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Autore: NotFreddie    27/12/2013    3 recensioni
Per il compleanno di Sà, il mio amore *-*
“[...] Dentro la carta si nasconde un enorme libro rilegato in pelle rosso scuro con il titolo ‘This is us’ stampato nero e contornato d'oro. Louis lo apre, poco convinto, perché conosce i romanzi tutti smielati che legge Harry e, decisamente, quello non è il suo genere. Eppure, pur di non mostrarsi leggermente deluso, comincia a sfogliare il libro, scoprendo che è scritto a mano, che la scrittura è quella di Harry e che, a pagina numero cinque, c'è la loro prima foto insieme: è quella lì tutta storta perché Harry aveva insistito per scattarla lui, ma non ne era ancora troppo capace; quella lì che hanno scattato nel parco, seduti sull'erba, Louis a gambe divaricate e Harry in mezzo, con la testa sul suo petto.[...]”
Larry, Niam con accenni Ziam.
Dateci un'occhiata! ;)
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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This is us


ATTENZIONE, GENTE.

È molto importante che voi leggiate le note dell'autore a piè pagina.

Disclaimer: i personaggi qui riportati non mi appartengono. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro. Ogni riferimento a fatti realmente accaduti è puramente casuale.
Con questo mio scritto non intendo danneggiare, distorcere o offendere (l'immagine pubblica di) nessuno, né intendo diffondere le mie idee per usarle per una rivolta contro la Modest!Management.
Se siete omofobi, keep out! Non voglio insulti.
Se siete troppo giovani di età, vade retro! Le mie storie non possono essere lette da ragazzini, non lo sapete? E comunque io sono troppo giovane e cool (?) per poter andare in prigione :’3


E ora la parte seria:

A , per il suo compleanno, perché mi ama, perché mi rende sempre la persona più felice del mondo, perché vorrei che fosse qui, perché è la persona perfetta per me, perché mi ha cambiato la vita e l'ha migliorata un sacco.
Perché è un intero album di Ed, perché è ogni cosa bella della mia vita, perché è una cazzo di donna stupenda, lei, e meriterebbe molto di più, ma inspiegabilmente si accontenta anche solo di questo (e ‘anche solo di me’, oserei dire) ❤
Uhm, ti amo. E... buon compleanno, amore.





Harry ha cinque anni, quando tutto comincia. Quando un uomo senza sentimenti e senza cuore comincia a lasciargli segni indelebili sulla pelle e nell'anima, quando invece di preoccuparsi di come far guarire i lividi, dovrebbe preoccuparsi di quale gioco fare con i suoi amici il pomeriggio. Harry ha cinque anni quando il nuovo compagno di sua madre, Christopher Sullivan, picchia occasionalmente lei e ogni giorno lui, brutalmente. Harry ha cinque anni, quando tutto comincia.

«Prendi tutte le tue cose!» gli urla Anne dal piano di sotto e Harry comincia a raccogliere i suoi pochi averi in uno zaino: delle polaroid che ritraggono la sua stanza, dei giocattoli, il suo orsacchiotto di pezza da cui non si separa mai. Boo - questo è il suo nome - lo guarda con i suoi occhi azzurri come a chiedergli di non portarlo via da lì ed Harry, piangendo e facendo ciao ciao con la manina paffuta ai muri ancora ricoperti di carta da parati, pensa amareggiato che anche lui non vuole andarsene da lì: si stanno infatti trasferendo a York, perché Christopher continua a dire che un taglio netto sarà più facile da guarire, anche se Harry non è sicuro che i tagli netti sulla sua pelle guariscano più in fretta. Si stanno trasferendo a York, per fingere di essere una famiglia felice.
Per tutta la durata del viaggio Harry ha pianto silenziosamente per non dare fastidio a Christopher, stringendo al petto il suo Boo, rannicchiato sotto la sua trapunta preferita, cercando di calmarsi. Sente un buco in mezzo al petto, lasciare Londra è sconvolgente.
Arrivati a York, passano con la macchina davanti ad un parcogiochi pieno di bambini, mamme, nonne ed Harry rimpiange di non essere andato dai nonni l'anno prima: adesso starebbe molto meglio. Anne gli promette che qualche volta lo porterà al parco e, quando si gira indietro per guardarlo, Harry rabbrividisce: la sua mamma ha ancora un occhio nero dall'ultima volta.

La nuova camera è grande, fredda e triste: ad Harry non piace per niente. Comincia a girare per la stanza, tastando il parquet a terra in cerca di una botola per nascondere le sue cose mentre non è a casa: ha troppa paura che Christopher gliele rovini o gliele butti, come aveva fatto con alcuni suoi disegni e con un suo giocattolo, misteriosamente frantumato in tanti piccoli pezzettini. Quando riesce ad alzare delle assi di parquet, scoprendo un posto abbastanza grande per nasconderci dentro anche Boo, sorride: quella casa comincia a piacergli.
Poi rimette il pavimento a posto e apre il suo zaino. Nella tasca anteriore ha una rotella di scotch e con quello, piangendo ancora un po', attacca al muro completamente bianco le polaroid e alcuni suoi disegni, quelli che gli piacciono di meno. Tutto il resto lo nasconde nella botola, proprio mentre la mamma lo chiama per andare a giocare al parco.

Appena varcato il cancello di ferro, Harry si dirige verso la casetta di legno, semideserta. Dopo una mezz'oretta la porta della casa si spalanca, rivelando sulla soglia un bambino con dolci occhi marroni e capelli castani, che «sono Liam Payne» si presenta ‘come un vero ometto’ e «ho sette anni» aggiunge, sorridendo dolcemente nella direzione di Harry. Quando anche il più piccolo sorride, facendo comparire delle fossette sulle sue guance, Liam gliele tocca con un dito, esclamando che sono troppo tenere.
Harry sta per presentarsi a sua volta, quando un altro bambino compare nella casetta, spuntando timidamente da dietro le spalle di Liam: ha grandi occhi blu come l'oceano e folti capelli biondi. «Lui è Niall Horan» annuncia Liam, indicando l'altro bambino con una mano «è irlandese, ed è mio amico» sussurra, come se fosse un segreto tra loro tre e «io sono Harry, invece, e ho sei anni. Sono appena arrivato da Londra» annuncia il più piccolo, arrossendo.
La porta della casetta si spalanca di nuovo e stavolta entra un bambino alto, con una maglia a mezze maniche e dei bermuda rossi anche se fuori è pieno inverno e «sono Louis, ho otto anni, sono il più grande qui» annuncia fiero. Il riccio nota che ha gli occhi azzurri come quelli del suo Boo, ma più belli: quelli di Louis ridono, sono impressionanti. Poi il più grande fa un sorrisone e corre verso di lui, abbracciandolo di slancio; Harry si irrigidisce subito al contatto con l'altro perché ha paura che possa fargli male come Christopher e Louis, vedendo che Harry si è letteralmente congelato tra le sue braccia, lo stringe un po' più forte, cominciando ad accarezzargli piano la schiena e «tranquillo, piccolo, non ti faccio del male» sussurra, accarezzandogli anche i capelli. Si abbracciano per due minuti buoni, poi il più grande si stacca. Gli tiene ancora una mano, come se non volesse lasciarlo andare via. E ad Harry, questa cosa, pare bellissima.

***

Harry entra nel parcogiochi, come tutti i pomeriggi da tre anni a questa parte. Nonostante siano cresciuti tutti, a questo punto della giornata si ripete sempre la stessa scena: Louis fa qualche passo verso il cancello, fermandosi ad un paio di metri dall'entrata e allarga le braccia, in attesa, con un sorriso enorme dipinto sulle labbra. Harry comincia a correre verso di lui che, non appena ne sente il corpo quasi a contatto col proprio, lo prende in braccio e lo fa girare forte con le gambe sbalzate in fuori, le guance in fiamme e il viso sepolto da qualche parte sul suo petto. Poi lo fa scendere e, guardandolo teneramente negli occhi e tenendolo stretto al suo corpo, gli sussurra un ‘bentornato, piccolo’ per poi dargli un bacio sulla punta del naso. A questo punto - ma solo a questo punto - possono andare a cercare Liam e Niall.
Da quando Harry ha conosciuto Liam, Niall e sopratutto da quando ha conosciuto Louis, le cose per lui sembrano andare decisamente meglio: lui è felice della sua vita, non smette mai di sorridere e perfino Christopher sembra meno accanito del solito con lui e Anne.

«Lo so che sei stato tu» queste sono le prime parole che Harry sente dire a Christopher dopo una giornata che non si vedono: sono spariti dei soldi dal suo portafogli. Il minore prova a spiegare che non c'entra niente, ma l'uomo non vuol sentire ragioni: quella sera Christopher picchia Harry così forte da lasciarlo a terra ancora sanguinante.
Nessuno va a curarlo.
Il riccio riesce a rialzarsi, dolorante, la vista un po' annebbiata a causa del sangue che, copioso, gli scorre da un taglio sul sopracciglio destro, le costole che sembrano andargli a fuoco e in testa un solo pensiero: andare al parco. È ancora presto, Louis sarà sicuramente lì, visto che non ha mai nessuno da cui tornare, a casa, la sera: i suoi genitori sono sempre all'estero per lavoro.
Non appena Harry varca il cancello di ferro del parco, sente le gambe farglisi molli come gelatina e cedere per il troppo sforzo.
Un attimo prima che le sue ginocchia tocchino rovinosamente il suolo, sente due braccia stringerlo come se fosse la cosa più preziosa del mondo ed una voce sussurrare ‘tranquillo, piccolo, sono qui’.

Louis alza gli occhi verso il cancello nel preciso momento in cui Harry sta per cadere. Questa volta è lui a correre. E anche forte.

In un attimo il parco si è svuotato completamente: da che c'erano decine e decine di famiglie, è rimasto solo Louis seduto su una panchina con Harry rannicchiato su di lui, incurante del bruciore alle costole, l'orecchio sinistro poggiato sul suo cuore.
«Harry...» dice il più grande, con le lacrime agli occhi. Il sangue che esce dal taglio sulla fronte del minore non si è ancora fermato e nel frattempo ha sporcato la maglia di Louis. «Ti porto in ospedale, andiamo» mormora con voce strozzata, nel panico più totale, ma «no, Lou, lascia stare...» lo prega il riccio, accoccolandosi ancora di più sul suo petto. «Allora vieni da me» propone il più grande e «no, ho paura che al mio ritorno Christopher reagisca ancora peggio...» ammette Harry, tremando al solo pensiero.
«Puoi restare con me anche per sempre, se vuoi» gli assicura ingenuamente Louis, lasciandogli un tenero bacio sul naso, sporcandosi un po' di sangue. Il riccio diventa tutto rosso, mentre «Lou...» mormora commosso e poi gli accarezza con un dito le labbra bagnate del suo stesso sangue per pulirgliele. «E comunque non ho preso Boo» conclude, lapidario. «Chi è Boo?» chiede Louis, curioso, e «è il mio orsacchiotto di pezza, ha gli occhi azzurri...» mormora Harry, con lo sguardo incatenato a quello dell'altro, poi «come i tuoi» constata, sorridendo dolcemente. «Lascia che sia io il tuo Boo, stanotte» dice Louis, alzandosi con ancora Harry in braccio e portandolo con sé.

Harry si risveglia tra le braccia di Louis a causa del dolore alle costole. Comincia a comprimere le ossa con le mani, ottenendo solo di acuire il dolore. Un gemito sfuggitogli dalle labbra, fa svegliare Louis che «che hai?» domanda, allarmato. «Uhm... Le co... stole...» balbetta Harry, in preda al dolore, mentre una mano di Louis va a posarsi sulle sue, accarezzandone lentamente il dorso con il pollice. «Chiamo un medico» dice il maggiore, mentre già sta componendo il numero, per poi posargli un bacio sulla fronte e «non ti lascio, cucciolo» assicurare, accarezzandogli i ricci e, successivamente, baciandolo sulla fronte.

***

«Tra un'ora potrete entrare, cari» dice un'infermiera, sorridendo a Liam, Louis e Niall. In mezz'ora che sono stati lì, già ha portato loro qualcosa come mezzo chilo di cioccolatini.
Louis la insegue mentre va via e si allunga a sussurrarle qualcosa nell'orecchio. La donna annuisce, poi alza il pollice destro in segno di approvazione: è un'amica di Jay.
Mezz'ora dopo i tre sono già dentro la stanza di Harry.
«Ehi, Lou, noi dobbiamo andare» dice Liam dopo un po', prendendo Niall per mano, che «si, dobbiamo proprio scappare» aggiunge, in tono pieno di significato. I due escono, correndo via, e Louis si siede sul letto: improvvisamente ha voglia di abbracciare Harry. Si allunga verso il torace del più piccolo, posizionandosi tra il braccio sinistro e il suo tronco. Ha la testa poggiata sul suo cuore, che può sentire battere sonoro e cadenzato, quasi come una melodia. Pian piano gli occhi gli si chiudono e Louis sprofonda in un sonno tranquillo, tra le braccia di Harry.

***

«Allora noi andiamo un po' a casa, ci facciamo una doccia e torniamo qui, okay?» promette Louis, lasciando poi un bacio sul naso di Harry, che annuisce, un po' triste. «Tu dormi, che quando ti svegli sarò già qui a coccolarti» aggiunge il più grande, spingendo fuori dalla stanza Liam e Niall. «Lou?» pigola Harry, con le guance rossissime e «che c'è?» domanda l'altro, curioso. «Ti voglio bene come fanno i grandi» confessa, serissimo. Louis torna indietro verso di lui e giura a se stesso che non lo lascerebbe mai più, starebbe lì con lui per tutta la vita, ma deve proprio andare. Così, si limita a lasciargli un bacio con tanto di schiocco sulla fronte e «anch'io, piccolino» risponde, facendogli un sorriso enorme. Poi scompare oltre la porta bianca, perdendosi nelle viscere dell'ospedale.


La finestra della camera di Harry, come avevano previsto, è aperta; la signora Styles è in camera sua a riposare e Christopher è al lavoro. Cercando di fare meno rumore possibile, chiudono a chiave la porta della camera di Anne, poi svuotano la camera di Harry: Liam toglie le cose dalle pareti; Niall raccoglie i giocattoli, i quaderni, ogni singola cosa presente nella stanza e Louis invece cerca la famosa botola di cui Harry gli aveva parlato in un momento di dolcissima malinconia, mentre erano avvinghiati l'uno all'altro nel tentativo di confortarsi a vicenda. Trovatala, la svuota e ne mette il contenuto in uno zaino. Poi, sentendo la porta principale aprirsi, scappano dalla finestra da cui sono entrati e corrono velocissimo per mettere quanta più distanza possibile tra loro e Christopher.
Arrivati ad un'aiuola, Niall si butta sull'erba e si sdraia, sfinito, mentre Liam gli si siede accanto. «Dai, ragazzi, vi prego!» pigola Louis, in preda all'ansia: vorrebbe già essere lì in ospedale, sta pensando ad Harry, da solo, senza nessuno che lo faccia ridere o che gli accarezzi i ricci e gli viene da urlare. Liam è il primo ad alzarsi, poi dà una mano anche a Niall e, stringendo entrambi i suoi amici in un abbraccio, mormora un ‘diamoci una mossa’ nei capelli di Louis.


«Harry? Harry, svegliati, dai...» mormora Liam qualche minuto dopo, scuotendo il più piccolo dolcemente per un braccio. Louis è nascosto dietro Liam e Niall e tiene Boo stretto al suo petto, cercando di fare una sorpresa al suo Harry che, svegliatosi, si stropiccia gli occhi ancora un po' assonnati e «dov'è Lou?» pigola guardandosi intorno, con voce assonnata. Il più grande non può far altro che sorridere, perché Harry ha subito chiesto di lui e, diamine, vorrebbe saltare fuori infischiandosene di Boo e la sorpresa e di quello che hanno rischiato per far felice Harry e saltare addosso al ricciolino e riempirlo di baci sulle guance piene fino a consumargli la pelle, invece rimane zitto zitto dietro le schiene degli altri due che vuotano - come da copione - i loro zainetti con tutti 'gli averi' di Harry, il cui pensiero corre subito a Christopher e Louis nella stessa stanza e «oh, no, Lou...» piagnucola il minore, scoppiando a piangere. «Haz...» mormora Louis, che al suono dei singhiozzi del più piccolo è subito uscito dal suo nascondiglio e gli si è seduto accanto, porgendogli l'orso di pezza.
«Vattene!» urla Harry e, davvero, non sa perché lo abbia detto, perché è solo maledettamente felice che Louis sia lì davanti a lui e non in un lago di sangue a causa della mano troppo pesante di Christopher, eppure ha avuto così tanta paura di perderlo che vorrebbe picchiarlo per la paura che gli ha fatto prendere. «Ma... Harry...» balbetta Louis, cercando di farlo ragionare, ma quello «no! VATTENE!» sbraita ancora, fuori di sé, cercando di respingerlo poggiandogli le mani sul petto e dandogli dei piccoli pugni, nonostante il dolore che sente alle costole, nonostante abbia solo voglia di farsi abbracciare e stringere dall'altro. «Non farmi mai più uno scherzo del genere, capito?! Io ho avuto una paura matta di perderti, Louis, tu non puoi nemmeno immaginarlo!» sputa, inviperito. Si sa che la paura impedisce di ragionare correttamente e questo vale anche per lui. «Harry, smettila, o ti farai male...» mormora il più grande - mentre l'altro ancora si agita e gli urla contro - cercando di tenergli ferme le mani e, quando finalmente riesce a bloccarlo stringendogli forte i polsi, lo bacia teneramente sulle labbra, troncando il discorso del bambino, come ha visto fare a dei ragazzi nelle aree più nascoste del parco. Poi lo fa stendere sul lettino e quando Harry «perché?» chiede, arrossendo leggermente sulle guance, Louis «perché non la smettevi più di parlare e seduto così ti potevi fare del male e io non volevo che tu stessi male e...» risponde, prima che Harry si alzi in un nanosecondo - il dolore è scomparso, ormai - e lo bacia sulle labbra, restando fermo lì per qualche secondo. «Non la smettevi più di parlare, Lou» mormora, imitando l'altro, che «mi piace questo modo di zittire le persone» sussurra, come se stesse dicendo un segreto, ancora fermo sulle labbra di Harry che «si, anche a me» dice a sua volta, malizioso, mentre l'altro lo fa stendere per l'ennesima volta sul letto e gli rimbocca le coperte e gli accarezza le guance e le labbra con le dita e sente di impazzire perché, ehi, quello è il suo cuore o un martello pneumatico? E da quando in qua Harry gli fa provare tutte queste sensazioni? È questo l'amore, forse?

***

Sono passati quasi sei anni da quando Harry è andato a vivere da Louis, ma in quei sei anni nessuno l'ha mai cercato, né Christopher né, tantomeno, sua madre. Ogni tanto Harry pensa a come sarebbe tornare a casa da lei e abbracciarla anche solo per qualche secondo, sussurrarle un ‘ti voglio bene’ veloce e correre via prima che Christopher ritorni, ma, con un enorme groppo in gola che quasi lo fa soffocare, è costretto a constatare che non lo farà mai: probabilmente Christopher ha fatto sì che Anne lo odi.
Sono passati quasi sei anni da quando Harry è andato a vivere da Louis e in quei sei anni i signori Tomlinson si sono visti con loro figlio si e no tre volte. Tutte e tre le volte per qualche minuto, s'intende. Harry ricorda che i primi tempi, quando ancora lui e Louis dormivano in stanze separate, sentiva il più grande piangere ogni notte, nella speranza che loro ritornassero a casa.

Inizio flashback.

Dopo due settimane di convivenza Harry si intrufola in camera di Louis per consolarlo, una notte in cui i singhiozzi sono troppo forti per essere ignorati. Quando Louis sente la porta della sua camera aprirsi, sussurra un flebile ‘mamma?’ che per poco non fa piangere anche lui, che «no, Lou, sono Harry...» confessa, a disagio: non vuole che l'altro lo mandi via. «T-ti ho svegliato?» chiede il più grande, tirando su con il naso e «mi dispiace, Haz, scusa...» continua, mortificato, mentre «no, Boo, ero già sveglio...» si affretta a dire Harry e «posso dormire qui, con te, stanotte?» gli chiede, già a metà strada verso il suo letto. Il maggiore solleva un lembo di coperta ed Harry ci si tuffa quasi dentro, accogliendolo tra le sue braccia. Lo lascia sfogare e piangere tutte le lacrime che ha in corpo, sussurrandogli uno “shh” di tanto in tanto, sfiorandogli la fronte con le labbra o raccogliendo qualche lacrima dai suoi zigomi.
«Mi manca, mi manca...» ripete Louis, stringendolo di rimando: sembra così piccolo, adesso che tutta la sua forza si è dissolta. Distrattamente Harry si chiede perché di notte siano tutti così vulnerabili.
Notte dopo notte Louis, rannicchiato al fianco di Harry, capisce che non ha bisogno di loro, se loro non hanno bisogno di lui (e se ha Harry al suo fianco).

Fine flashback.


***


“Senti, ci vediamo tra una mezz'oretta da Starbucks, okay?”
«Perfetto. Saluta anche Niall!»
“Ti saluta anche lui, ciao”
Harry chiude la telefonata e blocca il telefono, sentendo dei passi sulle scale: è il ventiquattro novembre e lui sta organizzando insieme a Liam e Niall la festa a sorpresa per il compleanno di Louis, tra un mese esatto.
Louis rientra nella camera che condivide con Harry portando due tazze di cioccolata calda tra le mani e «ehi, ti ho portato la cioccolata calda» annuncia, appoggiando le due tazze sulla scrivania. Harry si alza dal letto, blocca il telefono e gli si avvicina piano, abbracciandolo. «Grazie, Boo» sussurra, per poi baciargli una spalla e staccarsi da lui per cominciare a bere la sua bevanda. Louis rimane tutto il tempo a fissarlo, sorridente, finché Harry non posa la sua tazza sul piano di legno, prende il viso di Louis tra le mani e gli bacia il naso, con gli occhi sorridenti. Poi guarda l'orologio e, vedendo che è quasi ora per andare da Starbucks, gli fa una carezza sulla guancia mentre «Boo, devo andare. Ci vediamo tra poco, okay?» Poi prende il cappotto ed esce, felice.


«Chi era?» la voce di Niall accompagna il breve tragitto che la mano di Liam compie per poggiare il telefono sul letto dove entrambi sono seduti. «Harry» risponde pigramente il castano, facendo segno a Niall di sedersi sulle sue gambe e «che voleva?» chiede curioso il più piccolo, arrampicandosi sulle gambe dell'altro, che «tra una mezz'ora da Starbucks per organizzare il compleanno a Louis. È il diciottesimo e i suoi saranno fuori, come sempre» aggiunge, sintetico, avvolgendo il corpo del biondo con le braccia. «Allora abbiamo ancora un po' di tempo» riflette Niall, accoccolandosi sul petto di Liam, che «tutto quello che vuoi» gli risponde, intrecciando una mano a quella dell'altro.


«Io propongo di farlo al Black Swan, mi pare che sia un bel posto...» propone Liam, bevendo un sorso del suo caffè americano. «No, dai...» protesta debolmente Harry, vergognandosi della sua idea, patetica e troppo romantica.
«E se andassimo all'Ushuaïa?» propone Niall, masticando il suo muffin e guardando verso Harry, che «no, troppa coca, lì dentro» sentenzia, gelido.
«Allora dicci tu» sputa fuori acidamente Liam, al limite della pazienza: quello è tipo il sesto locale che propongono.
«Avevo pensato un picnic al parco dove ci siamo conosciuti... Alla casetta...» mormora timidamente il riccio, arrossendo incredibilmente e nascondendosi dietro la sua tazza di tè.
«Okay, non mi sembra male, ma dove le metti tutte le persone che conosce Lou nel parco, alla casetta, Harry?» domanda ancora il più grande, alzando sarcasticamente un sopracciglio e «pensavo fossimo solo noi quattro, Lee...» gli risponde l'altro, a mo' di scusa.
«Oh. Okay» mormora stupito Liam, mentre Niall annuisce vigorosamente.
I tre escono dal locale, felici dell'idea.


Due settimane dopo l'appuntamento di Harry, Liam e Niall da Starbucks, il riccio torna a casa dal bar in cui lavora per qualche giorno alla settimana. Continua ad avere la strana sensazione di essere seguito, ma si convince che sia solo qualche clochard in cerca di soldi per mangiare.
Finché non si sente tirare forte per i capelli.
Christopher sorride, mentre trascina il figliastro in Shakespeare street, stringendo saldamente i suoi capelli. Aveva giurato a se stesso che l'avrebbe trovato e che gliel'avrebbe fatta pagare, ed ecco che il Destino gli dà ciò che aveva chiesto. Mentre gli assesta il primo pugno, pensa a quando ha detto ad Anne che Harry era morto, non che era scappato di casa e che era tornato per riprendersi le proprie cose, e a quando la donna aveva urlato così forte che gli aveva quasi spaccato i timpani per poi chiudersi in camera sua, senza mai più uscirne. E ride, Christopher, di una risata folle ed oscena, mentre osserva il frutto del suo lavoro: un Harry sanguinante e moribondo accasciato sul marciapiede, un Harry che implora pietà prima di svenire ‘come una femminuccia’. E Christopher pensa che gli spiace troppo doversi trasferire per non farsi trovare dalla polizia, ma almeno ha avuto la sua vendetta: a Christopher Sullivan non si sfugge.

Harry sente solo un dolore intenso spargersi prima per tutta la testa, poi lungo il corpo, specialmente lungo la parte destra, quella su cui Christopher si sta accanendo di più. Deboli proteste escono dalla sua bocca piena di sangue, vani tentativi di respingere i colpi del suo patrigno arrivano dalle sue membra intorpidite e pulsanti di dolore, pensieri sconnessi che hanno sempre per protagonista Louis percorrono la sua mente annebbiata. Poi tutt'a un tratto, Harry sviene, il buio lo avvolge completamente e gli fa dimenticare ogni cosa. Christopher lentamente smette di colpirlo, si ricompone e, dopo avergli sussurrato un ‘finalmente hai avuto ciò che meritavi’, va via.

Una fitta di dolore al ginocchio destro fa risvegliare Harry dall'incoscienza: immediatamente pensa che deve chiamare Louis, la mente stranamente lucida e i sensi stranamente acuiti.
Con movimenti sconnessi e a scatti riesce a recuperare il telefono e, mentre la tastiera gli balla davanti agli occhi, spera con tutte le sue forze di aver composto il numero giusto.
“Harry? Che succede, piccolo?” domanda allarmato Louis, colto di sorpresa dalla telefonata.
E, se solo non stesse così male, il riccio tirerebbe un sospiro di sollievo invece di sputare debolmente il sangue che gli riempie la bocca, sperando vivamente che non ci sia qualche dente in quella poltiglia densa e rossastra da far schifo, per poi masticare un'imprecazione.
“Haz...?” pigola Louis con voce lacrimosa e Harry già sa che di lì a poco comincerà a piangere.
«Lou... Vieni qui, ti prego...» mormora Harry incespicando nelle parole, non potendo fare di meglio, mentre Louis è già sceso in strada e “dove sei?” ha chiesto con voce ansiosa.
«Una traversa di... Kendall street» biascica il più piccolo, prima di svenire. Di nuovo.

Louis finalmente (dopo essere stato in almeno dieci traverse diverse di Kendall Street) arriva in Shakespeare Street in lacrime, col fiatone e la paura che sia troppo tardi nel cuore a divorarglielo. Nota un ragazzo accasciato per terra, dolorante, sanguinante e spera con tutte le sue forze che non sia il suo Harry.
Avvicinandosi, la sua speranza è costretta a svanire. Si precipita sul ragazzo, accarezzandogli i capelli e inginocchiandosi accanto a lui, le lacrime ad offuscargli la vista. «Harry... Harry...» Il ragazzo non risponde, ma apre un pochino gli occhi pieni di lacrime e sangue. Il più grande gli bacia il naso e poi le labbra, a stampo, perché sente che quella è la cosa giusta da fare in quel momento. Sente che l'amore salverà Harry, indipendentemente da ogni altra cosa. «Chi è stato, piccolo?» chiede ancora Louis, che ormai ha cominciato a piangere: non può perdere Harry così, semplicemente non può. Con le ultime forze rimastegli, il minore mormora un «C... Christopher...» e, alzando un braccio, arriva ad asciugare le lacrime sul volto di Louis, quasi scuotendo la testa, mentre quest'ultimo stringe i pugni così stretti che le unghie gli lasciano il segno nella pelle dei palmi. Poi, con mani tremanti, raccoglie il cellulare di Harry da terra, sporco di sangue e sudiciume, e con quello chiama un'ambulanza. I pochi minuti che il mezzo impiega per arrivare nel vicolo gli sembrano un'eternità.


«Spostati, ragazzo, SPOSTATI!» urla uno dei dottori che spinge la barella su cui c'è Harry. «No, vi prego... No... Lasciatemi entrare...» mormora Louis, mentre un altro esce dalla piccola folla intorno alla barella e lo prende di peso, portandolo via. «Come ti chiami?» chiede il medico una volta arrivati in una sala d'aspetto e Louis lo guarda per la prima volta: avrà si e no trent'anni, ha un sorriso così luminoso da risultare disarmante e due occhi che sembrano fatti di mare in tempesta. «L-Louis...» mormora il più piccolo sotto shock, mentre «sono il dottor Marshall» gli dice quello e «devi scusare il dottor Cook, ogni tanto è un po' burbero...» aggiunge, sorridendo timidamente. «Non mi interessa. Se questo serve a salvare Harry, non importa, può trattarmi anche peggio» afferma amareggiato il castano. «Vuoi molto bene a... Harry, vero?» chiede il dottore e «più del necessario, secondo alcuni. Non abbastanza, secondo altri. Io lo chiamo amore, e dico che non si può quantificare, né tantomeno giudicare» Il dottor Marshall sgrana leggermente gli occhi, prima di «q-quanti anni hai, Louis?» chiedere, leggermente sorpreso. A quella domanda, Louis sorride, sornione e «diciassette» risponde tranquillo, poi «da nove conosco Harry. Da sette viviamo insieme, è complicato. Non sono sicuro di amarlo proprio... In quel senso, ecco, però... Abbiamo un rapporto... Speciale?» conclude, titubante, mentre «capisco» mormora il medico, annuendo. «Io devo scappare, Louis, ma ci vediamo presto, okay? In bocca al lupo» dice il maggiore, allontanandosi: tutto quell'amore che facilmente legge negli occhi del ragazzo lo disorienta.

Louis si accascia contro il muro, fissandosi le mani ancora sporche del sangue di Harry. Sfregandosele febbrilmente sul jeans per cercare di eliminare almeno una piccola parte della patina rossa che gli ricopre la pelle, prende il telefono e chiama Liam. Ha bisogno di aiuto, senza Harry non ce la fa.


Liam corre attraverso i corridoi bianchi dell'ospedale, arrivando al secondo piano in pochi secondi.
Trova Louis accasciato per terra, che si fissa le mani completamente rosse di sangue. «Lou!» lo richiama, avvicinandosi cautamente a quello che alza solo la testa, fissandolo con uno sguardo da cucciolo impaurito. «Ehi, Lou, è tutto okay, davvero...» prova a rassicurarlo, ma vede che gli occhi azzurri dell'amico si stanno velocemente riempiendo di lacrime e non sa davvero che fare, quando «ragazzi!» urla qualcuno, correndo, e Liam viene sommerso qualche secondo dopo da uno degli abbracci mozzafiato di Niall, che «sono arrivato in tempo» dice, sollevato. «Adesso ci penso io» assicura ad entrambi ed entrambi sanno, nel profondo, di essere al sicuro.

***

«Voi siete parenti del signor Styles?» domanda il dottor Cook, passandosi una mano tra i capelli bianchi. «Sono suo fratello» esclama Niall, poi «lui è il suo ragazzo» indica Louis e «e lui è il mio» indica Liam, ancorato al suo petto, mentendo meglio di un qualsiasi attore. «Bene, il signor Styles ora è stabile. Ha le ossa del braccio destro e delle costole incrinate, il ginocchio destro fratturato che purtroppo dovrà guarirsi da solo e una lieve commozione cerebrale già rientrata che sicuramente non darà problemi. L'unico problema rimane l'occhio destro» annuncia con voce grave mentre il lieve sorriso di Louis scompare all'istante. «Stimiamo che nel migliore dei casi il paziente potrebbe perdere parte della vista, ma non è detto che la cura che stiamo applicando non riesca a salvarlo, in ogni caso bisogna aspettare» ammette gravemente Cook, per poi andare da una famiglia poco più in là.
Dopo che il medico ha pronunciato appena qualche parola, la donna sembra dapprima congelarsi sul posto, poi risvegliarsi, prorompendo in un urlo e in un pianto dirotto, inconsolabile. Louis, perdendosi a guardare quel dramma, pensa che, tutto sommato, poteva andare anche peggio. Non deve perdere la speranza, Harry starà bene. Eppure, non può fare a meno di pensare che il più piccolo non merita di perdere la vista per colpa di uno stronzo come Christopher.
Louis non è mai stato una persona molto religiosa o devota, anzi. Non ha mai creduto in Dio o roba del genere, ecco, né tantomeno nell'efficienza delle preghiere. Ha sempre creduto che, come diceva quel filosofo greco molto famoso, ‘gli dei o sono malvagi o sono impotenti’, perché proprio non riesce a spiegarsi come possa Dio - o chi per lui - stare senza fare nulla per aiutare le persone sofferenti. Eppure per Harry, Louis comincia a pregare, aggrappandosi a qualunque cosa pur di fare qualcosa, ripescando vecchie formule imparate da sua nonna quando era solo un bambino. Si alza dal pavimento dove nel frattempo si era accasciato e, con passo malfermo, esce dall'ospedale. Mentre cammina prega un Dio in cui non ha mai creduto di far guarire l'occhio di Harry, la persona più buona del mondo e quella che merita di meno questa disgrazia, nonché persona più importante della sua vita.
Correndo, arriva ad una piccola collina alla periferia nord della città, si posiziona in modo tale da avere tutta York ai suoi piedi, prende un bel respiro ed urla con tutta la forza che ha nei polmoni fissando la struttura bianca dell'ospedale che spicca in mezzo alle case della città. Urla perché la vita è ingiusta; urla perché se Dio è puro amore, come può permettere che ad una persona come Harry succeda ciò?; urla perché non crede alle storie de ‘il dolore è grato a Dio e ci avvicina a Lui’; urla perché aveva giurato a se stesso che Harry sarebbe stato bene, con lui, e invece non è riuscito a tenerlo al sicuro; urla perché non possono sempre essere tutte coincidenze; urla perché non trova Christopher; urla perché è arrabbiato con chiunque, ma sopratutto con se stesso; urla perché non può fare niente se non urlare; urla perché sa che non saranno le preghiere a salvare Harry; urla perché la sua mente continua a ricordargli quanto sia colpevole, in tutta questa storia; urla perché il dolore gli sta dilaniando l'anima, il cervello, il cuore e le viscere; urla perché gli stanno scoppiando i timpani per le urla lancinanti e i capillari del volto per lo sforzo; urla perché ama Harry, ma lui potrebbe non riuscire mai a saperlo. Le sue urla si spengono in un gorgoglio osceno, che fa accapponare la pelle: poi Louis si volta, scende dalla collinetta e torna all'ospedale. Nella sua mente ha già inventato altre tre preghiere.
Harry rimane in ospedale per otto giorni. Louis non può fare a meno di accarezzarlo, confortarlo, forse proprio perché lui stesso ne ha bisogno. Liam e Niall cercano di lasciarli soli il più possibile, ma anche loro hanno bisogno di stare vicino ad Harry.

«Bene, ragazzi, dovrei fare una cosa con Harry, dovremmo essere da soli» annuncia il dottor Cook, controllando distrattamente la cartella clinica del riccio che, spaventato, rivolge un'occhiata implorante a Louis. «Mi scusi, dottore, potrei restare almeno io?» chiede quest'ultimo in tono sommesso, proprio mentre Liam e Niall escono, tenendosi per mano e «si» dice tranquillamente il dottore, distogliendo lo sguardo dalla cartella tra le sue mani e puntandolo negli occhi ghiacciati di Louis. Pensa che anche se quel Niall non gliel'avesse detto, avrebbe capito subito che Harry e Louis stanno insieme: tutto quell'amore negli sguardi, nei gesti, nelle parole, nelle azioni fa subito intuire la natura del loro rapporto. Quei due ragazzi si amano, questo è poco ma sicuro: in poco meno di sessant'anni di vita, non ha mai visto due persone amarsi così tanto.
«Adesso togliamo la benda all'occhio, si?» propone, impaziente.
Con lentezza sfila la benda dalla testa del ragazzo, intimandogli di aprire l'occhio destro e chiudere il sinistro. A Louis l'ansia fa contrarre lo stomaco e sudare le mani, mentre Harry strizza la palpebra per la troppa luce e perché, cazzo, sono passati dei fottuti secondi e lui ancora non ci vede e Louis gli stringe una mano e il dottore scuote impercettibilmente la testa, quando «non ci vedo» annuncia allarmatissimo il riccio.
Nella sua mente Louis sta urlando già da due minuti, insultando quel dio in cui ora è ovvio che non crede, perché la sua scarsa attenzione nell'ascoltare le preghiere che gli ha rivolto dimostrano una sola cosa: che non esiste. O che, se esiste, non è affatto buono. Perché un essere buono non farebbe mai una cosa del genere ad Harry, che proprio adesso sta sbattendo le palpebre in cerca di un piccolo miglioramento, finché il dottore non richiude la cartella clinica con un gesto esasperato e fa per andarsene, quando «CI VEDO!» urla Harry, con entrambi gli occhi allagati di lacrime. E Louis si pente subito di tutti i suoi pensieri, mentre il riccio si rifugia nell'incavo del suo collo e il dottore esce dalla stanza, soddisfatto, mentre «torno tra dieci minuti per controllare il ginocchio» dice, capendo la loro esigenza di stare un po' da soli. E piangono insieme, Harry e Louis, mentre il primo si spalma addosso al secondo, quasi voglia essere inglobato nella sua carne, quasi voglia arrivare fino alla sua anima e restare lì per sempre.
«Adesso proviamo a vedere come sta il ginocchio, Harry, alzati, per piacere» sillaba il dottore, rientrando nella stanza e prendendo posto in un angolo. «Cammina verso di me, vediamo se ci riesci» continua, mentre Louis aiuta Harry ad alzarsi e lo fa appoggiare con la schiena al suo petto per muovere i primi passi. Il riccio carica tutto il peso sulla gamba sinistra, quella sana, perché non è sicuro che quella destra lo reggerà. Pian piano alza il piede destro e lo fa arrivare davanti al sinistro ma, appena lo poggia per terra, la gamba cede sotto il suo peso e Harry si accascia su se stesso, come un sacco improvvisamente vuoto. Le braccia di Louis immediatamente gli impediscono di rovinare a terra e il più piccolo lo ringrazia con un'occhiata piena di gratitudine e paura: sente che non riuscirà mai più a camminare.
«Ancora» ordina autoritario il dottor Cook ed Harry ci riprova: col fiatone e il cuore che sembra volergli uscire a tutti i costi dallo sterno, carica tutto il peso sulla gamba sinistra, si regge saldamente alla mano di Louis, guarda quegli occhi incoraggiarlo prima di spostare il piede destro in avanti ed ottenere lo stesso risultato di prima.
«Bene così» concede il medico, prima di «ripasserò domani» dire, avvertendo i ragazzi e uscire lentamente dalla porta. Louis solleva agilmente Harry, prendendolo in braccio e stringendoselo forte addosso. Una volta dentro il letto, «non camminerò mai più» gli confessa il riccio sull'orlo di una crisi isterica e «non dirlo nemmeno per scherzo, Harry» lo ammonisce Louis, guardandolo truce. «Smettila» ordina ancora, proprio prima che il riccio continui a parlare e asciugandogli le lacrime che gli scorrono giù dagli occhi. «Tu starai bene» promette, prima di lasciargli un timido bacio sulle labbra, per rafforzare il valore delle sue parole. Ed Harry, ancora una volta, si fida di lui, mentre Louis, tornando a casa, piange lacrime amare.

***

Dopo due giorni la paura si è completamente impossessata di Harry: appena otto ore prima aveva fatto due passi, prima di cadere a terra, come da tre giorni a questa parte. Non crede più alle parole di conforto di Louis che, anzi, gli danno solo fastidio: è per questo motivo che fa di tutto pur di non rimanere da solo in stanza con lui. Il più delle volte - conoscendo gli orari in cui lui può andare in ospedale - si fa trovare nel bel mezzo della seduta di fisioterapia con Taylor, che ha delle lunghe trecce bionde e le camicie a quadri nascoste sotto il camice bianco. Ed Harry prova una disgustosa soddisfazione nel vedere la scintilla - il fuoco - di gelosia che arde negli occhi azzurri di Louis, una fiamma sopra l'acqua.
Eppure di notte, quando è da solo nella sua stanza o semplicemente quando vede gli altri degenti con le persone che amano che si scambiano teneri gesti d'affetto, si pente del trattamento che sta riservando al suo migliore amico, vergognandosi della cieca soddisfazione che prova nel vederlo struggersi per lui.
«Harry? Ci sei?» mormora Louis, sporgendosi con la testa tra la porta e lo stipite, per non far entrare nemmeno una goccia della luce del neon posto nel corridoio nella camera completamente buia del riccio: è l'una di notte, tra otto ore forse potrà portare a casa Harry e vuole dirglielo. Sta quasi pensando di andare via, quando «si, Boo» sussurra il minore, dopo essersi domandato per cinque minuti buoni se quella fosse la scelta giusta. «Vieni, dai» gli intima, spostandosi verso una sponda del letto. Le ultime due prove al ginocchio sono andate piuttosto bene, è riuscito a muovere qualche passo senza cadere o avvertire dolore; ma forse era solo merito della mano di Louis che stringeva la sua. Harry si dà mentalmente dello stupido per aver riservato un tale sgarbo a colui che, finora, ha amato più di chiunque altro al mondo. Il più grande si siede sulla sponda libera del letto, indeciso su cosa fare: ha capito che ultimamente Harry ha qualcosa che non va. Ma, quando una mano del riccio corre a stringere la sua, un sorriso si fa prepotentemente spazio sul suo viso, illuminandolo e «scusa» dice Harry, accarezzando col pollice il dorso della sua mano. «Non so cosa mi è preso, avevo paura» tenta di giustificarsi, ma inutilmente: Louis lo ha già perdonato. Per farglielo capire, questi non trova miglior che quello di accoccolarsi sul suo petto, allungandosi a sfiorargli le labbra con le proprie. «Ti perdono solo perché stai male» sussurra come se fosse un segreto, tra loro solo la consapevolezza che Louis perdonerebbe sempre e comunque Harry, ed Harry lo stesso con Louis.

***

Louis solleva Harry prendendolo in braccio, attento a non fargli male, e lo porta a casa. Lo mette giù solo per aprire la porta, poi lo riprende di nuovo in braccio come se fossero lui il marito ed Harry la sua sposa e lo porta fino in camera da letto, poggiandolo dolcemente tra le lenzuola. «Adesso riposati un po', cucciolo» gli dice, prima di chinarsi su di lui e baciargli una gota leggermente arrossata. Proprio mentre sta per allontanarsi, delle dita si stringono intorno al suo polso e Louis si ritrova impossibilitato ad andarsene. «Rimani qui, Boo...» lo prega Harry, mettendo su un adorabile broncio. E «okay, però tu devi riposarti» gli ricorda, fintamente severo. Poi chiude la tenda, si toglie le scarpe e il giaccone e si infila sotto il piumone. «Vieni qua, piccolino» mormora, sorridendo come un ebete in direzione di Harry che «finalmente» sospira, accoccolandosi tra le braccia di Louis, intrecciando le gambe con le sue, nascondendo il volto nell'incavo del suo collo e inspirando il profumo della sua pelle.
Sono finalmente a casa.

***

Nei tre giorni seguenti, Harry prepara insieme a Niall e Liam la festa per Louis, nei rari momenti in cui questi non c'è. Decide che, se starà bene e potrà permettersi di uscire, preparerà la torta insieme a Niall. Liam, invece, cucinerà tutto il resto.
Il secondo giorno che Harry è tornato a casa, a quattro giorni dal compleanno di Louis, i signori Tomlinson bussano al campanello, dimenticandosi di avere le chiavi.
Salutano frettolosamente il figlio e riservano un'occhiata colma di disgusto ad Harry che, leggermente a disagio, si rifugia tra le braccia di un Louis parecchio infastidito. «Louis caro, la mamma e il papà devono andare via, ma torneranno presto» dice Jay con voce falsa e il tono di chi parla ad un bambino. Sono stati così assenti nella vita di loro figlio, constata Harry, che a stento ricordano che in pratica ora è un adolescente. La mano ingioiellata e con una manicure da Oscar passa una mazzetta al ragazzo che, seppur malvolentieri, la accetta. Squilla il telefono di Mark, il quale si allontana, per rispondere e «che c'è, Lots?» domanda, preoccupato, nel microfono del suo telefono ultimissimo modello. Jay non si preoccupa nemmeno di coprire la voce del marito, si limita solo a lanciare occhiate di rimprovero ad Harry, criticando con gli occhi il modo in cui si stringe a Louis, i suoi ricci ribelli, le varie fasciature che gli ricoprono il corpo non ancora guarito e i punti su uno zigomo e sul labbro che saranno sicuramente il frutto di una qualche rissa tra plebei come lui.
«Amore, il papà e la mamma tornano tra cinque ore, tranquilla. Passami le gemelle, avanti, tesoro» ordina Mark, con un tono smielato che Louis non gli ha mai sentito rivolgere a lui. Le lacrime cominciano a riempirgli gli occhi, pensando a tutte le bugie che ha ascoltato da quelli che sono i suoi genitori. «No, tesorini, la mamma è di là con Louis e il suo stupido amico, non può parlare con voi, piccine. Ma sia io che lei preferiremmo diecimila volte stare lì a coccolare voi principesse, piuttosto che stare qui. Però dobbiamo farlo per forza, cucciole» dice Mark e Louis, in un impeto di rabbia, scansato Harry, scaraventa un vaso dai complicati decori cinesi a terra, mandandolo in pezzi. «FUORI DA QUESTA CASA!» tuona, spingendo via la madre e facendola quasi rovinare a terra. Jay, in preda alla follia, urla a sua volta un «sai perché non ti abbiamo mai amato? Perché sei uno stupido frocio come lui!», indicando Harry e dando uno schiaffo al figlio. Mark chiude velocemente la telefonata e segue la moglie fuori da villa Tomlinson, urtando per sbaglio Harry e facendolo rovinare a terra. Louis sputa un «spero che moriate, maledetti» tra i denti quando i due sono ancora abbastanza vicini da sentirlo, prima di sbattere loro la porta in faccia e correre da Harry: amare lui non gli fa male. E, con la consapevolezza di aver appena dato a quei due vermi l'ennesimo episodio per ridere di lui alle cene con i loro stupidi, ricchi, schifosi amici del cazzo, Louis si ritrova a piangere tra le braccia del più piccolo che, impotente, si limita a sfiorargli la pelle bagnata di lacrime amare che sanno di delusione e tristezza con le labbra.

Alla fine si sono addormentati sul divano, stretti l'uno all'altro in un intreccio difficile da capire. Harry si sveglia per primo, confortato dal caldo che il corpo di Louis emana, steso sopra il suo. Non potendo scendere dal divano a meno di svegliare Louis, ripensa alla serata precedente, un amaro sorriso dipinto sulle labbra, la tristezza nel cuore.


Inizio flashback.

«Si sono rifatti una famiglia, Harry...» pigola Louis, le parole che escono a tratti dalla sua bocca, spezzate dai singhiozzi. «Non hai bisogno di loro, Louis» gli ricorda duramente Harry, la rabbia che ancora gli infiamma il cuore. «L-loro mi hanno abbandonato qui, come... Come uno stupido cane!» constata il maggiore, facendosi sempre più piccolo tra le braccia del riccio che, paziente, lo culla dolcemente. «Sono degli stronzi, ma in ogni caso non ci sono mai stati. Tu sei forte, lo sei sempre stato e sempre lo sarai, Louis. Non devi soffrire per loro, non lo meritano, questo non li farà tornare indietro né tantomeno gli farà cambiare idea su di te, chiaro? Devi andare avanti» chiarisce il minore, ricordandosi della forza che aveva visto nelle iridi chiare di un Louis bambino, quando, timidamente, un se stesso di sette anni più piccolo gli aveva chiesto di dove fossero i suoi genitori. «Non sono forte, Haz. Loro... Mi hanno distrutto» mormora il maggiore, ricevendo subito dopo un leggero schiaffo dall'altro che «che cazzo dici? Tu sei forte, anche se loro ti hanno spezzato, guarirai! Chi è che mi ha raccontato la storia di un bambino abituato a vivere da solo, che faceva la spesa e pagava le bollette già a sette anni? Chi è che mi ha curato quando stavo male con una maturità e una forza d'animo migliori di quelle di un adulto? Chi è che mi ha consolato durante le notti in cui mi mancava mia mamma? Chi è che mi ha insegnato ad andare avanti, anche se tutto ci appare nero e orribile? Tu, Louis. Tu, sempre tu, solo tu» dice, raccogliendo con l'indice le lacrime che rotolano giù dagli occhi azzurri di Louis, che «grazie» mormora poi nel suo collo, singhiozzando appena. E i signori Tomlinson sono solo un lontano ricordo, quando le loro labbra si congiungono in un bacio pieno di gratitudine. Sono stanchi entrambi di combattere quel sentimento che alberga dentro di loro da ormai troppo tempo, chi se ne frega se tra cinque ore si pentiranno amaramente di quello che hanno fatto.

Fine flashback.


«Buongiorno» mugugna Louis, stropicciandosi gli occhi.
«Ehi» risponde Harry, intenerito.
Ed è così che inizia la loro giornata.


Harry corre da almeno mezz'ora, il ginocchio comincia a fargli male; dietro di lui, Christopher lo rincorre puntandogli una pistola addosso e «fermati, bastardo!» gli urla sparando un colpo che, fortunatamente, va a vuoto. «Sei solo uno stupido, se pensi di sfuggirmi!» urla ancora, sparando un secondo colpo che va a colpirlo al ginocchio destro.
Harry si sveglia per le fitte che lo fanno gemere di dolore. In silenzio, per non svegliare Louis, cerca di alzarsi per andare a prendere un analgesico. Il dottor Cook non aveva minimamente accennato a degli episodi del genere, ed Harry si spaventa. Non appena fa per poggiare i piedi a terra e alzarsi dal letto, cade a terra con un tonfo sordo che fa immediatamente svegliare Louis, che «Haz!» esclama, tastando la parte vuota del letto e «sono qui...» sente mormorare il più piccolo con voce rotta, quindi subito si alza e va a vedere cosa succede. «Che è successo?» domanda allarmato, quando scorge il riccio a terra che si tiene il ginocchio destro. «Mi fa male il ginocchio, volevo andare a prendere un analgesico, ma... Siamo allo stesso punto di prima» mormora sconsolato Harry. Louis chiama un'ambulanza, nella sua mente le vecchie preghiere hanno già ripreso vita.

«Sono solo uno stupido» mormora sconsolato Harry che «non avrei mai dovuto crederci, in tutto questo. Sappiamo tutti che sarò costretto su una sedia a rotelle per tutta la vita» continua, mentre alcune lacrime vanno ad imperlargli le guance. «Non è vero, Harry. Ci sono alcune probabilità che il tuo ginocchio guarisca. Forse ti hanno semplicemente mandato troppo presto a casa, non preoccuparti» tenta di rassicurarlo Louis, sentendo un groppo salirgli fino alla gola e fermarglisi lì. Non ha più promesse né rassicurazioni da dare, perfino in lui la speranza e l'ottimismo hanno ceduto il passo alla paura.

***

«Il dottor Marshall è desiderato con urgenza al Pronto Soccorso» dice la voce metallica dell'altoparlante e nella piccola stanza ventidue, qualcuno sbuffa: è William Walker, giovane medico del St. James's. Il suo fidanzato è desiderato al Pronto Soccorso proprio durante quegli scarsi cinque minuti di calma che avevano faticosamente racimolato per stare un po' insieme. «Amore...» sussurra il dottor Marshall - Frederick - e «si, lo so, devi andare. Cazzo, quanto odio queste persone. Non potrebbero stare semplicemente più attente, invece di sfracellarsi ogni due per tre?» sbuffa il primo, lasciando poi un bacio sulle labbra dell'altro, che «a dopo... Si spera» mormora ridacchiando mentre scappa via dalla stanza. «Ti amo» mormora Walker alla porta ormai chiusa, mentre una solitaria lacrima gli scende giù fino al mento: chissà quando quella vita del cazzo finirà.

«Eccomi!» esclama, mentre «dottore, è tornato Harry Styles, dice di avere delle fitte al ginocchio e di non riuscire a camminare» lo informa Lou, la sua assistente. «Perfetto, facciamo una lastra e cerchiamo di capire cosa cazzo non va in questo ginocchio» ordina ad un paio di tirocinanti, mentre si perde a guardare i due ragazzi di fronte a lui: Harry, steso sulla barella, il volto sofferente per via del dolore; Louis, in piedi vicino a lui, gli tiene una mano nella sua e con l'altra digita un sms senza mai staccare gli occhi dal ricciolino. Come ci riesca, non è dato saperlo.
Frederick Marshall deve ammettere che, purtroppo, non ha mai visto tanto amore tutto insieme prima d'ora.

***

Il dottor Marshall passa alle dodici nella camera di Harry, mentre il ragazzo è intento a scherzare con i suoi amici. L'unica cosa che il riccio dice è «Louis può restare?» perché non crede di farcela, da solo. Poi ammutolisce, mentre il dottore visita, controlla i riflessi e prova a stimolare il ginocchio dall'esterno. Ha paura, mentre stringe la mano di Louis, che lo guarda fiero e fiducioso.
Circa un'ora dopo, Louis è steso vicino ad Harry, gli accarezza una guancia con fare paterno perché ha appena finito di dire, per l'ennesima volta, che ha paura di non poter camminare più. «Smettila» gli ordina, interrompendo i gesti della sua mano «sai perfettamente che camminerai di nuovo» continua, mentre lascia un bacio sul naso del riccio, che si sporge verso di lui come per averne altri. «Aspetterò che tu guarisca, prima di darti altri baci» sussurra Louis e si avvicina alla porta. Ed è mentre lo informa che va da Liam e Niall per impedirgli di fare sesso nella sala d'attesa dell'ospedale - testuali parole - che guadagna l'uscita, soddisfatto e con la risata tremolante di Harry a fare da sottofondo.

Per quattro giorni, Harry deve portare il tutore: con quel coso blu intorno alla gamba, il riccio si sente uno stupido, ma poi arrivano Niall e Liam con i loro scherzi e le loro battute e passa tutto, anche la paura. A volte Louis lo accompagna in giro per l'ospedale, al nido a vedere i bambini appena nati o giù al pronto soccorso e lui, con la scusa che barcolla leggermente per via del tutore, si fa tenere tutto il tempo per mano, facendo finta che gli sguardi che, crudeli, arrivano fino a loro da persone vuote, non esistano.

«Sarebbe bello rimanere a dormire qui, con te» dice Niall, a qualche minuto dalla fine dell'orario di visita e «per stasera potrei anche concedervelo» risponde vagamente il dottor Marshall, trovatosi per caso da quelle parti. Louis lo guarda speranzoso, immaginando che tutta quella disponibilità sia dovuta esclusivamente alle lunghe chiacchierate che hanno ogni giorno: Louis espone le sue paure riguardo Harry, Frederick si lamenta del suo lavoro; Louis racconta quotidianamente del suo rapporto con Harry, Frederick si sofferma per una volta soltanto sulla sua relazione con William, seppure pensi ancora che Louis sia un po' piccolo per accogliere queste confessioni. Eppure continua a seguire i consigli del quasi-diciottenne molto più frequentemente rispetto ai consigli dei suoi genitori o altri. «A patto che non diate fastidio agli altri pazienti, però» li ammonisce il dottore, risvegliando Louis dai suoi pensieri, mentre tutti pensano quanto il sostituto del dottor Cook sia fantastico e si sprecano in ringraziamenti. Quella sera, i ragazzi uniscono i due letti presenti nella stanza e dormono l'uno addosso all'altro, come nel più bello dei pigiama-party: Louis addosso ad Harry, poi Liam tra le braccia di Niall
Questa è la notte che cambierà tutto, ma loro ancora non lo sanno.

***

«Ehi, Haz, guarda!» grida eccitato Louis, saltellando verso la finestra; Liam e Niall sono andati via da una mezz'oretta. «Che c'è?» risponde il più piccolo e «vieni qui» ordina il maggiore, tendendogli un braccio.
Harry lentamente si alza dal letto dove è seduto, cammina fino al braccio di Louis che immediatamente si avvolge attorno alla sua vita e lo guida fino al vetro. «Nevica...» mormora estasiato Harry, guardando l'altro: i suoi occhi rispecchiano sempre il cielo che c'è fuori, infatti oggi sono di un grigio tenue, come se delle nuvole ne oscurassero il colore originario.

«Liam! LIAM!» urla Niall dalla cima delle scale che riportano in superficie. Liam, appena uscito dal treno metropolitano, si affretta a raggiungere l'altro che «nevica!» urla come un bambino non appena lo vede, per poi saltargli addosso, facendo rovinare entrambi nella neve. «Tu sei pazzo» sentenzia il maggiore, lanciandogli una manata di neve addosso e «di te, ovvio» gli risponde il biondo, fiondandosi sulle sue labbra senza pensare a niente, la sostanza bianca che si scioglie tra i loro volti bollenti.

***

Harry dorme con la testa appoggiata sulla spalla di Louis che, distrattamente, gli accarezza i capelli, perso nei suoi pensieri. La porta si apre, rivelando il dottor Marshall sulla soglia che «posso?» chiede sottovoce, per non svegliare il riccio e «si, deve parlare con Harry?» sussurra il castano, mentre «no, lascialo dormire... Volevo parlare un po' con te, che dici? Di lui. Facciamo tra dieci minuti nella mia stanza» sussurra ancora una volta il dottore, scomparendo dopo un secondo.

Dieci minuti dopo, Louis si tortura le mani nella stanza numero ventidue: il medico non è ancora arrivato.
«Amore, ci vediamo stasera, io ho finito» mormora qualcuno, e Louis si scopre a spiare cosa succede da dove è seduto, ma non riesce a vedere nessuno.
«Va bene, io stacco alle dieci...» mormora qualcun altro con voce tristissima e subito dopo si sente lo schiocco di un bacio.
«Ah, Louis, sei già qua!» esclama il medico entrando nella stanza e «la prego, dottore, andiamo al sodo: cosa succede ad Harry?» chiede il più piccolo, ansioso. «Niente, puoi portarlo a casa quando vuoi; io, per qualunque cosa, stacco alle dieci. »

***

A pochi minuti dalla mezzanotte, Harry si alza dal divano dove è seduto con Louis e, ignorando le domande del maggiore, va a prendere il regalo per il suo compleanno, zoppicando ancora un po'.
«So che dovrei dartelo quando ci sono anche Liam e Niall, però... Preferisco dartelo ora, quando siamo soli» dice, mentre gli porge un pacchetto.
Dentro la carta si nasconde un enorme libro rilegato in pelle rosso scuro con il titolo ‘This is us’ stampato nero e contornato d'oro. Louis lo apre, poco convinto, perché conosce i romanzi tutti smielati che legge Harry e, decisamente, quello non è il suo genere. Eppure, pur di non mostrarsi leggermente deluso, comincia a sfogliare il libro, scoprendo che è scritto a mano, che la scrittura è quella di Harry e che, a pagina numero cinque, c'è la loro prima foto insieme: è quella lì tutta storta perché Harry aveva insistito per scattarla lui, ma non ne era ancora troppo capace; quella lì che hanno scattato nel parco, seduti sull'erba, Louis a gambe divaricate e Harry in mezzo, con la testa sul suo petto.
Gli occhi di Louis rispecchiano sempre il cielo che c'è fuori, ogni giorno, e ad Harry questo fatto piace un sacco: il cielo è sereno, eppure a tratti piove. Louis richiude il libro, guardando Harry. «Oh mio dio, Haz, è stupendo...» mormora con gli occhi più blu del solito, mentre si rincorrono sul suo viso lacrime veloci.




«Ci hai messo proprio tutto...» constata Louis, girandosi a guardare verso Harry che «vai avanti» lo incita «sei solo a metà».
Louis gira un'altra pagina, scoprendone una bianca. Si gira nuovamente verso l'altro che, con lo sguardo, gli indica l'angolo inferiore del foglio, dove campeggia una frase scritta a pennarello con un tratto insicuro. “Lo continuiamo insieme?” recita la grafia di Harry e «certo che si, Haz...» risponde Louis, commosso.

***

«Dove mi stai portando?»
«Smettila di chiedermelo, mi stai facendo diventare scemo!»
Due risate si fondono, poi «ma lo eri già anche prima!», il rumore di uno schiaffo, un «ahi», un «siamo arriva...» e «SORPRESA!» urlano Liam e Niall in coro, non dando nemmeno il tempo a Harry di finire la sua frase.
Louis si guarda intorno, emozionato: sono al parco, alla loro casetta, e c'è un fantastico picnic che li sta aspettando. Si gira verso i suoi tre amici, commosso, prima di «grazie...» sussurrare con le lacrime agli occhi. E quando i più piccoli lo sommergono con un mega-abbraccio di gruppo, ogni cosa perde senso per Louis, che si dimentica perfino del fatto che i suoi genitori non gli hanno nemmeno fatto gli auguri.

***

Tre giorni prima.


«Safaa, devi restare qui, chiaro? Non uscire per nessuna ragione al mondo, nemmeno se senti delle urla, okay? Tu resta qui, tranquilla, non preoccuparti. Ti vengo a prendere tra cinque minuti, quando questo gioco finisce» assicura Zayn alla bambina, chiudendola in un ripostiglio: loro padre è appena tornato, ubriaco come sempre. Tocca a lui difendere le sue sorelle dalla furia omicida dell'uomo, sopratutto Safaa, che è la più piccola. «ZAYN! VIENI SUBITO QUI!» urla quello, mentre il moro immediatamente si dirige giù, preparandosi ad una cospicua dose di botte. Il suo unico pensiero è che almeno l'altra sua sorella Doniya non c'è, tornerà tra una settimana. Non appena il padre lo vede scendere dalle scale, si fionda su di lui, tempestandolo di calci. Whaliya corre subito in suo aiuto, gettandosi sul padre e cercando, a suon di graffi e morsi, di allontanarlo dal fratello. Ma ora è lei, ad essere nell'occhio del ciclone: l'uomo le dà un primo schiaffo, che le fa girare bruscamente la testa da un lato, per poi tirarle forte i capelli e sibilarle un «non provocarmi, ragazzina. Non. Provocarmi» che fa raggelare il sangue di entrambi i ragazzi. Solo dio sa cosa potrebbe fare quell'uomo a Whaliya che, tra l'altro, non è nemmeno sua figlia biologica. Zayn, temendo seriamente per lei, le si para davanti facendole da scudo. A quel punto, l'uomo non ci vede più dalla rabbia: per i due ragazzi diventa addirittura impossibile trattenere le urla di dolore.

«Zayn... Zay!» la voce di Whaliya gli accarezza teneramente le orecchie, mentre cerca di ritrovare la capacità di muoversi: gli sembra di non avere più un corpo. D'un tratto, spalanca gli occhi e comincia ad avere la chiarissima percezione del dolore che gli dilania le membra e «Whali...» mormora, trattenendo a stento un gemito di dolore. «Se n'è appena andato, dice che non tornerà, stanotte. Tu sei svenuto, non sapevo che fare, non volevo farti vedere in queste condizioni da Safaa, ho avuto tanta paura, Zayn, tanta paura...» singhiozza la ragazza, scoppiando a piangere sul petto del fratello che, cercando di ignorare il dolore, la stringe forte a sé. «Aiutami ad alzarmi, mi ripulisco un po' e poi vado a farmi un giro, così diremo a Safaa che sono caduto dallo skate, okay?» propone il ragazzo, mentre la sorella «non te ne andare, ti prego...» piagnucola, asciugandosi le lacrime dalle guance. «Devo farlo per forza, non possiamo dire a Safaa che è stato lui...»
Cinque minuti dopo, Zayn è già in strada e Whaliya già con Safaa, a raccontarle la solita bugia del papà arrabbiato che urlava con Zayn. Sono sette anni che loro madre è morta, e da sette anni Whaliya racconta sempre la stessa bugia.

Fine flashback.


«Stavolta ti ammazzo, bastardo!» urla l'uomo, rincorrendo Zayn che, relativamente tranquillo - le sue sorelle sono al sicuro - velocemente scappa sullo skateboard, arrivando al parco. Suo padre è molto più indietro, rispetto a lui, ma il ragazzo entra comunque nel cancello, dirigendosi dalle parti della casetta: potrebbe nascondersi là dentro, infondo. Ma, una volta arrivato là, scopre con orrore che dei ragazzi stanno allegramente facendo un picnic lì vicino: Zayn non lo sa ancora, ma quell'avvenimento gli cambierà la vita.



Louis si alza per dare una mano a Liam per servire il cibo, mentre Niall resta seduto vicino ad Harry per fargli compagnia. «Perché ti vedo più appiccicato del solito a Liam?» domanda il riccio, con un sorrisino consapevole sulle labbra e «potremmo esserci scambiati qualche bacio e... Potrei aver capito che mi piace, ecco» confessa, con aria vaga. «Oh, Niall, finalmente!» esclama il più piccolo, battendo le mani entusiasta e facendo arrossire il biondo. «Tu e Louis?» chiede, per vendicarsi. «Io e...? Sul serio, Niall?» chiede - fintamente - incredulo Harry, e «si, sul serio» gli risponde acidamente l'altro. «Tanto lo so, quello che nascondete voi due» aggiunge, fintamente minaccioso. Ma, proprio mentre il minore sta per rispondere, appaiono Liam e Louis con il cibo e il loro discorso si perde nel vuoto. Una volta posati i piatti sulla tovaglia, i due ragazzi riprendono i loro posti: Liam vicino a Niall, Louis con le gambe divaricate e Harry al centro, con la schiena poggiata sul suo petto.
«Cazzo!» esclama un ragazzo appena arrivato davanti a loro, dall'aria non esattamente inglese: ha capelli neri alzati in uno strambo ciuffo con una ciocca bionda in mezzo, pelle piuttosto scura, dei lividi sparsi un po' ovunque e uno skate in mano. «Dove cazzo sei?!» urla un'altra voce, affannata, mentre il ragazzo guarda gli altri quattro con aria spaurita e Liam «mettiti qua, tranquillo» gli dice, aprendogli la porta della casetta. Dopo qualche secondo appare un uomo, trafelatissimo, che «avete visto un ragazzo con una ciocca bionda nel ciuffo?» chiede, quasi urlando. «Si, è andato di là...» risponde Liam, indicando l'altro lato del parco, e «grazie» mormora l'uomo, prima di riprendere a correre, traballando. «Puoi uscire» soffia Liam nella finestra della casetta, prima che il ragazzo si riveli di nuovo a loro. E il castano, mentre lo invita a fermarsi con loro, non può fare a meno di pensare che quel tipo sia davvero bello.


«Io sono Liam» dice, porgendo una mano al moro, che «Zayn» si presenta a sua volta, stringendogliela. «Loro sono Niall, Louis e Harry» «mi dispiace avervi interrotto, ragazzi» mormora Zayn, ma nessuno sembra notarlo. Si sente più solo che mai, in quel momento: quel Niall lo guarda come si guarda un qualcosa di minaccioso, il tipo riccio - Harvey? Henry? - lo guarda risentito, come se avesse interrotto qualcosa di importante, e l'altro... Louis. Ecco, Louis lo guarda... In modo strano: sembra allo stesso tempo affascinato e infastidito dalla sua presenza. E poi c'è Liam. A Zayn Liam piace, forse perché è stato carino con lui anche se non si conoscevano. Forse perché il suo atteggiamento l'ha fatto sentire protetto, in qualche modo, proprio lui che ha sempre dato protezione, invece di riceverne. Zayn se lo sente dentro, che Liam è speciale, e questa cosa gli fa desiderare di abbracciarlo fortissimo, nascondersi nel suo collo e restare lì per sempre. E quando «di dove sei, Zayn?» chiede Louis e «non sembri inglese» aggiunge, sotto lo sguardo scioccato di quell'Harvey o come diavolo si chiama e quello disgustato di Niall, il moro «se sono di troppo, me ne posso anche andare» sentenzia, gelido. «Non dovete sforzarvi di parlare con me, se non volete» aggiunge, alzandosi in piedi e recuperando lo skate. L'unica cosa che gli dispiace è che non vedrà più Liam, ma forse è meglio così: ha altro a cui pensare. Solo quando delle dita si stringono timide intorno al suo polso, Zayn si ricrede. «Ti prego, scusali, sono dei coglioni» gli dice Liam, mentre «vaffanculo, Liam!» sputa Harry tra i denti, ricevendo un piccolo schiaffo da Louis, che «smettila di fare lo stronzo, Harry!» gli sussurra urlando nell'orecchio. «Lo sai che amo solo te» ammette scherzando subito dopo, baciandogli il naso, e Zayn capisce all'istante il comportamento del riccio: è solo geloso di Louis. «Torna a sederti con noi, Zayn» lo prega Liam, gli occhi brillanti e le guance in fiamme. Niall sbuffa infastidito, mentre «smettila, Horan» gli ordina Liam in un orecchio.
Louis spegne le sue candeline in compagnia di un amico in più.



«Liam, perché mi fai questo?» gli chiede Niall, mentre tornano a casa. «Pensavo... Pensavo che noi...» mormora, con la voce rotta dal groppo che sente in gola. «Niall, io...» prova Liam, ma non sa come continuare: Zayn lo ha letteralmente ammaliato, non sa più se gli piace Niall il quale, deluso, mormora un «ci vediamo domani da Haz e Lou» e corre via, in lacrime: il probabile amore della sua vita lo ha appena rifiutato per uno sconosciuto.

***

«Allora, Liam, ci riesci?» chiede impaziente Louis, mentre «no, non lo so accendere...» risponde quello, alzando gli occhi sulla strada. Sono nel giardino di casa di Louis, cercando di accendere il barbecue. Oltre la staccionata, a pochi metri da loro, c'è il marciapiede e poi la strada, dove un ragazzo sullo skate prova a fare piccole acrobazie. «Quello non è Zayn?» chiede sbadatamente Louis, mentre Liam è già corso verso di lui.
«Zayn!» lo chiama Liam, con voce sollevata e «Leeyum!» dice quello, smontando dalla tavola, mentre l'altro arrossisce come un ragazzino per come esce il suo nome dalle labbra di Zayn, plasmato dal suo accento pakistano perché, se deve essere sincero, gli piace tantissimo. «Che ci fai qui?» si chiedono nello stesso momento, scoppiando poi a ridere. «Stiamo facendo un barbecue, vieni!» lo invita il castano, prendendolo per mano, mentre «solo cinque minuti, però» dice il moro, stringendo forte le dita dell'altro.
Quei cinque minuti sono diventati una mezz'ora, poi un'ora e, alla fine, una serata intera. Hanno mangiato tanta carne da sfamarci il Perù e si sono fatti un sacco di risate nonostante gli atteggiamenti ‘da coppietta’ di Louis e Harry e gli sguardi risentiti di Niall. A metà serata, Liam ha urlato un “dobbiamo aprire i regali!” che ha letteralmente messo in agitazione Zayn, visto che lui non aveva i regali per nessuno. Il primo a distribuirli è stato Liam, poi Niall, Harry e, infine, Louis, che è riuiscito a trasformare anche quel momento in un piccolo spettacolo.
Harry gli ha regalato un bracciale con una piccola chiave d'argento come ciondolo e Louis, abbracciandolo per ringraziarlo, ha notato una nuova collana, al suo collo: ha il ciondolo a forma di lucchetto. Il sorriso non abbandona le sue labbra nemmeno per un secondo.
Quando è il suo turno per i regali, Louis si tiene per ultimo Harry: vederlo inizialmente carico d'aspettativa - ovviamente pensava di essere il primo - e pian piano sempre più deluso dall'idea che il suo Boo si sia dimenticato di lui, è qualcosa di incredibilmente tenero. «L'ultimo regalo è per...» incomincia Louis con tono da battitore d'aste, fissando il più piccolo mentre pian piano si rianima, mettendosi seduto a gambe incrociate, con i pugni fermi a mezz'aria, un grosso sorriso sulle labbra e gli occhi luccicanti. «...Harry!» esclama, come se avesse appena annunciato il nome del vincitore di chissà che. Harry, non potendo ancora saltare in piedi per ovvi motivi, si limita ad alzare i pugni in aria, urlando uno «YEEEEEEEEEEEEEEEE!» spaccatimpani, mentre Louis si risiede vicino a lui, porgendogli una scatolina.
In un primo momento, tutti trattengono il fiato, perché quella scatolina sembra fatta apposta per un anello - per quell'anello, per la precisione - e perfino Louis trattiene il fiato, suggestionato dalla reazione degli altri. Quando il più piccolo solleva il coperchio con dita tremanti e scopre una collana con il ciondolo a forma di aeroplanino di carta, un paio di lacrime gli rotolano giù dagli occhi smeraldini: è la collana che aveva visto insieme a Louis un sacco di tempo prima, non pensava se ne sarebbe ricordato. In preda ad un colpo di genio, ribalta l'aeroplanino, scoprendo che sulla pancia c'è un'incisione, una piccola L e una piccola H separate da un cuoricino. Nessuno più ha la forza di dire alcunché.

I cinque ragazzi girano per il giardino della casa alla ricerca di rametti di legno perché hanno deciso - in realtà Harry ha deciso - di arrostire i marshmallow tutti seduti intorno al camino, come se stessero facendo un falò sulla spiaggia. Quando Niall, Liam e Zayn si lamentano del freddo, Louis prende per mano Harry e si fa dare i pezzi di legno dai ragazzi trascinando il riccio verso la cucina. Si siedono entrambi al grande tavolo in legno di ciliegio, uno di fronte all'altro, e Louis apre la busta di caramelle, mangiandone una. «Lou!» lo rimprovera il più piccolo con voce indignata «quelli li dobbiamo arrostire sul fuoco!» protesta, ancora più indignato di prima: quell'attività, infatti, l'ha scelta lui. «Se vuoi fare il maiale, almeno condividi» sentenzia, e Louis non se lo fa ripetere una seconda volta: seguendo il suo istinto, si ficca un altro marshmallow in bocca, lasciandolo fuori per metà e, avvicinandosi alle labbra del più piccolo, gli fa intendere che quello è il suo modo di condividere. Harry piega la testa da un lato e, schiudendo la bocca, cattura il marshmallow e le labbra del più grande tra le sue. Porta via dalla bocca di Louis il mezzo marshmallow e finisce il tutto baciando il più grande a stampo. «Buon Natale, Boobear» gli soffia sulle labbra, per poi staccarsi e andare ad infilzare le caramelle sui rametti. Louis rimane in trance per due minuti buoni poi, stupito come se avesse vissuto le apparizioni di Gesù Cristo, la Madonna e tutti i Santi contemporaneamente, si tocca le labbra sorridendo e «Harreh?» chiama il più piccolo che, fintamente ignaro, alza il capo con fare interrogativo. Per quanto il maggiore cerchi di non pensarci, quel bacio è stato il migliore che ha mai dato finora.


«Pronto?»
“Niall, che dici di tornare un po' a casa e stare con i tuoi parenti? ”
«Arrivo»

«Ragazzi, devo tornare a casa, i miei parenti mi reclamano. Fatemi sapere per i prossimi giorni» mormora monocorde il biondo, alzandosi e andando verso la porta e «ciao» mormorano tutti, mentre Louis lo accompagna alla porta.
A Liam sembra che il cuore gli si sia appesantito, ma gli occhi color caramello di Zayn lo fissano da... Tipo sempre e non ce la fa a concentrarsi su altro.
Mezz'ora dopo anche il pakistano si alza e «ragazzi, è stata una serata magnifica, ma adesso devo proprio andare. Grazie di tutto» dice, mentre «vado anch'io» dice Liam, con un sorriso dolcissimo sulle labbra. Dopo varie pacche sulle spalle e abbracci goffi, i due sono fuori: Zayn a mezze maniche, Liam in maglione e cappotto. E siccome comincia a nevicare come in una delle più patetiche scene del più patetico film per ragazzine patetiche e il moro rabbrividisce per il freddo, Liam si toglie il cappotto e glielo poggia sulle spalle, abbracciandolo subito dopo. «Grazie», mormora il pakistano, mollando lo skate a terra e infilandosi il giaccone abbottonandolo fino all'ultimo bottone, mentre «figurati» gli risponde il più piccolo, prendendogli una mano tra le sue e soffiandoci sopra, sfiorandogli ogni tanto la pelle con le labbra. I loro occhi si incrociano, timidi, ma le loro bocche si sono già trovate, impavide. Le lingue impacciate si perdono in un confuso tira e molla, un rincorrersi continuo, mentre i respiri si mischiano tra loro, insieme alla loro saliva. Nessun'altra serata è mai parsa loro così bella.



«Bella serata, eh?» butta lì Louis, tornando nel salotto e sedendosi davanti al camino acceso. Harry va verso la cucina, ma in un attimo il più grande gli è già alle spalle, mentre lo prende per la vita e lo porta sul divano, tra le deboli proteste del riccio. La battaglia di solletico che segue inspiegabilmente finisce con una lunga serie di baci appassionati, mentre sia Louis che Harry sono ancora scossi dalle risate.

***

«Niente, non risponde» dice sconsolato Louis, scuotendo la testa. Zayn cattura la lingua di Liam con la sua, spazzando via tutti i suoi pensieri: Niall sembra essere scomparso e probabilmente la colpa è solo sua, eppure tutto il resto si dissolve, mentre le mani del pakistano vanno ad esplorargli il corpo.

Per tre giorni va avanti così, poi Liam decide di fermare questa cosa: alla fine non ama Zayn; come potrebbe, dopotutto? Lui non ha gli occhi blu come l'oceano o quell'accento irlandese che lo fa sentire a casa. E si, okay che è sexy e quando dice ‘Leeyum’ il suo cuore prende il volo, ma loro non hanno mai condiviso niente, se non qualche bacio e qualche carezza in posti dove non batte esattamente il sole. Quando la sua mente non è annebbiata dalla presenza del moro, essa lo classifica come ‘estraneo’. E in effetti è questo che sono loro, no? Se non proprio due completi estranei, sono dei ‘quasi conoscenti’, ma vogliamo paragonare un ‘quasi conoscente’ a qualcuno che conosce ogni tua paura e ogni tua espressione, qualcuno che ti capisce alla perfezione e ti ama come nessun altro? Qualcuno che potresti tranquillamente definire ‘l'amore della mia vita’?
È il ventotto dicembre, quando Liam riprende in mano la sua vita e lascia Zayn, che «forse è meglio così, sai, io ho un sacco di cose a cui pensare, Leeyum» gli risponde, correndo da Safaa e Whaliya subito dopo.

Il giorno dopo Harry, Louis e Liam vagano per la città in cerca di informazioni su Niall, non trovando nessuno a casa sua. È per un caso fortuito che si trovano di fronte alla signora Horan che «ragazzi!» li chiama, sorpresa. «Signora, sa dove possiamo trovare Niall?» chiede Liam, dopo vari minuti trascorsi a parlare di frivolezze. «Ma... Non ve l'ha detto, dove andava?» domanda la donna, sgranando leggermente gli occhi, mentre «comunque è nella nostra casa estiva, quella di Leeds» annuncia, prima di girare i tacchi e andarsene, presa da chissà quale pensiero.

«Voi restate qua, nel caso Niall torni» ordina Liam, salendo sul treno. Il suo tono non ammette alcuna replica, così i due ragazzi si limitano ad abbracciarlo e «buona fortuna, Lee» sussurrargli, staccandosi subito dopo. Il castano prende posto vicino al finestrino, sorridendo teneramente nella loro direzione: li trova dolcissimi, con le lacrime agli occhi, stretti l'uno all'altro per il freddo, il naso del più piccolo sepolto nel collo del maggiore, i loro sorrisi d'incoraggiamento. Poi il treno parte, allontanandosi velocemente dalla stazione, e Liam finalmente può abbandonarsi ad un pianto disperato.

***

«Stazione centrale di Leeds» annuncia una voce metallica, mentre il treno frena bruscamente. Liam recupera il suo cappotto e scende. Il rosso del tramonto che dipinge il cielo in delicate pennellate ricorda a Liam tutti i pomeriggi passati con Harry, Louis e Niall al parco, mentre un ragazzo biondo visibilmente ubriaco dà spettacolo di sé davanti ad una piccola folla di passanti che, disgustata, lo guarda sbigottita. Il ragazzo canta ‘give me love’ di Ed Sheeran, praticamente urlando.

Give me love like never before
Cause lately I've been craving more
And It's been a while but I still feel the same
Maybe I should let you go


Automaticamente Liam si avvicina di più al ragazzo che, improvvisamente, si gira verso di lui e, capito chi è, comincia a correre nella direzione opposta alla sua.

And you know I'll find my corner
Maybe tonight I'll call you
After my blood, is drowning in alcohol
I just wanna hold you


Il ragazzo ubriaco che canta ‘give me love’ di Ed Sheeran a squarciagola con una bottiglia di liquore in mano è Niall.

Give a little time to me
We'll burn this out
We'll play hide and seek
To turn this around
And all I want is the taste
That your lips allow


«Niall!» lo chiama Liam, correndo anche lui «FERMATI!» urla ancora, mentre il biondo si accascia a terra, privo di sensi. Nessuno dei passanti chiama un'ambulanza, continuando a guardare schifati la scena.

My my my my, give me love
My my my my, give me love
My my my my, give me love



«In realtà è solo svenuto, credo che domani mattina potrà già portarlo a casa. In tutti i casi gli abbiamo fatto una lavanda gastrica» dice il medico, prima di aprire la porta della 108. Liam prende posto sulla sediolina di plastica accanto al letto, mentre «Lee...» piagnucola Niall nel sonno, facendo sorridere il castano.
Non è possibile che sia stato così stronzo con lui, proprio lui che aveva amato l'irlandese dal primo momento in cui l'aveva visto, piccolo e indifeso, preso di mira dai bulli della scuola solo perché nuovo. Liam lo aveva difeso talmente tante volte che ormai non le ricordava nemmeno più.
Quando quella volta aveva avuto la febbre e Niall era dovuto per forza andare a scuola e, appena uscito da lì, si era presentato a casa sua sanguinante e in lacrime, con i vestiti tutti sporchi di fango e lui, seppure non si reggesse quasi in piedi, gli aveva medicato le ferite e lavato i vestiti, aveva avvisato la signora Horan che il figlio avrebbe trascorso la giornata con lui, con Niall che dormiva nel suo letto, sfinito e, non appena si era sentito meglio, aveva vendicato il suo amico.
«Lee» pigola ancora Niall, rannicchiandosi su se stesso.
Quando erano diventati amici di Louis perché lui stava sempre da solo da quando quell'altro bambino, Stan, si era trasferito a Manchester.
Niall apre pianissimo le palpebre, guardandosi intorno.
Quando avevano trovato Harry.
L'irlandese sgrana piano gli occhi, poi se li stropiccia con una mano.
Quando facevano progetti per il futuro.
Quando Zayn si è intromesso nelle loro vite, rovinando tutto ciò che, faticosamente, avevano costruito giorno dopo giorno.
«Liam» lo chiama Niall, alzandosi di scatto. «Che ci fai qui?» chiede in un sussurro, mentre «eri ubriaco e sei svenuto, ti ero venuto a prendere» spiega il castano. «Ma io con te non ci voglio venire» ribatte il biondo, con ovvietà. «Sono stato uno stronzo, e me ne pento. Non avrei mai dovuto trattare così la persona che amo, sono stato un insensibile e uno stupido. Mi dispiace» confessa il più grande, triste. «Harry e Louis?» chiede Niall e «a casa» risponde l'altro. «Non tornerà subito tutto come prima, Liam, anche se lo vorrei tanto. Mi ci vuole tempo per tornare a fidarmi di te» confessa il minore, stendendosi di nuovo. Il biondino pensa che almeno quello è un buon inizio.

***

“Il treno LS4258 per York è in partenza dal binario 9” annuncia una voce metallica, qualche secondo prima che Niall e Liam si dirigano lì: quello è il loro treno.
Non appena salgono, il treno parte, ondeggiando leggermente. «Siediti qui» ordina il minore; Liam si siede vicino a lui. Nessuno più dice una parola.
Liam guarda fisso davanti a sé, pensando a quanto sia stato stupido a trattare così Niall, pensando anche al fatto che l'altro non lo perdonerà mai. Proprio in quel momento, sente la testa del biondo appoggiarsi nell'incavo del suo collo, mentre il suo braccio sinistro si stringe automaticamente attorno alle spalle dell'altro. Dopotutto, si amano.

***

Niall mugugna infastidito: il suo cuscino è bollente e non abbastanza morbido, gli sembra di stare con la testa su una pietra, per quanto sta scomodo. Apre lentamente un occhio, guardandosi intorno e accorgendosi solo in quel momento del leggero ondeggiare del suo letto, così apre di scatto anche l'altro occhio, ritrovandosi a guardare gli occhioni di Liam che, dolci, lo fissano dall'alto. Non dormiva su un cuscino, né nel suo letto, né su un sasso: per tutto quel tempo Niall ha dormito in grembo a Liam. E non può fare a meno di rabbrividire quando Liam gli sposta alcune ciocche di capelli dalla fronte, sussurrando un timido ‘bensvegliato’.
Non è affatto pronto a lasciar andare Liam, ma non è nemmeno pronto a perdonarlo. Niall semplicemente non sa cosa fare: sa che Liam non ha voluto ferirlo di proposito e che Zayn ha esercitato un fascino particolare su di lui, però non riesce ad ignorare il suo risentimento. È per questo che si tira velocemente su, si alza in piedi e fugge in un altro scompartimento.

«Niall...» è solo un sussurro, quello di Liam, eppure l'irlandese si volta subito nella sua direzione, gli occhi spalancati e il battito cardiaco furioso, l'espressione di chi vorrebbe trovarsi ovunque ma non lì, non in quel momento. Il castano gli si avvicina, abbracciandolo lentamente. «Mi dispiace» sussurra, appoggiando una guancia sulla spalla del biondo, che si limita a sfiorargli le spalle con una carezza, chiudere gli occhi e abbandonarsi alle braccia dell'altro.

***

“Ps: l'ho trovato. Ci vediamo domani” recita l'sms di Liam appena arrivato a Louis. Peccato che il proprietario del cellulare non lo noti neppure, impegnato com'è ad aiutare Harry a cucinare.
«Boo, mi passi il pollo?» chiede il riccio, versando la farina sul tavolo. Non appena Louis gli si avvicina, lui gli tira una manciata di farina addosso ridendo come un matto. «L'hai voluto tu, riccio!» urla il maggiore, rompendogli un uovo in testa, mentre l'altro continua a lanciargli piccole manciate di farina per difendersi. Louis afferra una confezione di panna spray e comincia a spruzzarla addosso ad Harry. Come finiscano a baciarsi è poco chiaro ad entrambi.
«Anche in queste condizioni siamo perfetti l'uno per l'altro» sussurra Louis sulle labbra di Harry, raccogliendo con un dito un po' di uovo che dai capelli è colato sullo zigomo destro dell'altro, già precedentemente sporco di farina e panna, creando così un abbozzo di impasto. «Creiamo l'impasto perfetto» sussurra ancora il maggiore in risposta all'espressione confusa del riccio, prima di baciarlo ancora.

***

Zayn si è definitamente staccato dal loro gruppo, così il 31 sera a casa di Harry e Louis non c'è.
Niall si arrovella il cervello tutta la sera su quanto sia giusto perdonare Liam, ma la risposta ce l'ha già pronta.
Harry e Louis si tengono per mano ogniqualvolta Liam e Niall distolgono lo sguardo o non possono vederli: quando vanno in cucina per prendere qualcosa da portare in tavola - e lì ci scappa anche qualche bacio - o sotto il tavolo o fanno in modo che le loro mani si sfiorino quando entrambi prendono la stessa bottiglia, arrossendo come due ragazzini.
Liam cerca per tutta la serata di mostrare a Niall quanto lo ami, quanto ci tenga a lui e quanto si sia pentito per quello che ha fatto, spaventato all'idea che l'irlandese decida di chiudere del tutto con lui. A fine serata, non ha ancora capito se è riuscito nel suo intento, ma forse è solo perché non riesce a vedere gli occhi innamorati di Niall.

Ad un'ora da mezzanotte, i quattro si spostano in salotto, accendendo la tv per vedere uno di quei programmi tipici del 31 dicembre. Un tizio sta dicendo che a mezzanotte, secondo la tradizione, bisogna baciare la persona che si ama. I cuori di tutti sobbalzano a quelle parole, ma nessuno commenta, ognuno di loro troppo impegnato ad elaborare il proprio ‘piano’.
Dopo qualche minuto Harry e Louis propongono un gioco: si posizionano tutti e quattro a formare un cerchio e a turno, girando una bottiglia, dicono la cosa più bella e più brutta dell'anno.
Il primo è Niall.
«La cosa più brutta di quest'anno è stato vedere la persona che amavo andare via da me per stare con un altro» dice, mentre una lacrima gli rotola giù dal mento, cadendo nel vuoto. Quasi si sente il cuore di Liam spezzarsi.
«La cosa più bella, invece, è amare qualcuno così intensamente da sentirsi sopraffatti e scoprire che per quel qualcuno è esattamente così» e un sorriso minuscolo si fa spazio sulle sue labbra.
È il turno di Louis.
«La cosa più brutta è stata essere sul punto di perdere Harry per colpa di Christopher» e la mano destra di Harry si incastra in quella sinistra del maggiore.
«La cosa più bella, invece, è stata amare Harry e vederlo stare meglio giorno dopo giorno» dice Louis, mentre qualche goccia scivola giù dal cielo nei suoi occhi.
È il turno di Liam.
«La cosa più brutta è stata essere così stupido da perdere la persona che non avrei mai dovuto abbandonare» e la voce gli trema un po', perché i leggeri singhiozzi gli mozzano il respiro in gola e gli impediscono di parlare.
«La cosa più bella, invece, è stata guardare in un paio di occhi e vederci un amore sconfinato» dice ancora e un sorriso triste gli si fa spazio sulle labbra martoriate dai segni di chi si è morso le labbra a sangue.
L'ultimo è Harry, che gioca un po' con la mano di Louis stretta nelle sue prima di iniziare il suo discorso. Manca ancora un sacco di tempo alla mezzanotte.
«Dovete sapere che le cose belle di quest'anno sono state tante, ma la più bella in assoluto è stata Louis. Da quando ci siamo incontrati per la prima volta fino ad oggi, questo non è mai cambiato e perciò sono la persona più felice dell'universo» dice, prima di cadere - letteralmente - tra le braccia di Louis che forse lo ha agguantato un po' troppo forte.
«La cosa più brutta, invece, credo sia stata quando Christopher mi ha trovato» comincia, la voce soffocata dal maglione del maggiore e gli ‘oh’ sorpresi della sua piccola platea a fare da sottofondo. «Più che altro, credo sia stata la sensazione della vita che scivolava via dal mio corpo, la consapevolezza che sarei morto. Che sarei morto senza nemmeno aver detto a Louis che lo amo. Che non sarei morto da vecchio, mentre i nipoti dei nostri pronipoti giocavano in giardino e le braccia di Lou mi stringevano forte.»
Le mani di Liam e Niall si incontrano, timide, mentre altre labbra si baciano, commosse.

Quando l'orologio in sovrimpressione segna ‘-20’ Louis ed Harry posano bottiglia e flûtes per terra e si posizionano vicino a Niall e Liam.
«Dieci» dicono dalla televisione. Harry si gira verso Louis.
«Nove» Liam si gira verso Niall, in attesa.
«Otto» Louis guarda Harry e gli accarezza una guancia leggermente arrossata.
«Sette» Niall abbraccia Liam di slancio.
«Sei» Harry mormora un «non lasciarmi mai qualunque cosa succeda»
«Cinque» Liam accarezza la schiena di Niall.
«Quattro» Louis sussurra un «non potrei mai, piccolo» in direzione di Harry.
«Tre» Niall mormora un «mi dispiace per averti fatto soffrire» tra i capelli di Liam.
«Due» Harry sussurra un «saremo per sempre Boo e Haz, vero?»
«Uno» Liam scuote la testa e «ti ho fatto soffrire io per primo, amore» dice.
«...» Louis piange mentre «per sempre, qualunque cosa accada, amore mio» dice con un filo di voce.
«BUON ANNO!»

***

Epilogo.


Il parlatorio è una stanza enorme con dei tavoli simili a quelli da picnic sparsi qua e là. Christopher è seduto in modo composto ad uno di quei tavoli, il volto segnato da rughe profonde, il drastico dimagramento evidentissimo a causa di quei vestiti ormai per lui troppo larghi. Dall'altro lato del tavolo, una donna lo accusa per l'ennesima volta di essere stato uno stronzo per averle mentito per tutto quel tempo. Un uomo la guarda da lontano, commosso. I capelli ricci e le fossette lo fanno sembrare ancora un bambino, nonostante sia quasi laureato. La sua mano enorme racchiude in sé una più piccola e poco più femminile, appartenente ad una figura un poco più bassa di lui.
La donna si alza, profondamente delusa ancora una volta, avviandosi verso l'uscita. Corre verso i due uomini non appena si accorge della loro presenza.
«Harry! Louis!» esclama, abbracciando entrambi. Suo figlio e suo genero, la coppia più bella del mondo.

***

«Ciao, maestro» sussurra timidamente Claire, arrossendo e correndo in braccio alla mamma.
Megan abbraccia la sua gamba, arrivandogli a stento al ginocchio: è l'ultima rimasta, come sempre.
«Papà» esclama, con voce squillante «quando arriva papà?» chiede, scrutandolo con i suoi occhioni azzurri. Niall le passa una mano tra i capelli, sorridendo commosso e «tra poco, principessa» le assicura. La bambina gli chiede di raccontarle qualche storia, nel frattempo, così l'uomo comincia: «c'era un bambino biondo, irlandese, che era arrivato a York da poco. A scuola, dei bambini cattivi lo prendevano sempre in giro, nessuno lo voleva come amico perché era nuovo. Ma un giorno, un bimbo con degli occhi castani enormi e dolcissimi lo difese da quei bambini cattivi. Ed è stato allora, che è cominciata davvero la sua storia.»

Liam arriva trafelatissimo alla scuola materna, cercando di riprendere fiato. Sua figlia è seduta sulle ginocchia di un uomo dagli occhi incredibilmente blu. È un attimo, uno scambio di sguardi e un timido sorriso, ma è sufficiente a farli innamorare ancora l'uno dell'altro.


(Must read below)

- I'M BACK, BITCHES -

Questa fanfiction ha una storia travagliata. Inizialmente l'avevo scritta, arrivando fino a prima dell'epilogo. Poi, per un problema al cellulare, mi si è cancellato ogni documento, quindi anche tutte le mie fanfiction. Fortunatamente sono riuscita a riscriverla perché avevo tutto in mente, ma mi sono bloccata un sacco di volte, infatti ci ho messo quattro mesi per rimetterla in piedi.
Inutile dire che il risultato non mi piace nemmeno un po', ma era una promessa, quindi... Eccoci qui.
Ci tengo a dirvi che in molte parti questa fanfiction è autobiografica, per esempio la parte di quando Louis urla sulla collina e c'è tutto quel discorso su Dio.

Il nome della sorellina di Zayn, Safaa, credo di averlo preso da qualche fanfiction che ho letto, ma non mi ricordo né quale fosse né di chi fosse, visto che ne leggo a decine ogni giorno. In ogni caso, se dovesse dare fastidio a qualcuno, fatemelo sapere e lo cambierò, promesso. Non intendevo rubare le idee di nessuno.
Okay, so che ormai i Niam sono cosa superata, ma Zayn non sapevo inserirlo se non come ‘bad boy’ che si intrometteva tra Niall e Liam, quindi non prendetevela. Presto arriverà una Ziam, tranquilli/e :)

Mi è piaciuto da morire scrivere questa storia, sul serio, perché mi ha preso tantissimo tempo e quindi mi sono affezionata ad ogni singolo personaggio, ogni singolo profilo psicologico... Spero piacciano anche a voi, tutto qui.
Come sempre grazie mille per la vostra attenzione e il vostro affetto, siete fantastici <3

Grazie per aver letto,
la vostra non amata F.


Ps: A tutti i lettori della mia long, non so più come andare avanti, per ora, perché ho perso tutto quello che avevo scritto.
Quindi restate sintonizzati per ulteriori novità.
Mi scuso ancora per il disagio.
  
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