Cap
1
La
luce dell’ alba si rifletteva sul
mare dipingendolo di un lieve colorito rosato, le onde s'infrangevano
lentamente sulla spiaggia in un moto continuo e instancabile, bagnando
la riva
con la loro spuma bianca. In lontananza, fin dove si perdeva l'occhio,
il mare
e il cielo si fondevano creando un unico sfondo. Il sole tingeva il
cielo di
varie sfumature di rosa, giallo e viola, così
come le nuvole, e tutto diventava un
quadro perfetto.
Ocean
aveva passato la notte in
spiaggia, cullata dal rumore delle onde, incurante
dell’umidità e della
salsedine che le si era appiccicata alla pelle. Era il giorno della
Mietitura,
il giorno della paura per tutti i giovani del Distretto. Per lei
però era
diverso, non temeva la sua estrazione, ciò che la
preoccupava davvero era la
possibilità che questa toccasse a Teti, la sua sorellina.
Erano rimaste solo
loro due a dare una mano alla madre, era così da quando il
loro papà era morto
durante un incidente in barca.
-
Ocean! Ocean, la mamma ti ha cercato
da tutte le parti, devi tornare a casa. –
Eccola
Teti, uno scricciolo di bambina
di dodici anni, la pelle ambrata di chi passa perennemente il suo tempo
a
giocare sulla spiaggia in compagnia degli amici. Esile, innocente e
inerme.
Troppo giovane per essere estratta, troppo giovane per andare incontro
a una
morte certa.
-
Sto arrivando, sto arrivando. –
replicò, alzandosi e togliendosi di dosso la cerata da pesca
che aveva preso in
prestito da una delle barche ormeggiate. Si spolverò gli
ultimi resistenti
granelli di sabbia che le aderivano alle gambe e si avvicinò
alla sorella. La
trasse gentilmente a sé, stringendola tra le braccia snelle
e toniche.
-
Ehy, che succede, come mai tutto quest’affetto?
– scherzò Teti, guardandola con un pizzico di
stupore negli occhi dello stesso
verde dei mari tropicali.
-
Mi andava, ma non farci troppo l’abitudine,
pulce. –
Le
scompigliò i ricci ramati, sorridendo
davanti ai suoi sbuffi di protesta.
-
Forza, andiamo a casa, dobbiamo darci
una sistemata. – decretò, incamminandosi verso la
discreta abitazione dalle
pareti bianche e azzurre che distava appena un centinaio di metri dalla
spiaggia.
Teti
le veniva dietro, in religioso
silenzio, come se stesse aspettando solo una sua parola per riprendere
a
chiacchierare ininterrottamente come faceva di solito.
Avevano
raggiunto la porta di casa
quando prese la parola, la voce esile e incerta propria della bambina
che era.
-
Ocean … –
-
Sì? –
-
Ho paura. – ammise, puntando lo
sguardo a terra, imbarazzata.
La
ragazza sentì una stretta al cuore
davanti a quell’ammissione. Le si avvicinò,
chinandosi per poterla guardare
dritta negli occhi, e le strinse con decisione le mani. Quella era
l’ultima
spinta che le serviva per prendere una decisione.
-
È normale avere paura, ma ti giuro che
non ti accadrà nulla. Tu non verrai estratta, non lo
permetterò. –
-
E se succede? – mormorò, il labbro
inferiore che le tremava senza controllo. Stava per cedere, Ocean
riconosceva
bene quei segni.
-
Se dovessi essere scelta, andrò
volontaria. –
La
vide sgranare gli occhi, scuotendo
vigorosamente la testa. I ricci rossi rimbalzavano da una parte
all’altra.
-
No, non voglio, non è giusto. –
protestò.
Ocean
le mise un dito sulle labbra,
zittendola.
-
Shh, andrà tutto bene, e poi non credi
che io sia in grado di vincere questi stupidissimi Giochi? –
aggiunse,
fissandola con aria di sfida.
In
tutto il Distretto 4, Ocean Waves
aveva una discreta nomina di combinaguai. Impulsiva e irruenta, molto
spesso
non pensava alle conseguenze delle sue azioni e finiva nei pasticci.
Pasticci
dai quali riusciva sempre miracolosamente a sottrarsi con qualche
trovata. Perché,
se era certamente vero che i guai erano il suo pane quotidiano, lo era
altrettanto che la sua mente sveglia e acuta riusciva a darle sempre
una mano.
Teti
abbozzò un sorriso incerto.
-
Sì, credo che tu possa farcela, sei
una tipa in gamba. –
-
Non farti sentire dalla mamma, una
scavezzacollo in famiglia basta e avanza. – le
sussurrò, stringendola
nuovamente a sé e poi dandole una leggera spintarella, -
Forza, va a farti
bella. –
Un’ora
più tardi, quando ormai la
Mietitura stava per avere luogo, Ocean uscì dalla sua
stanza. Si trovò davanti
sua madre, intenta ad abbracciare Teti, e tossicchiò
leggermente, attirando la
loro attenzione. Gli occhi della donna, dello stesso grigio blu di
Ocean, si
sgranarono leggermente.
-
Ocean, sei stupenda. –
-
Sì, sembri una nereide. – confermò
Teti,
rivolgendole un timido sorriso da sotto l’elaborata
acconciatura in cui erano
stati domati i suoi ricci.
Si
sentì arrossire, - Grazie. –
Venne
il suo turno di essere stritolata
dall’abbraccio materno, poi le due sorelle si diressero
insieme verso la zona
in cui erano stati allestiti i banchi di registrazione.
Ocean
fece passare Teti davanti a sé,
tenendole una mano sulla spalla finchè non fu il suo turno
di registrarsi.
-
Ci dobbiamo separare, sarò lì. – le
disse,
indicandole il gruppo delle quattordicenni del Distretto, - E ricorda,
non ti
accadrà nulla. –
Teti
annuì, titubante, e raggiunse due
sue compagne di classe tra le dodicenni.
La
capitolina, Hydra, che per l’occasione
sfoggiava una tinta dello stesso colore del mare del Distretto,
tossicchiò
leggermente.
-
Benvenuti e Benvenute alla
sessantacinquesima edizione degli Hunger Games. Prima di sorteggiare i
fortunati Tributi, Capitol vi manda un dono. –
Ocean
storse il naso, emettendo un verso
disgustato. Il Pacificatore più vicino le rivolse
un’occhiata minacciosa. Un
dono, certo, come no. Conosceva bene quel video, era lo stesso che
riproponevano a ogni Mietitura, un promemoria costante della potenza di
Capitol
City e dell’inermità dei Distretti.
-
Magnifico, veramente magnifico. –
trillò Hydra, battendo le mani con ostentata allegria, - E
ora veniamo a noi.
Come sempre, prima le signore. –
Ancheggiò
smisuratamente verso l’ampolla
con i nomi delle ragazze, sondò i bigliettini con lo sguardo
e infine ne
afferrò uno. In quel momento, mentre stava aprendo il
foglietto, Ocean non poté
fare a meno di pensare a come le sue unghie spropositatamente lunghe
assomigliassero a dei mostruosi artigli rapaci.
-
Teti Waves. – esclamò, sorridendo
compiaciuta, - Coraggio, mia cara, non abbiamo tutto il giorno.
–
Ocean
scrollò le spalle, riscuotendosi
dal torpore in cui era caduta sentendo quel nome. Alzò con
decisione il
braccio, attirando l’attenzione della capitolina.
-
Sì, mia cara? –
-
Mi offro volontaria come tributo. –
decretò risolutamente, una scintilla di sfida le brillava
negli occhi.
-
NO! – una voce maschile si levò dalle
fila dei sedicenni, ma Ocean la ignorò.
Hydra
sembrava essere letteralmente in
brodo di giuggiole.
-
Oooh, una volontaria. Eccellente,
eccellente. Coraggio, mia cara, raggiungici e dicci il tuo nome.
–
Si
fece strada tra le sue compagne, che
la guardavano con un guizzo di tristezza mista ad ammirazione. Si stava
incamminando verso il palco quando una mano le afferrò il
braccio, fermandola. Un
ragazzo alto e muscoloso, con ciocche corvine che gli ricadevano
scompostamente
sugli occhi, donandogli un’aria di distratta eleganza.
Tritus.
-
Ocean, ti prego … -
Gli
occhi blu del ragazzo la fissavano
supplicanti.
-
Devo farlo, ci vediamo dopo. – replicò
freddamente, liberandosi dalla sua presa e lasciando che i Pacificatori
riprendessero a scortarla.
Sentiva
su di sé lo sguardo di Tritus,
ma cercò di ignorarlo.
Quel
video sarebbe stato visto da tutta
Panem e lei aveva un’idea precisa di come voleva che gli
altri la considerassero.
Doveva comportarsi come una Favorita: fredda, spietata e arrogante.
Accettò
distrattamente la mano che Hydra le porgeva.
-
Il tuo nome, mia cara? –
-
Ocean Waves. – replicò con tono
deciso.
L’incertezza,
l’agitazione e la paura
erano scomparse. Non c’era spazio per altro che non fosse la
volontà di
vincere. Avrebbe ucciso, sarebbe tornata a casa come vincitrice e la
sua vita
avrebbe ripreso a scorrere normalmente.
-
Scommetto i miei favolosi capelli che
la bambina era una tua parente. –
-
Sì, mia sorella. –
-
Che coraggio, che coraggio. Un
applauso per questa giovane. –
Non
ci furono applausi, solo un silenzio
carico di tensione, finchè Tritus non alzò la
mano per salutarla, baciando le
tre dita. Il resto della piazza lo imitò
all’istante, e per una volta Ocean
avvertì davvero l’affetto e il rispetto di tutta
quella gente.
Li
salutò a sua volta, stando attenta a
non lasciar trapelare la commozione.
-
E ora è il turno dei ragazzi. Vediamo
chi abbiamo … –
Hydra
si avvicinò questa volta all’ampolla
maschile ed estrasse con molta più rapidità di
quanto avesse fatto
precedentemente.
-
Finnick Odair. –
Ocean
trasalì leggermente. Finnick. Odair. Finnick Odair.
Lo
conosceva di vista, come tutti del
resto lì al Distretto. Era un suo coetaneo, orfano dalla
nascita, un abile
combattente e provvisto di una bellezza paradisiaca. Finnick Odair era
esattamente
il tipo di
avversario che Ocean sperava
di non incontrare durante i Giochi.
Lo
osservò mentre saliva sul palco,
abbagliando Hydra con un sorriso portentosamente artificioso. La
capitolina
sbattè vezzosamente le ciglia e ridacchiò
compiaciuta.
Ocean
gemette disgustata e Finnick si
voltò verso di lei, strizzandole l’occhio con aria
complice.
-
Che giovane affascinante. Coraggio,
ragazzi, stringetevi le mani. – li esortò.
Non
ce n’era bisogno, Finnick le aveva
già porto la sua, con quel sorriso smagliante ancora
saldamente al suo posto.
Accettò la stretta, impassibile, e vide con compiacimento
che la sua freddezza
sembrava averlo colto di sorpresa. Non si sarebbe fatta ammaliare da
lui. No,
neanche morta.
Spazio
autrice:
Bè,
che dire, spero che questa mia idea vi sia
piaciuta. La long verrà raccontata in parte dal punto di
vista di Ocean e in
parte da quello di Finnick (non so se saranno un capitolo per uno,
oppure metà
e metà, devo ancora decidere). Spero vogliate farmi sapere
che ne pensate. Alla
prossima e buon Natale.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt