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Autore: Blam_    25/12/2013    1 recensioni
" Per quanto ululi il vento, una montagna non si piegherà mai al suo volere".
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Giorno  1.
Questo è il diario di una sedia.
Mi hanno appena comprata, una bellissima sedia in mogano dell’IKEA appena montata.  In pezzi sono salita sul furgone e in pezzi ritornerò in fine. Devo solo sperare che i miei nuovi padroni non abbiano un caminetto e che non ne montino uno. Ho notato che hanno una passione insana per  le cose fai-da-te, dalla mia postazione posso vedere tanti miei compagni, fratelli dalla stessa foresta.

Sono nella stanza-che-produce-cibo. Le pareti sono dipinte di verde acqua , dietro di me cè un divano grande per due persone, morbido; una televisione economica philips, il tavolo di fronte a me è un compensato con la vernice rigata, usato.
Mi viene il volta stomaco: piccoli pezzi di tanti miei fratelli ridotti ad una marmellata economica per accontentare gli umani, quei cosi sudaticci e poco pratici! E cercano anche di coprire il loro abominio con della banale vernice marrone! Non sembra nemmeno legno.

Deve essere l’appartamento di una coppietta o di due universitari. L’animale che mi ha montata è una ragazza sui 24 anni. Considerando il disordine che ha lasciato però devo dedurre che vive da sola: la mia scatola è rovesciata e ha vomitato tanti piccoli pezzi di polistirolo bianco, sparsi per terra, che insieme a svariate lattine di birra e cenere da sigaretta, ornano il pavimento.

Cè un orologio sopra il termosifone ingiallito. Segna le 20.32. Sono passate più o meno 3-4 ore dalla mia venuta al mondo come sedia.

Mi manca la mia foresta.
Ero la casa di una famiglia di scoiattoli prima che mi uccidessero. Erano simpatici, amavano le mie ghiande e la mia corteccia calda d’inverno.
La “fortuna” di un’albero è che se muore a causa di una motosega  può sempre resuscitare come componente del mobilio.
La “sfortuna” di uno scoiattolo è che se muore nessuno può riportarlo in vita.
E’ tornata la mia padrona, ho sentito la porta sbattere.
Probabilmente è arrabbiata: ha aperto con violenza il frigorifero e ha preso quella che dovrebbe essere la sua cena. Si dirige verso di me, vuole provare il suo nuovo acquisto.
In questo momento vorrei essere un’istrice per bucargli quelle cose molliccie e grosse che ha poggiato su di me…sembrano i polpastrelli di un cane.
Sta mangiando formaggio. Un pezzo è caduto vicino la mia zampa, insieme a…della cenere? Sta fumando e mangiando nello stesso tempo? Questa ragazza ha dei problemi con la natura.

Odio essere una sua schiava. Non voglio. Non mi sembra giusto. Questi minuti interminabili sono stati abbastanza. Voglio uscire, piantarmi sulla prima pozzanghera di terra che vedo e aspettare di divenire  parte del sottosuolo. Voglio procreare un albero, voglio che quell’albero diventi una casa sicura per un altro scoiattolo, nido per gli uccelli, pappagalli, pettirossi, piccion…no, i piccioni no, sarebbe da venduti.
Perché dovevano uccidermi? Ero un albero nel fiore dei suoi anni, bello, imponente, lavoravo più di tutti: la notte immagazzinavo anidride carbonica e il giorno regalavo ossigeno, frutto del mio duro lavoro. Credevo che una creatura che fornisce le condizioni adatte per lo sviluppo del genere umano e per di più pacifista, fosse lasciato in pace.
Invece l’uomo lascia soffrire tutto ciò che lui non comprende. Sfrutta tutti coloro che non possono opporre resistenza e distruggono ciò che a loro non serve.
Avrei preferito morire da semplice pezzo di legna che diventare loro bottino di guerra ridotto in schiavitù.
Mi hanno condannato ad una vita noiosa, dolorosa e umiliante, aspettando di marcire come semplice utensile e di essere buttato al rogo senza un ringraziamento per gli anni di sopportazione in una posiszione scomoda e abominevole.
Sento una mia vite allentarsi. Mi sto disgregando. Quell’animale stupido non mi ha montato bene. Imbecille.

E’ caduta. Mi sono rotta lo schienale.
La sento dire parole incomprensibili. Sta urlando. Vedo il fumo della sigaretta levarsi verso il soffitto. Sempre più lieve, sempre più etereo.

La mia padrona se la sta prendendo con me. Sfoga la sua rabbia pestandomi, prendendo a calci i miei componenti spezzati. Le sanguina un labbro.

La guardo impassibile, non voglio che veda il mio dolore. Non meritano la nostra debolezza.

“Per quanto ululi il vento, una quercia non si piegherà mai al suo volere” .

La mia “carriera” è finita brevemente.

Ora ho la libertà di spegnermi in pace.
Aspetterò la mia morte con la testa alta, la mia salvatrice.
  
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