.

Toccò a lei servirlo ma non le dispiaceva affatto perché mettere a suo agio le persone nuove nel quartiere era un po' il compito che si era auto-affidata.

« Cosa posso servirti? » chiese lei, quindi, con un sorriso caldo ed accogliente. Il giovane uomo era però alquanto distratto inizialmente, stava guardando 'le barbie' (come le aveva soprannominate Catherine) con un certo interesse e di certo lei non se ne chiedeva il motivo. Era alquanto evidente.

Loro erano delle belle ragazze e lui un bel ragazzo, quindi era più che naturale che il nuovo arrivato mostrasse un certo interesse nei loro confronti. Catherine, quindi, dovette faticare un po' prima di riuscire a farsi ascoltare ma di certo la determinazione non le mancava e dopo essersi schiarita la voce per ben due volte, i loro occhi si incrociarono.

« Benvenuto allo 'Sweet and Bitter'! Cosa posso servirti? » ripetè lei con un altro sorriso e solo allora il ragazzo sembrò rinsavire del tutto e con un certo imbarazzo si risistemò sulla sedia e concentrò tutta la sua attenzione sulla ragazza dietro al bancone che, se proprio vogliamo dirla tutta, non aveva nulla da invidiare alle bionde (almeno dal suo punto di vista).

« Ehm.. portami pure la specialità del posto. » disse facendole l'occhiolino e Catherine sorrise, ormai abituata a quel tipo di approcci, e si affrettò a portargli un bel boccale di birra.

« E' un bar un po' tradizionale.. la birra è il nostro punto di forza! » disse lei, porgendogli infine ciò che più o meno aveva ordinato, congedandosi con un ampio sorriso per andare a servire altri clienti. Fu però il giovane a bloccarla prima che potesse andarsene e lei, temendo di essersi dimenticata qualcosa, lo guardò preoccupata e con espressione dispiaciuta. Il ragazzo, dopo un attimo di perplessità, scoppiò a ridere di gusto e la tranquillizzò con un gesto della mano.

« Tranquilla.. è tutto apposto! Volevo solo farti qualche domanda.. » disse ed uscì fuori un distintivo del FBI che fece subito drizzare le orecchie al 'capo' della ragazza che guardava la situazione dalla sua postazione vicino al caminetto acceso. Catherine, allora, alzò le mani in aria e mostrò al suo 'capo' il palmo aperto e poi solo il pollice ed ancora una volta il ragazzo rimase perplesso.

« Oh, è solo un codice che usiamo per parlare tra noi.. Ho solo detto al boss che è tutto apposto. » disse Catherine con un sorriso ed il ragazzo annuì riposando il distintivo all'interno della giacca che indossava. In effetti era molto elegante e Catherine non l'aveva notato prima.. era troppo concentrata sui suoi occhi o sulle sue lentiggini, difficile a dirsi.

« Sono l'agente Turner.. » disse l'uomo porgendo la mano a Catherine che la strinse prontamente un po' più tranquilla di prima. Ora però in lei albergava qualche altra preoccupazione nell'animo e difficilmente se ne sarebbe andata così presto.

Le persone in quel locale erano forse in pericolo? C'era qualche mascalzone in giro che voleva far loro del male? Poteva fare qualcosa per proteggerli dal pericolo imminente? Erano più o meno queste le domande che si poneva. Come già dovreste aver capito, Catherine era proprio una ragazza unica nel suo genere.

Desiderava proteggere tutto e tutti ma sapeva benissimo di non avere i mezzi giusti per esaudire questa sua volontà. Fatto sta che la presenza dell'agente Turner la preoccupava e non poteva fare a meno di esibire la sua migliore espressione da 'ragazza turbata' davanti all'intero locale.

Ovviamente non lo faceva per mettersi in mostra, sia chiaro. Era sinceramente in ansia per ognuno di loro e non avrebbe mai smesso di preoccuparsi per ogni singolo individuo presente in quella stanza perché, anche se non li conosceva bene, era naturale per lei affezionarsi alle persone e questi suoi sentimenti erano chiaramente disegnati sul suo viso.

Bastava guardarla negli occhi per capire cosa pensava e talvolta non era un bene che i suoi sentimenti fossero spiattellati così in faccia alle persone. Ma comunque, al momento non se ne preoccupava. Che capisse pure la sua agitazione perché era sincera!

« C-Catherine.. Catherine Howard. » disse lei, facendo tremare inizialmente un po' la voce. L'agente Turner si accorse subito della sua preoccupazione e tentò di nuovo di tranquillizzarla stringendole delicatamente la mano mentre la guardava negli occhi.

« Non devi preoccuparti.. Non è nulla di grave. Ho solo bisogno della tua consulenza, dato che probabilmente conoscerai queste persone all'interno del locale meglio di tanti altri, no? E scommetto che conosci anche i dintorni di questo quartiere.. Ma ti ripeto che non c'è nulla di cui aver paura o di cui allarmarsi. Sono soltanto delle semplici domande.. » disse l'uomo e le sorrise ancora mentre Catherine tentava di calmare il suo cuore impazzito. La preoccupazione talvolta la sopraffaceva ma non era neanche colpa sua. Purtroppo era fatta così.

« Si.. mi dispiace tanto. E' che mi sono preoccupata.. Conosco queste persone da un po' e mi ci sono affezionata, quindi saperle in potenziale pericolo mi mette in agitazione.. ma ora ho capito che va tutto bene. » disse la giovane donna, posizionando la mano sul petto per regolare il respiro. Pian piano il suo cuore smise di battere all'impazzata e ritornò anche a respirare normalmente.

« Comprendo perfettamente.. » disse l'agente Turner e dopo un attimo di silenzio, incominciò con le sue domande alle quali Catherine voleva assolutamente rispondere. Desiderava essergli d'aiuto.

« Allora! Ultimamente hai notato qualcosa di insolito nel quartiere...o anche in questo locale? Come ad esempio, che so', puzza di zolfo, individui sospetti..? Qualsiasi informazione, anche quella che ritieni la meno importante, potrebbe essere preziosa per noi. Dimmi tutto quello che ti viene in mente » domandò, quindi, l'agente Turner e Catherine si fece subito pensierosa. Non riusciva però a ricordare nulla di strano e subito incominciò ad accusare i primi segni di delusione perché era evidente che l'agente Turner avesse bisogno del suo aiuto e lei non stava riuscendo a darglielo. Poi però all'improvviso ricordò un odore penetrante a cui non badava già da un po'.

« Quando vado a buttare la spazzatura sul retro, sento sempre un odore sgradevole. Si.. potrebbe essere zolfo! Non ci pensavo più perché da quando lavoro qui c'è sempre stato. Era una cosa che avevo classificato come 'normale'. » disse Catherine e riuscì anche a sorridere perché per lo meno era riuscita a ricordarsi qualcosa di potenzialmente utile. Bastava questo a renderla felice.

« Mmm.. oltre allo zolfo hai notato qualche persona sospetta? » chiese poi l'agente Turner a bruciapelo e Catherine si ritrovò in un attimo ancora una volta pensierosa ed anche un po' in difficoltà. Persone sospette? Erano tutte delle persone splendide quelle che vedeva davanti ai suoi occhi e non avrebbe mai potuto accusarli di niente, anche se questo suo 'blocco' non le permetteva di aiutare l'agente Turner nella sua indagine.

Che cosa fare, quindi? Non poté che sospirare e dispiacersi per la risposta che stava per dare.

« Mi dispiace, ma in questo caso temo di non poterle essere d'aiuto.. Conosco quasi tutte queste persone ed ai miei occhi non hanno nulla di sospetto e non posso parlare per chi non conosco. » disse abbassando il volto, incapace di guardarlo negli occhi. Si sentiva troppo dispiaciuta ed anche particolarmente in torto verso l'agente Turner.

« Non le sono stata molto d'aiuto, vero? » chiese timidamente ma ancora una volta il giovane uomo la rassicurò con un gesto della mano ed un'occhiolino. Andava tutto bene.

« Niente affatto. Mi sei stata molto utile.. soprattutto per quella questione dello zolfo! » disse e si alzò dallo sgabello sorseggiando un po' della birra che Catherine gli aveva portato inizialmente.

« Potresti condurmi dove senti puzza di zolfo? Servirebbe per le mie indagini.. » disse l'uomo, poggiando poi il boccale sul bancone. Catherine fece cenno di 'si' con la testa ed alzò ancora una volta le mani in aria per comunicare con il suo boss.

Un 1 ed un 4 vennero prontamente colti da Sebastian Anderson che rispose con le mani incrociate a significare 'fai pure'. Con un cenno della mano, Catherine invitò l'agente Turner a seguirla nel retrobottega e da lì aprì una pesante porta in ferro che conduceva nel vicolo in cui si trovavano i cassonetti della spazzatura.

L'agente Turner l'aiutò ad aprire la porta e dopo uno sforzo che alla piccola Catherine sembrò immane, riuscirono finalmente ad uscire da lì e ad immergersi nel freddo invernale tipico della città di New York. Rabbrividirono entrambi vistosamente, soprattutto Catherine che era uscita senza giubbotto.

Si affrettò, quindi, ad indicargli il luogo preciso in cui di solito sentiva puzza di zolfo e dopo pochi passi, l'agente Turner si fermò e constatò che effettivamente sentiva anche lui quell'odore strano.

« Si.. è esattamente quello che cercavo. C'è puzza di zolfo qui! » disse l'agente Turner e Catherine gli sorrise, sinceramente contenta adesso di averlo saputo aiutare.

Tentava, nel frattempo, di riscaldarsi le mani portandole un po' sotto le ascelle ed un po' sotto la bocca per renderle più calde con il suo respiro, ma c'era davvero freddo e Catherine stava per diventare blu. Non voleva lasciare l'agente Turner da solo, però, quindi si impose di rimanere fino a che non fosse rientrato anche lui ma all'improvviso le cose si complicarono esponenzialmente.

L'agente Turner trovò a terra una strana sostanza bianca proprio vicino al cassonetto. La odorò e ne mise un pezzo anche sotto la lingua. Catherine continuava a non capire ma pensò che fosse normale dato che non aveva idea di quello che l'agente Turner fosse venuto a fare in quel quartiere sperduto di New York e, saggiamente, pensò anche che fosse meglio non chiedere.. soprattutto per non irritare l'uomo con domande alle quali poteva anche averi ricevuto ordine di non rispondere.

Quella polverina, per quanto ne sapeva lei, poteva anche essere una nuova droga o chissà cos'altro, quindi era meglio non immischiarsi in certi affari! Poi tutto iniziò a peggiore con un lieve tremolare della luce del lampione più vicino.. Catherine lo notò ma non poteva immaginare cosa questo significasse ma l'agente Turner si e con prontezza si preparò al peggio.

La luce, nel frattempo, continuò a tremolare e Catherine la guardò, impaurita dall'improvviso buio che le impediva di vedere il vicolo con chiarezza quando la luce decideva di spegnersi.

« Catherine.. entra subito dentro. » le sussurrò l'agente Turner avvicinandosi al suo orecchio. Lei continuava a non capire ma non appena lo vide estrarre una pistola dalla fondina, capì che le cose si stavano mettendo male e decide di rifugiarsi all'interno del locale come le era stato ordinato.

Con un balzo, scattò verso la porta e si nascose lì dentro, lasciando però la porta aperta di modo che l'agente Turner potesse entrare non appena l'avesse ritenuto opportuno. Il suo cuore batteva all'impazzata nel petto ancora una volta e si accasciò lungo la parete mentre una paura che non aveva mai provato in vita sua si impossessava di ogni cellula del suo corpo. Non sapeva se gridare o se rimanere lì in silenzio ma poi la sua coscienza ebbe la meglio.

Poteva lasciare l'agente Turner da solo contro un nemico ed un possibile delinquente? Davvero poteva? Ovvio che no. Non si sarebbe mai perdonata se gli fosse successo qualcosa proprio mentre era intenta a nascondersi come una codarda in mezzo agli scatoloni del retrobottega, così decise di mettere da parte la paura e di aiutarlo. C'era una pala, di quelle enormi usate per infornare le pizze, adagiata su un tavolo di legno e lei l'afferrò con entrambe le mani per usarla come eventuale arma.

'Armata', per così dire, e piena di una paura mista a coraggio, uscì di nuovo fuori al freddo ed al gelo per aiutare l'agente Turner. Non avrebbe mai potuto abbandonarlo al suo destino. Mai. Era anche ovvio, però, che l'agente Turner non prendesse bene il suo ritorno. Non appena la vide con una pala in mano, non potè che spingerla via mentre un essere sovrannaturale si avvicinava lentamente ad entrambi.

Quella creatura l'agente Turner la conosceva davvero molto bene.. si chiamava Morwen ed era un demone molto subdolo e malvagio. Non erano bastate tutte le creature che l'avevano tormentato fino a quel momento, no no. Ora c'era anche Morwen che si ci metteva di mezzo con i suoi piani di conquista della Terra e della sua sete di sangue. L'agente Turner incominciava ad averne davvero abbastanza ma non poteva esimersi dal combattere neanche questa volta. Era il suo lavoro, dopotutto.

« Dean.. Ci rincontriamo di nuovo! Mi sei mancato, sai?.. Molto più di tuo fratello.. » disse la donna, lasciando che i suoi occhi vagassero prima sull'uomo e dopo sulla giovane Catherine che teneva ancora in mano quell'insulsa pala che non avrebbe potuto fargli neanche un graffio.

« Oh, vedo che hai portato con te uno spuntino per i miei alleati.. Ne saranno deliziati quando gliela porterò! » disse e con un solo movimento della mano, Catherine venne sbattuta sul muro del vicolo ed imprigionata lì con la pala ancora in mano ma miseramente inutile. La giovane ragazza non riusciva neanche ad urlare, paralizzata completamente dal terrore.. ma non era preoccupata per sé, bensì per l'agente Turner. Per Dean! Cosa poteva fare per aiutarlo?

« Veditela con me, Morwen! Lei non c'entra.. lasciala andare! » urlò l'uomo, Dean, puntandole contro la pistola. Catherine avrebbe voluto urlargli di scappare, ma c'era qualcosa che glielo impediva completamente. Non riusciva neanche ad aprire la bocca.

« Non preoccuparti, Dean. Mi prenderò anche cura di te.. » disse il demone, avvicinandosi lentamente alla sua figura, quando all'improvviso Dean decise di sparare. Morwen riuscì a deviare il proiettile appena in tempo ma si accorse subito che non era una normale pistola.

« Mi ero quasi dimenticata di quel tuo aggeggino.. La Colt. » disse e con un altro movimento della mano riuscì a far volare anche Dean contro la parete del vicolo, lontano però da Catherine. I due riuscivano però a guardarsi in faccia date le loro attuali posizioni e Catherine stava tentando in tutti i modi di liberarsi ma non riusciva a fare niente. Era impotente.

« Giochiamo un po'.. ti va, Dean? » chiese Morwen e con un altro gesto della mano lo scaraventò vicino a Catherine, nel cassonetto della spazzatura che per la violenza del colpo si ammaccò e procurò a Dean delle ferite abbastanza preoccupanti.

Quel demone nel corpo di donna, intanto, rideva sguaiatamente e continuava a non capacitarsi di come gli esseri umani fossero così deboli ed incapaci di reagire. Beh, meglio per lei.. no? Solo che, così facendo, gran parte del divertimento se ne andava a quel paese grazie alla loro inettitudine.

Pazienza.. l'importante era uccidere tutti i suoi nemici, no? Peccato che non tutti fossero deboli ed incapaci come gli esseri umani.. Con un familiare battito d'ali, infatti, un angelo comparve davanti ai suoi occhi e Morwen salutò lascivamente l'angelo in trench che gli era appena apparso davanti.

« Oh, Castiel.. Benvenuto! Vuoi unirti a Dean? » chiese con un sorriso smagliante mentre l'angelo si avvicinava sempre di più al suo 'protetto'. Lo aiutò a rialzarsi e notò solo allora la giovane donna ancora appesa alla parete. Con un gesto della mano la liberò e Catherine cadde a terra, raggiunta poco dopo da Dean che zoppicante la strinse tra le sue braccia.

« Credo proprio che tu debba andare, Morwen. » disse l'angelo ed il demone decise prontamente di scomparire nel nulla, ovviamente solo dopo aver sorriso maliziosamente a tutti i presenti. Da quel momento un silenzio carico di tensione si estese per tutto il vicolo e nessuno sembrò osare spezzarlo, troppo presi com'erano dai propri pensieri.

Catherine, d'altro canto, non riusciva a capire nulla di quello che era appena accaduto davanti ai suoi occhi e non sapeva se ritenersi completamente pazza o altro. Il primo a spezzare quella situazione di silenzio fu però proprio l'angelo che, accorgendosi delle ferite di Dean, decise di curarlo immediatamente.

« Sei ferito.. » disse semplicemente prima di poggiare un dito sulla fronte di Dean e guarirlo completamente sotto gli occhi increduli di Catherine che non riusciva ancora a proferire parola. Dopo pochi attimi era tutto tornato alla normalità e Dean aiutò Catherine ad alzarsi da terra con gentilezza.

Lei, però, continuava a scrutare l'angelo che si sentì intimidito da quello sguardo così intenso e puro. Persino lui notava quanto quella creatura fosse buona ed eterea.. la sua anima ne era una prova schiacciante. La vedeva in tutta la sua bellezza che scintillava rigogliosa come un faro nella notte. Castiel doveva ammettere di esserne rimasto davvero affascinato.

« Tu? Sei ferita? » chiese Dean e lei scosse la testa, cercando di riprendersi da sola da quello stato di shock. Si posizionò meglio sulle sue gambe e si staccò da Dean che rimase comunque all'erta nel caso in cui le sue gambe non riuscissero a reggerla.

« Devo lasciarvi. Mi stanno chiamando. » disse Castiel e dopo pochi attimi scomparve con un fruscio d'ali che spaventò Catherine ancora una volta. Dean la prese per le spalle e la tranquillizzò quel tanto che poté, ma dopo poco la ragazza stessa si riprese e si guardò attorno rabbrividendo, di nuovo consapevole del freddo di quelle giornate invernali.

« Non sei più in condizioni di lavorare questa sera.. Dirò al tuo capo che ho necessità di parlare con te altrove e che pertanto dovrai lasciare il tuo posto di lavoro, per oggi. Vieni.. » disse e la condusse di nuovo dentro il retrobottega. Le fece cenno di aspettare lì ma Catherine, istintivamente, l'afferrò per un braccio e lo costrinse a rimenere fermo dov'era. Non voleva rimanere sola. Era così strano?

« Va bene.. » disse lui e la condusse di nuovo all'interno del locale, lasciandola dietro al bancone per avvicinarsi a Sebastian Anderson. L'uomo guardò Catherine con preoccupazione ma lasciò che l'agente Turner la portasse via con sé. Che altro poteva fare? Sembrava che il destino avesse tracciato per Catherine una sola possibile via e la giovane ragazza stava già incominciando ad organizzare la sua vita di conseguenza, soprattutto a causa delle sue nuove 'scoperte'.

Dean, comunque, la condusse verso la sua Crevolet Impala del '67 e le aprì persino la portiera mentre Catherine, in assoluto silenzio, cercava di mettere ordine nella confusione di pensieri che non le permettevano di pensare lucidamente. Era troppo confusa e sotto shock.

« C'è un posto in cui possiamo parlare? » chiese Dean, accendendo il motore con un piccolo rombo. Catherine annuii e gli indicò con un filo di voce la strada che li avrebbe portati a casa sua, un piccolo appartamento con tre stanze ed un bagno. Bastava andare avanti, svoltare a destra alla seconda viuzza e poi girare ancora a sinistra.

Era vicinissimo al locale e pertanto arrivarono in pochi minuti a destinazione. Catherine scese, prese le chiavi ed aprì il portoncino senza premurarsi di invitare Dean ad entrare. Erano rare le volte in cui non usava questo tipo di cortesia, anzi non era mai successo a dire il vero. Doveva essere particolarmente sconvolta!

Dean l'aveva intuito e non osò dire nulla per tutta la rampa di scale che dovettero salire per arrivare al pianerottolo giusto, il terzo per l'esattezza. L'ascensore, ovviamente, era rotto. Catherine, comunque, aprì la porta di casa e chiuse la porta dietro di sé non appena Dean fu dentro il piccolo ed accogliente appartamento.

Il ragazzo entrò ancora dentro e si posizionò vicino alla finestra, di modo che potesse controllare la situazione. Sembrava tutto tranquillo, ma con i demoni non c'era mai certezza.

« Siediti, per favore.. » disse dopo un altro attimo di silenzio e Catherine obbedì, sedendosi sul divano come un palo di legno. No, evidentemente non stava ancora bene e Dean non alcuna idea su come iniziare quel discorso tanto difficile. Ma non poteva neanche andarsene senza dire niente, no?

Le doveva almeno una spiegazione dopo averla cacciata nei guai, ma non si era mai ritrovato in una situazione del genere quindi non sapeva neanche come affrontarla. Decise di essere completamente sincero, almeno per una volta nella sua vita, e si sedette accanto a lei sul divano.

« So che per te sarà difficile credermi, ma dopo quanto è accaduto stanotte non posso fare a meno di ripetermi che non mi prenderai per pazzo e che ascolterai attentamente ciò che devo spiegarti. » disse e Catherine lo guardò per rassicurarlo. Gli avrebbe creduto anche prima di tutto quello.. era lei comunque a sentirsi pazza ed anche abbastanza incredula. Per lei, Dean non sarebbe mai stato un pazzo da non credere neanche sotto tortura.

Istintivamente si fidava di lui, soprattutto dopo che aveva cercato di proteggerla da quell'essere mostruoso sotto forma di donna.

« Okay.. Quindi.. Dannazione! » disse e si portò una mano nei capelli perché era davvero difficile. Di solito non c'era bisogno di spiegazioni ma questa volta Catherine sembrava volerle, sebbene non avesse aperto bocca, ed era questo che lo mandava in confusione.

« Vedi.. le cose sono molto diverse da quelle che credi che siano.. Insomma, c'è molto più di quello che.. Ah, dannazione! » disse ancora e si portò nuovamente le mani ai capelli. Catherine, le prese entrambe e le strinse con le sue per tranquillizzarlo. Respirò profondamente, lo guardò negli occhi e lo pregò di ricominciare dall'inizio. Lei avrebbe ascoltato.

« Il mio nome è Dean Winchester e non sono un'agente del FBI come ti avevo fatto credere.. E' un documento falso che utilizzo per il mio lavoro, infatti non mi chiamo neanche Turner.. » disse e si premurò di capire se fin qui le era tutto chiaro. Lei continuava a pendere dalle sue labbra, quindi Dean si decise a continuare il suo racconto dopo quella certezza. Venne però interrotto..

« E qual'è il tuo vero lavoro? » chiese Catherine in un sussurro. Domanda sensata, no? Ed era anche il nocciolo della questione.. per questo Dean si prese del tempo per rispondere. Doveva anche lui raccogliere le idee per farle capire meglio ciò che lui e la sua famiglia faceva da anni.

« Sono un cacciatore.. Uno un po' diverso da quelli che conosci tu perché non uccido animali ma combatto contro creature come quella che hai visto questa sera.. » disse Dean e Catherine lo guardò ancora una volta preoccupata per lui. Non riusciva a credere che Dean potesse vivere una vita del genere perché cacciare quelle creature voleva dire mettere costantemente la propria vita in pericolo!

Davvero lo faceva? E perché? E come mai nessuno sapeva niente? Davvero nessuno sapeva niente? E quante creature esistevano? E come faceva a sconfiggerle? Erano tutte malvagie o ce n'erano alcune buone che potevano essere salvate? Ed il suo amico, quello che l'aveva curato, cos'era? Okay.. troppe domande.

La testa di Catherine stava rischiando seriamente di esplodere ma non riusciva neanche a tenere a freno le sue domande, soprattutto quando comprese che quelle creature potevano attaccare chiunque.. i suoi clienti del bar, Sebastian, Michael e Trevis, suo padre ed anche Jared! Cosa poteva fare, quindi? Cosa?

Si lasciò lentamente prendere dal panico e si alzò dal divano mentre Dean cercava di tranquillizzarla spiegandole come più o meno stavano le cose.

« Esistono varie creature.. Alcuni potresti averli anche sentiti.. Ad esempio i demoni, i licantropi, i vampiri ed i fantasmi.. Ma ci sono anche altre creature ed anche altri come me che li cacciano per portare un po' di tranquillità a questo mondo. Non saremo in tantissimi ma ce la caviamo abbastanza bene o non sarei qui a parlarti in questo momento.. Okay? Quindi stai tranquilla.. E' tutto sotto controllo. » disse lui ma Catherine era ben lungi dall'essere calma e continuò a misurare la stanza a grandi passi mentre il suo cervello era in cerca di una soluzione che potesse preservare tutti dalla possibile catastrofe.

Si, anche questo era un suo comportamento tipico. Lei, dovendo per forza salvare tutti, doveva assolutamente creare un piano alternativo per mantenere tutti al sicuro. Ma come? Cosa poteva fare? Non poteva sopportare l'idea che solo poche persone al mondo potessero salvare tutti quanti dalla furia di quelle creature e non ne capiva neanche il motivo.

« Perché siamo tutti all'oscuro dell'esistenza di questi esseri? Non lo comprendo.. Se ognuno di noi sapessimo, potremmo difenderci.. non credi? E voi potreste sentirvi più tranquilli e non con il peso del mondo addosso.. » disse alla fine, cercando direttamente in Dean la risposta a quella domanda. Dopo un attimo di esitazione, il ragazzo trovò le parole giuste per rispondere.

« Con quali ideali cresceranno poi le nuove generazioni? Con quelli della guerra e della sopravvivenza? Il loro motto come minimo sarebbe "facciamoli tutti fuori", o cose del genere. Le loro menti si conformeranno solo all'arte della distruzione. Non si vedranno più bambini giocare, le loro menti non saranno più pure e spensierate. E se ipotizziamo per assurdo che un giorno riescano ad eliminare tutte quelle bestiacce...Poi cosa faranno? Non avranno più nessuno a cui dare la caccia, e a quel punto inizieranno ad ammazzarsi a vicenda. Credi davvero che ne varrebbe la pena? » chiese Dean ed a quello Catherine non seppe rispondere. Aveva ragione. Ora comprendeva perché non potevano davvero permettere che tutto il mondo sapesse. La conoscienza aveva un prezzo e pian piano lei incominciava a capire quale fosse il suo. Perché era stata così sciocca da non averlo pensato subito? Era così chiaro! Palese. Era la soluzione ideale.. così facendo avrebbe potuto imparare a proteggere Dean e tutta la sua famiglia. Così facendo, poteva fare qualcosa di utile.

« Dean, ti prego.. portami con te! Posso imparare ed aiutarti nel tuo lavoro.. Mi andrebbe bene qualunque cosa.. Te ne prego! » disse e si risedette sul divano afferrandogli ancora una volta le mani per fargli capire quanto fosse seria. Dean, dal canto suo, sgranò gli occhi e pensò sinceramente per un attimo che fosse impazzita per la brutta giornata appena trascorsa, ma gli bastò uno sguardo per capire che non poteva essere più seria di così. Lei voleva davvero diventare una cacciatrice.

« No.. mi dispiace. Non è un gioco, Catherine. Si può morire facendo un lavoro del genere! Io non posso permetterti di farlo.. » disse e si alzò in piedi seguito a ruota dalla ragazza che disperata cercava di convincerlo. Non poteva, adesso che aveva capito quale fosse la soluzione più giusta, lasciarsi sfuggire questa opportunità perché come avrebbe potuto vivere sapendo che quelle creature avrebbero potuto fare del male alla sua famiglia? Lei era fatta così.. doveva aiutare il mondo e cacciare quelle creature, nonostante la sola idea di ammazzare qualcosa fosse ripugnante, era l'unica cosa che poteva fare ora che sapeva. Perché Dean non riusciva a capirlo?

« Dean.. io non posso non far nulla! Tu puoi aiutarmi.. tu sai come sconfiggerli! Ed io posso aiutare te e diventare.. non so.. una tua 'collega'? » disse e si aggrappò al suo braccio per fermarlo. Lo costrinse a voltarsi verso di lei e lo guardò ancora una volta negli occhi.

« So che forse non sono una partner ideale.. So che magari non ho neanche la stoffa del cacciatore, ma devo provarci.. Ho una famiglia, delle persone a cui voglio bene. Come potrei andare avanti con questo peso sapendo di aver avuto l'occasione di proteggerli ma di essermela lasciata sfuggire? » disse e lo lasciò andare, mantenendo però sempre il contatto visivo. Catherine lo guardava speranzosa mentre Dean la guardava in cagnesco perché tutto si sarebbe aspettato tranne che questo. Nessuna ragazza che aveva mai salvato aveva poi mostrato tanta voglia di diventare come lui ed i suoi argomenti erano anche molto validi.

Come poteva fermarla? Dopo un ulteriore sguardo, però, capì che Catherine non poteva essere fermata e con un sospiro decise di prendersi questa responsabilità. In fondo era colpa sua se Catherine adesso sapeva, no?

« Ti assicuro che odierai questa vita e che maledirai questo giorno con tutte le tue forze. Non posso però impedirti di fare questo sbaglio, evidentemente, quindi ti addestrerò io ma se non ti riterrò adatta od un peso, allora dovrai arrenderti e smetterla di pensare di diventare una cacciatrice. Abbiamo un accordo? » chiese Dean e Catherine tese una mano per sigillarlo. Da quel giorno in poi tutto sarebbe stato diverso, ma era pronta perché sentiva che era sempre stata destinata a questo.

Forse era davvero tutta colpa del destino beffardo ma era contenta anche così.








Angolo autrice: Okay.. probabilmente vi starete chiedendo "ma che caspita ho letto??" e probabilmente non avrete neanche torto xD Non so neanche esattamente cosa mi abbia spinto a pubblicare questo primo capitolo ma ormai l'ho fatto xD Dato che non so se possa piacere o meno, l'ho lasciato in modo che possa concludersi anche con questo singolo capitolo.. quindi non so xD Se vi è piaciuta e se siete curiosi la continuo, altrimenti lascio perdere.. ahahahahah xD E' un esperimento più che altro. E' la prima volta che scrivo qualcosa su Supernatural, anche se mi sono cimentata su una ff con come protagonisti gli attori di SPN ed un nuovo personaggio, ma una cosa è scrivere di persone reali con vite abbastanza 'normali' ed una cosa è aggiungere pure il sovrannaturale! Quindi.. boh xD Ce l'ho messa tutta per questo primo capitolo.. Ditemi voi cosa ne pensate. Ringrazio tutti quelli che arriveranno a leggere queste poche righe e vi mando pure un bacione <3


p.s. Ringrazio tantissimo anche Nina, una mia amica, con la quale abbiamo costruito questo primo capitolo (anche se all'epoca in cui ne parlavamo non avevamo progettato di scrivere questa storia su Efp xD). Inoltre la ringrazio anche per alcuni pezzi di dialogo di Dean.
p.s. La canzone che Catherine canta è questa: http://www.youtube.com/watch?v=e-OUEtULUt4

   
 
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