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Autore: Deich_    23/12/2013    2 recensioni
Sarà forse il nostro essere sbagliati a renderci le cose più facili, che in fondo così sbagliati non lo siamo e lo sappiamo. Crediamo di saperlo, ci speriamo.
Siamo giusti in quel mondo che ancora non ha mai visto la luce del sole.
" Come desidera, Lady Satsuki."
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Satsuki Kiryuuin, Uzu Sanageyama
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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" MH!" Vengo strappato dai sogni di soprassalto, i nervi tesi e le tempie sudate.
Scopro i denti stretti in una smorfia di disappunto, mentre un ringhio sordo mi cola dalle labbra come la rabbia di un cane macilento.
Credo sia notte inoltrata.
In un ciclone squilibrato di riflessi meccanici, mi accorgo di stringere con una certa disperazione l'impugnatura della spada in bambù.

Avendo perso la vista, svegliarsi è diventato un incubo. Il mio personalissimo incubo.
Sfuggire al torpore, perdere lentamente il calore dell'abbraccio di Morfeo, sfuggire ai colori che qualche sogno bugiardo poteva regalarmi, per tornare nuovamente ad una giornata dove non sarei comunque riuscito a rivedere il sole.
Per l'appunto, un incubo.
L'odore umidiccio della pioggia notturna invade la stanza ed ogni mio senso ancora prima del rumore dell'acqua stessa. Per quale motivo mi sono svegliato nuovamente nel cuore della notte?
E' tutto nero. Al solito.

Le coperte congelate sono più ruvide della carta vetrata. Passando distrattamente il gomito sul cuscino lo scopro tragicamente imperlato di sudore.
L'ennesima notte agitata, Sanageyama?
No, non è soltanto questo. Sono quasi sicuro di aver sentito un rumore.
Quando ero solo un moccioso avevo una terribile paura del buio, delle nottate ricche di rumori inquietanti, dell'anta cigolante dell'armadio consumato, pieno di tarli. Tremando come una foglia, nascondevo il viso infantile dietro alle coperte, facendo appello ad ogni briciolo d'orgoglio per non scoppiare in singhiozzi. Ora, privato della vista, il buio è diventato una costante.
Purtroppo non posso fare altro che affidarmi ciecamente agli altri quattro sensi in allerta, prigioniero di un mondo di ombre che non ho ancora imparato a trasformare in un qualsivoglia alleato.
Per combattere sfruttando la cecità come la migliore delle lame è necessario uno spirito temprato a ferro e fuoco da una pace interiore senza confini, un'anima perfettamente sincronizzata con le sinfonia della terra stessa.
Mentre io al momento, sono semplicemente un gigante di cartone che barcolla nel buio.
Fantastico.


" Chi sei?" Il sussurro ridotto ad un sibilo mi sfugge dalle labbra, perdendosi nel lento ticchettio della pioggia.
Uno, due, secondi travestiti da secoli. Non ricevo la minima risposta.
Provo ad immobilizzarmi come una statua di sale, eliminando ogni altro rumore disturbante in circolazione nel tentativo di individuare tra le ombre il punto preciso da cui proviene quel lento respiro estraneo. E' leggero, delicato. Il mio respiro, al contrario, è grottesco ed affannato, una violenta ricerca d'aria per i polmoni brucianti, sgraziato.
Chiunque sia il mio ospite, ha certamente una raffinata capacità di scivolare contro le pareti come se pattinasse sull'olio, silenzioso, probabilmente letale come il veleno sottopelle.
Fantastico, davvero.

Uno scatto di reni. Le coperte volano chissà dove, il calore del letto è solo un ricordo sbiadito. Velocità, il respiro azzerato, le mani protese in avanti per attutire la caduta sul pavimento gelido.
Il tutto è reso dannatamente difficile dall'assenza di una chiaroveggenza su cui fare affidamento, sbattuto in un vorticare perenne di ombre mentre tutt'attorno il mondo mi arriva sottoforma di suoni vaghi e spigoli appuntiti. Tuttavia ho la fortuna di conoscere a memoria la planimetria della mia stanza; tre passi col viso coperto dalla lunga spada rigida come l'inverno, uno scatto alla cieca verso la parete opposta al letto, devo coprirmi le spalle.
Un suono dall'oltretomba. Molto simile a quello di un limone quando viene tagliato a metà, qualcosa di fulmineo provoca una vibrazione nell'aria accanto al mio viso, sbattendo violentemente contro il muro.
Riesco a malapena a percepire il suo respiro regolare, pericolosamente vicino al mio cuore vergognosamente in preda alle palpitazioni; senza perdere un solo attimo ordino al mio corpo intorpidito di sollevare la lama, turbinandola in direzione dell'estraneo.
Un buco nell'acqua. Sentire l'arma affondar nell'aria a vuoto mi lascia disorientato, con l'equilibrio che mi sfugge dalle dita come fumo in una tormenta. Un suono dall'oltretomba. In trappola.
A malapena riesco a trattenere un gemito soffocato, ritrovandomi con le braccia armate schiacciate contro il muro, vicino alla testa, il petto che si abbassa e si alza ad un ritmo oltremodo irregolare, gocce di sudore freddo che scivolano isteriche lungo la schiena.
Cade un silenzio di tomba, incorniciato unicamente dal picchiettare della pioggia e dai sussurri del vento oltre le mura.
Un momento.
Non ho nemmeno il tempo di permettere a quel profumo di thè di farmi scattare un campanello nel cervello in subbuglio, che una voce profonda come un pozzo si fa strada direttamente sulla mia pelle.

" Il sonno rallenta i tuoi sensi, Sanageyama?"


Un sorriso inarrestabile, tinto di tormenti e indescrivibile vergogna, mi si scuce sulle labbra come una zip.

" Oh oh, da quando Lady Satsuki attacca il nemico nascondendosi nell'ombra?"
La sua risata atona, ruvida, bloccata come un vecchio motore caduto in disuso per anni gratta insistentemente sui miei occhi chiusi, come a spronarmi ad aprirli.
Come mi piacerebbe poterla vedere, ora.

" Non essere stupido." Con poche parole rigide come camicie di forza smorza la sua stessa risata inaspettata. Riesco a sentire l'intensità del suo sguardo di piombo perforarmi il petto, la pelle, il cuore, spegnendo ogni mio tormento o ogni domanda insulsa. Mi piacerebbe osare l'imperdonabile, spingermi in avanti per poterla toccare, ma le braccia sono ancora bloccate con una stretta ferrea alle pareti.
E' tutto talmente strano che mi sembra di essere improvvisamente piombato in un altro dei miei sogni vividi, quelli bugiardi, quelli che mi fanno perdere il sonno scadendo nell'assurdo, dove solitamente non faccio mai la scelta sbagliata. Non perdo in duello. Non sputo sangue tra i denti rotti. Non sono costretto a cucirmi gli occhi per sconfiggere un avversario.
Insomma, il regno delle bugie più infime, quelle che si nascondono dietro pareti di cristallo.

" Domani affronterai nuovamente il kamui di Matoi Ryuko." Non è una domanda. Non è nemmeno un'affermazione, quanto una frase lasciata sospesa, solitaria, indecisa. Il timbro di voce della presidentessa del consiglio scolastico trema appena, salendo di un'ottava in eccesso.
Mi concedo qualche altro secondo rubato per potermi riempire il cervello con il suo profumo, totalmente diverso da quello di sangue rappreso e sudore a cui sono abituato, mandandolo totalmente in confusione.
Dio, come mi piacerebbe poterla guardare.

" Certo, mia signora. Questa volta sconfiggerò il nemico senza deluderti, potesse la mia spada spezzarsi, intendo arrivare alla resa dei conti con Ryuko." Sento la voce raffreddarsi, farsi debole, come richiusa nella gola da pareti di pasta frolla. " Dopotutto oramai non ho più nulla da perdere."

A questo punto, il mondo impazzisce. Danza in punta di piedi tra l'assurdo e l'impossibile, poco prima di esplodere e colorare l'universo con i rimasugli della mia lucidità.
In un batter di ciglia, avverto la distanza tra il mio corpo irrigidito e quello elegante di Satsuki Kiryuin bruciare, avverto il suo respiro tragicamente accelerato sul viso, avverto tutto il mio buonsenso andare a puttane.
Senza pensare minimamente alle conseguenze, come se effettivamente a breve non dovesse più esistere una terra su cui governare e su cui sbagliare, libero con uno strattone i polsi contratti dalla sua presa. Se dovessi raccontare questa storia a qualcuno, probabilmente, arrivato a questo punto tirerei un grosso sospiro, seguito subito da un colpo di tosse che tenta di mascherare un sorriso malizioso.
Imprimo a ferro e fuoco nella memoria la sensazione delle mie mani sulla sua schiena gelida, cuore in gola, i pensieri che si fottono, la certezza di riuscire a vederla nel buio delle mie iridi spente. Non posso fare altro che affidarmi al tatto, dipingendo mentalmente un quadro del suo corpo man mano che la sua pelle diafana passa sotto le mia dita piene di tagli.
Il suo respiro perde l'equilibrio, inciampando sui sui stessi passi e diventando sempre più intenso, sempre più simile al mio.

" Non permetterti più di dire una simile scemenza." Mi sussurra a fior di labbra, respirando il mio stesso momento di follia, poco prima di chiudere gli occhi a sua volta per condividere le stesse sensazioni. E' tremendamente vicino, quanto tremendamente lontano, lontana dalle mie patetiche spalle spezzate, dalla mia forza insignificante, dai miei sbagli dipinti su ogni centimetro della mia stessa pelle col sangue, lontana dalle mie domande insignificanti.
E' il suo viso di tre anni prima, quello stesso sguardo che mi ha sbattuto in ginocchio sulle pianure bruciate quello che mi affiora alla mente poco prima di gettarmi nel peggiore dei miei azzardi.


" Seguimi. All'accademia Honnouji potrai dare sfoggio della tua potenza." Era solo una ragazzina, i lunghi capelli color inchiostro mossi dal vento, lo sguardo inchiodato all'orizzonte, fisso sul nemico o su qualche battaglia che ancora doveva essere combattuta.
Era solo una ragazzina. Ed era fantastica.
Io ero soltanto sconfitto. In ginocchio nella polvere, le mani esili coperte di ferite, la spada spezzata, gli occhi verdi pieni unicamente della sua luce ancestrale.
Sconfitto, ferito, vittima dei miei stessi eccessi e delle mie fottute cattive abitudini. Lei così cristallina, rigida e salda in un mondo che crolla a pezzi, pronta a spazzare con un colpo di spada il mio castello di polvere e carte.
Da quel momento compresi che non avrei mai voluto seguire altre orme, oltre alle sue. Compresi che non avrei mai voluto rompermi le ossa, se non per lei.
Da quel momento compresi che non avrei mai più avuto occhi, se non per lei.



Le sue mani inaspettatamente morbide lasciano una scia di fuoco e delirio sul mio viso coperto da bende spesse, riportandomi alla realtà del presente.
Mi concedo un ultimo respiro, un'ultima disperata ricerca d'aria, poco prima di gettarmi in un baratro senza fine, poco prima di venire schiacciato sul fondo del mare.
Poco prima di compiere il migliore dei miei errori.

Il mio primo bacio con Satsuki Kiryuin ha lo stesso sapore di una pioggia leggera dopo una lunga ed estenuante battaglia.

Riesco a stringerla in una mano come un pugno di panna.
Paura. Delirio. Calore. Coraggio. Errori. Soluzioni. Potere. Onore. Malizia. Ginocchia tremanti. Occhi chiusi. Lame sguainate. Preghiere in piena notte. Sangue. Doveri. Codice morale. Perversione. Assurdità. Dipendenza. Cedimento. Piacere. Cupidigia. Ansia. Apatia. Sensazioni. Vulnerabili.
Corpi, volti, anime, emozioni.
Siamo esattamente ciò che c'è di sbagliato al momento sbagliato.
Nel posto sbagliato, nel secolo sbagliato, su una terra sbagliata, sotto una pioggia sbagliata, guardandoci con occhi sbagliati.
Sarà forse il nostro essere sbagliati a renderci le cose più facili, che in fondo così sbagliati non lo siamo e lo sappiamo. Crediamo di saperlo, ci speriamo.
Siamo giusti in quel mondo che ancora non ha mai visto la luce del sole.
" Come desidera, Lady Satsuki."

E' un'opera d'arte destinata a scomparire, a perdersi tra le pieghe di un cielo diverso, un sogno che sfuma e vortica mentre riapriamo gli occhi, un film che si chiude in dissolvenza.
Dio, quanto vorrei poterla vedere prima che sparisca.
Tuttavia, credo di aver esaurito la mia dose di miracoli giornaliera. Ben presto il suo calore bruciante svanisce tra le zanne della notte, sfiorandomi appena gli zigomi contratti.
Non andare.
Ti prego, non andartene ora.

Mi costringo a stringere le labbra come una tomba di roccia, lasciando morire tutte le parole in un silenzio congelato.
Esattamente come i sogni colorati che mi abbandonano ogni mattina su di un'isola di sangue, Satsuki sparisce nelle tenebre, lasciandomi intontito ad ascoltare il frastuono del mio batticuore. Fa male. Ma non troppo.

Non posso sapere per quanto tempo io sia rimasto immobile a boccheggiare nel vuoto, a seppellire la coscienza nel cemento, per quanto tempo abbia tentato di capire come fosse possibile che la realtà avesse superato addirittura la fantasia.

E quando sono certo di essermi abituato ad ubriacarmi di nuvole e silenziosa solitudine, ecco, il miracolo.
L'aria di vetro s'infrange. Il cielo si sveglia.

  
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