Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: Exium96    25/12/2013    1 recensioni
- Guarda mamma ora sono un aeroplano, guarda mamma.-
Corre per il prato con le braccia spiegate al vento, con la bocca imita il rumore di un aereo e si libra in cielo.
[...]
Il dottore terrorizzato mi guarda, capisco tutto.
- Si, amore mio, sei un aeroplano ora.-
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Guardo allo specchio la mia immagine riflessa, ha gli occhi gonfi e rossi di pianto.
Non ricordo nulla di quanto accaduto poco fa, credo che le mie paure pietrifichino quel ricordo in qualche angolo del mio cervello. Apro la porta ed esco dai bagni; il grosso corridoio blu conduce al reparto pediatrico, ogni passo rimbomba nella mia testa e mi assorda, ogni passo porta al mio cervello lampi di quanto accaduto, ogni passo, ora, mi spaventa.
Un uomo con il camice giallo e una giraffa disegnata su di un taschino mi chiede come sto, stringe tra le mani una cartella blu, pronuncia lentamente il mio cognome come per assicurarsi che sia proprio io e non qualche ipotetico mio sosia. Percorriamo insieme il lungo corridoio, svoltiamo a destra e dinanzi a noi c’è una porta bianca decorata con buffi coniglietti rosa e gialli, entriamo nella stanza e un uomo, vedendomi, sospira come se fosse contento di vedermi ancora lì; dietro di lui un piccolo lettino è decorato con le figurine dei cartoni animati. Guardandomi intorno mi accorgo di com’è accogliente questa stanza, l’arancio dei muri ti fa sentire meno solo e i fiori dipinti su di essi sorridono. Appoggio il mio cappotto sulla sedia accanto al lettino, la testa prende a girare e un countdown parte di corsa, come un treno senza freni come quando Edoardo correva al parco, ieri, l’altro ieri, la settimana scorsa, il mese scorso, l’anno scorso, l’estate scorsa, il natale scorso, il suo primo compleanno, la sua prima parola, il suo primo pianto, il countdown passa in rassegna una moltitudine di eventi.
- Signora si sente bene ? Si segga-
- No grazie, sto bene ho solo bisogno di un po’ d’acqua-
Bevo lentamente l’acqua.
Edoardo è piccolo.
- Cos’ha ? Edoardo, cos’ha? -
- Meningite-
- Com’è possibile?-
- Non vi è una causa diretta e nemmeno una cura sicura-


Il dottore mi lascia da sola con l’uomo che sospirava e chiedo anche a lui di uscire. D’un  tratto mi accorgo di quanto in realtà sia sola e fredda questa stanza, della malinconia che trasmettono quei fiori sorridenti, della rabbia che ti reca questo lettino, della disperazione che provi nel guardare chi è nel lettino. Mi siedo. I suoi ricci biondi sono stati rasati via e i suoi occhi faticano ad aprirsi, ad avvolgerlo non sono più le mie braccia ma questi  maledetti fili.
- Ciao amore mio, sono la tua mamma, non aver paura non ti lascio solo. Non posso prometterti che guarirai, non posso perché ti ho sempre insegnato che le promesse vanno mantenute e io potrei non farlo. In verità non lo so, Edo, perché proprio te. Non lo so se arriverà il giorno in cui vedrai un vero aeroplano o se potrai soffiare sulle tue 6 candeline, non so se conoscerai la tua sorellina o se imparerai mai a leggere e a scrivere, non so se ti cadrà mai il tuo dentino e non so se sentirò il rumore dei tuoi piedini svelti correre per la casa. Non so se quest’anno vedrai  Babbo Natale. Non so se imparerai mai ad andare in bici o a portare la macchina  e se mi presenterai il tuo grande amore, non so se avrai tutti 10 a scuola o se sarai bocciato non so se potrò scattarti altre milioni di foto e se un giorno le potremmo rivedere insieme. Non so se ti sarà permesso vivere. Ricordo il giorno in cui scoprii la tua esistenza, era un giorno di fine luglio, ti abbiamo tanto desiderato, amore mio, io e il papà ti abbiamo desiderato così tanto che quando finalmente sei arrivato non ci pareva vero, eri così piccolo e giurai a me stessa che ti avrei protetto da ogni male. Forse non sono stata molto brava, non so. Una volta quando avevi 4 anni al mare sei andato a giocare con un bambino, non mi avevi avvisata, quando m’accorsi della tua assenza il cuore per un secondo si fermò, perderti mi avrebbe uccisa, poi, all’improvviso sei sbucato urlandomi di venire a conoscere il tuo nuovo amico. A 11 mesi hai mosso i tuoi primi passi, conservo ancora le scarpine.  Al tuo secondo compleanno io e il papà ti regalammo Didì, eri così contento di avere un cagnolino che per tutta risposta lo chiudesti nel cassetto, mancherai anche a lei sai?. A settembre dovresti iniziare la prima elementare ‘’sarò finalmente grande’’ dicevi, a casa abbiamo già comprato tutto, lo zaino, i colori, il borsello, i quaderni, tutto. Mi hai sempre chiesto di regalarti un fratellino o una sorellina e ora penso che forse questo regalo non avrai il tempo di scartarlo. Il Natale scorso abbiamo preparato insieme i biscotti a forma di babbo natale, non erano i più buoni o i più belli, ma vedessi come ne andavi fiero hai costretto l’intera famiglia a mangiarne.  Due giorni fa hai preso la febbre, era così alta che io e papà, spaventati, abbiamo deciso di portarti in ospedale, non ricordo molto di quanto accaduto dopo, respingo i ricordi per non ricordare il dolore. I primi giorni che ti portammo a casa non riuscivo a smettere di guardarti, te ne stavi lì tranquillo a dormire ed io non potevo fare altro che ammirarti. Sei  stato il regalo più grande che la vita mi potesse fare, amore mio. E ho provato per te un amore che mai per nessun altro proverò. Ovunque andrai, qualsiasi cosa accadrà di te tu sarai per sempre il mio Edo.-
Gli prendo la mano e mi rendo conto di quanto sia fragile e di quanto di lui sia già andato via. Il dolore e il senso di colpa mi divora.
- Il suono della tua voce mi sembra così lontano stai fuggendo dalle mie braccia, aspetta ancora un po’, non è ancora tempo per te. Quand’ero piccola come te, un giorno la tv trasmise un film di cui ora mi sfugge il nome, il protagonista era un bambino di 3 anni di nome Edoardo, m’innamorai di quel film a tal punto da decidere che ti saresti chiamato Edoardo ancor prima che tu esistessi. Ho conosciuto il tuo papà a Roma in uno dei miei reportage lui era il cameramen, ci siamo innamorati subito e ti abbiamo desiderato da subito. Ne ho fatti tanti, Edo, di reportage sul dolore di una famiglia alle prese con il male incurabile dei propri figli, con ogni famiglia il patos aveva la meglio sulla mia professionalità ma, in fondo, ho sempre creduto che quella fosse una realtà molto lontana da me e invece in un baleno mi ritrovo al centro di un tornado, mi sento l’epicentro di un terremoto aperta a metà tra la speranza e la disperazione. Che me ne farò dei tuoi aeroplanini se non ci sarai tu a giocarci? A chi comprerò i cereali se non sarai tu a mangiarli? Per chi mi sveglierò presto se non devo accompagnare nessuno a scuola? A chi aiuterò ad abbottonare la camicia se non verrai tu da me chiedendomi aiuto? A chi preparerò le torte se non sarai tu a festeggiare il compleanno? Con chi addobberò l’albero se non sarai tu a scegliere le palline più belle? A chi sarà sorella Elisabetta se tu andrai via? A chi rifarò il letto, la mattina, se non sarai tu a dormirci ? a chi gonfierò i braccioli se non sarai tu a chiedermi di farlo?  Chi riempirà la nostra casa se non ci vivrai tu dentro?  Chi mi chiamerà mamma se non potrò sentire nemmeno più la tua voce?-
Strizzo gli occhi per permettere alle lacrime di varcare il solco, vederlo così inerte mi distrugge;  ha la testa poggiata sul lato sinistro del viso, le labbra leggermente aperte hanno preso un colorito violaceo. In questa stanza si gela eppure siamo in pieno luglio. Lascio la sua mano e mi dirigo verso la finestra, ispiro ed espiro l’aria, chiudo gli occhi, contro fino a tre e li apro ripeto la sequenza per un paio di volte ma niente lui non si sveglia. Lentamente mi avvicino al suo lettino, gli sfioro una guancia ed è così caldo; poggio la mia testa sul cuscino di  fianco al suo viso, mi perdo nel guardarlo è così piccolo e fragile il mio Edo. Inizio a sentire le palpebre che pesanti si chiudono per poi faticare a riaprirsi, non voglio dormire lui potrebbe svegliarsi ed io non voglio dormire.
- Mamma, mamma.-
Sono in montagna, Edoardo è sul prato; ha raccolto un po’ di fiori e ne ha fatto due mazzi
- Uno per te, uno per Betta- dice.
Il cielo è così bianco che mi sembra di essere avvolta dalla nebbia. Edoardo è lì che mi chiama ancora, non ho il coraggio di avvicinarmi potrebbe fuggirmi di nuovo. Si siede per terra a mò di indiano, mi guarda con aria interrogativa e poi scoppia a ridere, mentre ride vedo i suoi ricci biondi muoversi col vento. Edo inizia a correre.
- Guarda mamma ora sono un aeroplano, guarda mamma.-
Corre per il prato con le braccia spiegate al vento, con la bocca imita il rumore di un aereo e si libra in cielo.

Vengo svegliata dal dottore che con ansia mi chiede di fargli spazio, sbottonano il pigiamino a Edo, lo vedo sobbalzare dal letto mentre il medico urla di liberare.
Un brivido percorre la mia schiena, il rumore di un aeroplano mi assorda, una folata di vento entra dalla finestra aperta.
 Il dottore terrorizzato mi guarda, capisco tutto.
- Si, amore mio, sei un aeroplano ora.-
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Exium96