Nenia
In lontananza un canto …
… mihi permittis, o Iove, mortui
lodas canere …
Una voce melodiosa sta intonando un canto triste, invariato.
Non riesco a capire da dove provenga ma, catturato da quelle parole,
cerco di avvicinarmi a quel suono tanto malinconico.
Non riesco a vedere molto nella foresta illuminata dai deboli raggi
bianchi della luna.
Facendomi spazio tra le fronde degli alberi, riesco finalmente a
scorgere una figura … e ne rimango ammaliato.
… mihi permittis, o Iove, mortui
lodas canere …
Un’ombra dai lunghi capelli corvini e dalla pelle troppo candida per
essere umana.
Danza aggraziata lasciando svolazzare il liscio velo azzurro che copre
le sue forme sinuose.
Forse troppo affascinato da quella straordinaria visione, mi accorgo
solo ora dove mi trovo: in un cimitero.
Non riesco a capire come sia possibile che una ragazza così bella possa
sostare in un luogo tanto tetro.
Ma a distrarmi da tutti i miei pensieri ci pensa la sua voce.
Certo soave, ma anche piena di tristezza e solitudine.
Senza pensare faccio un passo in avanti … e improvvisamente il canto si
ferma.
Si gira verso dove ha sentito lo spezzarsi di un ramo, e finalmente
posso ammirare il suo volto.
I suoi occhi nocciola spaventati mi fissano ma io non ci faccio caso e
mi perdo nel rosa delle sue labbra.
Inghiottiti dal silenzio, rimaniamo a guardarci per un periodo che a me
sembra un’eternità.
Poi lei si volta e comincia a camminare nella direzione opposta alla
mia.
Un senso di angoscia mi assale.
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Lei si blocca, forse sta meditando se iniziare a correre o mostrarsi di
nuovo a me.
Per mia fortuna, sceglie la seconda ipotesi.
La squadro sbalordito ancora di più dalla sua inumana bellezza.
<
<
Rimango fermo a contemplarla un attimo poi <
<>.
Questa risposta non me l’aspettavo, ma riesce a mettere in ordine le
mie idee. Ora capisco cosa ci faceva in un cimitero.
Mi avvicino un po’ di più a lei, ma la vedo arretrare.
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<
<
<
<
<> e detto
questo sfodero uno dei miei sorrisi migliori, ma so che non c’è da vantarsi
troppo a essere un … bastardo.
<
<> mi stupisco nel trovare la mia voce
tremante, <
Mi guarda sorpresa e un’ombra d’inquietudine oscura il suo viso.
<
Inaspettatamente un velo cade dalle sue spalle.
Lei si china a prenderlo ed io faccio lo stesso.
Una scossa, un brivido lungo la schiena.
Le nostre mani s’incontrano per un attimo, scatenando in me una miriade
di emozioni.
Alziamo immediatamente i volti e ci rendiamo conto che sono a poca
distanza l’uno dall’altro.
Ascoltando il mio istinto, sfioro quelle labbra che mi hanno stregato.
Lei rimane impietrita dal mio gesto.
Lascio perdere alzandomi da quella posizione scomoda e le tendo la mano
per aiutarla.
Credevo fosse un gesto banale, ma mi sono ravveduto.
Sono invaso dalle medesime sensazioni dell’attimo prima e, come allora,
non ci penso due volte e, posando delicatamente la mia mano sulla sua nuca, la
bacio di nuovo.
È un bacio diverso dal primo, è più passionale, infuocato.
Lecco avidamente quelle morbide labbra per fare entrare la mia lingua
in quella rosa e le cingo i fianchi con le mie braccia.
Istantaneamente si scosta.
<
<
Lei non risponde ma mi guarda dolce.
Ripenso a mia madre e al dolore che provò nel crescere un figlio
indesiderato da tutti.
In quel momento capisco che lei non vuole disubbidire alle regole.
Sì, le regole che dicono che io sono uno scherzo della natura.
Nel momento in cui si gira per andarsene, non so perché, corro e la abbraccio
da dietro intrecciando le mie mani artigliate sul suo ventre.
Le scosto i fluidi capelli e le sussurro a un orecchio: <
La giro e ribacio affamato le sue labbra.
Non oppone resistenza e mi permette di entrare con la lingua.
Quando la mia incontra la sua, iniziano a danzare insieme spinte dal
nostro desiderio.
Mi mette le mani tra i capelli argentati e mi attira più a sé.
La prendo tra le braccia, staccandomi un poco per farle prendere fiato,
e la distendo sull’erba fresca.
Inizio a baciarle il collo, mosso da un impeto primitivo.
Ben presto le labbra fanno posto alla lingua.
Estasiato da queste emozioni, ripercorro la linea del collo, del mento
fino a ritrovare le sue labbra semichiuse, così invitanti. Mi ci perdo dentro
una volta e un’altra ancora.
Lei, dal canto suo, vaga con mani insicure sul mio corpo provocandomi
brividi di piacere.
Rimaniamo lì per molto, consumando il nostro amore, ballando una danza
antica come il mondo.
Sfiniti, ci accasciamo sull’erba fredda che fa contrasto con la
temperatura dei nostri corpi.
Lei si accoccola sul mio petto. Io spero che questo momento non finisca
mai.
Guardiamo estasiati l’unica testimone della nostra unione: la Luna che tenue
ci illumina.
La osservo rapito dal suo viso che ancora guarda in alto.
Dolcemente le bacio la fronte sudata e le accarezzo il ventre.
<
<
Poi aggiungo: <
Detto questo, suggello la promessa fatta stringendola forte a me e
baciandole le labbra teneramente.
Salve a tutti!!!
Allora devo precisare alcune cose sulla storia:
1) Inuyasha
è un mezzo demone riferito al fatto che ha padre demone e madre dea.
2) Nenia
è per la mitologia classica la dea dei canti funebri che canta ai morti sempre
la stessa litania (devo precisare che la frase in latino all’inizio l’ho
inventata di sana pianta)
3) Kagome significa cesto o contenitore. In questa storia Inuyasha chiama Nenia
come Kagome a significare il fatto che lei è il
contenitore di una nuova vita, il frutto del loro amore.
Grazie per l’attenzione e fatemi sapere se vi è piaciuta…
una bacione a tutti!!!
Chiedo umilmente perdono per l’inconveniente causato dai dialoghi ma mi
sono dimenticata di mettere gli spazi. Approfitto dell’occasione per
ringraziare le persone che hanno recensito la storia senza leggere i dialoghi.
Mi scuso ancora!!!