Quello strano sentimento
L’urlo
della sirena dell’ambulanza che si stava affievolendo
nella strada, si fece ben sentire in quell’angusto
appartamento della 54ª
Avenue, svegliando le due coinquiline.
-
Winry, tocca a te fare la colazione oggi, alzati, forza.
-
Dammi un attimo, Riza…
La
donna, ormai in piedi, osservò per qualche momento
l’amica rivoltarsi nelle coperte, e con un grugnito sollevare
il lenzuolo sopra
la testa e rimettersi a dormire.
“Ancora
questa storia?”
-
Winry… Winry!
Niente.
La ragazza era entrata in uno stato vegetativo, e
per farla alzare ora non sarebbe bastata l’intera fanfara
della banda cittadina
schierata sotto la loro finestra per le prove generali.
La
stanza da letto era un vero bugigattolo: lo spazio
bastava a malapena per i due letti, e per un cassettone che aveva la
duplice
funzione di armadio e scrivania. I letti erano muniti di rotelle,
così da
poterli spostare per riuscire ad aprire la porta del bagno (bagno! Un
altro
stanzino dove entravano appena e per grazia divina i servizi e il tubo
della
doccia), che era bloccata dall’intelaiatura del letto di
Winry, oppure per
mandarli nella direzione opposta per aprire la finestra.
Quindi,
se Winry non si alzava, Riza non sarebbe riuscita ad
entrare in bagno, né tanto meno sarebbe riuscita a far
circolare un po’ d’aria
(certo, un po’ inquinata per il traffico della
città, ma sempre ossigeno era)
nella camera.
Rifletté
sul da farsi, e con uno scatto deciso afferrò le
coperte e le strappò di dosso dall’amica,
aspettando pazientemente la sua
reazione.
Vide
il corpo raggomitolato rabbrividire impercettibilmente,
e un piede muoversi involontariamente, per poi rimanere immobile
qualche
secondo, rigido come quello di un morto.
Poi,
l’urlo.
-
Riza! Ma sei pazza? Lo sai che non devi svegliarmi così,
accidenti!
-
Niente storie. Alzati e prepara la colazione, io intanto
mi lavo.
Winry
continuò a borbottare contrariata, mentre si sollevava
sbadigliando con malagrazia e si avviava riluttante verso
l’altra stanza, che
fungeva da cucina.
-
Certo che sei proprio una carogna! Sai quanto lavoro, un
po’ di rispetto, insomma! Se rientro a casa tardi la sera,
non è colpa mia! Che
stanchezza…
Riza
si affacciò dalla porta.
-
Sei tanto stanca, ma hai ancora abbastanza fiato in corpo
per lamentarti, vero?
Ridendo,
schivò la pantofola che l’avrebbe sicuramente
centrata, se i suoi riflessi fossero stati più lenti.
Afferrò
i letti, prima uno e dopo l’altro, e li spostò
velocemente verso la finestra, liberando quei
Mentre
si lavava (con l’acqua ghiacciata, tanto per
cambiare) ripensò con un vago senso di nostalgia a tutti i
suoi piani futuri,
che invece di avvicinarsi, sembravano allontanarsi ogni giorno di
più.
Afferrò
il fine asciugamano e se lo avvolse intorno al
corpo, uscì, spostò nuovamente i letti, questa
volta verso la parete del bagno,
e aprì la finestra.
“Il
giorno in cui queste rotelle si bloccheranno, saremo
veramente nei guai”.
Raccattò
i vestiti di Winry sparsi sul minuscolo fazzoletto
di pavimento che rimaneva sgombro dal mobilio, e glieli
sistemò sopra il comò,
mentre afferrava un semplice abito da uno dei cassetti e lo indossava.
In
cucina, trovò l’amica bellamente appollaiata su
una
sedia, in pigiama e con una tazza di caffè fumante in mano,
e prendendo in mano
un biscotto, le si sedette accanto.
-
Allora, oggi quali sono i nostri programmi?
-
Io oggi devo andare da Jack a sistemargli il locale, e
stasera tardi ho le prove. Tu?
-
Io devo fare le pulizie da uno dei soliti ricconi, ne avrò
fino a tardi, credo.
-
Comincio a non farcela più, Riza. Insomma, guarda in che
razza di appartamento viviamo! Perché non ne prendiamo uno
nuovo, eh?
L’altra
sospirò.
-
Per l’ennesima volta, noi
non possiamo permettercelo. Vuoi diventare
un’attrice famosa? E allora devi
pagarti gli studi, non puoi prenderti la libertà di buttare
soldi all’aria in
questo modo! E poi, a me non sembra ci sia niente di male in questo
appartamento, è piccolo, ma dignitoso.
-
Certo, quindi se esci con un uomo, ti faresti
riaccompagnare fin dentro, vero?
Riza
si alzò e cominciò a sparecchiare il suo piatto.
-
Il problema non sussisterebbe. Non c’è nessun uomo
con cui
vorrei uscire, adesso, e anche se fosse, di sicuro non mi farei
scortare fino a
dentro casa, sai?
Winry
la osservava scioccata.
-
Cioè, e mi vuoi far credere che finora non hai mai
frequentato nessuno? Sono due anni che viviamo qua!
Riza
ricambiò la sua occhiata sconvolta con una esasperata.
-
Cielo, Winry, non sono come te! Quanti uomini vedi che
possano essere considerati decenti qui nei dintorni? Sono tutti come il
garzone
del fornaio, dai!
-
Ehi, non mi toccare quel ragazzo! E’ pure carino…
Sei te
che non hai buon gusto, non te ne va bene uno! Sai come
finirà? Che a forza di
stare da sola diventerai talmente spietata e disumana che nessuno ti
vorrà! Una
zitella inacidita, ecco il futuro che ti aspetta!
Proprio
mentre una replica incandescente stava per arrivare,
qualcuno bussò alla porta, costringendo le due a una tregua
momentanea.
-
Arrivo!
Winry
afferrò la tavola che usavano come tavola da stiro e
che bloccava orizzontalmente la porta, e la sollevò,
chiudendola dentro un
apposito scaffale.
-
Buongiorno vicine!
Era
appena entrato un uomo alto, dai capelli scuri e gli
occhiali. Le due ragazze si guardarono un attimo, prima di riprendere a
discutere, ignorandolo a bella posta.
-
Guarda che io non ho nessun bisogno di un uomo, per
sentirmi felice! Anzi, avrei da preoccuparmi anche di una persona in
più, e non
ne ho alcuna voglia!
-
Quindi ti vuoi ritrovare a sessant’anni
a giocare a bridge con le tue vicine zitelle,
a spettegolare sulla figlia di tal dei tali, e senza avere la gioia
della luce
di un nipotino?
-
Winry, ti rendi conto che siamo partite dal fatto che io
non voglio andarmene di qui, e tu sei finita a pronosticarmi una vita
da brivido?
L’altra
la guardò trionfante, e agitò l’indice
nella sua
direzione.
-
Ah-ha! Hai visto che l’hai ammesso? “Vita da
brivido”!
Vedi che neanche tu ne sei felice? E poi… Maes, quello era
il mio caffè,
mollalo giù!
L’uomo
le fissò laconicamente, prima di finire la tazza.
-
Be’, visto che voi eravate troppo prese dal vostro
dibattito, mi sono servito da solo. Tanto ero sicuro che le mie adorate
vicine
mi avrebbero sicuramente offerto un caffè, quindi
perché scomodarvi?
Riza
alzò le spalle, mentre tornava in camera per
pettinarsi. Winry invece non smetteva di osservare l’uomo con
astio.
-
Primo, Maes: non dare così per assicurato il fatto che un
giorno “le tue care vicine” non possano smettere di
trovarti anche solo
minimamente sopportabile, e non ti facciano fare un bel volo dal quinto
piano;
secondo: era il mio caffè mattutino, e quello è
intoccabile, sono stata
abbastanza chiara?
-
Sì, sì… Comunque sono
d’accordo con Winry, Riza! – e qui
alzò un po’ la voce per farsi sentire anche
nell’altra stanza
-
Ah davvero?
La
ragazza era scettica, di solito nelle discussioni
difendeva sempre Riza, non lei.
-
Ma certo! Che cosa c’è di meglio di un bel
matrimonio, per
portare felicità e letizia nella vita di una coppia, e che i
figli saprebbero
solo intensificare? Ragionate: trovare qualcuno che cucini per te, lavi
per te,
ti rammendi i calzini, ti svegli con amore la mattina, che ti aspetti a
casa
come se il tuo ritorno dal lavoro fosse l’evento
più lieto di tutta la
giornata…
-
Una scimmia ben ammaestrata, insomma. Non sarò mai una
moglie-schiava, Winry, scordatelo.
-
Ma Riza, non intendevo questo, lo sai benissimo!
-
Tu no, certo, ma hai visto con quale chiarezza il nostro amico ha esposto
la situazione.
Winry
gettò uno sguardo di puro odio a Maes, prima di
tornare a parlare.
-
Non avrai mica intenzione di dare ascolto a questo tizio,
vero? Insomma, dai! Temo anch’io per la poverina che se lo
sposerà,
figuriamoci, ma questa è soltanto la sua opinione, mica
quella di tutto il
mondo!
Riza
riapparve, con in mano un’ultima forcina, che le
serviva per tenere su i capelli nella complicata acconciatura che si
era
fissata sul capo.
-
Si dia il caso che lui,
sia un esponente dell’altro sesso, Winry, quindi a meno che
non voglia sposare lui, o comunque
qualcun altro del suo
stesso livello, penso proprio che lascerò che la vita vada
come vada.
-
Parlate pure come se non ci fossi, eh!
-
Ma Riza!
-
Basta. Ora vado al lavoro, non ne voglio sapere più nulla
di questa idea bislacca di farmi accasare con qualcuno, ok? E
soprattutto, noi non cambieremo appartamento.
Riza
afferrò la borsa ed uscì di casa, Winry la
inseguì sul
pianerottolo, e sporgendosi dalla ringhiera delle scale, le
urlò dietro:
-
Come vuoi, Riza, ma ricordati che verrà il giorno in cui
ti pentirai di quello che hai detto, stanne certa!
L’altra
rise e le fece “ciao” con la mano dalle scale.
-
Maledizione a quella testa dura!
Si
richiuse la porta dietro la schiena, e notò che
l’uomo le
stava anche addentando la sua brioche.
-
Tu! Brutta razza di parassita che non sei altro,
sanguisuga, Caino, schifoso voltagabbana, fuori di casa mia!
Immediatamente!
E
sbattendo con malagrazia il vicino fuori dall’abitazione,
ripensò con nostalgia ai bei tempi passati, quando la sua
unica preoccupazione
era quella di scegliere il colore degli elastici per i codini.
Riza
stava percorrendo la 63ª strada, quando adocchiò un
chiosco di giornali, e decise di fermarsi ad acquistare una rivista per
Winry.
Non avrebbe sopportato di vederla di cattivo umore anche al suo
ritorno,
discutere con lei richiedeva un dispendio di energie non indifferente.
Posò
la sua grande borsa-valigetta sul marciapiede, e si
chinò sulla fila di periodici davanti a lei.
Roy
camminava in tutta fretta: il suo amico dava già fuori
di testa per un ritardo di dieci minuti, figurarsi per uno di
mezz’ora.
Così,
troppo preso dai suoi pensieri, non notò l’enorme
borsa che spiccava davanti ai suoi occhi, e ci inciampò
sopra, cadendo sul
marciapiede e sbattendo un gomito per terra.
-
Ma si può sapere chi è quell’idiota che
molla una borsa
incustodita in mezzo alla strada?
Sbraitò,
mentre si massaggiava la parte lesa.
-
Signore, si è fatto male? Mi dispiace, l’avevo
lasciata lì
per pochi minuti, credevo che chiunque riuscisse a vederla…
Roy,
ancora borbottante, alzò lo sguardo, per trovarsi
davanti una donna. Una bella donna. Una possibile preda. E visto che il
suo
istinto da galantuomo aveva sempre e comunque la meglio, si
affrettò ad alzarsi
e a rassicurarla.
-
Ma no, ma no, è tutta colpa della mia sbadataggine, scusi
lei, anzi… In fondo non mi sono neanche fatto male!
-
Meglio, allora.
La
donna sconosciuta sorrise, e a Roy si strinse qualcosa
dalle parti dello stomaco.
-
Stava acquistando qualcosa?
-
Mmh? Ah sì, una rivista per una mia amica, vorrei farmi
perdonare, più o meno…
Roy
la osservò come inebetito, mentre la successione dei
rapidi sorrisi dell’altra lo stordivano sempre più.
-
Signore, perdoni la maleducazione, ma proprio non posso rimanere.
Scusi ancora, e arrivederci!
Solo
allora l’uomo si riscosse, e cercò di salvare il
salvabile.
-
Ma per restare in tema, anch’io vorrei farmi perdonare!
Che ne direbbe se le offrissi qualcosa da bere, laggiù
c’è un bar…
-
Mi dispiace veramente, ma ho molta fretta, vede…
-
Insisto. Vede, è giusto a due passi da qua, la vede
quell’insegna?
Dicendo
così, si era voltato, per indicarle il cartello alle
sue spalle, e in quel frangente di secondo Riza prese la decisione di
andarsene. Non poteva essere in ritardo sul lavoro, quindi si
mimetizzò alla
folla e scomparve.
Quando Roy si voltò, al suo posto non trovò altro che un fiume umano che risaliva il marciapiede.
Note finali: Liberamente tratto dal film del 1965 "Quello strano sentimento", regia di Richard Thorpe.
Ehm. Ok, non è niente di che, lo ammetto =____= Però l’idea mi piaceva, e ho deciso di buttarmici di petto, e be’, pazienza, ho sempre il tempo di migliorare.
Ho deciso di pubblicare questo, al posto dell’aggiornamento di “Ferro e Fuoco”, quindi dovrete accontentarvi fino alla prossima settimana XD
Ora vado, kissoni e un ringraziamento a tutti coloro che passeranno di qui ^^
Lely
P.S. Shatzy, credo che il bicchiere di thè dove affogare me lo porgerai tu stessa, ora XD