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Autore: Leslie    27/12/2013    2 recensioni
Non ho mai negato però che ci sia un'innegabile eleganza nei gesti. A scuola ci hanno sempre detto che fumare semplicemente per farsi interessanti è assurdo, ma la verità è che non solo ti rende affascinante, ma anche in qualche modo più attraente, se riesci a farlo nel modo giusto.
Lui sa fumare da dio.
E io sono così cotta che non mi importa nemmeno della nicotina che si attacca ai miei capelli, del fumo passivo che mi riempie i polmoni, perché potrei restarmene qui a guardarlo per un'eternità.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ogni riferimento a persone o fatti realmente accaduti è puramente casuale.



Smoky Thursday



 Non ho mai nemmeno provato a fumare una sigaretta. Non che l'idea di farlo mi disgusti profondamente, ma mi sono sempre detta che se non riesco nemmeno a resistere per più di un'ora in una piscina al coperto prima di cominciare a tossire senza sosta per l'eccesso di cloro, i miei polmoni non mi perdonerebbero mai se cominciassi a rendere il fumo un'abitudine. Ad essere sincera, non ne ho mai nemmeno completamente compreso la meccanica: non avrei nessuna idea di dove cominciare per fumare. Aspirare, giusto? E poi cosa? Cosa succede esattamente nella tua bocca quando appoggi una sigaretta alle labbra, prima di soffiare fuori il fumo? Sembra che sia una di quelle cose che tutti sanno già come fare, ma il processo è di una ovvietà che mi sfugge e, proprio perché mi sembra di essere l'unica a non capire, mi sentirei stupida a chiedere una spiegazione.

Non ho mai negato però che ci sia un'innegabile eleganza nei gesti. A scuola ci hanno sempre detto che fumare semplicemente per farsi interessanti è assurdo, ma la verità è che non solo ti rende affascinante, ma anche in qualche modo più attraente, se riesci a farlo nel modo giusto.

Lui sa fumare da dio.

E io sono così cotta che non mi importa nemmeno della nicotina che si attacca ai miei capelli, del fumo passivo che mi riempie i polmoni, perché potrei restarmene qui a guardarlo per un'eternità.

L'aria che entra dalla finestra aperta è tiepida e odora di pioggia. Secondo il calendario è ancora estate, ma per noi le vacanze sono finite all'inizio del mese, e personalmente non mi cambia la vita se ha cominciato a piovere un po' più spesso, o il sole è un po' meno caldo. La luce nella stanza riesce ad essere in qualche modo soffice, e non riesco ad immaginarmi un modo migliore di passare un giovedì pomeriggio. Le nostre gambe intrecciate nelle lenzuola, il mio indice che disegna cerchi immaginari sul suo stomaco, guardando il fumo che lui soffia dall'angolo della sua bocca arricciarsi in ghirigori confusi a mezz'aria. Sospiro e lui appoggia una mano sulla mia testa, prende un ricciolo in mano e lo fa scorrere tra due dita.

Chiudo gli occhi e sorrido. Sa benissimo che mi piace quando gioca con i miei capelli. Mi sporgo per baciargli il collo, e lui cattura il mio mento tra pollice e indice e appoggia le mie labbra sulle sue. Il bacio sa di fumo, ma sa anche di noi, e le mie guance si scaldano senza nessun vero motivo.

Quando ci separiamo, non mi allontano. Allaccio i miei occhi ai suoi, e lui solleva un sopracciglio.

«Che c'è?»

«Niente» sorrido.

Senza distogliere lo sguardo allunga la mano che tiene la sigaretta per spegnerla contro il posacenere sul suo comodino.

«Non pensavo fumassi nella tua camera» osservo, appoggiando il mento sul suo petto.

«Infatti di solito non lo faccio» ammette lui, «ma non avevo voglia di alzarmi.»

Rido, finalmente districandomi dal nostro semi abbraccio e mettendomi a sedere.

«Pigro» scherzo, facendogli la lingua.

Lui mi afferra il braccio prima che mi possa alzare del tutto.

«Magari non volevo alzarmi perché volevo continuare ad averti fra le mie braccia.»

La sua mano scivola in basso finché le sue dita non si intrecciano nelle mie, e io sono costretta a distogliere lo sguardo dai suoi occhi, perché sento che il mio viso sta andando a fuoco. Lui ride e si tira a sedere a sua volta, poi posa le sue labbra sull'angolo delle mie.

La mia attenzione scivola sulla mia borsa, abbandonata sul pavimento insieme ai miei vestiti e le scarpe, e sul grosso tomo di letteratura che ne è scivolato fuori per metà.

«Addio compiti» sospiro, e lui ride.

«Almeno ci siamo divertiti.»

Alzo gli occhi al cielo e mi giro per baciarlo per davvero, accarezzando con entrambe le mani la sua nuca, i suoi capelli che non mi sono ancora completamente abituata a vedere così corti. Lui avvolge le sue braccia attorno alla mia vita e mi attira più vicina, finché il mio seno non si appoggia al suo petto, pelle contro pelle, e se non fosse già così tardi mi lascerei andare.

Ma è tardi, e davvero non mi va di trovare una scusa per non essere arrivata in tempo per cena.

«Okay, devo andare» mormoro contro le sue labbra.

Lui emette un gemito di protesta e io rido, lusingata, per poi cominciare a raccogliere le mie cose. Allaccio il reggiseno e infilo il mio vestito, decidendo subito dopo che fa ancora troppo caldo per la felpa, che annodo intorno alla vita. Il mio orologio è sul comodino, e l'avrei dimenticato se lui non si fosse alzato a sua volta per porgermelo. Lo ringrazio con un altro bacio.

«Vuoi che ti accompagni?»

Scuoto la testa.

«Non serve, sono in bici.»

Mi passo una mano tra i capelli, aggrottando la fronte.

«Sai dov'è finito il mio elastico?»

Sorride e se lo sfila dal polso. Io ringrazio e costringo i miei riccioli in uno chignon disordinato.

«Ci vediamo domani?» chiede lui, mentre mi allaccio le scarpe.

«A scuola» confermo, ammiccando.

«Dopo scuola?»

Forse dovrei smetterla di sentirmi così lusingata ogni volta che insiste perché ci vediamo. Forse sono rimasugli del mio passato da ragazza invisibile, forse semplicemente è bello sentirsi desiderati. Fatto sta che ci baciamo di nuovo, a lungo, tanto che per un momento mi dimentico di dover andar via.

«A domani» mi saluta alla porta, le nostre mani ancora intrecciate.

«A domani» ripeto, in una mezza risata.

Mi faccio strada giù per le scale, lo stesso stupido sorriso ancora sulla faccia. Non riesco a liberarmene, ma non mi importa.

Prima di montare in sella alla bici, mi sfioro i capelli con la mano destra, e in un gesto impulsivo tiro l'elastico per lasciarli liberi. Raccolgo una ciocca tra le dita e la annuso.

Odora di fumo, ovviamente. Ma odora anche di lui.

Onestamente non mi dispiace. Non mi dispiace affatto.

 


Bonjour!

Questa l'ho scritta mesi fa, in America, ed era un potenziale inizio di long fic che non ho mai portato avanti. È stata ispirata da un verso della canzone Say You Like Me dei We The Kings (nicotine and faded dreams / baby just believe there's no one else like me) che è una delle mie canzoni preferite. Onestamente non avrei mai pensato di pubblicarla, ma ultimamente l'ho riletta e sistemata e mi piace abbastanza perciò eccomi qui. So che non è nulla di entusiasmante, ma apprezzerei davvero qualche recensione.
   
 
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