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Autore: Ramiza    17/05/2008    4 recensioni
Mi concedo di modificare, ancora una volta, l'itroduzione a questa raccolta che cresce con me, con le mie scoperte e i miei nuovi amori "nel mito". Vi racconto adesso la storia di Alessandro il Grande, di un uomo che diventò mito perché volle esserlo, e del suo ultimo viaggio, così come io lo vedo.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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A Lilithkyubi. Non so se altrimenti avrei scritto questo capitolo.


DIDONE


Non ti aspettavi questa lettera, lo so.

Forse hai creduto che io fossi morta, vedendo il fumo che si levava da Cartagine.

Forse hai creduto di incontrarmi nell'ade, sdegnosa e silente.

Non ero io, Enea, era quel poco d'umanità che ti resta, a te, figlio degli dei, destinato a fondare Roma, alla grandezza, alla gloria imperitura, quel poco d'umanità che ti resta e la tua coscienza che rimordeva a figurarti la mia immagine.

Virgilio dovrà cercare un'altra eroina votata al dolore, Dante dovrà pianificare per me un girone diverso da quello dei lussuriosi.

Didone non intende morire.

Morire per te, per farti più bello il mondo, morire per farti più eroe...non se ne parla.

La pira era pronta, mi aspettava, mi chiamava. La tua vita è finita, Didone, mi diceva. Non hai più nulla. Hai perduto la dignità e hai perduto l'amore.

Ero lì.

Stavo quasi per farlo.

Poi ho capito.

L'amore è vero, lo ho perduto. Ma è stato molto tempo fa, quando Sicheo si è spento, che ho perduto l'amore. E se io ti ho amato è stato uno sbaglio, uno scherzo della vita, una trappola degli dei.

Ma la dignità, quella no.

Sono stata sciocca, ho creduto alle tue promesse, ho creduto alle tue parole e ai tuoi gesti. Sono stata ingenua ma non ho perduto la dignità.

E se qualcuno ho tradito, se qualcuno ha il diritto di lamentarsi con me e di rimproverarmi, non è altri che Sicheo.

A lui solo devo chiedere perdono.

E non per non avergli prestato fede, promessa avventata, fatta in un'età troppo giovane e quando il dolore atroce della sua scomparsa non si era ancora lenito. No.

È per aver confuso la grandezza di ciò che noi abbiamo avuto, del nostro amore nobile, gentile, profondo come il cielo della notte, luminoso come il sole che riscalda il giorno, con questa passione disperata, che mi ha lacerato l'anima e che mi ha corroso il cuore.

Per essermi data a te pensando “ma prima, allora, prima non non sono vissuta, non ho mai saputo cosa fosse l'amor vero”. Di questo, sì, devo chiedergli perdono.

Ma tu, Enea, tu non puoi capire.

Tu hai abbandonato tua moglie a Troia. L'hai dimenticata nello spazio di pochi istanti, seppellendola sotto il peso dell'inevitabile. E hai abbandonato me quando ti avevo dato tutto. Avevo messo nelle tua mani Cartagine e la mia vita.

Adesso, nei lidi che vedranno sorgere Roma stringi tra le tue braccia la bella principessa rubata a Turno e sei convinto che ti amerà.

Perché gli dei lo hanno scritto.

Perché tu sei Enea e diversamente non potrà andare.

Poco importa se le hai rubato il sogno di una vita. Poco importa se hai ucciso il suo uomo e adesso le imponi le nozze.

Poco importa se qui, a Cartagine, una donna che hai detto di amare ha perduto il sonno e la gioia per te. Poco importa se Pigmalione brucerà le mie mura, se Jarba mi porterà in Getulia schiava.

Non ti riguarda tutto questo.

Il tuo destino, Enea, è scritto nelle stelle e non importa chi dovrai sacrificare perché si compia.


Ma nelle stelle di Cartagine è scritto altro.

Nelle stelle di Cartagine è scritto il nome di Elissa.

Non abbandonerò il mio popolo che ha fiducia in me per sfuggire alla vergogna di esserti stata accanto. Si dica me ciò che si vuole. Mi si denigri. Mi si derida. Si dica pure che sono una puttana.

Ma sono io, Elissa, regina di Cartagine, quella che mille uomini hanno desiderato, io da sola ho fondato la mia città, io da sola ho innalzato il mio nome. Non avevo dei accanto. Non avevo più un uomo.

No, Enea, nelle stelle sopra è Cartagine è scritto altro che gli immortali versi di una maledizione.

L'inimicizia tra Cartagine e Roma...sì, sarà.

E davvero sorgerà dalle mie ceneri un vendicatore che terrorizzerà Roma, ma non adesso. Adesso no.

È ancora il tempo di vivere.

Di crescere.

Di amare.

Non lascerò Anna immersa in questo dolore che non merita.

Non lascerò il mio popolo.

Non lascerò me stessa.

No.

Di morientis Elissae1, un altro giorno invocherò il vostro nome.

Sarà difficile.

Sarà doloroso.

Ma non mi spaventano il dolore e le difficoltà. No Enea. Non mi sono tolta la vita quando morì mio marito, speso perfetto e meraviglioso, non lo farò adesso per te.


Poi, all'improvviso, in mezzo a tutta questa sofferenza, mentre sto cercando dentro di me la forza, penso a Jarba e rido. È incredibile ma rido.

Immagino lui, un uomo del deserto, fatto di carne di rabbia, cresciuto al sole atroce che ti prosciuga le forze e la vita, cosa possa aver pensato di te, principino di Troia, scappato dalla sua città mentre andava a fuoco, mentre gli altri restavano a morire, di te, pelle bianca, mani nobili che non hanno mai lavorato, mitra meonia legata al mento, chioma profumata...figlio di Afrodite...immagine dell'amore.

Oh Enea, riesci ad immaginarlo?

Come potrei non ridere?

Così la preoccupazione lentamente svanisce. Jarba sarà furioso, sì, ma non faticherà a credere che sia stata la tua stessa madre ad ingannarmi e si beerà nel sentirmi parlare male di te. Mi perdonerà, perché mi desidera e vorrà credermi, vorrà credere che solo per un tale motivo ho potuto preferirlo a te.

Cosa accadrà dopo? Non lo so.

Lo sposerò? Chissà. Perché no, dopotutto, ma ciò che il futuro mi riserva lo scoprirò domani. Sì, lo scoprirò vivendo.

Questa esperienza mi ha insegnato qualcosa di fondamentale.

Quando si cade così in basso si può solo provare a risalire.

E io risalirò, Enea, puoi giurarci. Non importa come. Troverò un sistema.

La storia forse continuerà a dire che sono morta per te, per il tuo amore, per il tuo abbandono. Che lo dica. Non mi importa.

Tu saprai che non è vero.

E mi vedrai, mi vedrai grande, senza di te e soffrirai ripensando a quello che avresti potuto avere e che hai buttato via, soffrirai quando sarai con lei e la troverai tra le tue braccia rassegnata ed indifferente ad un amore che le hai imposto, incapace persino di odiarti per ciò che le hai fatto. Allora mi penserai. Ripenserai a me, alla mia passione, al mio amore.

Ma io sarò lontana e sarà tardi.

Sarà con Lavinia che ti alzerai ogni mattina, sarà il suo volto pallido e inespressivo, così bello quando lo vedesti la prima volta, che guarderai ogni giorno, invecchiando, spegnendoti...perché nemmeno tu potrai evitarlo. Ripenserai alla tua giovinezza, a quando eri forte e bello, a quando la vita ti stava davanti e si chiudeva tra le tue mani come una rosa.

Quando a te solo pensavi e gli altri non erano che comparse sulla tua strada illustre. Ti generò da duri macigni l'orrendo Caucaso e tigri ircane t'offrirono le mammelle, dissi allora. Così eri da giovane. Ma da vecchio, Enea, sarai un uomo come gli altri, anzi, privo dell'unico conforto che la vecchiaia può donare, sarai più meschino, più piccolo, più solo.

Ripenserai a tutto ciò, Enea, e piangerai sul nome d'Elissa.

Nec mortae nec inultae2.

No. Non chiedo più la vendetta della tua morte insepolta.

Io vendicherò me stessa e lo farò nel modo più semplice. Vivrò e sarò felice.

Mentre tu, glorioso fondatore di Roma, sconterai i tuoi giorni nell'abulia di una sorte che ti sei scelto, imputandola agli dei. Allora saprai che avresti potuto rifiutare. Allora saprai che avresti potuto fermare le tue navi e che non fu l'obbedienza pia a farti partire, ma il desiderio di scrivere il tuo nome tra i grandi, di scrivere anche il tuo nome, codardo di Troia, accanto a quelli di Achille, Ettore, Patroclo e Ulisse.

Ma allora la fama e la gloria non saranno abbastanza...ti girerai nel letto bramoso d'amore e ti parrà di avermi ancora accanto.

Poi, di giorno, la fama di porterà alle orecchie nome di Elissa e la sua felicità, tuae secum ferans omina mortis3.





Nella lettera ci sono diverse citazioni dall'Eneide (canto IV, per esempio dal discorso di Jarba, uno dei miei passi preferiti-divertentissimo, dove il re definisce Enea “Paride con un codazzo effeminato”. Segnalo e traduco solo quelle in latino. Per quanto riguarda la storia immagino che tutti la conoscono, perciò faccio solo alcune precisazioni (mi perdoni chi già sa): Elissa è l'altro nome di Didone, Sicheo è suo marito e Jarba il re che la donato la terra su cui costruire Cartagine e che lei ha rifiutato di sposare Secondo dante Didone è all'inferno, nel girone dei lussuriosi colei che s'ancise amorosa, e ruppe fede al cener di Sicheo”. In vendicatore che sorgerà dalle sue ceneri è Annibale. Infine secondo Virgilio Enea incontra nuovamente Didone nel suo viaggio nell'Ade, la chiama, la invoca ma lei lo ignora sdegnosa e si rifugia vicino a Sicheo che “ne eguaglia l'amore” (uno dei più bei passi dell'Eneide, canto VI, vv. 450 ss.).


Grazie a chi ha letto e soprattutto a chi ha recensito.

Shark Attack: Tristano e Isotta è, a mio avviso, uno dei più dei miti in assoluto, è ricco, coinvolgente, dettagliato...è vero, a volte il modo in cui certe cose vengono studiate le rovina, privandole della loro intrinseca vitalità Sono contenta che tu abbia apprezzato.

Sophonisba: sono d'accordo su quasi tutto (purtroppo Ettore non l'ho mai sopportato). Ma basta con le eroine morte per amore. Giulietta...ci avevo pensato in effetti. Figurati, leggere la tua storia è stato piacere (e recensirla un dovere, ehhe).

Lilithkyubi: al di là di ciò che ti ho detto all'inizio ti confesserò che anch'io sono femminista, o meglio, mi ci fa diventare il mondo femminista, sia quello reale che quello della letteratura, con il suo “canone” imposto ed infrangibile. Isotta, comunque, sia in questa versione rivisitata che in quella originale è uno dei più bei simboli di emancipazione che io conosca. E' una dona straordinaria, di intelligenza fuori dal comune. E poi riesce ad ingannare persino dio, nell'ordalia (hai presente?). E di Didone che ne pensi? Lei, a dire il vero, mi ha sempre fatto un po' arrabbiare. Ho sempre odiato Enea. Un bacio e grazie di nuovo e sempre.




1“Dei d'Elissa che muore”, li invoca Didone prima di morire.

2“Né morte né invendicate”, parafrasi di “moriemur inultae, sed moriamur” (moriamo invendicate, ma moriamo).

3“Portanti con sé i presagi della tua morte”. Ho parafrasato le ultimissime parole di Didone: “nostrae secum ferat omina mortis”.

  
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