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Autore: Padme Undomiel    15/05/2008    9 recensioni
"Yamato sorrise tra sè. Era proprio un tipo impossibile, lo sapeva bene. Ma forse era diventato così solitario a causa di avvenimenti passati. Esprimere i suoi sentimenti era diventata un'impresa: ormai ci riusciva soltanto attraverso la musica, attraverso ciò che componeva. Sapeva anche che non era un bene, ma non poteva farci niente. Come tutti gli anni, aspettava il calare della sera in silenzio, contemplando la sua vita, accompagnato solo dal suono della sua chitarra. Ma quell'anno sarebbe stato diverso."
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Takeru Takaishi/TK, Yamato Ishida/Matt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Present For you2
A Present For You

Il tramonto è forse il momento in cui il cielo assume i colori più suggestivi.
E' il momento della giornata in cui tutto quello che vorresti fare è stare lì, seduto, con gli occhi puntati verso il sole morente, immerso nei tuoi pensieri.
E' impossibile individuare tutte le sfumature di colori che appaiono: ad ogni nuovo sguardo si riesce a scorgere un nuovo aspetto della volta celeste. Una vita intera non basterebbe per cogliere ogni emozione che senti vedendo un simile spettacolo.
Seduto sull'erba accanto al lago, il ragazzo sorrise.
Lui era come il cielo al tramonto: nessuno poteva affermare di aver compreso appieno il suo carattere. Il solo fatto di essere lì, quel giorno e in quel preciso momento, solo, ad ammirare il lago al tramonto, poteva sembrare strano, ma lui non aveva voglia di folla e confusione, nè tantomeno di attenzioni: quello era tutto ciò che voleva.
Afferrò la sua chitarra e suonò qualche nota, con lo sguardo assente. Un altro anno passato. E, come tutti gli anni, eccolo lì, a passare il suo giorno in completa solitudine.
Il giorno in questione era il suo compleanno.
Non riusciva a capire come tutti potessero essere sconvolti dal suo desiderio di non festeggiare: cosa poteva esserci di strano, dopotutto? Ogni anno Taichi cercava di convincerlo a cambiare idea, lamentandosi di "perdere un'occasione per fare baldoria", ma lui era sempre stato irremovibile.
Detestava ricevere regali, spegnere candeline ed essere al centro dell'attenzione di tutto.
I regali, poi. Cosa poteva esserci di più gratificante dello spettacolo del tramonto?
Yamato sorrise tra sè. Era proprio un tipo impossibile, lo sapeva bene. Ma forse era diventato così solitario a causa di avvenimenti passati.
Esprimere i suoi sentimenti era diventata un'impresa: ormai ci riusciva soltanto attraverso la musica, attraverso ciò che componeva. Sapeva anche che non era un bene, ma non poteva farci niente.
Come tutti gli anni, aspettava il calare della sera in silenzio, contemplando la sua vita, accompagnato solo dal suono della sua chitarra.
Ma quell'anno sarebbe stato diverso.
Un rumore di passi lo fece fermare. Passi che si avvicinavano a lui.
Si voltò.
Un ragazzo più piccolo di lui, con grandi occhi azzurri e capelli biondi esattamente come i suoi, era fermo davanti a lui, con un sorriso. Yamato sorrise in risposta.
"Takeru. Cosa ci fai qui?", chiese. Non si aspettava che suo fratello minore sarebbe giunto nello stesso luogo scelto da lui.
"Sono qui per farti gli auguri di buon compleanno", rispose l'altro semplicemente. "Neanche quest'anno festeggi, eh?"
"Come sempre." Yamato si voltò di nuovo a osservare il riflesso del tramonto sul lago. "Lo sai che odio le feste di compleanno."
"Lo so. Ormai ho fatto l'abitudine alle tue stranezze." Takeru sedette accanto a lui. "Ma non riesco a capire lo stesso come mai tu voglia invecchiare da solo: perché ti isoli?"
Il maggiore dei due fratelli ridacchiò divertito. "Mi aiuta a riflettere. Vengo qui ogni anno, sai."
 "So anche questo: non ti avrei trovato qui oggi se non lo sapessi da anni. Niente di meglio da fare?"
"Credimi, è meglio di qualsiasi Tanti auguri."
"Se lo dici tu." Chiuse il discorso Takeru.
Yamato lo stava osservando. Aveva qualcosa in mano; un'occhiata più attenta permise di riconoscere una cartellina. "Cos'hai lì?", domandò curioso.
L'altro fece un sorrisetto. "Il tuo regalo da parte mia."
"Mi hai fatto... Cosa?" Non era stato chiaro a riguardo? "Aspetta, ti avevo detto esplicitamente Niente regali! Perché lo hai fatto?"
"Ehi, lasciami finire!" Takeru rise divertito. "Non è quello che pensi tu, tranquillo. E' una cosa che volevo farti vedere, tutto qui."
Yamato era perplesso. "Farmi vedere? Sarebbe un regalo di compleanno, farmi vedere qualcosa?", chiese ironico.
"Non hai niente da perdere, credimi."
C'era qualcosa negli occhi di Takeru: sembrava lo stesse supplicando con la sola forza dello sguardo. Yamato rimase interdetto. Cosa poteva avere di così importante da mostrargli?
Sospirò rassegnato. "Avanti, che cos'è?"
Takeru sorrise; poi aprì la cartellina, estraendo un foglio di carta stropicciato e piegato agli angoli.
Osservò interessato suo fratello stendere il foglio come per dargli un'aria più presentabile; poi lo porse a lui.
Yamato rimase sbigottito.
Era un disegno di bambino.
Quattro figure stereotipate sorridevano dal foglio: un uomo e una donna che si tenevano per mano, e poco più in là due bambini dai capelli biondi che giocavano insieme. Il disegno non era per nulla verosimile, ma il ragazzo capì immediatamente cosa fosse rappresentato.
Era la loro famiglia.
"L'ho trovato l'altro giorno, mentre cercavo un libro", spiegò Takeru. "E' un mio vecchio disegno. Ero piccolo quando lo feci."
Yamato si costrinse a sorridere maliziosamente. "Questo dovrei essere io? Sono un mostro."
"Piantala: ero piccolo, no?", ribattè l'altro.
"Beh, comunque non sapevi disegnare", scherzò ancora il maggiore.
Takeru alzò gli occhi al cielo con aria esasperata.
Yamato assunse di nuovo un'aria seria. "Perché me lo stai mostrando?"
"Per farti capire una cosa. Guarda il disegno e dimmi cosa vedi."
Dopo un momento di silenzio il ragazzo rispose: "Una grande menzogna." E indicò le figure dei genitori.
Takeru sorrise tristemente. "L'ho pensato anch'io quando l'ho trovato. A quel tempo ancora non immaginavo quello che stava succedendo tra loro: sognavo ancora una famiglia felice, che rimanesse con me per sempre."
Il tono di voce del fratello minore era malinconico. Yamato sentì un gran peso sullo stomaco. Takeru era piccolo quando i genitori avevano deciso la separazione: doveva aver sofferto molto, forse anche più di lui.
"Quando papà se n'è andato e ti ha portato via con sé, io non riuscivo a capire perché. Perché avevate lasciato la casa, perché tutto ad un tratto ero stato privato della presenza di mio padre e di mio fratello, perché mamma piangeva sempre. Quando l'ho saputo, non volevo crederci: in fondo, ho sempre sperato in un vostro ritorno."
La voce gli si spezzò. Il silenzio calò pesante tra i due.
"Ancora non riesco a capire perché tu voglia mostrarmi tutto questo", insistette Yamato. "Sono tanti anni ormai che viviamo separati."
"Aspetta, mi hai frainteso. Non è tutto quello che vedo osservandolo." Takeru indicò ancora il disegno. "Guarda le nostre figure e dimmi cosa vedi."
"Due bambini che giocano insieme." Il ragazzo non riusciva a capire dove il fratello volesse andare a parare.
Il minore sorrise. "Esatto. Riesci a vedere menzogna in questo, Yamato?"
L'altro alzò un sopracciglio. "No. Era quello che facevamo."
"Già. Eravamo inseparabili."
Yamato sapeva che suo fratello stesse aspettando qualcosa da lui, ma non riusciva a capire cosa. "Che vuoi dire con questo?", domandò di nuovo.
"Voglio dire che ci capivamo alla perfezione, che avevamo bisogno di passare tutto il tempo insieme. Voglio dire che eravamo sempre vicini l'un l'altro. E che questo non è cambiato." Rispose Takeru.
Il maggiore si limitò a fissarlo, e l'altro continuò.
"Quando siamo andati a Digiworld la prima volta, io ero contentissimo: eravamo di nuovo insieme. Quell'occasione ci ha permesso di riavvicinarci, e io adesso so che quel legame che ci univa da piccoli non si è spezzato con il vivere separati: nonostante questi anni passati lontani, io ti voglio ancora lo stesso bene di tanti anni fa."
Yamato non riusciva a dire nulla: aveva come un groppo in gola. Takeru gli sorrise di nuovo.
"Questo era il mio regalo di compleanno. Non ti sentire mai solo, non chiuderti: anch'io ho sofferto la solitudine, ma vado avanti, perché noi due siamo più forti di tutto questo."
Ascoltando le parole di suo fratello, il ragazzo sentiva che avrebbe voluto dirgli tante cose, ma sapeva che non ci sarebbe mai riuscito a parole: si limitò a guardarlo negli occhi, e a sorridere affettuosamente.
Takeru parve capire. Con lui le parole erano meno espressive dei silenzi. Il suo sorriso innocente si allargò per un attimo; poi si alzò in piedi.
"Sarà meglio che vada: si è fatto tardi", disse. "Tanti auguri davvero, Yamato, anche da parte di mamma. E salutami papà."
"Certo. Ciao, Takeru."
Yamato lo osservò allontanarsi. Poi, preso da una determinazione inspiegabile, afferrò il suo cellulare.

Takeru sobbalzò sorpreso al suono di un messaggio. Prese il suo telefono: lo stupore crebbe quando si accorse di quello che era scritto.
E' il più bel regalo di compleanno che abbia mai ricevuto (anche se disegnato male...). Grazie per il tuo saper esprimere quello che provi anche al posto mio. Yamato.
Takeru alzò lo sguardo verso la figura del fratello sull'erba, ma lui non lo guardava: suonava la chitarra. Sorrise; poi si voltò e si incamminò verso casa, mentre nel cielo imbrunito compariva la prima stella.



Dedicata a tutte le persone che hanno fratelli o sorelle... Perché niente potrà mai essere come il legame che li unisce per sempre. Grazie a tutti quelli che hanno letto!! Alla prossima!
Padme Undomiel

   
 
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