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Autore: Mia Swatt    24/12/2013    4 recensioni
Viola e Angelica sono migliori amiche fin da bambine, dove mancava una eccedeva l’altra. Un’amicizia complementare, la loro, che non cade mai nella monotonia della realtà che le circonda. Nel bene o nel male, l’una c’è sempre per l’altra. Come quel 23 Dicembre, ad un passo dalla Vigilia di Natale, quando Angelica supplica Viola di accompagnarla al centro commerciale per trovare il regalo perfetto per il suo ragazzo, essendo quello il loro primo Natale come coppia. Ma riusciranno le due ragazze nel loro intento? Il tempo scarseggia, e le sorprese, come le follie natalizie, non mancheranno di certo.
In attesa della nuova versione di «Violet Soul – Anime Gemelle», un prequel per (ri)conoscere alcuni dei personaggi più amati della prima stesura, avendo un piccolo assaggio delle novità che riguarderanno il nuovo progetto della mia storia Paranormal Romance.
[ Il genere è "Soprannaturale" soltanto per tenere un filo conduttore con il romanzo dal quale è tratto il racconto. ]
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Violet Soul – Anime Gemelle.'
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Violet Christmas - Alla ricerca del regalo perfetto di Mia Swatt è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia
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Mia Swatt

 

VIOLET CHRISTMAS
ALLA RICERCA DEL REGALO PERFETTO

 

 
 
 

 

 

Cinque ore. Venti minuti. Trentasette secondi.
Era questo il tempo che avevo trascorso a farmi trascinare da Angelica avanti e indietro per quel dannato centro commerciale, entrando ed uscendo da ogni singolo negozio di quegli innumerevoli centottanta punti vendita.
Eravamo in giro dalle otto di mattina. La mia migliore amica si era presentata a casa mia poco prima delle sette; voleva assicurarsi che mi svegliassi e preparassi in tempo. In verità, voleva assicurarsi che saremmo arrivate in tempo per l'apertura dei negozi. E, in effetti, avevamo spaccato il secondo. Giungemmo alla nostra meta quando ancora erano alle prese con l’accensione delle luci.
Sospirai pesantemente, quando Angelica si metteva in testa qualcosa era inutile provare a farle cambiare idea.
« Angie, mi fanno male le piante dei piedi e ho una fame da lupi. » Iniziai a lamentarmi, trascinando le suole sul pavimento di linoleum lucente come una bambina dell’asilo. « Possiamo andare a mangiare, almeno? È l’una passata! »
« Certo che no! » rispose, fulminandomi con i suoi occhi nocciola. « Non ho ancora trovato il regalo perfetto, e la Vigilia di Natale è domani! » Mi afferrò il braccio e riprese a trasportarmi come un pupazzo su e giù per le scale mobili.
Angelica Lancieri non aveva mai avuto molta fortuna con il genere maschile. Da quando avevamo iniziato a frequentare il liceo, infatti, si era imbattuta soltanto in mascalzoni. Non potevo dimenticare Edoardo, qualche anno più di lei, capelli castani e occhi neri; un’apparenza quieta e un carattere socievole. Dietro la facciata da bravo ragazzo, tuttavia, si nascondeva uno spacciatore. Le avevo detto di stargli alla larga, più volte, ma i suoi modi gentili e di altri tempi l’avevano incantata fin dal loro primo incontro. Malgrado tutto, non si era mai sentita realmente presa da spingersi troppo oltre. Primo dei tanti motivi per cui il bel principe – che nascondeva al suo interno un orco malvagio – l’aveva lasciata, intenzionato a far ricadere su di lei la colpa per il reato della droga.
Mi domandavo cosa sarebbe potuto succederci in futuro. D’altronde, avevamo appena diciassette anni, ma le nostre disavventure erano davvero epiche e indubbiamente inverosimili per ragazze della nostra età.
Tuttavia, se Edoardo non poteva ritenersi un ex da dimenticare, sicuramente Alessio avrebbe messo d’accordo le masse, trovando un universale assenso per prenderlo a schiaffi.
Giocatore di calcio, nella squadra provinciale, capelli a spazzola castano scuro e occhi verdi. L’unico particolare che aveva sempre omesso, nelle sue relazioni, era il fattore omosessuale. Non riuscendo ad accettare se stesso, si metteva con qualsiasi ragazza notasse provare interesse per lui. Tuttavia, sul più bello, quando la storia stava per consolidarsi, passando finalmente al livello successivo, lui faceva esplodere la bomba. Sempre. In base ai riscontri delle sue ex ragazze, avvenuti successivamente alla rottura con la mia migliore amica, venimmo a sapere che era una sorta di suo personalissimo rituale. Dovetti impedire che Angelica si presentasse a casa sua, dopo gli allenamenti, per rompergli le gambe a suon di percosse.
Troppo persa nei miei pensieri, andai a sbattere addosso ad una signora. Mi scusai per la sbadataggine, ma ottenni solo un’imprecazione in cambio della mia educazione.

Questo è uno dei motivi per cui sarei voluta rimanere a casa, pensai. Sotto Natale, sono tutti nevrotici.
« Che ne dici di quello? » domandò Angelica, indicando con la coda dell’occhio un ragazzo. Non doveva avere più di diciannove anni, ed era anche piuttosto carino.
« Vuoi regalare a Marco quel tipo? » replicai perplessa, inclinando leggermente la testa, mentre corrugavo la fronte. Di tutta risposta, la ragazza ramata accanto a me mi assestò uno scappellotto.
« Ma certo che no, sciocca! » disse, sbuffando sonoramente. « Lo dico per te. »
« Ah, vuoi regalarmi quel tipo? »
« Misericordia, Viola, devo appuntarmi da qualche parte di non tirarti mai più giù dal letto prima delle dieci di mattina. »
« Non sei affatto divertente. » mormorai, facendo il mio solito finto broncio. Mi staccai dalla sua presa e incrociai le braccia al petto, osservandola di sottecchi. Di tutta risposta, Angelica cominciò a ridere e chiedermi scusa.
Nonostante apprezzassi il suo interesse nei miei confronti o, per meglio dire, nei confronti della mia inesistente vita sentimentale, non potevo negare a me stessa che, per il momento, fossi contenta così. Ero uscita da appena un anno da una storia travagliata, per la quale avevo perso non solo il mio ragazzo, ma anche un’amica. Li avevo beccati sul sedile posteriore della macchina – di lui, ovviamente – ad attorcigliarsi come due contorsionisti di qualche circo. Ne ero uscita devastata.
Avevo sedici anni, e quella era la mia primissima, vera relazione seria. Ed era andata catastroficamente a puttane, insieme all’amicizia per la ragazza insieme a lui su quel maledetto sedile posteriore. Se ricordavo, per giunta, che quella sera era anche la stessa del nostro secondo anniversario, beh… L’idea di ucciderlo tornava prepotente ad urlare nella mia testa e nel mio cuore tradito.
I ragazzi, per questa ragione, erano completamente banditi dalla mia vita.
Lasciai stare quegli inutili pensieri, dedicandomi completamente a quell’allucinante caccia al regalo perfetto per Marco. Quel Natale sarebbe stato il loro primo insieme, come coppia, quindi era chiaro il motivo per cui Angelica stesse impazzendo da diverse settimane. Malgrado ciò, non riuscivo a capacitarmi di tutto quel trambusto. Anche io ero minuziosa, quando si trattava di questi piccoli dettagli, ma ero dell’idea che non esistesse il regalo perfetto, bensì condividevo il pensiero di chi sosteneva che dipendesse tutto dalla persona che te lo donava e dal motivo che l’aveva spinta a sceglierlo.
« A Marco starebbe benissimo! » sospirò Angelica, incantandosi davanti ad una vetrina d’abbigliamento maschile. Effettivamente, non potevo darle torto.
Il maglione pesante a collo alto, indossato dal manichino, sembrava fatto apposta per lui. Era pesante, ideale per questi gelidi mesi d’inverno, e il colore grigio perla si intonava perfettamente alla tonalità dei suoi occhi perennemente uggiosi. La fantasia romboidale, situata al centro, donava all’indumento un’aria casual, ma elegante, esattamente in linea con il suo stile.
« Non posso fargli un maglione, però. », sbuffò, « Continuiamo a cercare. »
Evitai di controbattere, sapendo bene che sarebbe stato tempo perso. Angelica voleva il regalo perfetto, ma, nonostante negasse l’evidenza, entrambe sapevamo che non l’avremmo trovato. Specialmente in così poco tempo.
« Perché non gli regali un profumo? » chiesi poco dopo, ignorando il brontolio del mio stomaco. « O quel maglione, magari. Era davvero carino. »
« Non regalerò a Marco qualcosa del genere. » Quasi ringhiò, facendomi spalancare gli occhi. « Viola, devi aiutarmi! Se no cosa ti ho portata a fare? »
« Per compagnia? », azzardai, « Perché non puoi vivere senza di me? »
« Siamo seri. » ridacchiò. Mio malgrado, alzai gli occhi al cielo, sorridendo alla sua risposta. Era fatta così, ed io la conoscevo bene. La adoravo esattamente com’era.
« D’accordo, facciamo un altro giro per il centro commerciale, ma se non troviamo nulla il piano cambia. » La mia voce era ferma e colma di decisione. « Andiamo a mangiare, perché sto davvero morendo di fame, dopodiché riprendiamo l’autobus e torniamo a Torino. Lo sai che c’è la fiera in piazza, con bancarelle e quant’altro… Se non troviamo niente neppure là, ci buttiamo in Via Lagrange e vediamo cosa offrono i suoi negozi. », ripresi fiato, « Mal che vada abbiamo anche domattina. »
Osservai la mia migliore amica scrutarmi con attenzione, assumendo la sua solita espressione pensierosa. Stava riflettendo sul da farsi, vagliando se accettare o meno la mia proposta. La vidi guardarsi intorno, studiando attentamente la struttura del centro, lasciando che il suo sguardo si perdesse tra le grandi scalinate eleganti e raffinate, tra le pareti color caffellatte o il pavimento di linoleum chiaro.
Dopo quello che mi parve un tempo infinito, Angelica si voltò nuovamente nella mia direzione. Sorrise a trentadue denti, mi posò la mani sulle spalle e, solo allora, notai la sua bocca muoversi.
« Ci sto! Dai, andiamo a fare quest’ultimo giro! »
Nonostante avessi le piante dei piedi che imploravano pietà, le caviglie gonfie e i polpacci pulsanti a causa del dolore, sorrisi alla sua euforia e lasciai che mi trascinasse ancora per quell’immensa struttura a tre piani.
I centri commerciali erano sempre stati i miei edifici preferiti. Assemblavano in loro stessi di tutto: a partire dalla svariata scelta dei negozi, librerie e punti ristoro. Era una città in miniatura, dove potevi andare indipendentemente dalla giornata, dal clima o dal periodo. Ora, per esempio, i riscaldamenti accesi erano una mano santa, in netto contrasto con il freddo pungente di Dicembre che, inflessibile, aleggiava per tutta Italia. Sebbene non mancassero le vie per lo shopping o i centri commerciali nella nostra città, avevamo deciso di allontanarci un po’ dal capoluogo piemontese, quel giorno. Lo Shopville
LE GRU, dove ci trovavamo in quel momento, infatti, era situato a Grugliasco, comune italiano ubicato ad Ovest di Torino. Ci avevamo impiegato tre quarti d’ora per raggiungerlo, cambiando due autobus e un tram, ma ne era indubbiamente valsa la pena: la città e, ovviamente, il centro commerciale erano fantastici.
Con la coda dell’occhio, notai Angelica parlottare con la commessa di una gioielleria. Aveva detto che, forse, avrebbe potuto buttarsi su un’idea più particolare, significativa, regalando a Marco qualcosa di prezioso.
La ragazza del negozio, dall’età apparente di venticinque anni, alta, formosa e con due occhi da cerbiatta celesti, non aveva perso tempo. Mostrò alla mia migliore amica di tutto, a partire da fedine color argento fino ad arrivare ad un pensiero più sobrio: un braccialetto di pelle con una placca metallica, sulla quale c’era la possibilità di incidere un nome o una frase. Tuttavia, notando quanto – almeno, in quel momento – la mia presenza fosse superflua, mi allontanai, uscendo dallo strapieno negozio.
Chiusi gli occhi, stiracchiandomi un po’. Dopodiché, iniziai a guardarmi attorno, rimanendo incantata non solo dalla bellezza delle luce appese ai soffitti già ben illuminati, ma, soprattutto, dall’aria di magia e di festa che aleggiava tra quelle mura. C’erano un’infinità di bambini che, molto probabilmente, come noi, erano già a casa da scuola per le feste natalizie. C’era chi indossava corna da renna di peluche; altri, invece, sfoggiavano i loro fantastici maglioni rossi, sulla cui lana erano stati ricamati precedentemente degli alberelli verdi bottiglia.
Poco distante da quell’irreale scenario da film, potei osservare svariate coppie – di qualsiasi età – camminare abbracciate, scambiandosi dolci effusioni. La felicità e la serenità sui loro visi era tangibile e, per un breve istante, la loro spensieratezza riuscì a toccare anche la mia anima.
« Niente. » sussurrò Angelica, facendomi saltare per aria. « Troppo scialbi o troppi cari. Inoltre, non lo so… Ad un certo punto mi è sembrato il regalo sbagliato. »
« Marco non ama i gioielli, lo sai. » risposi, afferrando la sciarpa lavanda che mi era caduta per lo spavento. « Secondo me, dovresti regalargli qualcosa che gli piace. »
« E cosa? », sbuffò, « Mi sta fumando il cervello e ho quasi finito le idee… Oh, mio Dio! Viola, guarda là, vieni! » urlò improvvisamente, afferrandomi il polso con foga. Tirava così tanto, correndo come un’atleta alle prese con il Tour de France, che per poco non mi sbatté a terra.
« Ma che diavolo hai visto?! » strillai, non avendo la fortuna di ottenere risposta.
Corremmo come due ossesse per diversi minuti, oltrepassando centinaia di persone che, ovviamente, ci imprecarono contro.
Raggiungemmo il lato opposto della galleria in cui ci trovavamo fino ad un attimo prima, bloccandoci davanti alla vetrina di un negozio per bambini. Davanti all’entrata, una massa di genitori e figli faceva la fila, cercando di ignorare le continue lamentele di questi ultimi. Mi alzai leggermente sulle punte, cercando di capire il motivo di tutto quel baccano, soprattutto, però, volevo comprendere cosa avesse fatto impazzire la mia migliore amica.
Quando lo capii, spalancai gli occhi, rivolgendo il mio sguardo allucinato proprio nella sua direzione.
« Te lo scordi. »
« Oh, ma dai! » Mi pregò, saltellando come una bimba. Gli occhi erano vispi e giocosi, sembrava stesse aspettando quel momento da tutta la vita.
« Ma c’è una fila incredibile! E tutto per una foto? », inarcai un sopracciglio, « Spero vivamente che tu stia scherzando. »
« Mai stata così seria! » affermò, e potei leggere la stessa determinazione nel suo sguardo.
Scossi il capo, afferrandola per un braccio, e pregai di riuscire a trascinarla fuori da lì. Mio malgrado, fu tutto inutile.
Più testarda di un mulo, Angelica si lamentò – fino quasi a piangere, nemmeno avesse avuto davvero cinque anni – e iniziò a farsi strada tra la folla. I bambini ci urlavano addosso, mentre i genitori – furenti – imprecavano a bassa voce, quel tanto che bastava affinché noi percepissimo gli insulti, a dispetto dei loro figli.
Poi, inaspettatamente, arrivammo alla meta.
Davanti a noi, nel suo metro e ottanta, c’era un enorme Grande Puffo. Lo avevo sempre immaginato più piccolo, molto più piccolo, ma, in quel momento, non invidiai per niente la persona nascosta in quell’ingombrante, quanto asfissiante, costume blu e rosso. Se ne stava in piedi, girovagando per il negozio, e faceva foto insieme a tutti i bambini che, uno o due per volta, riuscivano ad incontrarlo.
« Ti rendi conto che quei genitori ci hanno maledetto per tutta la vita? »
« A Natale si è tutti più buoni, tesoro. »
« Non quelli lì! » protestai, indicando la folla alle nostre spalle con il pollice sinistro. « Io ti voglio bene, Angie, ma abbiamo diciassette anni! Non puoi farti una foto con Grande Puffo e, soprattutto, non puoi scavalcare dei bambini! » Le afferrai le braccia con entrambe le mani e, chiedendo scusa a tutti, tentai di trascinarla via.
« No, dai! Devo fare la bimba? Viola, per favore! Devo recuperare la mia infanzia perduta! »
« La recupererai in un altro modo! »
Tornammo indietro velocemente, nonostante la contrarietà di Angelica. Non la smetteva di ripetere quanto fossi malvagia, degna erede della Regina Cattiva di Biancaneve e che, consapevolmente, la stavo defraudando della sua ritrovata fanciullezza. Dovetti farmi forza e non scoppiare a ridere, soprattutto a causa del tono alquanto infantile che stata adoperando.
Inaspettatamente, inciampai nei miei stessi piedi. O forse erano quelli di qualcun altro. Malgrado quell’inservibile dubbio, non riuscii a rimanere attaccata alla presa di Angelica e, contro ogni aspettativa, caddi rovinosamente a terra.
L’impatto col pavimento fu più morbido e caldo di quanto mi aspettassi. Nonostante un ginocchio dolorante, non sentii granché dolore. Le orecchie mi fischiavano, ma la risata della gente mi investì come un tornado. Probabilmente, avrei fatto meglio a rimanere per terra. Ero caduta come un sacco di patate!
« Stai bene? »
Una voce ovattata, molto probabilmente a causa della sciarpa che notai a mala pena con la coda dell’occhio, giunse alle mie orecchie, rivelandomi la verità sull’accaduto. Non mi ero fatta particolarmente male per il semplice motivo che, contro ogni pronostico, ero finita addosso a qualcuno. Ad un ragazzo, per la precisione.
« Sì! Scusa, non ti ho visto, cioè… »
Interruppi il mio sproloquio non appena incrociai i suoi occhi, riconoscendo i tratti del suo viso semicoperto e il chiaro colore dei suoi capelli. La situazione, tuttavia, era grottesca. Eravamo una sopra l’altro. Lui se ne stava appoggiato sui gomiti, per evitare che la schiena premesse troppo sul pavimento; il mio ginocchio sinistro, dolorante a causa dello scontro con il linoleum, era tra le sue gambe, leggermente divaricate, mentre l’altro appoggiava su un pacchetto ormai ammaccato. Le mie mani, infine, premevano sul suo petto, coperto solo da un maglioncino forse troppo sottile per quella giornata a dir poco glaciale.
« Stefano?! » La mia voce assunse una nota stridula.
« Com’è piccolo il mondo, Viola. » sussurrò, poi sorrise di sbieco.
Rimanemmo in quella posizione per svariati minuti. I suoi occhi oltremare riuscivano a risucchiarmi sempre, ogni qualvolta i nostri sguardi si intrecciavano.
« Viola! Ma che fai, non starai mica… Oh, Stefano! » L’irruzione di Angelica mi riportò alla realtà, dandomi il coraggio per rimettermi in piedi.
Aiutammo Stefano a recuperare i suoi acquisti, sparpagliati un po’ dappertutto, riempiendo le borse che, a causa dello scontro, avevano svuotato sul pavimento l’inteno contenuto. L’unica cosa che non riuscii a sistemare fu il pacchetto rosso che avevo schiacciato.
« Ehm, mi dispiace per questo. » mormorai, mentre cercavo di assestare la coccarda oro, ormai totalmente rotta.
« Fa niente, lo incarterò nuovamente quando torno a casa. » replicò, scrollando velocemente le spalle. « Voi cosa ci fate qui? E come ci siete arrivate? »
« Mezzi pubblici, mio caro. » rispose Angelica, con fierezza. « La tua cuginetta acquisita è ricca di sorprese. »
« Cuginetta acquisita? » ribatté lui, inarcando un sopracciglio.
« Ovvio, sono la ragazza di tuo cugino, ciò implica che sono anche una sorta di cugina per te. » A quella affermazione, Stefano cominciò a ridere senza ritegno. Nonostante non si sopportassero, almeno in apparenza, insieme erano piuttosto comici.
Non ero ancora riuscita ad abituarmi alla bellezza di Stefano Ansaldi, nonostante lo conoscessi da quasi un anno, oramai. Di quel ragazzo sapevo poco o niente, sebbene lui sembrasse conoscere ogni mia più piccola sfaccettatura. Solo una persona, oltre a mia madre, era in grado di capire cosa ci fosse dietro ai miei silenzi, ai miei finti sorrisi o alle mie frasi di circostanza: Angelica. Tuttavia, da quando avevo conosciuto Stefano, questa microscopica lista aveva acquisito un nuovo nome. Stefano era quel tipo di persona che possedeva diversi hobby, tra i quali le belle ragazze. Non era un dongiovanni o il classico puttaniere, ma era noto a chiunque quanto le sue innumerevoli storie fossero solo di passaggio. Sbocciavano in fretta e finivano ancor prima di com’erano iniziate. Eppure, nonostante la sua facciata da sbruffone, ero certa che in lui si nascondesse molto, moltissimo altro.
« Se volete vi accompagno a casa, mio padre mi ha prestato l’auto. » Mi ero persa metà della conversazione, ma quell’invito mi parve ghiotto. « Io tra un’ora devo andare in palestra, Marco mi aspetta lì. Se avete finito, possiamo andare. »
« Accettiamo volentieri. » affermò Angelica, lasciandomi stupefatta. « Ci rinuncio, qui per Marco non c’è niente. » concluse, rivolgendosi a me, sbuffando appena finito la frase.
Stefano afferrò le sue borse e, con passo lento, ma deciso, ci dirigemmo verso il parcheggio.
« Quindi eravate qui per il regalino di Natale di mio cugino? » domandò, inarcando un sopracciglio.
« Già, Angelica mi ha tirata giù dal letto alle sette di mattina per prendere tutti i mezzi pubblici in orario, in modo che arrivassimo per l’apertura del centro. »
« Uh! » mormorò Stefano, fischiettando la parola. « Angelica, non si fa. Lo sai che se Viola non dorme per almeno dodici ore, potrebbe succedere qualsiasi cataclisma. » Gli tirai un pugno sul bicipite, facendomi male, e lui si finse offeso e dolorante.
« E non fare quella faccia, cialtrone! Sono stata io a rompermi una mano. »
« Esagerata! Non sono mica fatto d’acciaio. »
« Forse tu no, ma i tuoi muscoli sì. », proseguii la mia arringa, « Quante ore di palestra fai? Per la miseria. »
Continuammo a stuzzicarci finché non raggiungemmo la macchina. Aiutammo Stefano a mettere i suoi innumerevoli acquisti nel portabagagli e, ovviamente, Angelica non risparmiò le sue solite battutine. Tutti quei regali e pacchetti le parvero strani, eccessivi, difatti gli domandò se avesse in programma di sostituire Babbo Natale, la notte di Natale; d’altronde, testuali parole della mia migliore amica, la faccia era piuttosto simile. Tuttavia, quando egli negò col capo, sospirando divertito, ripartì all’attacco, chiedendogli se per caso avesse dimenticato di eliminare qualche sua conquista dalla lista e, ora, nelle festività, si trovasse con qualche fidanzata più del normale. Stefano alzò gli occhi al cielo, ma non rispose.
Ricordai che, in effetti, le sue relazioni erano diventate più stabili, negli ultimi tempi. Stava frequentando una ragazza dell’università da qualche mese, cinque o sei, se non rammentavo male. Tuttavia, erano strane le sensazioni che cominciavo a provare per tutta quella situazione; per lui, principalmente. Stefano, malgrado tutto, era diventato fondamentale nella mia vita. Come una stella di cui non ti sei mai accorto e poi, improvvisamente, la noti dalla finestra della tua stanza, e a quel punto tutto cambia, muta in un modo che non riesci a spiegarti. E così, ogni sera, prima di andare a dormire, cerchi quell’astro splendente nel cielo scuro, rimanendo delusa quando le nuvole ne impediscono la sua visuale.
Salii sul sedile anteriore del passeggero, mentre Angelica prese posto su quello posteriore, stravaccandosi beatamente. Persa nei miei dubbi, li lasciai ai loro abituali bisticci, sprofondando nei miei insulsi e indecifrabili pensieri. Rimasi tutto il tempo ad osservare la strada grigia che, velocemente, sfrecciava alla mia destra, mentre gli occhi non si staccarono neanche per un istante dal finestrino.
Non riuscivo a comprendere quale assurda direzione stesse prendendo il mio cuore, ma una cosa sembrava certa: alla fine, indubbiamente, ci sarebbe stato un burrone ad attendermi. 

* * *

Esattamente come il giorno precedente, Angelica era venuta a buttarmi giù dal letto. Avremmo passato la mattina della Vigilia a cercare il regalo per Marco a Torino, dalle parti di Piazza San Carlo, luogo strategico, in quanto solitamente, in questo periodo dell’anno, veniva allestita una sorta di fiera, con bancarelle di ogni tipo.
La pavimentazione della piazza era antica e monumentale, con grosse pietre ravvicinate, di forma rettangolare, cementate nel terreno. I colori variavano, utilizzando le innumerevoli tonalità del grigio. Di tanto in tanto, si poteva notare qualche ciottolo leggermente rialzato, probabilmente a causa dei fenomeni atmosferici piuttosto instabili.
Le strade, in quella zona, erano sempre addobbate a festa. Intere cascate di luci bianche o colorate – dipendente dalla zona – ondeggiavano sulle nostre teste e ai lati della via, facendo risaltare i negozi che costellavano l’intero quartiere. Rassomigliavano a drappeggi eleganti, di abiti antichi e pregiati. L’intera Torino, in quei momenti, sembrava avvolta da un incantesimo fatato.
Nonostante fosse mattina presto e nonostante il freddo polare che percepivo nelle ossa, nulla riuscì a staccarmi velocemente dal banchetto del cioccolato – identica la reazione di Angelica, davanti a quel ben di Dio. Ogni anno era il nostro ritrovo preferito, essendo ricco di leccornie di ogni genere: tavolette di cacao all’aroma di arancia o peperoncino, per non parlare delle stecche di gianduia. C’era perfino il cioccolato svizzero! Una goduria indescrivibile per il palato. Sebbene Angelica insistesse per farmi convertire al cioccolato bianco, per niente al mondo avrei rinunciato alla fragranza amara di quello fondente. Era stato da sempre la mia più grande ossessione e unica vera droga.
« Viola, posso farti una domanda? » La voce di Angelica, quasi apprensiva, mi riscosse dai miei pensieri. Mi voltai appena, continuando a sorseggiare il mio cappuccio preso al bar, pochi istanti prima.
« Certo. »
« Non è che ti piace Stefano? »
Il liquido caldo, anziché finire nella mia gola, riscaldandomi lo stomaco, venne sputato sul marciapiede, sotto lo sguardo scioccato dei passanti. Adesso, più che le bancarelle e gli addobbi natalizi, fissavano tutti me.
« Ma ti sei ammattita, per caso? » domandai isterica, cercando di ripulire il mio Montgomery scuro. Le frange della sciarpa di lana erano zuppe di caffè e latte.
« Oh, mio Dio! Ma allora ho ragione! »
« E da cosa lo dedurresti, scusami? » replicai, lanciandole un’occhiata torva.
« Dalla tua reazione, ovviamente. » affermò risoluta, neanche avesse letto un capitolo della Bibbia.
« La mia reazione era del tutto consona alla tua domanda. » ribattei, buttando in un cestino il fazzoletto di carta e il bicchiere trasparente. « Una domanda fuori luogo e assurda, aggiungerei. »
« Non so, secondo me a lui piaci. »
« E da cosa lo dedurresti, Sherlock? » Quella conversazione iniziava a rasentare la follia. Tecnicamente, a Stefano piaceva qualsiasi ragazza, giacché questa fosse stata respirante e parlante. Per quanto riguardava l’ultimo dettaglio, tuttavia, avevo ancora qualche perplessità.
« Dal modo in cui ti guarda, per lo più. »
« E come mi guarda? » La domanda mi uscì senza neanche rendermene conto. Se tutta quella discussione sembrava folle, perché pareva importarmi così tanto, il modo in cui mi guardava?
« In modo diverso da chiunque. », sghignazzò, « Non guarda nemmeno Marie, come guarda te. Non lo conosco da molto, benché stia con Marco da quasi un anno, ormai, ma ho visto svariate ragazze uscire con lui, e a mai nessuna ha riservato lo sguardo che usa con te. » Mi osservò per alcuni minuti, in silenzio. « Davvero non te ne sei mai accorta? »
Ci riflettei su qualche minuto, percependo il mio cuore battere furioso e le mie labbra incurvarsi involontariamente in un sorriso. Che Angelica avesse ragione? E se anche fosse stato così, cosa sarebbe cambiato per me? Vedevo realmente in Stefano solo un amico, un ottimo amico, oppure cominciava a diventare qualcos’altro? La verità era che non ne avevo idea. Ma avrei voluto saperlo? Dal canto suo, lui stava con Marinella – nome abbreviato in Marie, per volontà della proprietaria che detestava l’eredità di sua nonna. Li vedevo spesso insieme e, in apparenza, sembravano molto affiatati. Era la prima volta, infatti, che vedevo Stefano così preso da qualcuno. Spesso e volentieri, mi telefonava anche nel cuore della notte per ricevere consigli su un regalo particolare, su un messaggio o su una sorpresa che aveva in mente di farle, di cui, tuttavia, non era del tutto sicuro.
« Secondo me ti stai sbagliando. » mormorai in risposta ad Angelica, facendo un veloce quadro della situazione. « Conosco Stefano, e forse mi guarda in modo particolare a causa del suo affetto per me. Mi vede come una sorellina minore… Ma so per certo che Marie gli piace molto. In caso contrario, non avrebbero senso tutte le attenzioni che le rivolge, non credi? »
« Forse sì, forse no. » ribatté sibillina, atteggiandosi a mo’ di chi la sapeva lunga. « Giriamo qui, comunque, è Via Lagrange. »
Visitammo l’intera schiera di negozi di quella strada troppo gremita. La gente, ormai, si era svegliata, cominciando ad affollare la città. Malgrado tutto, trovammo il regalo per Marco qualche ora più tardi. Angelica aveva optato per un disco in vinile, molto raro, conoscendo la passione smisurata che il suo ragazzo riservava per la musica. Suonava il pianoforte da quando aveva solo cinque anni, ed era anche notevolmente bravo.
« Come ho fatto a non pensarci prima? » sussurrò, più a se stessa che a me. « Bastava che pensassi un po’ a ciò che adora, oltre a me ovviamente. » I suoi occhi, rassomiglianti in tutto e per tutto al caramello fuso, rilucevano di eccitazione; era davvero entusiasta. « L’abbiamo trovato, Viola! Questo è il regalo perfetto. »
Ripercorremmo la strada a ritroso, sperando di tornare in fretta a casa. L’aria stava diventando sempre più fredda e, molto probabilmente, di lì a poco, avrebbe iniziato a nevicare. Non c’era pericolo che attecchisse al suolo, caso raro a Torino, lo sapevo bene, ma la temperatura stava calando rapidamente. Se non ci fossimo sbrigate, saremmo diventate due cubetti di ghiaccio.
Risalimmo per Via Lagrange, prendendo viuzze secondarie con l’intento di evitare la folla di persone ammassata per strada, ma senza troppo successo.
Inaspettatamente, andai a sbattere contro una ragazzina sbucata dal nulla. Non doveva avere più di sette anni, ma sembrava non ci fosse nessuno ad accompagnarla. Era bionda, con un viso ovale e il nasino all’insù. Pareva minuta, nonostante l’ingombrante giacca a vento che la copriva dal freddo di quella giornata.
« Scusami! » dissi, cercando di sorridere. In quel esatto istante, avvertii un senso di gelo percorrermi la colonna vertebrale.
Invece di rispondere, la bambina mi sorrise amichevole, muovendo una manina paffuta avvolta da guanti rossi. Continuò a studiarmi per un tempo che mi parve infinito, dopodiché mi oltrepassò, riprendendo il suo cammino.
Forse era stata colpa del freddo, della luce biancastra del cielo di quella mattina. Eppure, nei suoi occhi antracite come le nuvole che preannunciavano una tempesta, mi era sembrato di scorgere una sfumatura ametista.
« Viola? Ti senti bene? » Mi voltai verso Angelica, intenta a muovere la sua mano davanti ai miei occhi. « Sembravi in trance. È tutto okay? »
« H-Hai visto quella bambina? » La mia voce era gelida, incolore.
« Ovviamente, perché? »
Stavo per aprire bocca, per parlare e dirle quello che credevo di aver visto, ma qualcosa me lo impedì. Probabilmente era colpa della stanchezza, della conversazione di qualche ora prima. O forse, più semplicemente, avevo avuto le travecole.
« Niente, andiamo a casa! » proposi, provando a scacciare quell’orribile sensazione che, improvvisamente, si era annidata nelle mie ossa. « Devo aiutare mia madre a cucinare, stasera vengono i parenti. »
« Non dirlo a me! La maggior parte dei miei non li sopporto. »
Scoppiammo entrambe a ridere, riprendendo il nostro cammino. Qualsiasi cosa avessi avvertito era scomparsa nel nulla, esattamente com’era apparsa.
Scrollai le spalle, dedicandomi totalmente alla mia migliore amica. Era Natale, il periodo dell’anno che più adoravo, che più adoravamo. E niente poteva rovinarcelo, soprattutto se stavamo insieme.

 

 

LA STORIA CONTINUA IN «VIOLET SOUL – ANIME GEMELLE».
IL ROMANZO SARÀ DISPONIBILE NEL 2014, SUL BLOG DEDICATO ALLA STORIA.

RINGRAZIAMENTI:
Ho scritto questo prequel in soli tre giorni. Con la revisione e le svariate correzioni, questo piccolo racconto natalizio è nato in appena cinque giorni. Non scrivevo di Viola, Angelica, Stefano da molto tempo, quasi due anni e mezzo, ma ho optato per loro perché, come la maggior parte dei miei lettori sa, la storia di partenza, Violet Soul - Anime Gemelle, di genere Paranormal Romance, sta per essere revisionata completamente, non solo a livello di grammatica o sintassi, ma anche di trama e particolari all'apparenza insignificanti. Questo prequel è per tutti coloro che hanno sentito, in questo lasso di tempo, la mancanza di questa storia e dei suoi personaggi, facendovi entrare nell'ottica di questa nuova versione. Una versione più ricca, più particolareggiata, più studiata; insomma, una versione totalmente nuova. Passando ai ringraziamenti veri e propri, voglio ringraziare di cuore la mia Angelica, la mia migliore amica. Lei c'è sempre per le mie pazzie, anche alle due di notte, quando la chiamo perché non riesco a trovare il titolo di una canzone e il dubbio mi impedisce di addormentarmi. La ringrazio perché è stata lei a supportarmi quando la prima versione della storia sopracitata è stata mandata a svariate case editrici, ma perché reputata troppo romantica scartata; almeno, questa è stata l'unica risposta negativa arrivatomi, nel vasto mare di silenzio di tutte le altre. Ti voglio un bene dell'anima, tesoro. Grazie infinte per esserci sempre! Sia nei giorni belli che in quelli brutti. Un piccolo ringraziamento va anche a Joan Douglas, a cui ho fatto svariate domande su Torino nei mesi di festa, il tutto per rendere questo racconto il più reale possibile. Grazie della disponibilità!
Detto questo, AUGURO BUON NATALE E BUONE FESTE A TUTTI! :)

ANGOLO AUTRICE:
Per chi fosse interessato, lascio di seguito i miei contatti al di fuori di EFP, nel caso qualcuno volesse contattarmi altrove. Comunico, inoltre, che ho pubblicato un'altra storia, di genere Urban Fantasy, che vedrà la sua conclusione - con l'ultimo capitolo - la settimana prossima, Lunedì 30 per la precisione. Se foste interessati, il titolo è Underworld (il primo capitolo di una trilogia).

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Blog personale:
Violet Moon (Blog).

Gestisco anche un GRUPPO, su Facebook, che condivido con la mia best, autrice anche lei di EFP:
Gruppo.
Da poco ho fatto anche Ask. Se qualcuno volesse farmi qualche domanda o conoscermi meglio, vi lascio il mio profilo: ask.fm/MiaSwatt


Mando un bacio a tutti voi!
Mia Swatt.

  
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