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Autore: Walter Simmons    26/12/2013    1 recensioni
A volte penso, nella mia mente tortuosa di Autrice, che quel corpo abbiano fatto male a sceglierselo, ché se fossero stati fatti d'aria, questi immigrati pellegrini dell'universo, sarebbe stato meglio, magari, più giusto, e la giustizia sarebbe stata nel respirarle, queste persone che persone in fondo non lo sarebbero state, e sarebbero state fatte di quell'aria sovra citata che, comunque, nostra non è.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non si sa perché a volte nel mondo nascano persone così, diverse, che camminano sul terreno che altri hanno fatto per loro, mattoni e cemento, opera di architetti e muratori, chissà, non sappiamo cosa ci facciano qui a scoperchiare la cupola del mondo per vedere che c'è dentro, ad aprirlo e guardarlo senza specchi e senza veli, senza maschere né inganni. Sarà per qualche strana congiunzione astrale, l'evento che si verifica una volta in un numero x di anni, che se proprio vogliamo essere precisi è anche un numero x per trecentosessantacinque di giorni. Dicevamo, qualche congiunzione astrale, ma secondo la mia non esattamente modesta opinione di Autrice, che tra parentesi è il nome altisonante che mi sono data, la vera congiunzione astrale è avvenuta da qualche altra parte in un mondo che non è il nostro, e per ritornare al discorso della cupola del mondo di cui sopra, persone così sono diverse perché camminano sotto un cielo che alla fine non è il loro, respirano aria che sì, è buona, ma non è la loro, e hanno rubato chissà quando è chissà da dove un corpo che, diciamocelo, la maggior parte delle volte è proprio ben fatto, ma che, alla fine, non è il loro. A volte penso, nella mia mente tortuosa di Autrice, che quel corpo hanno fatto male a sceglierselo, ché se fossero stati fatti d'aria, questi immigrati pellegrini dell'universo, sarebbe stato meglio, magari, più giusto, e la giustizia sarebbe stata nel respirarle, queste persone che persone in fondo non lo sarebbero state, e sarebbero state fatte di quell'aria sovra citata che, comunque, nostra non è. Ora i miei venticinque lettori, dico venticinque non per caso e nemmeno per congiunzione astrale, lo dico perché lo diceva anche Manzoni anche se non era una persona diversa, e lo diceva solo per intendere che lui di lettori ne aveva a bizzeffe, mentre io dico venticinque solo per farmi coraggio e sperare di arrivarci, dicevamo, i miei venticinque lettori si saranno annoiati a sentire tutte queste supposizioni di questa fantomatica Autrice e si chiederanno Ma chi si crede di essere questa per divagare una riga sì e l'altra pure, e Ma quando comincia la storia? e anche Basta, mi sono rotto. Ebbene la storia comincia proprio in questa riga, non in questa parola perché questa l'ho già usata, ecco, eccola qui, comincia in questa, e comincia quando la nostra Protagonista entra in scena e anche se è nata per una congiunzione astrale stellare cosmica di un altro mondo la sua nascita qui è stata proprio normale, una brutta parola riferita a lei, ma sì, è stata proprio normale comune, e in nove mesi come da prassi regolare la nostra immigrata pellegrina è venuta al mondo, al mondo sbagliato, rugosa rossa piangente e piuttosto viva tenendo conto dei pianti assordanti.

Non ci sono molte storie che si soffermino un attimo sull'infanzia di queste persone, e non lo dico per cognizione di causa ma solo per introdurre questo nuovo paragrafo che a scuola dovreste mettergli il nome di L'infanzia.

E così un bel giorno la nostra Protagonista arriva alla fatidica età di sei anni e comincia ad andare a scuola, come me come voi e come tutti, non tenendo conto dei povero bambini sparsi per il mondo che a scuola non ci possono andare, che poi tanto non li tiene mai in conto nessuno, e chissà quante persone speciali ci sono laggiù e non possono andarci, a scuola, insomma, dicevamo, gli anni sono passati ed è ora di entrare nella vita sociale del mondo sbagliato. E poi alla fine sbagliato è una parola sbagliatissima perché la nostra pellegrina ci si trovava proprio bene, perché si sa che i bambini dai cinque ai dieci anni che io odio ma che lei probabilmente adorava hanno una peculiarità, una specie di attenzione intrinseca, che bello questo termine, intrinseca, che si risveglia ogni volta che chi sa parlare bene parla, e non lo fa bene ma in modo meraviglioso, e allora se ne stanno tutti lì buonini buonini con gli occhi grandi e spalancati e le dita ancora sporche di pennarello giallo rosso e verde ad ascoltare la nostra pellegrina che parla come se qualcuno le stesse dettando, ma chi potrebbe essere, non si sa, forse la Madonnina sull'altarino davanti alla scuola o più probabilmente la sua mente stessa sintonizzata sulle frequenze di un altro mondo, che, ovviamente, non possiamo captare con le nostre radio. E questo paragrafo che avevamo deciso di comune accordo di chiamare L'infanzia passa felice e spensierato come da copione, un bel copione a dire il vero, e non lo dico solo perché l'ho scritto io, ma perché è bello davvero.  
Ma si sa che i paragrafi sembrano corti e sembrano inutili e banali, ma il tempo passa sempre, lento pesante inesorabile come un gigante che vuole fermarsi ma non ci può fare niente, deve camminare, per sempre per sempre per sempre fino a che non morirà e qualcuno non so chi scriverà "Il Tempo è morto! Il Tempo resta morto! E noi l'abbiamo ucciso!", sperando che qualche filosofo tedesco non si rialzi dalla tomba e gli dia un sacco di botte per averlo plagiato, e sì che aveva messo il suo bel copyright e tutto il resto.  
Così, durante l'ennesima divagazione la nostra Protagonista è cresciuta e un giorno si alza dal letto per andare non più alla scuola di cui sopra ma ad un'altra, dove non ci sono i bambini che con occhi grandi e attenti la guardano mentre racconta delle storie dell'altro mondo, è proprio il caso di dirlo, storie dell'altro mondo, ma ci sono un sacco di ragazzi e ragazze che sì, l'ascoltano, ma con gli occhi chiusi, metaforicamente è chiaro.
Dicevamo che si alza dal letto e già si vede che che non è un giorno come gli altri, si vede non so perché, e forse ho sbagliato devo essere più attenta, non si vede ma si sente, e si sente nelle parole che pronuncia appena mette a fuoco la radiosveglia sul comodino che segna le sette e quarantadue e ancora prima del regolare Cavoli è tardi alle labbra le salgono precise parole mai sentite e queste parole sono L'increspatura del tessuto. Così va a sciacquarsi la bocca e si lava i denti con il dentifricio alla menta per vedere se le parole se ne vanno, ma restano lì, non più nella bocca ma in tutte le parti di lei, e la sconvolgono non si sa se nel senso buono o cattivo, e si infiltrano sotto muscoli e tendini che manco sapeva di avere, la nostra Protagonista, ma che c'erano, e se fossimo stati al centro dell'auditorio di occhi grandi una manina si sarebbe alzata e il suo proprietario avrebbe chiesto Anche sotto le ascelle? e lei avrebbe risposto di sì.
E da questo giorno speciale quelle parole rimasero lì per sempre, in lei, e lei visse felice e contenta fine.
No miei cari quindici lettori, visto, ho abbassato la media, perché so che qualcuno intanto se n'è andato, ma vabè, in fondo mica mi importa, dicevo, no, non va a finire così e se volete sapere come va a finire dovete sopportarmi un altro po'.
Che cos'è l'increspatura del tessuto? E io rispondo E che, lo chiedete a me? perché a questo punto della storia ancora nessuno lo sa, almeno in questo mondo, e negli altri chissà, la storia è di questo e non ci è dato saperlo.
Quella brutta bestia che è il tempo, al contrario delle credenze popolari, non porta tutte le risposte, e se per tempo si intende un numero di anni troppo grande non abbiamo, guardate che gioco di parole, non abbiamo il tempo di aspettare.
Un'altra credenza popolare porta a credere che anche la notte porti consiglio, ma alle persone diverse la notte porta solo sonno e forse un po' di malinconia. È di giorno che i pensieri della nostra Protagonista sono ben svegli e arzilli, e ora mi viene in mente che forse notte e giorno nel suo mondo delle congiunzioni astrali sono scambiati sovrapposti interposti o come si dice, che persona poco professionale che sono, e il nostro giorno è la loro notte e viceversa e per questo strano fuso orario cosmico che porta un jet lag altrettanto cosmico, la nostra Protagonista pensa meglio di giorno come noi di notte. Ma l'increspatura del tessuto non si fa vedere, non si fa scoprire e scandagliare come i fondali oceanici negli occhi della gente, e non sappiamo il significato di nessuna delle parole, cioè, il significato nascosto, perché anche se non sono professionale queste cose, sì, i basilari, queste le so, e voi lettori attenti al contrario di quelli un po' tardi avrete ben capito che l'increspatura del tessuto non è la mamma o la colf albanese per carità non sono razzista che si dimenticano di stirare una maglietta. Per questo la nostra amatissima più o meno Protagonista è tutta macerata da dubbi e domande e non si accorge che il tempo continua a passare anche quando le persone diverse che sanno di esserlo o forse no sono macerate da dubbi e domande, non che prima se ne accorgesse, ma, più o meno, il sentore c'era.
La svolta nella vita arriva come da copione quando meno ce l'aspettiamo, ecco, e nel tempo in cui io scrivevo e voi leggevate il mio stupido ossimoro di appuntamento inaspettato, puf, nel palcoscenico di questa vita che stiamo esaminando arriva una persona inaspettata. Da qualche parte ho letto o forse l'ho inventato io adesso che in tutte le situazioni bisogna prima o poi arrivare ad un punto di svolta, e che se la situazione era violenta il punto di svolta sarà ancora più violento.

Così un bel giorno lontano un numero y di anni dal giorno dell'increspatura la nostra Protagonista sta camminando verso non si sa dove, e non sono io che non lo so ma era proprio lei che non lo sapeva, e anche se sono l'Autrice cose importanti come le mete non posso mica inventarle, dicevamo, cammina verso non si sa dove con la sciarpa di lana che pizzica e il cappello verde floscio inclinato sulla ventitré e le mani in tasca e la testa fra le orecchie fra le nuvole quando la Svolta Violenta si presenta nei panni di una una ragazza in bicicletta imbacuccata come un salame, lei, mica la bicicletta, e non si accorge che davanti a lei c'è una di quelle persone che dovrebbero essere fatte d'aria ma non lo sono e quindi hanno un corpo che quando ci si va a sbattere contro con una bicicletta si fa male, relativamente, perché il bene che succederà dopo si farà perdonare tutti i lividi e i graffi di oggi, in un giorno freddo e chiaro in un mese che secondo i ragazzi i oggi è il peggiore, ma che per me e per loro è il migliore, quando le foglie cadono e anche le ragazze in bicicletta. E per un attimo la testa della nostra Protagonista è tutta sballottata confusa imprecisa ma lentamente sta formando pensieri coerenti che riguardano la sua Svolta Violenta che si presenta esattamente con un appuntamento inaspettato vestita forse troppo di strati e strati e che in questo momento si sta alzando, lentamente, dolorante, ma è ancora piuttosto viva ed è questa la cosa importante. È una cittadina piccola, la loro, che c'è sulle cartine ma che nessuno guarda mai perché non è importante, ma le cose davvero davvero importanti sono assolutamente relative, e nessuno l'ha mai studiate proprio per questo, perché per una persona un cosa può essere una formica e per un'altra può essere la vita, e proprio per queste due ragazze che in questa cittadina piccola e relativamente importante un avvenimento banale come quello sovra citato diventerà l'inizio inconsapevole di due vite che si avvicinano e si toccano ed esplodono nel grande cosmo. Così, in questi momenti concitati, la nostra Protagonista che come avremmo detto un centinaio di volte è nata qui per un errore nel codice genetico dell'universo  e che ha quella fantastica capacità di cui adesso non mi viene il nome, tanto lo sapete ormai che non sono professionale, dicevo, ha questa capacità che le permette di capire subito tutto quello che il resto della gente pensa e prova e la ragazza della bicicletta in questo momento è la persona più simile ad un'immigrata pellegrina dell'universo che abbia mai incontrato. E quando due ragazze speciali ma in modo diverso si incontrano scontrandosi non c'è un motivo futile o banale, e succede perché a volte le risposte non bisogna andare a cercarle ma bisogna aspettare che arrivino da sole. Magari in bicicletta. E quando, dopo l'impatto, la nostra Protagonista parlerà di cose mai sentite, i miei quindici lettori non dovranno sentirsi scombussolati perché è solo una risposta e non c'è da aver paura.

L'increspatura del tessuto, dice, non è una cosa un luogo una persona chissà cosa, l'increspatura del tessuto è l'errore, l'errore umano e dell'aria, lo sbaglio buono che porta bene, e non prendetela per una filosofa da strapazzo, perché se tutto il mondo e tutti i mondi sono tessuto l'increspatura è ovunque. Il cosmo è un tessuto che si increspa, come l'aria, come l'acqua, come il fuoco e la terra, e lo fa continuamente, senza sosta, come il tempo ma più dolce, e non è un gigante ma una farfalla, che muore il giorno dopo, ma esiste e continuerà a farlo per sempre. L'increspatura del tessuto, quella che manca alle macchine e al tempo, è l'errore che custodiamo nel DNA, o che ne so io, mica sono una scienziata, ma queste cose le capisco, come loro, come tutti. E dopo la risposta rimane il silenzio, che potrebbe essere morto e spento, se non ci fossero le automobili e le voci della gente che non vede due ragazze che già si amano e che hanno ricevuto una risposta dal buio dell'universo cosmico. Ma le automobili ci sono, c'è la voce della gente, e c'è anche il silenzio. Quel silenzio pieno di vita che accompagna sempre il volo della farfalla che increspa il tessuto del mondo.
  
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