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Autore: Readme    27/12/2013    0 recensioni
[...] - “Assomigli ad una persona che conosco in questo momento” - disse sincero. - “Chi?” - chiese Allison senza trattenersi. - “Taylor Swift” - disse per poi abbassare il capo. [...]
- “E se io non volessi assomigliare ad una persona che conoscevi? Se io volessi prendermi il tuo cuore senza dover nascondere le mie motivazioni dietro a un qualcosa che avevo in comune con lei?” -
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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Dimenticatoio.





 






Si stringe alle coperte, come a proteggersi dalla realtà che l'aspetta ogni giorno al di fuori di quella porta. L'infermiera le ha detto che deve uscire, che ha visite, ma non ha voglia di vedere Andrea e far finta di capire. Ma lo fa, lo deve fare per gli occhi di quella donna che le supplicano in silenzio di capire. Caccia via le coperte con i piedi e si posiziona immediatamente davanti allo specchio, pregando di non essere pallida come l'ultima volta. Odiava vedere quella donna così preoccupata, odiava non saper dire nulla e rimanere zitta per poi sorridere eccessivamente al momento giusto. Era così stanca e voleva solo dormire per sempre. Si massaggiò le guance con le dita fredde, cercando di simulare il primo sorriso di quella giornata. - “Posso farlo” - disse come una preghiera quotidiana a se stessa ed era anche vero, lei poteva farlo. Corse al bagno accanto alla sua stanza per poi spogliarsi. Vulnerabile al leggero freddo che ora sentiva, evitò lo specchio ancora non pronta ad affrontare le ossa che sporgevano dal suo corpo.

Quando entrò nella doccia, l'acqua fredda scese per la schiena facendola gemere di tristezza, poco dopo l'acqua calda prese il suo posto e riuscì a rilassarsi o almeno a chiudere gli occhi mentre le labbra tremavano assieme al suo cuore, ad un ritmo veloce ed incalzante. Si abbracciò per pochi secondi, troppo intimidita dalle sporgenze che cercava di evitare ad ogni costo, troppo intimidita dalla realtà. Chiuse l'acqua e si avvolse nel suo accappatoio viola, sentì l'odore del disinfettante avvolgerla ed un conato di vomito giunse improvvisamente. Tossì svariate volte senza versare nulla se non lacrime dovute allo sforzo. Alla fine cosa avrebbe dovuto vomitare? Poggiò la testa contro il muro umido e scacciò un sorriso isterico dalle labbra secche. Si asciugò con lentezza e sistemò con una spazzola i capelli crespi e ricci. Ritornò nella sua stanza ed indossò un maglione che le andava ormai troppo largo ed un pantalone della tuta che evitava di mettere in evidenza le gambe.

Si avvolse in una giacca di lana per non far capire agli occhi di Andrea, di essere dimagrita ancora. Era appena Dicembre, ma Allison il freddo se lo sentiva dentro le ossa. Uscì con lentezza dalla stanza mentre reggeva i capelli con un elastico. Sorrise da lontano ad Andrea, vestita di nero come sempre e con la fronte corrugata in contrasto al suo sorriso di risposta. Tese le mani per abbracciarla, ma lei gliele strinse e basta. Non voleva che una sconosciuta la toccasse. Le sue mani calde pungevano contro le sue. - “Oh Allison, hai le mani congelate, ora te le riscaldo” - le massaggiò i palmi delle mani con cura prima di ricominciare a parlarle. - “Tuo fratello mi ha pregato di salutarti e di dirti che verrà a trovarti a fine mese, l'università lo tiene molto impegnato” - le disse con voce dolce, una voce che non sapeva di riconoscere. - “Ho un fratello?” - le parole le sfuggirono dalla bocca ma era troppo esausta per fermarle. Andrea la guardò con sofferenza, gli occhi scuri ora si erano arrossati come tante volte prima. - “Si tesoro, hai un fratello” - Le strinse con forza le mani ed avrebbe voluto allontanarla, ma sorrise. Tra le due, sembrava lei quella spezzata e forse era davvero così. - “L'idea di avere un fratello ti rende felice?” - chiese speranzosa fissando il suo sorriso.

Annuì ma non era così. L'idea la terrorizzava, ora avrebbe dovuto assistere ad altre visite, ad altre persone sconosciute che l'avrebbero perseguitata con le loro domande e i loro tocchi. Solo quando un'infermiera la prese dal braccio, si rese conto di star tremando visibilmente. Era solo stanca, stressata, aiuto. Non vide più Andrea quel giorno, pote rimanere sotto le coperte almeno per un po'. Si chiese se avrebbe potuto fingere di essere morta, giusto per mettere fine a quell'incubo.


 

***


 

Oggi Taylor stava bene, aveva preso i suoi farmaci, si sentiva rilassata. Si era alzata prima che l'infermiera l'avesse chiamata e ne era stata orgogliosa. Ora volevo rimanere con gli occhi aperti. Si guardò allo specchio e per una volta i suoi occhi non caddero sul pavimento. Fissò le occhiaie ben visibile, le gote scavate e le labbra una volta piene ora sottili e prive di colore. Però i suoi occhi erano bellissimi, ancora bellissimi. Si inumidì le labbra, felice di aver pensato 'ancora'. Poteva ancora ricordare? Respirò con affanno e poggiò le sue mani sul viso, non poteva più, era andata, lo sapeva. Si era vestita con un cardigan rosa ed un jeans, oggi più che mai voleva sembrare normale. Qualcuno sarebbe venuta a vederla e lei non ricordava se già una volta fosse successo. Allo stesso modo, doveva presentarsi in maniera decente, senza fare compassione, senza dare il pretesto ad uno sconosciuto, di venirla a trovare spesso.

- “Allison, tuo fratello ti aspetta di là” - l'infermiera mora le sorrise e le tese la mano, consapevole che Allison non sapesse come comportarmi. Si avviò verso la stanza dove incontrava ogni volta Andrea e vide al suo solito posto, una persona diversa. Un ragazzo alto e quasi biondo, cambiava posizione su quella poltrona ogni secondo, guardando l'orologio e sudando. Quando la vide, si paralizzò e le corse incontro. Allison sapeva cosa voleva fare e guardò l'infermiera con disperazione. - “Scusi, la paziente non vuole avere contatti fisici con nessuno” - guardò il ragazzo con dispiacere e subito dopo, aiutò Allison ad accomodarsi. Lui la seguì per riaccomodarsi sulla poltrona di prima. La bionda fissò le sue pantofole bianche e poi passò a guardare la moquette rossa della stanza. Conosceva ogni singolo oggetto che apparteneva a quel luogo. Passava il tempo a contarli, esaminarne i colori o semplicemente a fissarli, giusto per non dover affrontare la realtà. - “Ciao, tu non ricordi il mio nome? O me” - aggiunse sussurrando mentre giocava con le sue mani. Scosse la testa, già stanca e incolpando il suo spirito mattiniero che aveva avuto proprio quel giorno. - “Mi chiamo Austin, sono tuo fratello minore” -. Allison lo guardò e sapeva che lui dicendo quelle parole, aveva sperato che lei ricordasse tutto, come se avesse spezzato un sortilegio ed ora l'avesse risvegliata. Ma Allison guardava il muro panna aldilà di quello sconosciuto e si chiedeva se avesse voluto essere svegliata o perire nel dimenticatoio della sua malattia.


 

***


 

Allison non volle svegliarsi, fece finta di dormire, chiuse gli occhi mentre le prime lacrime si versavano sul cuscino bianco inumidendolo. Pensieri osceni, di morte, di un desiderio ardente di voler vedere il finale di quel film drammatico che era stata quella settimana per lei. Allison voleva annullarsi, ma quella malattia non uccideva il tuo fisico, non faceva cadere a pezzi le tue ossa, ma ti uccideva dentro, ti strappava ogni singola gioia e oscurava ogni luce, riempiendo gli spiragli di luce rimasti con le ossa che prendevano il sopravvento sulla carne.


 

***


 

“Mrs. Allison, ti ricordi di me? Sono il tuo medico. So che stai prendendo tutti i farmaci ed i pasti vengono consumati con regolarità, ma devi respirare aria diversa da quella della tua stanza e devi accettare almeno una visita. Fallo per tua madre Allison, so che hai una inclinazione verso il voler aiutare le persone. Aiuta tua madre e te stessa, vivi” -

 

-“E se io volessi morire” -


 

***
 

 

Andrea non venne più a trovarla, almeno non venne più a parlarle. Allison aveva contato tutti i giorni da quando l'aveva vista l'ultima volta senza sentirne mai la mancanza. Ora che non c'era nessuno a combattere per lei, chi l'avrebbe fatto?


 

***

 

Era il 13 Dicembre, Allison lo sapeva, si svegliò quel giorno consapevole finalmente di qualcosa. Il ricordo ormai offuscato di Andrea ed il senso di colpa, vennero cancellati da quel numero. Si alzò con gioia, indossando il suo vestito preferito, la maglia a fiori e la gonna nera. Indossò dei collant per nascondere le gambe sempre più magre e dopo essersi guardata allo specchio, si sentì carina. Decise di indossare comunque le pantofole e sistemati i ricci, cominciò a camminare al di fuori della stanza. Allison si avviò verso il giardino, con il semplice desiderio di vedere il sole ed essere baciata da un po' di vita. Non aveva saputo che quello era il giorno del suo compleanno, fino a pochi giorni prima, quando mentre la esaminavano per un controllo di routine, un'infermiera le aveva fatto degli auguri in anticipo. Aveva aspettato quel giorno con trepidazione ed ora che si era macchiata la sua gonna preferita di terra – seduta tra i fiori come una bambola -, sentì l'eccitazione svanire. Girò la testa per guardare l'entrata dell'istituto e riuscì a vedere fin da lì la poltrona in cui Andrea si sarebbe seduta.

Chissà cosa le avrebbe regalato, chissà come si sarebbe comportata. Forse oggi sarebbe stata sua figlia ed avrebbe sorriso con sincerità ai suoi gesti premurosi. - “Taylor” - il silenzio di quel luogo venne spezzato da quella voce. Allison si alzò spaventata e vide, lontano da lei di qualche passo, un ragazzo. Allison non riusciva a vederlo negli occhi, questi riflettevano la luce del sole e si chiese se fosse solo frutto della sua immaginazione. Ma il ragazzo muoveva le labbra sottili velocemente e teneva tra le mani un pacco incartato di viola. I capelli ricci erano spettinati ed il completo nero – maglia e jeans – che indossava, lo rendeva così inadeguato a quel posto. - “Allison, ti stavo cercando, hai un visita” - l'infermiera le toccò la spalla e lei la guardò, sorrise e sperò fosse Andrea, ci sperò davvero. - “Oh, ma vedo che l'hai già incontrato, vi prego, entrate, fa freddo oggi per te Allison” - guardò il ragazzo al suo lato, non era stata Andrea a farle visita. Si chiese chi fosse allora quel tizio che l'aveva chiamata in quello strano modo. Tanya? Allison non riusciva a ricordarselo. Riconobbe di star sentendo freddo dopo essersi rialzata dalla terra bagnata e fu accompagnata dall'infermiera all'interno. Si accomodarono entrambi su quelle due poltrone, come al solito. Il ragazzo la fissava, ma non con disgusto, constatando quanto Allison fosse persa. Lui l'ammirava. - “Mi chiamo Edward, piacere di conoscerti Allison” - ora l'aveva chiamata con il nome corretto, eppure prima l'aveva confuso con un'altra persona? - “Non ci conosciamo già?” - chiese con la voce secca.

Non parlava spesso, non voleva mai avere un contatto diretto con persone come loro, mostri che resuscitavano dal cimitero della sua memoria. Lui sgranò gli occhi ed Allison avrebbe potuto scommettere di averlo visto sospirare deluso, ma poco dopo sorrise. - “Si, ma tu non ricordi chi sono” - disse ovviamente. La bionda annuì, strinse le braccia attorno alla vita, come per proteggersi dalle sue dichiarazioni. Chi era lui? Un altro fratello? - “Chi eri nella mia vita” - chiese gracchiando. - “Non è fondamentale saperlo” - disse malinconico. I suoi occhi verdi perforavano il corpo di Allison. Lei riconosceva quegli occhi. Le lacrime fiorirono improvvisamente dal blu spento dei suoi occhi e le labbra si aprirono per ospitare singhiozzi mai uditi. Allison sentiva il cuore andare a pezzi, sentiva il puzzle della sua vita pezzo per pezzo, separato da qualcosa di invisibile, una patina che le stava soffocando il cervello. Lui la guardava inerme, non piangeva insieme a lei come sarebbe invece capitato con Andrea, non le chiedeva niente, non urlava aiuto, non la trattava come una pazza, come una schizzata che ha perso la memoria, lui l'ammirava morire e poteva sentire quanto quello sguardo fosse più carico di apprensione - ed amore – messo a confronto con quello di tutti gli altri.

Un dottore arrivò per prenderla dalle spalle, aveva l'udito stordito, ma capì che Edward era stato invitato a lasciare l'istituto. Lui rimaneva lì, a fissarla piangere e divincolarsi dalla presa di quelle persone. Prima che la lasciasse, Allison gli strinse la mano. Torna avrebbe voluto dirgli, torna.



 

***


 

Chi sarebbe tornato da una come lei, da una donna priva di vita? Allison segnava sul muro della sua stanza tutti i minuti passati senza di lui, passati da quando se ne era andato. Il pacco, quel pacco che aveva portata con sé, era per il suo compleanno. Lo aveva aperto e ci aveva trovato dentro una chitarra, una vecchia, malconcia. Allison l'aveva buttata in un angolo, ed ogni minuto che passava, la odiava sempre di più. Due giorni, quattro ore e ventitré minuti. Lui non era tornato. Erano le quattro del mattino e lei pensava solo a quegli occhi verdi. Prese la chitarra tra le mani, l'esaminò cercando un qualsiasi dettaglio che parlasse di lui. La chitarra era vecchia, ma in alcuni tratti si faceva più liscia ed il marrone che la ricopriva cambiava tonalità. Era stata forse dipinta? Una parte centrale si, lo era. Allison non aveva unghia affilate, ma cominciò allo stesso modo a grattare via quella crosta di pittura marrone. Una scritta si fece spazio, dorata e ben visibile su quello sfondo di un marrone più scuro. Taylor. Allison si sforzò di ricordare questa Taylor, cercò con tutta la sua forza, fino a far diventare la guance rosse per lo sforzo, di ricordare dove avesse sentito quel nome, ma non ci riusciva.

Perchè le aveva dato quell'oggetto? Lei non sapeva neanche suonarla una chitarra. Se la poggiò sulle gambe, seduta sul letto disfatto già da un po'. Le corde della chitarra si amalgamarono alle sue dita piene di calli. Ritrovò le note che avrebbe voluto suonare, come se fosse stata una cosa facile, come respirare. Come se quell'azione fosse vitale, quella di suonare. Come se la musica fosse ossigeno. - “4 AM, the second day. How strange that I don't know you at all” - cantò con una voce che non le apparteneva e subito dopo buttò la chitarra giù dal letto. Le mani le tremavano. Si stese sul letto, avvolgendosi con le coperte fino alla testa per nascondersi, come facevo da bambina, dai mostri. Si mise il cuscino in bocca, spaventata da se stessa, da ciò che aveva fatto, sentito, ricordato.


 

***
 

 

Visite. Lo aveva visto da lontano, di schiena, vestito ancora di nero. La cosa non la sorprendeva e ciò la spaventava ancora una volta. Chi era quel tizio? Cosa era? - “Ciao Allison” - le sorrise mostrando le sue fossette e lei non pote non ricambiare. Lui però non le guardava gli occhi, il suo sguardo puntava il suo petto, o meglio il maglione rosso che indossava. - “Il tuo maglione è bellissimo”- disse con una voce lontana, appartenente a chissà quale ricordo. - “Me l'hai regalato tu, vero?” - chiese Allison con le guance che si imporporavano. - “No” - chiuse il discorso con freddezza prima che lei cominciasse a sedersi. - “No, andiamo in biblioteca, cambiamo aria” - disse ritornando al suo tono caldo. Cercò di afferrarle la mano, ma Allison si allontanò impaurita. Lui non disse nulla e s'incamminò con lei che la seguiva ansiosa. La biblioteca non era molto diversa dalla stanza di prima, ma era più silenziosa. Allison non era l'unica a ricevere visite e le piaceva ora avere dello spazio sola con quello strano ragazzo. Lei si sedette accanto al camino spento, mentre lui cercava tra gli scaffali un libro.

- “Che libro cerchi?” - chiese Allison curiosa. - “Curiosa come sempre” - disse Edward lanciandole uno sguardo compiaciuto, per poi riprendere a parlare - “Cenerentola, la favola” - la risposta di Edward suonò strana alle orecchie di Allison. Edward si accomodò vicino a lei, ad una sedia di distanza con un libro malconcio tra le mani. - “Ti va di leggermelo?” -. Allison non sapeva il perchè di quel gesto, di quel desiderio, ma non riusciva a dire di no ad Edward, era come incantata, ossessionata da ogni suo gesto.


 

***


 

Allison stava ridendo, cercando di trattenere la bocca con le mani. Le battute di Edward erano così infantili, ma non riusciva a non soffocare le risate che esplodevano dal suo cuore fino a traboccare dalle sue labbra. - “Perchè nascondi la bocca?” - chiese Edward seriamente. Allison la scoprì solo per compiacerlo. - “Perchè ho delle labbra orrende e non voglio che tu le guardi” - disse lei finalmente sincera. Non aveva mai avuto un contatto così profondo con un mostro del suo passato. Edward poteva essere lo spiraglio di luce che si affacciava al suo futuro?


 

***


 

Allison correva per i corridoi che la separavano da Edward, ma al suo posto c'era Andrea. Quasi non ne ricordava il volto o la voce. Allison l'abbracciò, la tenne forte a sé. Come non era potuto mancarle sua madre?


 

***


 

Allison aveva chiesto ad Edward di potergli chiedere una cosa. Ora lui la fissava con i suoi occhi verdi e le fossette in vista. Da quando stava cercando di aprire bocca? Non lo sapeva. - “Della viglia di Natale, qui si fa un piccolo incontro con i propri familiari ed amici e...” - ma Allison non riuscì a finire il suo discorso. - “Verrò” -.


 

***
 

 

Allison era emozionata, guardava la bilancia ma in realtà fissava lo specchio. Il suo corpo nudo non era così orripilante, non era perfetto, ma era reale. Si stese sul letto, accanto al vestito rosso che avrebbe indossato quella sera. Il pizzo rosso l'avrebbe avvolta tutta, la gonna che si formava dalla vita, avrebbe raggiunto le sue ginocchia. Aveva rinunciato ai tacchi, non voleva essere più alta di Edward, le ballerine andavano bene. I collant però erano rimasti lì, bianchi come il cerchietto che adornava i suoi capelli. Prese tra le mani la chitarra una volta marrone ed ero riempita di strass rossi. Stasera avrebbe suonato per Edward. Anche per la sua famiglia, ma soprattutto per lui. Rilesse il testo della sua canzone e cercò di ripetere gli accordi che aveva scritto a voce alta, per sicurezza. This is falling in love in the cruelest way.


 

***


 

Allison fissava il cielo scuro dalla sua finestra. La chitarra che stringeva tra le mani era l'unica cosa che aveva deciso di non rompere. Il vestito di pizzo giaceva strappato sul pavimento, il testo della canzone assieme. Quelle parole però marchiavano il suo cuore. Era riuscita a dimenticarsi una vita intera, ma ora le pareva impossibile toglierselo dalla mente. Lo aveva aspettato fino alla mezzanotte. Poi aveva rinunciato. - “You should've been here and I would've been so happy” -


 

***


 

Aveva ricominciato a non mangiare. Allison non voleva vederlo. Allison non voleva sentirlo. Allison non voleva sentire il suo profumo addosso quello della sua infermiera quando la pregava di farmi uscire. Allison rideva pensando che perlomeno, non sarebbe stata la sola a dover dimenticare qualcosa. Qualcuno.


 

***


 

-“Hai ricominciato a non mangiare. Vedilo almeno una volta, vedrai che avrà avuto un buon motivo per non vederti” - Andrea strinse le mani di Allison, ma questa si allontanò, tradita da quel tocco così simile ma così diverso dal suo.


 

***


 

Un biglietto giaceva sul suo letto. Allison lo aprì, senza nemmeno chiedersi di chi fosse, la risposta era così ovvia. Alcuni accordi erano stati scritti con sotto delle parole da cantare. Allison prese la chitarra e li eseguì un paio di volte. La melodia malinconica e familiare riempì la stanza, stuzzicando angoli della sua memoria che dava per morti.

 

“I promise one day I'll bring you back a star/ I caught one and it burned a hole in my hand oh/ Seems like these days I watch you from afar/ Just trying to make you understand/ Don't let me go/ 'Cause I'm tired of feeling alone” - E.


 

***


 

Allison aveva deciso di vederlo ed ora che lui la fissava con devozione, mentre lei sfogliava con ironia il libro di Cenerentola, avrebbe voluto solo schiaffeggiarlo e smetterla di essere così orgogliosa. O baciarlo. Avrebbe voluto solo baciarlo. - “Assomigli ad una persona che conosco in questo momento” - disse sincero. - “Chi?” - chiese Allison senza trattenersi. - “Taylor Swift” - disse per poi abbassare il capo.


 

***
 

 

Allison aveva chiesto di Taylor Swift al suo dottore, ai medici che vivevano lì e alla sua infermiera. Anche sua madre non aveva saputo – voluto? - risponderle. Allison stava impazzendo, forse aveva capito male il suo nome? Il dottore gli aveva detto che si stava riprendendo, che anche se l'incidente aveva spazzato via la mia vita passata, poteva vivere il presente ed il futuro senza timori. Aveva avuto così paura di dimenticarlo. Scese in biblioteca per poter riflettere, quando si avvicinò ad uno scaffale pieno di giornali. Lo aveva volontariamente superato, quando il cognome Swift si era fatto notare tra tutte quelle copertine. Allison lo aveva afferrato. Attorno al nome di quella sconosciuta, osservò la foto di una ragazza dal viso paffuto ma delineato. Gli occhi blu erano incorniciati da un eyeliner, mentre le labbra carnose erano di un rosso bellissimo. Allison amava il rosso. I capelli erano ricci e biondi, ma non crespi come i suoi. Il corpo snello e slanciato era bellissimo. Il suo sguardo ricadde immediatamente sulla sua mano, stretta a quella di un ragazzo. Quegli occhi erano riconoscibili anche con gli occhiali che li coprivano.

 

Harry Styles e Taylor Swift hanno messo fine alla loro relazione


 

***


 

Allison evitò Edward, disse di non sentirsi bene, disse che aveva da fare, come se in quel posto ci fosse molto da fare. Ma non poteva vederlo proprio ora, ora che si guardava allo specchio e si raffigurava in quel corpo, in quella Taylor Swift che sembrava essere la sua parte più bella, quella andata via, quella in cui non si riconosceva più. Come avevano potuto tutti mentirle? Perchè le avevano affibbiato il nome Allison? Non voleva pensare al suo passato. Aveva scoperto così tanto su quella che pareva essere lei una volta. Era una cantante – quella chitarra che Edw-Harry le aveva regalato, era davvero sua -, una cantante molto famosa. Aveva pubblicato dei CD, girato il mondo ed era fidanzata con l'idolo del momento, con Harry Styles.

Il suo secondo nome era Allison ed aveva 22 anni compiuti. Aveva avuto un incidente un anno fa dopo essere stata inseguita dai paparazzi che le chiedevano cosa fosse successo tra lei ed il suo fidanzato. Il suo ex fidanzato. Allison non sapeva più chi fosse, voleva urlare e chiedersi perchè era successo tutto questo, che quella Taylor non meritava di morire e questa Allison non doveva nascere. Perchè Harry l'aveva cercata? Sensi di colpa? Allison voleva ritornare a quel periodo della sua non-vita in cui aveva desiderato solo di morire. Ma che colpa ne aveva lei? Lei che non era morta in quell'incidente, lei che era sopravvissuta a Taylor Swift. Lei che era Allison. Prese delle forbici da un cassetto del bagno e fece un taglio netto ai ricci che ricadevano oltre le sue spalle.


 

***
 

 

- “E se io non volessi assomigliare ad una persona che conoscevi? Se io volessi prendermi il tuo cuore senza dover nascondere le mie motivazioni dietro a un qualcosa che avevo in comune con lei?” - chiese Allison con i capelli completamente stirati e corti. La frangia delineava il suo sguardo blu. Il rossetto rosso era l'unico dettaglio che aveva ereditato da Taylor, oltre il suo amore incondizionato per la musica e per lui. Harry la guardò, consapevole che lei avesse saputo, capito, riconosciuto. - “Ma tu sei lei” - disse lui. - “No, lei è morta” - disse Allison incapace di nascondere i suoi pensieri. - “E di chi mi sarei innamorato ancora una volta?” - chiese lui a disagio. - “Di Allison Swift” - rispose lei mentre gli tendeva la mano.

 

  
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