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Autore: Elis12    26/12/2013    3 recensioni
[Night School]
If she closed her eyes, she could see it all – the blanket of white snow, the blue moonlight, the fragile body thrown like a rag doll on to the road… The cloud of blood blooming around her like the petals of a deadly flower.
ATTENZIONE SPOILER! Se non avete ancora letto il secondo romanzo della saga, Night School - Il Segreto della Notte, o comunque non l'avete finito e non volete rovinarvi la sorpresa, allora NON APRITE QUESTA PAGINA. Contiene un grande spoiler sul finale. Altrimenti, siete i benvenuti!
Genere: Drammatico, Thriller, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!
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Disclaimer: i personaggi appartengono alla scrittrice CJ Daugherty e questa fiction non è stata scritta a scopo di lucro.

ATTENZIONE SPOILER!
Per chi di voi non ha ancora letto o finito di leggere il secondo romanzo della saga, Night School-Il Segreto della Notte, uscito poche settimane fa in Italia, è consigliabile chiudere questa pagina. Ripeto, contiene enormi spoiler sul finale del secondo libro. Siete state avvisati.
Questo era il maggiore dei mali, ora posso dirvi anche che contiene qualche anticipazione, da me modificata, sull'inizio del terzo capitolo appena uscito in inglese.
Per chi volesse continuare a leggere, be' buona lettura!
Ps: Vi consiglio di ascoltare la canzone dei Within Temptation che vi ho proposto mentre leggete. Non so voi, ma mi fa entrare molto nella parte. :)


She didn’t make it, Allie.



“If she closed her eyes, she could see it all –
the blanket of white snow,
the blue moonlight,
the fragile body thrown like a rag doll on to the road …
The cloud of blood blooming around her
like the petals of a deadly flower."

-Night School: Fracture-
Sinéad – Within Temptation

“Jo non ce l’ha fatta, Allie.”
Allie rimase a fissare la gocciolina di sangue, che dal suo ginocchio correva lungo la gamba, persa nei suoi pensieri. La ferita non le faceva poi così male, ma la vista del sangue le ricordò la notte di qualche settimana prima, quando tutto andò a rotoli. La voce bassa ma ferma della preside le rimbombava ancora nelle orecchie; le lacrime di Isabelle mentre le diceva che la sua migliore amica era morta, erano vivide nella sua testa. Se n’era andata per sempre lasciandola sola, con la consapevolezza che non avrebbe più rivisto il suo magico e splendente sorriso, i suoi corti capelli biondi sbarazzini, i suoi immensi occhi azzurri. Con il pensiero che Jo non avrebbe più potuto sognare, realizzare i suoi desideri, farsi strada nel mondo e soprattutto crescere, sposare qualcuno, avere dei figli. Tutte le gioie che ora per lei erano irrealizzabili riempivano il petto di Allie di dolore. Il ricordo di quella notte, quando la vita di Jo era stata miseramente spezzata su un vialetto di ghiaia, le faceva venire i crampi alla pancia e salire le lacrime agli occhi. Il pensiero di Gabe, che uccideva a sangue freddo la sua ex-ragazza con un pugnale, le faceva ribollire il sangue nelle vene e le accendeva dentro una furia mai provata. Gabe, che probabilmente aveva finto di amarla per tutto questo tempo; Gabe, il ragazzo per cui Jo era totalmente persa e di cui, ancora, si fidava, l’aveva tradita nel peggior modo possibile. Mentre lei cercava di scappare, lui aveva tirato fuori il coltello, l’aveva pugnalata al petto e poi l’aveva lasciata sdraiata scompostamente in mezzo alla strada a morire dissanguata, nella speranza che attirasse l’attenzione di Allie. E poi, Gabe l’aveva rapita, avevano fatto un incidente in macchina, era scappata e ora era viva. Ciò che Allie non riusciva a realizzare era che lei era sopravvissuta, ma Jo non c’era più. Da quel momento niente era più stato lo stesso per Allie; lo specchio si era incrinato e le schegge di vetro le erano cadute addosso lentamente. Ora, il solo sentire il nome di Gabe le provocava una rabbia cieca; Allie sapeva cosa fare. Quando sarebbe giunto il momento, non avrebbe esitato: l’avrebbe ucciso. Avrebbe conficcato le sue dita negli occhi di Gabe e glieli avrebbe strappati fuori; avrebbe preso un coltello e poi gliel’avrebbe piantato nel cuore; avrebbe voluto tagliargli la gola e lasciarlo lì a dissanguarsi, mentre la sua intera vita gli passava davanti. L’avrebbe fatto per Jo, e per Ruth, e anche per se stessa. Per lei che era cambiata così tanto in quel periodo, per tutti i suoi amici con cui ora non parlava, per Isabelle e il modo orribile in cui la trattava, per Rachel che aveva perso la sua migliore amica, per Sylvain che l’amava così tanto mentre lei continuava a ignorarlo, per Carter che ancora cercava i suoi occhi mentre stava con Jules. Per il suo stupido ginocchio, che dopo l’incidente, non era più stato lo stesso e le lanciava di quelle fitte che Allie a volte desiderava solo tagliarselo via. Per quegli incubi che la colpivano a tradimento appena poggiava la testa sul cuscino e chiudeva gli occhi; sogni troppo vividi per non essere veri, sogni che lei sapeva essere reali. Per tutto il dolore che Gabe le aveva causato, per le sue gesta orribili e per il modo in cui l’aveva fatta soffrire. Allie lo sapeva meglio di chiunque altro: quel ragazzo andava fermato e lei gliel’avrebbe fatta pagare con gli interessi. Sì, era assolutamente decisa, risoluta: avrebbe ucciso Gabe.
Allie alzò la testa di scatto ricacciando indietro le lacrime non volute e si guardò i pugni, che senza accorgersene aveva serrato; le nocche ormai bianche per lo sforzo, la forma delle sue unghie avevano lasciano delle mezzelune rosse sui suoi palmi. Rivolse lo sguardo al campus della scuola: fece scorrere i suoi occhi sugli alberi che tutt’intorno formavano il bosco della Cimmeria; sugli studenti che sotto di lei si affrettavano a raggiungere le loro prossime lezioni, dopo la pausa pranzo; sugli uomini in giacca e cravatta, fermi in mezzo al vialetto, con gli occhi puntati dritti su di lei. Raj, dietro di loro, la guardava con disapprovazione, le braccia incrociate sul petto.
Merda. Mi hanno trovata, pensò Allie. E’ ora di trovare un altro posto.
Ormai, andava avanti così da settimane. Dopo la morte di Jo, tutto era tornato alla normalità. Gli studenti avevano continuato ad andare a lezioni come bravi damerini, gli insegnanti avevano finto che non fosse successo niente tornando a spiegare nozioni di chimica e storia, la Night School si riuniva come al solito. Tutto era tornato com’era prima, come se nessuno fosse morto. Tutti erano occupati con le loro attività, senza badare troppa attenzione a quel corpicino da ragazza che era stato seppellito chissà dove. Tutti tranne Allie. Aveva ripreso l’abitudine di saltare le lezioni, passando intere giornate a nascondersi per la scuola, evitando così che Isabelle si piantasse davanti alla porta della sua camera stressandola all’infinito per andare a lezione, o che Jules saltasse fuori dal nulla e la trascinasse in classe senza il suo volere. Così era tutto più semplice e le guardie di Raj avevano qualcosa da fare piuttosto che perdere tempo come al solito: pattugliavano la scuola da cima a fondo nella speranza di trovarla. Finora nessuno di loro c’era ancora riuscito, e Allie poteva godersi qualche ora di pace in solitaria compagnia di se stessa e dei suoi orribili pensieri. Poteva osservare il tran tran della gente che camminava per i corridoi della Cimmeria senza essere notata, sgattaiolare via quando non c’era nessuno in vista e gironzolare per la scuola deserta di notte. Poteva fare quello che voleva senza essere disturbata. Nessuno aveva ancora scoperto i suoi nascondigli migliori, o almeno fino ad ora.
Scattò in piedi e scese con agilità lungo il tetto, stando attenta a non scivolare sulle tegole bagnate per la pioggia; sotto di lei c’era il vuoto. Poté quasi avvertire gli occhi delle guardie di Raj che la fissavano con apprensione, aspettandosi che cadesse da un momento all’altro. Non dovevano preoccuparsi: Allie conosceva a memoria quel percorso, poteva farlo a occhi chiusi. La prima volta che si era arrampicata fino a quel punto, fu quando Jo, bottiglia di vodka in mano, salì sul tetto e cominciò a ballare ubriaca fradicia. Pazza, allegra, incasinata Jo. Dopo di che, Allie aveva percorso quella strada un sacco di volte; principalmente, per raggiungere la stanza di Carter nel lato del dormitorio maschile. Ma ora non poteva più, non c’era nessun Carter da cui rifugiarsi, perché lui stava con Jules. La perfetta bionda Jules. Allie avrebbe dovuto aspettarselo da Jules, ma non da Carter. No, Carter non era quel genere di ragazzo che correva dietro solo alle ragazze più perfette. E allora perché diavolo stavano insieme? Avrebbe dovuto farci l’abitudine ormai, ma ogni volta che li vedeva insieme, felici e sorridenti, era una pugnalata al cuore che le ricordava tutto ciò che aveva perso. Jo. Carter. Jo. Jo, e ancora Jo.
Passò attraverso il cornicione della finestra e atterrò sulla scrivania ingombra di fogli, lasciandoci le impronte delle scarpe impresse sopra. Si avvicinò alla porta ma quando la spalancò, si ritrovò davanti Isabelle, con le braccia incrociate sul petto e un’espressione severa in viso. Allie spalancò gli occhi per la sorpresa, qualcuno doveva averla avvertita. Si riprese subito e cercò di sbatterle la porta in faccia ma Isabelle la fermò con una mano, spingendola indietro. Allie fece un sospiro melodrammatico.
“Ora basta. Hai superato il limite, Allie.” La preside entrò nella stanza e si sbatté la porta alle spalle con forza. “So cosa provi. So che stai passando un periodo di inferno e mi dispiace che tu stia soffrendo. Ma non puoi continuare così, Allie. Ti stai facendo del male da sola. Devi superarlo e andare avanti.” Isabelle lottò per controllare il suo temperamento, la sua voce era quasi spezzata per l’emozione. Allie rimase a guardarla dritta negli occhi, il viso impassibile, le braccia incrociate. Inclinò leggermente la testa di lato e con voce noncurante e annoiata, come se non le importasse nulla, chiese: “Hai finito?”
Isabelle le rivolse un’occhiata attonita, il suo volto era una maschera di dolore e tristezza. “Allie, sono preoccupata per te. Voglio aiutarti, ma non so come fare se non me lo permetti.”
“Il fatto è, Isabelle, che il tuo aiuto fa uccidere le persone. Quindi… no grazie.” Oltrepassando la preside, raggiunse la porta e, una volta uscita, se la richiuse alle spalle. La mente di Allie ripensò all’espressione sconcertata di Isabelle e i suoi occhi si riempirono di lacrime.
Nessuno può aiutarmi.
Cercò di controllare le sue emozioni, non doveva piangere. Non in mezzo al corridoio dove chiunque poteva vederla.
Perché queste maledette lacrime non stanno al loro posto?
Ogni volta che voleva piangere e liberarsi di tutte le sensazioni che le opprimevano il petto, non ci riusciva; semplicemente le lacrime non venivano fuori e i suoi occhi rimanevano completamente asciutti. Quando invece non aveva tempo per piangere, o non era il momento opportuno, come ora, quelle maledette scendevano da sole a tradimento, sgorgandole sulle guance come fiumi in piena.
Si nascose in bagno e controllò che fosse vuoto, prima di lasciarsi andare. Il punto è che non voleva ferire Isabelle. In fondo, sapeva che non era colpa della preside quello che era successo a Jo ed era crudele da parte sua continuare a farle credere il contrario. Il problema era che Allie era così arrabbiata; da una parte voleva abbracciare Isabelle ed essere consolata da lei, dall’altra voleva prenderla pugni per tutto quello che stava accadendo. O meglio, per tutto quello che non stava facendo. Da quando Jo era morta, infatti, tutti facevano finta di niente. Tutti erano tornati alle loro vite normali, come se si fossero appena risvegliati dal letargo e la morte di una ragazza appena sedicenne fosse solo un brutto sogno. Nessuno di loro stava facendo il minimo sforzo per trovare Gabe, Nathaniel o quella maledetta spia. Nessuno di loro voleva farla pagare agli assassini di Jo e Ruth.  Allie era così confusa, ma su una cosa era certa.
Appoggiò le mani ai bordi del lavandino e si guardò allo specchio, gli occhi grigi piantati in quelli del suo riflesso. “Prenderò a calci in culo Gabe e Nathaniel, e poi li ucciderò.” La sua voce piena di determinazione era solo un sussurro, ma abbastanza forte da far rimbombare il silenzio della sala da bagno quando si spense.
Se nessuno vuole fare qualcosa, allora ci penserò io. Gliela farò vedere a tutti quanti.

“Aiutami, Allie!” La voce di Jo squarciò il silenzio della notte, come un tuono in piena tempesta. “Allie, ti prego. Aiutami!”
Allie non riusciva a capire da dove provenisse la voce. Continuava a correre nel bosco alla cieca, senza nessuna idea di dove andare.
“Jo, dove sei?” urlò di rimando. Le rispose il silenzio. “Jo!” Chiamò il suo nome ancora più forte e questa volta le rispose un lamento strozzato. Da qualche parte udiva i singhiozzi di Jo ma non riusciva proprio a capire da dove provenissero. Non poteva raggiungerla.
“Oh, Dio. Allie, aiutami. Ti prego, aiutami.” La sua voce spezzata fece venire i brividi ad Allie, le lacrime scorrevano ora sulle sue guance. Disperata, continuò a correre tra gli alberi, con i rami che le intralciavano il cammino, ferendola e impigliandosi nei suoi capelli. Allie non ci badava, continuava a correre e vagare a caso per la foresta, nella speranza di trovarla il prima possibile.
“Jo, tieni duro! Sto arrivando da te.” Ma anche così Allie sapeva che non era vero. Tutto ciò che riusciva a vedere era il buio e una serie infinita di alberi tutti uguali. Sperò che fosse la direzione giusta, sperò che la sua amica fosse ancora viva. Aveva bisogno di crederlo, doveva riuscire a salvarla.
“Allie, perché mi fai questo? Perché mi lasci qui a morire?” Il lamento di Jo ora sembrava più vicino e Allie sapeva che mancava poco. Doveva resistere, anche se il ginocchio le faceva male e le fitte le mandavano in panne il cervello.
“Aspettami, Jo!” Non riuscì più a sentire la sua risposta. Spaventata, Allie fece un ultimo sforzo. Girò intorno a un albero, raggiunse il cancello di ferro e finalmente la vide. Tra le sbarre del pesante cancello spalancato notò la sua figura sdraiata scompostamente per terra, i capelli biondi sparpagliati intorno alla sua testa come un’aureola.
“Jo!” gridò. Allie accelerò, infilandosi tra le pesanti porte del cancello che si stava richiudendo, tagliandola fuori e impedendole di chiamare aiuto. S’inginocchiò accanto a lei e le afferrò la mano.
“Jo, sono qui. Stai tranquilla, sono qui,” le sussurrò all’orecchio. Ma gli occhi di Jo erano già rovesciati all’indietro, bianchi e vuoti, la sua pelle fredda, le dita rigide e blu.
“E’ troppo tardi, Allie,” bisbigliò. “Sono già morta, ed è tutta colpa tua.”
Allie realizzò ciò che stava vedendo: il cadavere sanguinante di Jo, giaceva sul vialetto d’ingresso della Cimmeria come una bambola di porcellana spezzata. La sua amica era morta.

Il suo stesso urlo risvegliò Allie dall’incubo; si tirò su a sedere di scattò, il respiro mozzato, le coperte strette tra le dita serrate. I capelli le si erano appiccicati alla fronte per via del sudore. Allie cercò disperatamente di riprendere fiato, ma l’aria sembrava non voler entrare e i suoi polmoni non funzionavano. Poi, l’immagine di Carter che le diceva come fare riaffiorò tra i suoi ricordi e Allie inspirò ferocemente. L’aria fu come una boccata di ossigeno, come una raffica di vento freddo, come l’acqua gelata che ti circonda quando ti butti in mare. Cercò di calmarsi, gli occhi spalancati per lo spavento. Armeggiò con la lampada e in qualche modo riuscì ad accenderla, la stanza si riempì di luce nell’esatto istante in cui qualcuno aprì piano la porta. Rachel era ferma sulla soglia, un’espressione molto preoccupata in viso. Rimase ferma a fissare Allie, sconvolta. Doveva sembrarle un fantasma, nel suo pigiama bianco della Cimmeria, tutta sudata, ansimante e spaventata a morte. Rachel si riprese dallo shock e si avvicinò lentamente.
“Ti ho sentita urlare. Non sembra che tu stia bene,” sussurrò. Allie avrebbe voluto dire che no, non stava per niente bene, ma le mancava la voce. Parlare, ora, era uno sforzo troppo grande. Si limitò a scuotere la testa. A quel movimento, le lacrime cominciarono a inondarle gli occhi e scivolarle sulle guance. Rachel la raggiunse, le prese la testa tra le mani dolcemente e si sedette sul letto accanto a lei stringendola a sé. Allie scoppiò a piangere senza freni. La sua amica le era mancata troppo e dopo quell’orribile sogno aveva bisogno di qualcuno.
“Jo… è morta. Ed è tutta… colpa mia,” singhiozzò forte, la voce smorzata dal pianto e dal viso premuto contro il petto di Rachel.
“Sshhh,” disse lei dolcemente, accarezzandole la testa con una mano. “Non è colpa tua, Allie. Hai fatto tutto il possibile per lei. Nessuno poteva salvarla, neanche tu.”
Allie non le credette del tutto; il tono di accusa nella voce di Jo era il suo incubo peggiore ed era ancora troppo recente per ignorarlo e basta. Ma forse Rachel aveva ragione, forse nessuno poteva salvare Jo. Allie seppe in quel momento che non poteva continuare così: avrebbe dovuto accettare la sua morte e andare avanti. E solo allora, avrebbe cercato i suoi assassini e fatto giustizia. In quelle condizioni non sarebbe stata di nessun aiuto, non sarebbe mai riuscita a sconfiggere Gabe o Nathaniel. Doveva farlo per lei, doveva farlo per Jo. E Allie avrebbe fatto qualsiasi cosa per Jo.

And girl you know that I’ll be there
I am here to stay

You are not alone
I am here with you
Though we’re far apart
You’re always in my heart


You are not alone - Michael Jackson



Se siete dei fans della saga Night School e vi è piaciuta questa fiction, passate a dare un'occhiata anche all'altra storia che ho scritto su questa bellissima serie:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1932634&i=1
Spero di non avervi troppo traumatizzato e, soprattutto, rovinato il finale del 2. Non potete accusarmi, ve l'avevo detto! ;)
Mi raccomando, lasciate un commento!
Grazie a tutti per l'attenzione.
Saluti,
Elis.

  
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