Buon Natale a tutte/i.

Sophya.

CANDLE LIGHT

La flebile luce delle candele le illuminava il profilo del volto, delicato e sensuale, mentre il suo sguardo rifletteva quel particolare calore, perso a rimirare quel curioso albero addobbato con vistosi fiocchi rossi ed oro.

Vegeta non capiva; non capiva il Natame... Navale, o quello che era; non capiva il suo sguardo lucido, non capiva le candele, né tanto meno quella luce calda e quella strana atmosfera. Sapeva solo che lei, in quel periodo, era particolarmente gioiosa ed infantile: schifosamente adorabile. Quando roteava attorno a quell'albero illuminato con quel sorriso fresco e spontaneo, con quei vestiti ampi e morbidi, che le ricadevano fluttuanti sui fianchi sinuosi, lui.. Lui, beh... Se la sarebbe mangiata. E nemmeno capiva il perché.

-Vegeta... Non è bellissimo?-

No, era solo strano e curioso.

Bellissimo, richiedeva altre caratteristiche: magnificenza, forza, importanza... Intelligenza, eleganza, morbidezza... Bulma.

Merda.

-Come ti pare...-

A quel commento fintamente distaccato, Bulma, si era finalmente voltata verso di lui facendo ondeggiare le fiammelle delle candele, ora alle sue spalle, il cui riverbero si era quasi fuso a quello dei vetri a fianco: ombre sinuose avevano avvolto quell'angolo della stanza e tutto il soggiorno. Ma, nonostante tutto, il suo sorriso sincero, risultava tremendamente più affascinante di tutto il resto e molto, molto più luminoso.

Nel giro di pochi attimi, in qualche modo, la distanza fra di loro si era improvvisamente ridotta. Respiro nel respiro, a pochi millimetri l'uno dall'altra.

E poi, come sempre, era stato un attimo: le mani pesanti e ruvide sui fianchi sinuosi, a scorrere veloci in giù, sempre più in basso, fino all'orlo del maglione color panna che l'avvolgeva morbido. Le dita che scivolavano sotto la lana per trovare le gambe splendidamente nude appena al di sopra delle calze autoreggenti; la pelle morbida e soave come il suo sospiro così dannatamente vicino. Reagiva al suo tocco sempre nello stesso modo la sua Bulma. Anche ora, dopo quattro anni, dopo Cell, dopo la morte di Kakaroth, dopo Trunks...

S'incendiava come il più cocente dei roghi e lo scottava, lo bruciava tutto, rendendolo turgido ed impaziente. Il passo da lì a sdraiarla sul tappeto per potersi infilare fra le sue cosce era davvero breve e soffocante. Tutto si esauriva in un attimo, proprio come le fiammelle di quelle candele esposte ad un soffio di vento.

Aveva lasciato morire il suo ultimo sospiro nella sua bocca rovente, e aveva lasciato fluire tutto se' stesso in lei, caldissima ed avvolgente, e si era sentito trascinato e risucchiato, perso, in un vortice di dipendenza che aveva lei e lei soltanto al suo centro. La gravità aveva perso ogni significato e lei, lei aveva reclamato ed arraffato tutto. Tutto ciò che gli apparteneva, inclusa la dignità, incluso l'orgoglio. Solo per quei pochi minuti lei si prendeva tutto, sempre. Ed era frustrante e bellissimo al tempo stesso, era umiliante e stimolante, era appagante e snervante. Era tutto e, quando finiva, lui tornava freddo e distaccato. Si sistemava i pantaloni, si alzava, e sostava in piedi, sopra di lei, ancora per qualche secondo; per fissarla con possesso e superiorità mentre ancora giaceva scomposta, gambe aperte, mutante stracciate e capelli in disordine, su quel tappeto.

Qualche attimo ancora per pensare che quello, per lui era, in realtà, il concetto di bellissimo, e poi si rifugiava rapido in camera sua chiudendosi dentro a chiave.

Sì, lei ai suoi occhi di guerriero crudele era bellissima e nessuno, davvero nessuno, doveva saperlo.