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Autore: Backyard Bottomslash    27/12/2013    3 recensioni
Percorsi di vita che si intrecciano sulle rotaie di una metropolitana.
Dal testo: "Quinn Fabray aveva scelto di dedicare la sua intera vita al lavoro.
Non aveva avuto figli, non si era sposata, non aveva mai provato l'amore.
Una sorte piuttosto triste e paradossale per chi l'amore lo scriveva."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Quinn Fabray, Rachel Berry | Coppie: Quinn/Rachel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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A penny for your thoughts
Capitolo 1




Quinn Fabray aveva scelto di dedicare la sua intera vita al lavoro.

Non aveva avuto figli, non si era sposata, non aveva mai provato l'amore.

Una sorte piuttosto triste e paradossale per chi l'amore lo scriveva.

A 16 anni, quando tutte le sue amiche si erano innamorate, si era sentita esclusa e fuori luogo. A 20, al college, essere single e con il cuore libero le era parsa una benedizione. A 26, quando il suo nome era finito per la prima volta tra gli scaffali di una libreria si era sentita forte e indipendente. A 28, quando, messa la parola fine al suo secondo romanzo, abbassò lo schermo del computer e si voltò dall'altra parte del letto, trovarlo vuoto scatenò un senso di tristezza e terrore che si riversò in un pianto disperato.

Il giorno dopo si svegliò con le guance ancora umide e un copricuscino rovinato dal mascara che dimenticava sempre di togliere.

Quella mattina decise che Quinn Fabray non avrebbe mai amato.

Mantenere la promessa non fu più difficile che pronunciarla.

Volti e corpi si susseguivano nella sua vita e nel suo letto.

Mai nel suo cuore.

Cambiò casa a 32 anni, quando il suo terzo libro era ancora una bozza grezza e zeppa di idiozie. Si disse che lo faceva per colpa di Miss Joyce, un'inquietante vecchietta dalla maniacale passione per i nani da giardino e i parcheggi impossibili, in realtà era colpa delle macchie di mascara che non erano mai andate via da quella federa.

Quando fu pronta a traslocare si sentì quasi disgustata all'idea che tutta la sua vita era chiusa dentro degli scatoloni, contenuti nel retro di un camion ed affidati ad un autista dai baffi troppo lunghi e i capelli troppo corti.

Aveva scoperto di avere abbastanza soldi da potersi permettere un loft a SoHo e decise di cedere alla corte di quel dannato cliché.

Giunta nel suo nuovo nido, la prima cosa che fece fu bruciare quel copricuscino e sbarazzarsi delle sue ceneri.

Si prese qualche giorno per sé, per mettere nuovamente in ordine i suoi pensieri, per studiare la zona, per godersi il paesaggio urbano e l'aria così piena di smog e così priva dell'odore dell'odiosissima crostata alle fragole di Miss Joyce.

New York era una benedizione!


****


New York era una maledizione!

Questo pensava mentre l'orologio nel cruscotto le comunicava che erano passate due ore da quando era rimasta imbottigliata nel traffico.

Di quel passo non avrebbe raggiunto la sede della sua casa editrice prima di un'altra ora. Non che smaniasse per rivedere le facce grige e poco stimolanti dei suoi editori, ma l'idea di aver vissuto quell'inferno per nulla la frustrava ancora di più.

Un'ora e mezza dopo attraversò le porte dell'edificio.

Ne uscì 45 minuti dopo. Un'espressione scura sul suo viso.

Non guidò per circa due settimane, in seguito a quell'avvenimento.

La necessità di spostarsi però si fece ugualmente sentire. E allora camminò, prese il tram, il bus, evitò con maestria tutti i taxi e scoprì che poco più di un'ora di metro la divideva dalla sede della casa editrice.

Improvvisamente spostarsi non era più tanto difficile e tanto stressante.

Si consolò al pensiero che alla prossima riunione avrebbe fatto valere le sue idee.

Più che altro si illuse.


****


Prendere la metro, una mattina di tre settimane dopo, si rivelò un'impresa non da poco.

La sveglia non aveva fatto il suo dovere e Quinn era scattata in piedi con quasi mezzora di ritardo rispetto ai suoi piani. Per quella coincidenza, una volta, avrebbe dato la colpa a Miss Joyce e ad uno dei suoi nani. Gongolo probabilmente.

Arrivò alla fermata con le guance rosse per lo sforzo e tre volantini nella mano destra. Neanche ricordava quando le erano stati rifilati.

Nella metro si tenne ad uno dei manici fino a quando il suo vagone non fu vuoto abbastanza da permetterle di sedersi. Da quella posizione studiò un paio di passeggeri, rabbrividendo davanti allo stereotipo del ragazzino di buona famiglia che si finge uomo di strada. Le sue scarpe erano troppo pulite e la collana che indossava troppo brillante per non provenire da una famiglia benestante.

Si compiacque del suo cinismo.

Finse di farlo.

In realtà morì un po' dentro.

Succedeva ogni giorno, ma, dopotutto, poteva fingere che non fosse così, d'altronde al suo fianco non c'era nessuno che se ne sarebbe accorto.

Fino a quando non fu più così.

«Un penny per i suoi pensieri.»




_________________________________________


Note:
Hi guys!
So che non vi interessa, ma, onestamente, trovare il modo di iniziare le note è sempre un trauma.
Dunque, questo è il primo di quelli che saranno circa 3 capitoli. Tutti saranno più o meno della stessa lunghezza e, nel caso in cui ve lo stiate chiedendo, sì, avrei potuto unirli. Ci ho pensato, ho valutato, ma non ho voluto farlo perché ho un’idea specifica e non si tratta di una shot.
Un'ultima precisazione: il rating è momentaneamente verde, devo ancora decidere se lo sarà effettivamente.
Detto questo, vi lascio i miei contatti Facebook, Twitter e Ask e, se non l’avete fatto, correte a leggere “Do you remember the time?"

Alla prossima!

-BB

   
 
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