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Autore: NoceAlVento    23/12/2013    7 recensioni
Cosa succede a Kalos? Forze oscure agiscono nell'ombra, perseguendo i loro ignoti obiettivi ai danni di innocenti; misteriosi frammenti di una gemma celeste sono apparsi nella regione dal nulla; una ragazza, anche se non ancora non lo sa, è stata tenuta sotto segreta osservazione per tutta la sua vita. E in tutto ciò c'è Bellocchio, appena precipitato da un'aeronave in fiamme e portato a scoprire che cela un passato lontano a Kalos, anche se non l'ha mai vista in vita sua. Nuovi capitoli ogni due settimane!
 
***
 
« Ehi, non mi hai detto come ti chiami! ».
« Bellocchio ».
« Bellocchio chi? ».
« Cos’ho appena detto riguardo le domande stupide? ».
« Ma ti chiami davvero così? ».
« Ma certo che no! Chi mai si chiamerebbe Bellocchio, è un nome ridicolo! ».
Genere: Avventura, Comico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Untitled 1

Looker's New Adventures

 

 

 

 

Il villaggio riposava placidamente nel tepore delle notti pre-primaverili. Sopra di esso una spessa coltre di nubi spente precludeva alle stelle la possibilità di rischiarare il cielo con la loro luce. Fino a quel momento l’unico suono percepibile era stato il lieve soffiare del vento attraverso i cespugli verdeggianti che accompagnava il valzer delle lucciole serali.

Fino a quel momento.

 

 

Attenzione. Rilevata anomalia nei motori centrali. Attenzione. Rilevata anomalia nei motori centrali. Attenzione. Rilevata anomalia––

Digitò rapidamente sulla spessa tastiera alcuni codici, osservando compiaciuto il risultato sull’imponente schermo di fronte a lui. A seguito della successione di caratteri verdognoli che comparivano in sfilata compatta ai suoi ordini, il messaggio comunicato dall’altoparlante cambiò.

Attenzione. Il motore sinistro risulta fuori uso. Prepararsi a un atterraggio di emergenza.

Un rumore secco annunciò che la porta dal lato opposto della sala di controllo era stata sfondata. « La cosa si fa intrigante » mormorò divertito mentre, composte ma non inviate le ultime istruzioni, con un impulso delle sue gambe ruotò la sedia girevole fino a posizionarsi faccia a faccia con il suo avversario. Un uomo dai folti capelli rossi, attorniato da due o tre guardaspalle e diversi Houndoom ringhianti, lo scrutò con sguardo grave.

« Ah, Clipse! Che piacere rivederla! ».

« Non ti muovere » gli intimò. Intorno a loro scintille sfavillavano a fiocchi dai condotti metallici della stanza, aizzando ulteriormente i Pokémon intimoriti.

Incurante dell’imposizione appena ricevuta, l’uomo si alzò in piedi e con un leggero calcio fece sdrucciolare la poltroncina su un lato, rimanendo affiancato al prompt dei comandi « Su, su, siamo gentiluomini, non serve essere così violenti! ».

« Allontanati subito dalla tastiera, Bellocchio ».

« Ah, beh, mi piacerebbe. Ma vede, devo insistere e restare qui, altrimenti mandereste in fumo il mio lavoro ».

« Non ti permetterò di distruggere anche l’altro motore ».

Il giovane rise rumorosamente « Ah! Sia serio, Clipse, che vantaggio trarrei dal fare cadere questo ferrovecchio? Ci rimarrei secco anche io! ». Detto ciò accennò a un ghigno prima di calcare con un atto fulmineo il tasto di invio e afferrare con l’altra mano il volante, ruotandolo di un angolo piatto. In risposta l’aeronave si capovolse, cogliendo tutti meno che Bellocchio di sorpresa e facendo perdere l’equilibrio ai presenti.

Quest’ultimo, appena ripresosi dalla manovra effettuata, premette un pulsante dell’orologio che portava al polso, rivolgendo subito dopo gli occhi ai suoi avversari: di essi il solo Clipse e un paio di Houndoom non avevano perso i sensi. Contemporaneamente dal soffitto ora collocato sotto i loro piedi si aprì uno sportello a scorrimento di ampie dimensioni, forse cinque metri quadri, lasciando penetrare una brutale corrente indotta dalla differenza tra pressione esterna e interna.

Bellocchio controllò nuovamente l’orologio e le nubi visibili attraverso l’apertura. « Beh, a quanto pare ci dobbiamo salutare di nuovo, amico mio. Ah, a proposito, i laboratori Delta e Omega sono già andati a fuoco, quindi non le suggerisco di rischiare la vita per recuperarli. Buon atterraggio! ».

« Lanciafiamme! » ruggì l’uomo, indicando con le ultime forze residue l’uscita prodotta dal suo nemico perché Houndoom sapesse dove mirare.

Una Yanmega, apparsa da sotto le nuvole proprio durante il salto del giovane, intercettò l’attacco subendolo personalmente, procedendo quindi nel suo individuale viaggio aereo. La nave proseguì invece il proprio, superando il paesello e inoltrandosi tra le imponenti catene montuose a sud.

Clipse batté con violenza il pugno contro il rigido metallo sottostante, in preda all’ennesimo sconforto. Aveva vinto Bellocchio. Aveva di nuovo vinto Bellocchio.

 

 

 

Episodio 1x01

Bellocchio chi?

 

 

 

Serena aprì gli occhi. Un sobrio lampadario quadrangolare pendeva qualche metro sopra di lei, spento come l’aveva lasciato poche ore prima quando aveva deciso di provare a dormire. Oltre esso solo il soffitto scuro della sua camera da letto.

Si drizzò seduta e appoggiò la schiena alla sua fidata coppia di cuscini. Rivolse rapidamente lo sguardo a destra, posandolo su un bicchiere vuoto che aveva accolto svariate dosi di latte e miele, fin da quando era piccola l’unico toccasana che conosceva per l’insonnia. Sua madre lo preparava sempre, e sempre aveva funzionato.

Fino ad allora, quantomeno. Da due giorni persino la sua antica arma segreta aveva cessato di avere la minima utilità, abbandonandola a una veglia snervante e ininterrotta. Forse era lei a non saperlo preparare, si ritrovava a pensare; e l’assenza della madre la rendeva ancora più intrattabile, sentendosi tradita dalla persona a cui più era affezionata.

Dopo aver lanciato un’occhiata rapida alla finestra scorrevole scese le scale, arrivando in soggiorno e dirigendosi nel cucinotto. Aprì il frigorifero, trovandovi però solo cibarie di varia natura e due cartoni di latte che non voleva aprire visto che il loro gusto, a furia di assumere la bevanda in illusori tentativi di riposare, aveva iniziato a darle la nausea.

In preda a un’implacabile sete si accontentò di un bicchiere di liquame di rubinetto. Liquame perché l’acqua lì non era un granché, e infatti dopo un sorso la appoggiò sul ripiano disgustata. Si incamminò quindi verso i gradini quando udì un rimbombo, un’esplosione ovattata.

D’istinto si precipitò verso il cassetto della mensola più vicina, estraendone una malandata torcia elettrica; successivamente accorse all’esterno, dove tuttavia governava il silenzio più totale. A prima vista nessuno si era reso conto di quel rumore, a parte lei.

D’un tratto il cielo si illuminò per un breve istante, come se una singola freccia di fuoco lo avesse perforato, per poi spegnersi nuovamente nell’oscurità notturna. Serena rimase intontita per diversi minuti a osservare la volta in cerca di un segno. Poi fece per rientrare, e un altro suono giunse alle sue orecchie.

Questa volta era decisamente più vicino, e anzi riuscì a identificarne con precisione la fonte: qualcosa era caduto nei cespugli del giardinetto di casa. La ragazza si voltò stupita e in buona misura allarmata, dato che non aveva intravisto nulla precipitare negli attimi precedenti.

« S… ».

Quella voce la fece sobbalzare mentre inconsapevolmente puntava il suo fascio di luce portatile verso l’origine. « C-chi va là? ».

« S… ».

« Guarda c-che sono… » Serena squadrò lesta la torcia, poi proseguì senza molta convinzione « … s-sono armata! Dimmi chi sei! ». Nel frattempo, mosse lentamente qualche passo timoroso in avanti.

Dai cespugli capitombolò fuori un corpo, accompagnato da un’esclamazione soffocata della giovane che fece cadere la pila elettrica a terra.

« Sete… ».

Serena lo osservò attentamente: era un uomo tra i venticinque e i trent’anni, vestito con una camicia celeste ridotta alquanto male e dei jeans celesti slavati. Sembrava prossimo al trapasso, nonché per qualche poco intuibile ragione affannato.

« Che ti è successo? Aspetta, ti aiuto ad alzarti ».

« Sete… Acqua, per favore… » ripeté lui, facendo segno con la mano di non avvicinarsi. Solo allora i due si resero conto, con diverse reazioni interiori, che il dorso stava sanguinando per una ferita superficiale.

Lo spirito di cameratismo di Serena prese il sopravvento: scomparve per qualche minuto all’interno della casa per poi tornare con un bicchiere ricolmo di quanto aveva raccolto dal rubinetto. L’uomo lo afferrò e lo trangugiò d’un sorso, salvo sputare tutto per terra con un volto al limite del ripugnato e una sorprendente energia per uno che fino a un secondo prima era parso in fin di vita « Bleah! Cos’è questo, veleno? ».

« È acqua… Sì, non è granché, ma… ».

« Non ti aspetterai che la beva! Non sono così disperato! ».

Seccata e sbalordita la giovane rientrò ed esaminò le alternative mentre rifletteva su ciò che stava facendo. Chiunque fosse quell’uomo, bere non doveva essere il suo problema primario: sarebbe stato più opportuno chiamare un’ambulanza, o meglio ancora fornire ella stessa un primo soccorso. In seconda battuta, in effetti, quell’individuo aveva rifiutato l’acqua che gli aveva offerto, quindi forse non era messo tanto male. Probabilmente la scelta migliore era quella: fare ciò che le chiedeva. Dopo? Beh, qualcosa le sarebbe venuto in mente.

Dopo un po’ di rimuginare optò per il suo latte e miele, uscendo dunque con in mano il drink fumante di forno. Titubante lo offrì al misterioso personaggio, che come prima lo ingerì tutto d’un fiato, stavolta senza rigettare nulla.

Al contrario con uno scatto fulmineo si alzò in piedi allegro e tonificato, suscitando nell’astante un moto di sorpresa non indifferente. Era poco più alto di lei, pur essendo sicuramente di età ben maggiore. « Wow! Questo sì che è intrigante! Cos’è? ».

« Latte e miele… Mi aiuta a dormire ».

« È spettacolare! Posso averne dell’altro? ».

« Uhm… S-sì, non vedo perché no… » balbettò Serena, rendendosi però conto di stare parlando al vuoto: dopo il primo monosillabo pronunciato il nuovo arrivato si era fiondato all’interno dell’abitazione senza proferire altro.

 

 

La ragazza lo guardò pigramente sorseggiare il suo sesto bicchiere in appena dieci minuti, anche se presumibilmente avrebbe impiegato anche meno se non fosse stato limitato dai fisiologici tempi del microonde. Non sembrava più così moribondo, e anche il taglio che aveva notato prima ora non stillava più sangue. Certo non era il ritratto della salute, questo no: portava segni di escoriazioni su quasi ogni lembo di pelle esposto, il suo vestiario era un mosaico di brandelli e grondava sudore; però l’ambulanza sembrava non essere più necessaria.

Notò che il bicchiere che aveva in mano in quel momento si stava svuotando più lentamente degli altri, segno che forse poteva iniziare a intavolare un dialogo. « Da quanto non bevevi? ».

Il giovane interruppe per un secondo il rinfresco, sistemando la riga dei capelli a destra « Oh, non è quello, ma vengo da un posto caldo ».

« Già, da dove vieni? ».

« Un’aeronave. Beh, un’aeronave in fiamme, in effetti. Bella esperienza, ma non la rifarei ».

« Aspetta, aspetta, che intendi? Eri su un’aeronave adesso? ».

« Sì ».

« E sei caduto? ».

« In realtà mi sono buttato. È una lunga storia ».

La ragazza ricordò la scia rosseggiante nella volta celeste, e immaginò che doveva trattarsi proprio del velivolo nominato dal suo interlocutore. Ciò non significava che la storia fosse credibile: punto primo, che un dirigibile o qualcosa di simile si fosse trovato casualmente nel cielo sopra il villaggio era fuori da ogni logica, visto che non vi erano rotte aeree in quel punto; punto secondo, se davvero si era buttato come diceva ora non sarebbe stato più spesso di un pancake. Decise comunque di concedergli il beneficio del dubbio. « E come diamine hai fatto a sopravvivere? ».

« Oh, mi ha trasportato–– » quello batté la mano sulla testa, come chi ha improvvisamente rammentato una questione fondamentale « Sheila! ». Senza nemmeno terminare il bicchiere si alzò e volò all’esterno, scrutando poi i dintorni.

Serena lo inseguì senza comprendere il motivo di un tale repentino cambiamento d’umore « Sheila? ».

« Il mio Yanmega, dannazione! È venuto giù con me! » strepitò mentre alzava l’indice per individuare la direzione del vento. Stabilitala con sommaria esattezza tornò a Serena « Okay, io vado a cercarlo. Tu aspettami qui e… Ah, tienimi in caldo il latte, che quando torno lo finisco! ».

« Aspetta, aspetta, aspetta! » esclamò lei trattenendolo per la camicia « Stammi bene a sentire, tu non vieni in casa mia a sbafare il mio latte e miele e poi te ne vai a spasso così, senza criterio! Quindi ora io vengo con te! ».

« Sei in pigiama! ».

« Non è un pigiama, è una… » Serena si rivolse uno sguardo approssimativo « … tuta ».

Seguì un lungo silenzio imbarazzante.

« Okay, è un pigiama ».

Estenuato, l’uomo si rassegnò « Va bene, va bene. Regole per andare in giro con me: uno, niente domande stupide; due, niente iniziative; tre, fai tutto ciò che ti dico. Intesi? ».

Dopodiché prese a incamminarsi con decisione verso un boschetto a sud della dimora, con Serena al piccolo trotto dietro di lui.

« Ehi, non mi hai detto come ti chiami! ».

« Bellocchio ».

La ragazza trattenne una risata. Che nome ridicolo, i suoi genitori un figlio proprio non dovevano averlo voluto. « Bellocchio chi? ».

« Cos’ho appena detto riguardo le domande stupide? ».

« Ma ti chiami davvero così? ».

« Ma certo che no! Chi mai si chiamerebbe Bellocchio, è un nome ridicolo! ».

Lei assunse un’espressione stranita. Ripassò a mente le ultime quattro o cinque battute della conversazione, ma non riuscì a individuare un filo logico. Forse avrebbe dovuto chiedere spiegazioni, ma il suo interlocutore stava accelerando il passo e non aveva molto fiato da spendere. « … Beh, il mio nome è Serena ».

« Tanto piacere, non vedo quanto sia di importanza ora ».

« Mia mamma mi ha sempre detto che la prima cosa che bisogna fare è presentarsi ».

« Giusto, tua mamma. Com’è che non l’abbiamo svegliata? ».

« Non è qui. È a una gara di corsa con Rhyhorn a Luminopoli ». Come ogni anno in questo periodo, soggiunse internamente Serena. I suoi obblighi di campionessa plurima del Palio di Luminopoli le imponevano di partecipare. Ogni tanto aveva la bizzarra idea di invitarla come spettatrice, dimenticando le ragioni per cui lei non poteva lasciare casa sua in tali giorni.

« Frena, frena, frena. Corsa con Rhyhorn? » domandò confuso Bellocchio.

« Sì… La gente cavalca i Rhyhorn… e ci fa le corse. Cosa c’è di così assurdo? ».

« Dove ci troviamo, Serena? ».

La giovane rispose con orgoglio patriottico « Borgo Bozzetto ».

« Mai sentito ».

« Come sarebbe a dire mai–– ».

« Non siamo a Sinnoh, vero? ».

Nel bel mezzo della discussione i due entrarono nella boscaglia, dove anche le fioche illuminazioni stradali del paese cessarono di aiutarli nel loro cammino. Serena si pentì di non aver portato con sé la sua torcia. « Che cos’è Sinnoh? ».

« Una regione. Non saprei dirti quanto lontana da qui, ma visto che non la conosci direi parecchio ».

« Ora sei nella regione di Kalos ».

« Kalos… » borbottò Bellocchio tra sé e sé « Chissà dove mi ha portato quel pazzo di Clipse… ».

Serena stava finalmente per azzardarsi a chiedere chiarimenti, ma fu interrotta dal lamentoso verso di un Pokémon lì vicino. Il suo compagno di viaggio lo riconobbe immediatamente e si lanciò alla sua ricerca, fino a ritrovare l’oggetto dell’indagine: una mostruosa libellula color verde scuro con un paio di occhi rossi come il fuoco e lunga circa due metri.

Disgustata la ragazza si ritrasse mentre Bellocchio andava incontro all’ennesimo mutamento caratteriale della notte: dopo essere passato dal moribondo al concitato, il suo tono era adesso divenuto più dolce mentre sussurrava all’orecchio del Pokémon. « Ehi, ehi, ehi… Sei ancora intera? ».

La creatura esalò un verso a metà tra un guaito e un assenso, un responso che fu accolto con piacere dal suo proprietario. « Come speravo. Non ti preoccupare, ti porterò in un Centro il prima possibile ».

« Ecco, sì, dovrei avvisarti che non ne abbiamo, qui a Borgo Bozzetto ».

« Beh, io non sarò un esperto in notizie, però questa la classificherei tra le non buone se sei d’accordo ».

Serena, fino a quel momento in qualche modo distratta, domandò curiosa « Che le è successo? ».

« Un Lanciafiamme. Sull’aeronave hanno tentato di ostacolarmi con degli Houndoom, e Sheila si è presa il colpo al posto mio ».

« Sheila? ».

« È il suo nome ».

« Tu dai i nomi ai Pokémon? ».

« Tu no? » ribatté il giovane « Dà loro un’identità. Il nome che abbiamo dice molto di noi. E, se mi è concesso, tu hai un nome davvero bello, Serena ».

Lei emise un risolino compiaciuto. Era andata sempre molto fiera del suo nome. Comunque di certo non era il tipo a cui le adulazioni facevano dimenticare le questioni rilevanti, ragion per cui riprese l’interrogatorio informale. « Ehi, aspetta, perché mai ti avrebbero attaccato su un’aeronave? ».

« Credimi: meno sai di me, meglio è ». Ogni ulteriore intervento fu troncato da un’altra smorfia di Yanmega, cui corrispose un sorriso allietato di Bellocchio. Serena notò che si era voltato, ma impiegò qualche istante a capire che si era voltato verso di lei.

« Cosa c’è? ».

« Vuole che l’accarezzi » spiegò.

« Come? ».

« Su, un’Allenatrice come te non sarà spaventata da una Yanmega. Sarebbe imperdonabile! ».

Serena, punta nell’orgoglio, si avvicinò alla libellula riservatamente, protendendo la mano destra. Fece quindi passare il suo palmo sulla verdastra pelle ruvida, ottenendo in risposta un cenno di felicità frammisto all’espressione di un pensiero che non era in grado di comprendere.

« Dice che hai paura… » tradusse Bellocchio.

La ragazza osservò il suo braccio, rendendosi conto che in effetti stava tremando. Tentò quindi di giustificarsi « Ah, ma non è… Non è colpa sua… Non sono abituata, ecco… ».

« … ma non di lei » proseguì il suo interlocutore, al che il silenzio calò ex novo sul bosco « Di qualcos’altro. Non è così? ».

Serena, comprendendo di essere stata colta in flagrante, annuì e indicò con lo sguardo una zona di Borgo Bozzetto non troppo lontana « Si vede anche da qui ».

« Che cosa? ».

« La Maison Darbois » chiarì « Una villa abbandonata secoli fa. Non ci abita più nessuno, a quanto dicono. Eppure ogni tanto mi capita di vedere una luce, al piano di sopra… Che si accende e poi si spegne, tutto in pochissimo tempo ».

« E ti fa paura? ».

Serena assunse un’espressione molto più seria di quanto fosse abituata a fare « Non dormo da due giorni perché si vede dalla finestra di camera mia. Mi terrorizza ».

« E allora cosa aspettiamo? » esclamò eccitato Bellocchio saltando in piedi. Con rinnovato dinamismo estrasse una Mega Ball turchina e richiamò Yanmega al suo interno.

« A fare cosa? ».

« Regola numero uno » le rammentò « Cosa potrei mai voler fare? Andremo alla Maison Darbois! ».

« Cosa? Ti ho appena detto che mi terrorizza! ».

« Appunto! Dove sarebbe il divertimento altrimenti? » Bellocchio s’avviò ad ampi passi nella direzione individuata, voltandosi poi dopo poco « Anche se non mi spiego come un’Allenatrice possa aver paura di una casa stregata. Ah, a proposito, hai con te i Pokémon? Oh, senz’altro, nessuno sano di mente andrebbe in giro la notte senza. Bene, in marcia! Avec moi! ».

Serena rimase per diversi istanti a esaminare quell’uomo, riflettendo ancora su come il suo comportamento e la sua età sembrassero variare a seconda del momento con avvicendamento impercettibile. Poi, accorgendosi di essere rimasta indietro, si affrettò a rincorrerlo.

« Ehi, aspetta! Io sono ancora in pigiama! ».

   
 
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