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Autore: Aleran    26/12/2013    3 recensioni
Mi sembra di vivere in una bolla in cui tutto giunge ovattato, in cui il mio corpo è vivo, ma la mia mente no.
***
Ci sono alcune persone che si tagliano perché il dolore fisico delle ferite supera quello morale, altre perché vogliono mettere fine alle loro vite e alle loro sofferenze, e poi c'è chi, come me, si taglia perché solo così si rende conto di essere vivo.
***
E poi uno, due, dieci tagli, sono vivo, sento il dolore, sono vivo, sento il sangue scorrermi lungo il braccio e bagnarmi la maglietta, sono vivo, vivo, vivo.
***
"Senza volerlo sono diventato dipendente da te più di quanto tu lo sia di me"
***
Forse per una volta sarà l'amore a salvarmi e non il dolore.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ashton, Irwin, Michael, Cliffors
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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The Pain Makes Me Feel Alive

Non faccio altro che convincermi ogni secondo di più che la mia vita fa schifo. Mio padre è morto l'anno scorso per un tumore al cervello.
Mia madre, dopo aver fumato una vita anche quattro pacchetti di sigarette al giorno, sta facendo un ciclo di chemioterapia per guarire dal suo tumore ai polmoni.
I miei nonni paterni hanno smesso di soffrire dal un bel po', sono morti entrambi sei anni fa in un incendio nella loro casa scoppiato a causa di una fuga di gas.
Mia nonna materna è rincoglionita da fare schifo, suo marito sta diventando esaurito a forza di starle accanto.
La sorella di mia madre è paraplegica, a suo marito sono state amputate le gambe a seguito di un incidente in macchina, hanno due figli di cui il più grande è un teppista che prima o poi li ammazzerà tutti e un altro che reputo normale con il quale ho un buon rapporto.
Per fortuna i miei zii paterni stanno tutti messi bene o quasi.
Invece io...
Io sono un disastro.
Io mi trovo sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Io sono brutto.
Io sono grasso.
Io sono inutile e sono solo.
Io sono innamorato del mio migliore amico.
Ormai mi sembra che nemmeno sento più le emozioni, da quante ne potrei provare.
Mi sembra di vivere in una bolla in cui tutto giunge ovattato, in cui il mio corpo è vivo, ma la mia mente no. Mi sento vivo solo con il mio migliore amico con il quale ho litigato qualche giorno fa.
Questo forse perché non sono mai stato abituato a ricevere affetto, né dagli amici che ho sempre avuto in ristrette quantità né dai parenti più stretti, prima che la bolla mi avvolgesse ero una persona molto sensibile e mi sentivo respinto da tutto e da tutti, non mi sono mai veramente aperto con qualcuno per paura, nemmeno lui sa tutto quello che mi passa per la testa, ad ogni notizia brutta, anche se sciocca, mi chiudevo in camera e passavo la notte a piangere finché a forza di stropicciarmeli non cominciavano a farmi male gli occhi.
Io sono la fotocopia di mio nonno defunto, quando è morto lui sono stato senza mangiare per due giorni, era l'unico che mi voleva davvero bene e lo avevo perso. La mia indifferenza verso tutto ciò che accade è iniziata con la malattia di mio padre. I medici gli avevano dato due mesi di vita e due mesi sono stati. E durante questi lunghi sessanta giorni sentivo spesso le urla di mio padre giungere dalla sua camera quando era preso da quelli che lui definiva a atroci dolori, all'inizio mi coprivo le orecchie e piangevo perché non riuscivo a credere che una persona a me tanto cara stesse davvero così male, dopo un po' ho cominciato a non voler sentire le grida perché mi riportavano in una realtà che non mi sentivo in grado di vivere.
Cominciava ad essere troppo per un ragazzo di quindici anni solo e allo sbaraglio.
Quando mi hanno detto "tuo padre è morto" ho annuito e mi sono accinto a chiudere con il lucchetto lo scrigno nella mia testa che conteneva tutti i ricordi che avevo di lui.
Vi starete dicendo "ma bravo, muore tuo padre, non piangi nemmeno e riesci a dimenticarlo in pochi secondi".
Se non fosse per questo probabilmente ora sarei morto.
Dico morto come corpo, ovviamente, il funerale della mia psiche c'è stato due anni fa, ma lo so solo io.
E poi, una settimana fa, è successo.
Il piatto mi è accidentalmente caduto dalle mani e mi ha rigato di rosso un polso.
Al posto del casuale piatto di ceramica bianco ora c'è lei, Minnie, la mia lametta di metallo, che mi aiuta passando disordinatamente sui miei polsi e lasciando dietro di sé scie rosse di sangue.
Ci sono alcune persone che si tagliano perché il dolore fisico delle ferite supera quello morale, altre perché vogliono mettere fine alle loro vite e alle loro sofferenze, e poi c'è chi, come me, si taglia perché solo così si rende conto di essere vivo.
Esatto, il dolore mi fa sentire vivo. Mi sono rotto di questa vita senza senso, vissuta come un inutile parassita, ho cercato per mesi qualcuno che mi facesse tornare a vivere veramente ma non lo trovavo e solo sette giorni fa mi sono accorto che questo "qualcuno", o meglio, "qualcosa", era più vicino di quanto avessi potuto immaginare.
Infatti non ci ho messo molto a recarmi al supermercato e comprare la prima lametta che mi è capitata sotto mano.
E beh, sì, sono consapevole che questa mia fonte di vita prima o poi mi porterà alla morte contro la mia volontà.
Perché io non voglio morire, sul serio,ma verrà quella volta in cui non saprò controllarmi e finirò per morire dissanguato.
Frugo nel cassetto centrale nella scrivania ed è lì, la mia amica Minnie.
Al grigio del metallo si mischia il rosso del sangue secco.
E poi uno, due, dieci tagli, sono vivo, sento il dolore, sono vivo, sento il sangue scorrermi lungo il braccio e bagnarmi la maglietta, sono vivo, vivo, vivo.
La vista si appanna, il dolore lancinante si lenisce, il braccio destro si abbandona lungo il fianco e lascia la presa sulla lametta, mi auto-ringrazio per essermi seduto con la schiena appoggiata al letto, così non cadrò.
Chissà che non sia proprio oggi, "quella volta"...


***


Percepisco qualche rumore intorno a me, le palpebre si alzano: non sono morto.
Sono solo circondato dal bianco opprimente delle pareti dell'ospedale, questo posto per me non è nuovo, tra le cure di mio padre e mia madre ci sarò stato almeno cinquanta volte.
Non c'è nessuno seduto accanto al mio letto, la sedia di plastica è vuota, ma c'è un giacchetto appeso all'attaccapanni, so di chi è, almeno lui c'è stato.
«Sei sveglio, Michael?» sposto lo sguardo sulla porta, c'è una donna mora con gli occhiali in camice bianco.
«Sì» mormoro. La mia voce è roca, non so da quanto non parlo, da quando "dormo".
«Come ti senti?».
«La bolla è scoppiata» sussurro, pentendomene all'istante.
«Cosa? Che bolla?» chiede la donna incuriosita.
«Niente» taglio corto.
«Dai, parlamene, ti aiuterà».
Non ho voglia di parlargliene perché mi sento stanco e perché mi vergogno un po', ma lei si siede sulla sedia e mi fa un sorriso per incoraggiarmi a iniziare a raccontare.
Le dico di come mi sembrava di non provare più nulla da quando mio padre si è ammalato, di come questa storia della bolla sia nata dalla paura di soffrire e sia una mia arma contro ogni disgrazia che mi capita. Ma adesso mi sembra di sentirmi vivo anche senza dolore. Mi pare di rendermi conto di più di ciò che è successo e ciò che ho fatto. E non lo so perché, forse mi sono reso conto che ho toccato il fondo e che devo cambiare qualcosa nella mia vita. Mi sento nuovamente proiettato nella realtà, come due anni fa. Le racconto di come è iniziato il mio autolesionismo e di quello che mi fa provare, mi sento meglio e ciò che è più strano è che lei sembra addirittura capirmi.
«Potrei sapere come si sono accorti che stavo più di qua che di là e chi è venuto qua con me?» chiedo timidamente dopo che ho finito il mio discorso.
«Un ragazzo riccio è venuto con te in ambulanza ed è stato qui per due giorni, ovvero da quando siete arrivati a stamattina. Era sconvolto».
Ashton mi ha salvato. Ashton non è arrabbiato con me anche se abbiamo litigato. Ashton ha avuto paura di perdermi e mi è stato accanto. Io adoro Ashton. Io lo amo.
«E mia madre?» deglutisco, timoroso di sapere la risposta.
«Era molto preoccupata per te, ma lei sta bene, infatti a breve la opereranno per rimuoverle il tumore e tornerà a stare bene come prima. È in una stanza di sotto» spiega sorridente.
Una vampata di calore mi va dai piedi alla testa e la sento, la gioia, sono finalmente felice di qualcosa. Mia madre vivrà, Ashton tiene a me.
Sentiamo dei passi avvicinarsi e la porta si apre, individuo subito la chioma riccia del mio migliore amico che ci mette qualche secondo prima di realizzare che sono sveglio.
Sorride e mi abbraccia anche se sono ancora sdraiato, ride, piange, mi stritola tra le sue forti braccia.
«S-sei vivo...» mormora.
Sento la porta chiudersi, la dottoressa è uscita dalla stanza e ci ha lasciato da soli, Ashton si allontana da me e mi guarda serio, la sua occhiata severa quasi mi brucia e fa sì che il mio sorriso scompaia.
«Sei un coglione- dice -volevi lasciarci, sei un coglione».
«Volevo lasciare chi? Mi sembra che ci sia solo tu» replico un po' acidamente.
«Ah SOLO io? Vuol dire che non ti importa di me abbastanza per considerarmi qualcuno per cui vivere?» chiede con tono ironico e arrabbiato.
«No, aspetta...».
«Grazie tante, amico, ci si vede» agguanta la sua giacca, quella appesa all'attaccapanni, e fa per uscire.
«No Ash ti prego aspetta» lo supplico.
Vorrei corrergli dietro, ma non ne avrei le forze, cadrei e basta.
«Ash, devo dirti una cosa importante».
Si blocca con la mano sulla maniglia, si gira, posa la giacca sullo schienale della sedia e si siede, pronto ad ascoltarmi.
E così mi ritrovo a snocciolare per la seconda volta la storia della bolla e dell'autolesionismo.
«Però con te è diverso. Con te sto bene. Perdonami se non te l'ho mai detto prima, ma avevo paura che mi avresti preso per pazzo e mi avresti abbandonato. Io non volevo morire, te lo giuro, sapevo che poteva succedere ma volevo solo provare a tornare a sentirmi una vera persona...» concludo così il mio discorso, alzo gli occhi per vedere la sua reazione.
Avevo pensato che avrebbe potuto alzarsi dalla sedia ed andarsene incazzato, o magari di sarebbe messo a ridere per le mie boiate, ma mai che si sarebbe messo a piangere.
«Ma se, come hai detto tu, eri consapevole che saresti potuto morire, perché hai continuato a farlo? Io non riesco a sopportare il fatto che non me lo hai detto prima solo perché così non ho potuto fare nulla per aiutarti, per evitare che finisse così, e mi sento infinitamente in colpa perché credo sia anche per causa mia, del nostro litigio, che sei finito per ridurti in questo modo... Michael, io non voglio perderti» sussurrò.
«Ma... Ma perché tieni così tanto proprio a me? Io sono solo uno sbaglio, una nullità, un eremita solitario...».
«Tu non sei niente di tutto ciò, tu sei una persona fantastica! E vuoi proprio saperlo perché ci tengo tanto a te?».
«Certo che voglio saperlo».
«Perché ti amo».
Perché mi a... Non è possibile.
Lui mi cosa? Mi ama? Io amo lui e lui ama me?
«Io amo te e tu ami me?» gli chiedo, anche se le mie parole sicuramente suoneranno stupide.
«Se tu ami me non lo so- ridacchia -ma io ti amo, e su questo non ci piove».
Smette di ridere quando si accorge che lo sto guardando con l'espressione più seria di questo mondo.
«Baciami» gli ordino.
«Cosa?» chiede incredulo.
«Ti ho detto di baciarmi» ripeto con più convinzione.
Mi guarda un attimo, sgomento, poi si avvicina al letto e si china per posare le sue labbra sulle mie. Il suo respiro caldo sulla guancia... Vorrei avercelo sempre. Il primo bacio è così che deve essere? Un vero bacio ti crea un vortice di emozioni nello stomaco?
«Nemmeno sul fatto che io ti amo, ci piove» mormoro.
Il suo viso è a pochi centimetri dal mio, ma le nostre labbra non si toccano più.
«Mi sto chiedendo come faccia tu a pensare di essere inutile. Senza volerlo sono diventato dipendente da te più di quanto tu lo sia di me, è da un po' che cerco di reprimere i miei sentimenti nei tuoi confronti, ma fallisco sempre, perché dopo ogni gesto che fai mi innamoro di più. Avevo paura di confessarmi perché pensavo che se poi tu non avessi ricambiato la nostra amicizia sarebbe finita. Ma ora per te... Per noi... Farei di tutto».
«Anche io avevo paura di dirlo a te... Non pensavo di contare così tanto per qualcuno».
«Pensi che tu stai meglio perché io sono con te... E non sai che per me è lo stesso. Nessuno ti farà più del male finché ci sarò io, te lo prometto».
Le nostre labbra si incontrano nuovamente e si muovono all'unisono, non so dire a parole quanto mi sento felice ora.
Non esistono più bolle, paure, insicurezze, infelicità: esistiamo solo io e lui e lui e me.
Forse per una volta sarà l'amore a salvarmi e non il dolore.






---------AUTRICE
Ciao a tutti :)
Sto intasando, di nuovo, perdonatemi
Ma questa OS l'ho scritta proprio al volo, mi è uscita... Dal cuore
Il personaggio di Michael è ispirato alla mia migliore amica, Sorry_Styles69 Questo perché lei mi ha confessato che a volte si sente rinchiusa in una bolla ma con me si sente viva... Sosò, so che stai leggendo ;)
Dimmi se ho descritto abbastanza bene le sensazioni, se ho fatto un lavoro buono e quello che ho scritto è verosimile :)
Ti voglio un mondo di bene e ci sarò sempre, come Ashton per Michael, con la piccola differenza che non ti amo e siccome siamo entrambe etero non avremo mai una relazione, ahah xx
Ah e ovviamente la famiglia di Michael nella storia è molto... Come dire.. Disastrata! Difficile ma non impossibile che esistano casi del genere
Tornando alla storia, se vi va lasciatemi un commentino, anche se negativo, ci terrei tanto! Non mi sento soddisfatta da ciò che ho scritto, non lo sono mai stata, però voglio sapere cosa ne pensano gli altri di quello che scrivo :)
Sono le 01:05, forse è meglio che vado a letto, ahahah
Grazie per essere arrivati fin qui, baci xx
  
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