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Autore: Riabel    26/12/2013    3 recensioni
Il suo viso è severo ed imbronciato “è natale non puoi passarlo da solo” “non sono solo, qui c’è tutto ciò che amo” “aspetterai per sempre se sarà necessario vero?” chino il capo “forse…” ma sappiamo entrambi che lo farò.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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“Ehi! Ciao!” “Ciao!” distolgo lo sguardo dal mio libro e le sorrido sincero. Il sole invernale illumina la neve bianca e sembra quasi possa riscaldare tanto che allento un po’ la sciarpa. “che ci fai qui fuori? Non hai freddo?” “ti aspettavo”. Mi guarda e io mi limito a sorriderle poi mi alzo infilandomi il libro sotto il braccio per mettere i guanti. “passeggiamo?” acconsente con un cenno della testa e ci incamminiamo fianco a fianco. “sei stato da lei?” “si” rispondo evasivo non ho voglia di parlarne, non ancora. “le hai portato un regalo?” “perché me lo chiedi se sai già la risposta?” fa spallucce ed accelera il passo ma le mie gambe sono molto più lunghe e con due falcate la riprendo ridacchiando fra me e me. “perché ridi?” “sei buffa…” mi osserva sospettosa “ti si dev’essere congelato il cervello qui fuori” fa una smorfia indispettita davvero tenera. “coraggio nanetta fermiamoci a bere una cioccolata calda” “non posso” “perché? Qualche appuntamento?” le chiedo malizioso “si, si chiama Luck ha otto anni e una gamba rotta” “ci vediamo più tardi?” i suoi occhioni nocciola si fanno dubbiosi “non vai a casa per la cena della vigilia?” “no” ora il suo viso è severo ed imbronciato. “è natale non puoi passarlo da solo in ospedale” “non sono solo, qui c’è tutto ciò che amo” “Edward…” sorrido “non dovevi aggiustare una gamba?” “Edward…” “ sbrigati va, ho da fare anche io”.
 
Poco più tardi cammino pensieroso davanti alle vetrine natalizie. Le strade innevate sono piene di addobbi d’ogni genere, luci, fiocchi, ghirlande, abeti, tappeti rossi all’entrate dei negozi. Le persone, tutte di fretta, fanno a gara per ottenere il meglio di ciò che rimane. Non sembra vero ma domani è già natale.
“mamma” rispondo al telefono senza nemmeno guardare il display. “sei ancora in ospedale?” “non in questo momento” sospiro conosco già la prossima domanda. “sei sicuro di voler passare la notte della vigilia lì” “mamma lo sai…” “lo so Edward ma è un anno che non fai altro, non è vivere questo” resto in silenzio non ho nulla da dire o almeno nulla che non abbia già detto. “passo domani a fare gli auguri a te e papà” “va bene ma se cambi idea…” “lo so mamma, grazie ma sono sicuro” “buona vigilia Edward” “buona vigilia mamma”. Riattacco con una fitta al cuore, natale mette sempre un po’ di malinconia, in fondo è una delle sue caratteristiche, ma quest’anno sembra tutto più triste ho come la sensazione che debba mettere un punto a qualcosa. Passando accanto ad una vetrina la mia attenzione viene attratta da una sfera di neve con all’interno una bambina rannicchiata sotto l’albero di natale. Dorme abbracciata al suo orsetto e sulla base in legno c’è la scritta at Christmas everything is possible. Non ci rifletto troppo e pochi secondi dopo sto già uscendo dal negozio con il mio acquisto. “Buu!” una figura minuta spunta all’improvviso sbarrandomi la strada. Faccio un salto indietro mentre lei ridacchia soddisfatta. “sarei io quella buffa eh? cos’è quella faccia?!” “niente, come mi hai trovato?” “per caso” “non sei un po’ troppo grande per certi scherzi?” “e dai Edward sciogliti un po’…”  mi sistemo il cappotto inutilmente lanciandole occhiate di rimprovero giusto per farle capire che sono infastidito poi con un gesto la invito a proseguire. “le hai preso un regalo?” “non hai altro da chiedermi oggi?” “si. Ma prima voglio sapere se le hai preso un regalo” sollevo gli occhi al cielo “si” “è quello?” mi chiede indicando il pacchetto che porto. “che cos’è? posso vederlo?” cerca di prenderlo ma la schivo appena in tempo “è un segreto” sbuffa indispettita e io strigo la presa sul pacchetto quasi a volerlo proteggere. “vorrà dire che andrò a fare visita a tua moglie e lo scoprirò” spalanco gli occhi e la guardo un po’ stupito e un po’ contrariato. “dottoressa Swan sei davvero curiosa” apro la busta rossa e lei si apre in un sorriso vittorioso mentre sfilo la scatola contenente la palla di neve. Le si illuminano gli occhi mentre la guarda affascinata. “è dolce…” Osserva intenerita la bimba dormiente "anche lei dorme..." Mi rattristo mentre lei mi scruta dentro "at Christmas everything is possible" legge ad alta voce la frase sulla base poi solleva il viso compassionevole. Dallo scorso natale chiunque mi conosca mi guarda in quel modo o almeno quelli che ne hanno il coraggio, gli altri abbassano la testa e si dileguano quasi fosse colpa loro se mia moglie è in coma.  Bella era ed è la mia migliore amica, la sua compassione è solo comprensione e quella sua mania che ha sempre di volermi proteggere. Non so come sarei sopravvissuto a questa mia ostinazione dello stare giorno e notte in ospedale a vegliare su mia moglie senza di lei che di tanto in tanto mi fa compagnia o mi convince ad andare qualche ora a casa almeno per una doccia. Lo devo alle nostre passeggiate al parco del Saint Hospital  o nei corridoi tra un turno e l'altro se non sono ancora uscito di senno. A questo e alla vitalità di Bella, alla sua determinazione, ai sorrisi che riesce a strapparmi nonostante tutto, con i suoi nasi rossi da pagliaccio e i camici buffi che indossa per i suoi piccoli pazienti, ma soprattutto alla sua presenza. “aspetterai per sempre se sarà necessario vero?” chino il capo “forse…” ma sappiamo entrambi che lo farò. “è ammirevole…” mi guarda, mi sorride e fa un sospiro “sono gelosa” rimetto la sfera nella busta. Mentre la richiudo cerco i suoi occhi che bassi si rifugiano ovunque evitando i miei. Mi piace la sua gelosia, mi riscalda il cuore. Da quanto non mi sentivo così?. “so che non dovrei chiedertelo ma…” “no, non ho mai pensato che potrei trovare qualcun altro” il suo viso mortificato si tinge di rosso “non so cosa aspettarmi dal domani ma per ora so che tutto ciò che voglio è continuare a combattere per lei e se alla fine qualcosa dovesse andare storto sapere che ho fatto qualunque cosa era in mio potere per salvarla anche se si trattasse solo di starle accanto” “e se nello starle accanto conoscessi qualcuno?” fa un passo verso di me “Cosa faresti allora?” un secondo passo “se lei non si svegliasse? Non puoi saperlo, rinunceresti?” terzo passo “Metteresti in gioco magari la tua ultima possibilità di essere felice?” si ferma, il viso ad un soffio dal mio, gli occhi nei miei. Deglutisco, averla così vicino riaccende in me una sensazione di calore e tensione che non pensavo di poter provare ancora. Istintivamente mi sporgo verso di lei poi mi blocco e mi ritraggo. “si.” Dico secco e riprendo a camminare in silenzio per qualche secondo con Bella al mio fianco. “scusa…” è lei a spezzare il silenzio pesante che si è creato fra noi “non fa niente non sei la prima a chiedermelo” “mi dispiace comunque”. Alzo la testa e le sorrido “vuoi festeggiare con me e mia moglie?” “come? Intendi…” noto la confusione nei suoi occhi “aprirò i regali con lei a mezzanotte” guardo il pacchetto che ho tra le mani “be’, il regalo. L’anno scorso ha avuto l’incidente non abbiamo potuto farlo…” “io… è un momento vostro non voglio interferire” “dì di si…” aspetto qualche secondo mentre noto dall’espressioni che si alternano sul suo volto la sua indecisione “dì di si Bella” “non posso” “perché?” percepisco la sua tristezza ma non riesco a capirne la causa o forse ho solo paura che la colpa sia mia. “Bella c’è qualcosa che non va?” scuote la testa “sei sicura?” “si, sicurissima. Scusa ma adesso devo andare la mia famiglia mi aspetta” la lascio darmi le spalle e la osservo sparire tra la folla poi quando non riesco più a scorgerla uno strano timore, la paura di non rivederla mi fa scattare e inizio a correre svincolandomi tra le persone nel tentativo invano di raggiungerla.
 
Mangio qualcosa da solo nella stanza dell’ospedale, a farmi compagnia solo il bip continuo dei monitor e qualche voce lontana che arriva di quando in quando. I corridoi sono bui e quasi deserti se non fosse per gli infermieri del turno di notte. Un donna robusta e gentile è passata ad offrirmi qualcosa di caldo e da allora non ho visto più nessuno. Guardo l’orologio, le ventitré e ventitré, Bella mi direbbe di esprimere un desiderio. In quel momento sento bussare alla porta poi la maniglia si abbassa e sull’uscio compare Bella. “ho cambiato idea…” sorrido “entra” mi alzo dalla poltrona e mi accosto alle bandine del letto invitandola ad avvicinarsi. Sono nervoso e ammetto che il suo rifiuto mi aveva sollevato, ora che si trova davvero qui in questa stanza inizio a chiedermi come andrà a finire. Bella accanto a me fissa attonita la donna inerme nel letto. Il viso è leggermente gonfio ma bello e rosato come lo conosco. Gli occhi chiusi e le ciglia lunghe e folte. Ormai ho fatto l’abitudine alle flebo ed ai sondini che i medici le mettono e le tolgono alla necessità. Le mani sono curate voglio coccolarla come posso ma non indossa la fede perché anche le dita riportano lo stesso lieve gonfiore del viso. Stamattina ho chiesto ad un infermiera se mi aiutava a sistemarle i folti capelli castani ora raccolti in una lunga treccia. Bella è sbiancata e le sue mani tremano come le mie che sono terrorizzato mentre osserva il suo riflesso. “che scherzo è questo?”  una lacrima le scorre sulla guancia, un po’ per rabbia un po’ per paura. Non so cosa dire, vorrei abbracciarla, esserle vicino ma toccarla non mi è concesso. Forse sono solo un folle, forse per un anno mi sono cullato nelle mie allucinazioni perché non volevo dirle addio o forse dietro a questa pazzia c’è qualcosa di più. Certo, con i forse non si arriva mai da nessuna parte e a questo punto non posso andare più a fondo di così tanto vale tentare l’impossibile. “Ti chiami Isabella Maria Swan, un anno fa la vigilia di natale hai avuto un incidente” il suo viso è pervaso dal panico, tiene la bocca aperta come le togliessero l’aria e le guance sono umide di lacrime “a che gioco perverso stai giocando?” non ne ho idea so solo che devo restare in gioco quindi continuo imperterrito il mio discorso sperando di capire passo per passo dove arrivare “quel giorno dovevamo incontraci per comprare i regali di natale che ci saremmo poi scambiati a mezzanotte perché è così che l’avevi immaginato il nostro primo natale come marito e moglie” “sono bugie! Le parole di un folle!” indietreggia mi teme neanche fossi una belva feroce. “mi hai chiamato per avvisarmi che avresti fatto tardi perché era arrivato in ospedale un bambino di otto anni che si era rotto una gamba e mi hai raccomandato di cercare il tuo regalo mentre aspettavo ma niente mi sembrava quello giusto e quando sei arrivata non avevo ancora comprato nulla così ci siamo divisi, qualche battuta, una risata, un bacio e hai attraversato la strada” mi fissa sgomenta il suo viso una maschera senza espressione il mio distrutto dal dolore dei ricordi “da quel momento tutto quello che posso raccontare è la confusione, la gente che si accalcava attorno ad un corpo quasi fosse in atto uno spettacolo a cui non potevano non assistere, i medici, l’ambulanza e tutte le persone che facevano a gara per starmi accanto poi sparite quando tutto si è calmato, quando forse ne avevo più bisogno…” “tu sei un pazzo sadico!” “si è vero forse sono pazzo! Ma non mi resta altro!” in una mossa decisa mi colpisce in pieno viso e la vera follia è che sento il bruciore sulla pelle dolorante. “sig. Cullen tutto a posto?” mi chiede un infermiere entrando nella stanza. “si” Bella non c’è già più ed io fisso il vuoto. “è sicuro di stare bene?” “certo, stavamo per aprire i regali” dico cercando di apparire rilassato. “va bene, allora cercherò di fare in fretta” fa un breve controllo e come promesso velocemente mi ritrovo solo con mia moglie. Prendo il pacchetto rosso ed estraggo la sfera, la tolgo dal suo involucro e la poso sul comodino ma solo dopo averla capovolta per far scendere la neve che copre la bimba assopita e l’abete. “ è bella vero? Dalla tua espressione di questo pomeriggio credo di aver indovinato… sono solo in ritardo di un anno” rido amaro e cerco di trattenermi perché come dice sempre mio padre, un uomo non piange ma si fa forza e trova il modo di andare avanti. Mi massaggio la guancia,  ripenso allo schiaffo di poco prima  e mi chiedo cosa diavolo sto aspettando. Mi alzo, indosso il cappotto e mi sporgo sulla mia Bella addormentata per darle un bacio. Prima di uscire scuoto ancora una volta la palla di neve “ At Christmas everything is possible…” guardo mia moglie “fatti trovare amore”.
Quando esco dall’ospedale scopro che la neve ha ripreso a cadere, fa freddo e non ho idea di dove sto andando. Mi guardo in giro e la vedo, seduta sulla solita panchina forse ad aspettare me. “sapevo che prima poi saresti venuto qui” “perché mi aspettavi?” le chiedo sarcastico per provare ad alleggerire la tensione. “no. Ma a quanto pare sono costretta a girarti intorno” “allora questo è un bene per me” mi lancia uno sguardo stizzito ed io le siedo accanto in silenzio fino a che non è lei a parlare di nuovo. “ci ho riflettuto” “e?…” “sei pazzo, dovrebbero internarti ma…” rido è da lei. “ma?...” “ma…” è confusa lo sento, è come me la prima volta che l’ho vista. Prima mi sono chiesto se ero pazzo, poi ho pianto perché se la vedevo forse voleva dire che l’avevo persa davvero e infine ho semplicemente preso la cosa per come veniva, mi bastava averla accanto anche se in modo molto poco convenzionale. Sperando che lo schiaffo non fosse solo un accezione, senza troppe inutili parole e con il bisogno disperato di sentirla ancora le afferro il viso e l’attiro a me. La bacio, metto tutto il mio bisogno di lei, tutto il mio  amore, tutta la mia nostalgia. Non so come sia possibile ma sento il calore della sua pelle, la morbidezza delle sue labbra. Lei ricambia il bacio con passione e avidità. Si aggrappa a me quasi si volesse aggrappare alla vita. Ci separiamo solo quando affannati cerchiamo l’aria e riaprendo gli occhi lei non c’è più.
Una lacrima mi scotta la guancia fredda seguita da molte altre. Mi alzo dalla panchina, scrollo le spalle per far cadere la neve che mi si è depositata addosso, alzo il collo del cappotto per coprirmi e con una piccola corsa rientro. La porta si chiude alle mie spalle, sono tentato di voltarmi nella speranza di ritrovarla ancora seduta la fuori ma non lo faccio. Abbasso la testa sul petto, mi concedo ancora qualche lacrima prima di ricompormi poi infilo la mano in tasca per prendere il telefono e far sapere a mia madre che sono pronto a tornare a casa ma non appena lo afferro inizia a vibrare. “Sig. Cullen sono la dottoressa Young sua moglie…” “arrivo” senza lasciarle terminare la frase riattacco e con passo pesante raggiungo il piano e la stanza di Bella. Dall’interno sento arrivare le voci degli infermieri e della dottoressa Young che mi compare davanti uscendo “Sig. Cullen, perché non va a salutare sua moglie” i piedi ora mi sembrano mattoni, supero la dottoressa e cercando di farmi coraggio entro nella camera. Bella è nel suo letto i suoi occhioni marroni si guardano intorno poi incontrano la mia figura e finalmente sorride. Il suo sorriso è debole ma mi sembra il più bello di sempre. La dottoressa Young è al mio fianco “forse è vero a natale tutto è possibile”.
   
 
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