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Autore: fleacartasi    16/11/2004    14 recensioni
Il tempo che fugge, portando con sè paure e problemi mai risolti...l'ultimo anno a Hogwarts dei Malandrini e di Lily Evans...un amore che all'inizio sembra impossibile..un universo di personaggi le cui vicende si intrecceranno...
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Lucius Malfoy, Remus Lupin, Rodolphus Lestrange, Severus Piton, Sirius Black, I Malandrini | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sogni indefiniti avevano preso forma nella sua mente…chiazze di colore e figure che si muovevano furtivamente in un cielo ross

Salve a tutti! ^^ Questa è la prima fan fic a capitoli che ho scritto…o meglio, che sto cercando di scrivere…infatti non l'ho ancora finita (a dire la verità ho in mano solo due capitoli! ^^") e non garantisco di riuscire a farlo, sono molto incostante in queste cose!

In ogni caso…i protagonisti principali sono James e Lily, due dei miei personaggi preferiti, e che tra l'altro danno più spazio all'inventiva perché di loro non si sa molto, e la storia è ambientata al settimo anno di Hogwarts…sicuramente altri personaggi importanti saranno Sirius, Bellatrix, Severus Piton…e poi non so bene, visto che la fic deve ancora prendere forma nella mia testolina bacata! :P

Spero che possa piacervi e vi lascio al primo capitolo…^^

Ps. I personaggi di questa fic sono proprietà di Jk Rowling (come ben sapete...ma meglio scriverlo! :P)

« Capitolo 1

Sogni indefiniti avevano preso forma nella sua mente…chiazze di colore e figure che si muovevano furtivamente in un cielo rosseggiante….e altrettanto velocemente si erano dileguate, lasciando il posto ad un raggio di sole, che le colpiva con insistenza il viso. Un mattino di inizio settembre, un sole fin troppo caldo per il clima inglese. Le nuvole di panna bianca si rincorrevano nel cielo turchese, i rami degli alberi frusciavano leggermente, disegnando arabeschi trasparenti sulle pareti della stanza. Un leggero profumo di vaniglia e di autunno. Una macchina passò in strada, ruppe il vetro cristallino del silenzio, frammenti di suoni indefiniti si sparsero sul marciapiede.

Lily Evans aprì gli occhi, lentamente, indugiando ancora per qualche piacevole secondo nella quiete assonnata, allungando i piedi sotto le lenzuola attorcigliate. Si sentivano dei passi, al pianterreno. Passi leggeri, soffocati dal tappeto dell'ingresso, ma passi. La ragazza si alzò, lisciando pieghe inesistenti del pigiama ormai troppo corto, che lasciava scoperta parte delle gambe magre. Era cresciuta, durante l'estate…ma il suo viso rimaneva quello di sempre. O così le sembrava. Afferrò lo specchio che teneva sul comodino. I capelli ramati le cadevano arruffati sulle spalle, gli occhi color smeraldo, ancora assonnati, sembravano brillare di luce propria, e le lentiggini risaltavano più del solito sulla pelle chiara.

Si avvicinò alla finestra e spalancò le persiane. La ben nota stradina comparve davanti ai suoi occhi, la stradina che aveva percorso così tante volte, a piedi o con la bicicletta rubata alla sorella. Le orribili tende a fiori della casa di fronte erano chiuse, non si sentiva il mormorio sommesso della televisione che trasmetteva qualche stupida telenovela a basso costo, né si intravedeva l'odiosa vicina, che spiava e osservava morbosamente tutto e tutti.

Lily si voltò e si appoggiò al davanzale, abbracciando con lo sguardo le pareti bianche con alcuni poster appesi, la scrivania di legno laccato di blu oltremare, il tappeto della stessa tonalità, il letto sfatto, l'armadio dalla tonalità neutra che si trovava in un angolo. Nessuno le aveva mai rivolto domande. Tutti le parlavano cordialmente, la salutavano con larghi sorrisi quando la incontravano in strada, mentre andava a comprare pane e biscotti dal panettiere all'angolo, ma non le chiedevano mai nulla. Nessuno aveva mai avuto il coraggio di chiederle apertamente perché. Perché per nove mesi, ogni anno, lei non abitasse con i suoi genitori e sua sorella, in quella casetta come tante altre, con le pareti di mattoni a vista, il piccolo giardino con l'altalena appesa all'albero in un angolo, la cassetta della posta laccata di rosso. Lily era convinta che, al di sotto delle maschere di gentilezza e rispetto, pensassero che lei fosse pericolosa. Una mela marcia, costretta ad allontanarsi dalla famiglia, magari per frequentare qualche istituto per problemi mentali. Nonostante Lily si fosse sempre comportata normalmente, poteva quasi sentire i sussurri soffocati che le vecchiette si scambiavano al suo passaggio, poteva quasi riuscire ad immaginarsi le storielle assurde che si inventavano sul suo conto. Trovava quasi divertente quell'attenzione eccessiva. Era curioso come la gente fosse portata a giudicare negativamente chi si discostava anche solo appena da ciò che era ritenuto normale.

Aprì la porta della sua stanza, che cigolò lievemente, e iniziò a scendere le scale, a piedi nudi. Il legno era freddo, e lei rabbrividì leggermente. Quando arrivò nella piccola cucina, non fu sorpresa di trovare Petunia, che sorseggiava una tazza di tè. Aveva capelli scuri, ondulati, che le sfioravano le spalle e che in quel momento erano legati in una coda bassa. Il viso era magro, dai tratti duri. Gli occhi, scuri anch'essi, erano sospettosi per natura, e le mani lunghe e ossute erano sfuggevoli, con unghie sorprendentemente curate. Chi non le conosceva faceva fatica a credere che fossero sorelle.

Lily percorse il pavimento di lucide piastrelle color avorio, e raggiunse i fornelli. Accese il gas, tirò fuori una padella e si voltò verso la sorella, che la guardava di sfuggita, come se temesse di fissarla negli occhi.

"Cosa ti preparo Petunia?" -chiese Lily, con semplicità- "Bacon? Uova? Salsicce?…ah, no, quelle sono finite credo…" -aggiunse, aprendo il frigo.

Petunia alzò di nuovo gli occhi verso Lily, con aria sorpresa, come se pensasse che la sorella non fosse più in grado di cucinare senza utilizzare la magia.

"Niente. Non voglio nulla." -si affrettò a rispondere- "Grazie." Una lievissima sfumatura di paura aleggiava nella sua voce incerta. Lily l'aveva colta, suo malgrado. Petunia la temeva. Erano sei anni ormai. Sei anni, e non si era ancora abituata all'idea di avere una sorella che aveva paura di lei, che temeva che avrebbe potuto scagliarle un incantesimo se avessero avuto una discussione o magari semplicemente per divertimento.

Lily spense il gas e ripose la padella al suo posto. "Vorrà dire che io mangerò un po' di biscotti" -disse, sforzandosi di non sembrare delusa, amareggiata- "Se vuoi saperlo non mi è mai piaciuta l'abitudine che abbiamo noi inglesi di mangiare uova e salsicce a colazione!" Un sorriso si dipinse sul suo volto spruzzato di lentiggini. Lily pensò che non avrebbe potuto sorridere in modo più falso.

Improvvisamente sentì gli occhi bruciare. Non voleva piangere di fronte a Petunia. Non voleva darle quella soddisfazione. Non voleva darle modo di pensare che fosse triste perché il giorno dopo sarebbe tornata a Hogwarts. Afferrò qualche biscotto dal sacchetto che si trovava nella credenza alle sue spalle e lasciò la stanza, quasi correndo.

Petunia abbassò lo sguardo sulla tazza di porcellana, osservando il liquido ambrato al suo interno. Non fece nulla per fermarla.

Sulle scale Lily incontrò la madre che stava scendendo, sbadigliando. Aveva i capelli dello stesso colore di quelli di Lily, anche se molto più corti, che facevano a pugni con la vestaglia di tessuto leggero che indossava, di un'intensa sfumatura rossa.

"Oh Lily!" -esclamò allegramente, guardandola- "Oggi dobbiamo andare a Diagon Alley per acquistare le cose per la scuola…e credo che dovremo anche comprarti una divisa nuova" -le lanciò una breve occhiata, soffermandosi sul pigiama troppo corto- "Sei così cresciuta quest'estate!"

Lily fece un cenno d'assenso, e riuscì ad impedirsi di piangere finchè non si chiuse alle spalle la porta della sua stanza. Allora le lacrime iniziarono a scendere, lente e inesorabili, lungo le guance. Lily si strofinò energicamente gli occhi. Non doveva piangere. Afferrò lo specchietto. Il verde dei suoi occhi sembrava ancora più intenso, circondato dal rossore del pianto.

Era tutta colpa di Petunia…tornare a casa per le vacanze estive si trasformava sempre in un'esperienza al limite della tortura. Non bastava il piacere che provava nel rivedere i genitori dopo tanto tempo. Lily non riusciva a sopportare i silenzi imbarazzanti che si creavano quando lei e la sorella si trovavano da sole in una stanza, quegli sguardi sospettosi, taglienti come cocci di vetro, le frasi di pura circostanza, le parole vuote come cartocci del latte finiti.

Un tempo erano così unite...I ricordi affioravano dolorosi nella sua mente, frammenti in bianco e nero di una vita che sembrava appartenere a un'altra persona.

Petunia, più grande di tre anni, che tornava a casa da scuola e faceva giocare la sorella, che aveva cinque anni, con le bambole…Petunia che le intrecciava i capelli sanguigni…Lily che per farla arrabbiare leggeva il suo diario segreto…Petunia, che per il suo decimo compleanno le aveva comprato una bicicletta nuova spendendo tutti i suoi risparmi…

Le parve quasi di tornare indietro, di rivivere quei momenti, di sentire ancora il profumo delle torte che mangiavano a merenda….e la sensazione della spazzola di Petunia fra i suoi capelli…

Poi, quella giornata afosa e nuvolosa di luglio era arrivata. Lily avrebbe compiuto undici anni in ottobre. Era nel piccolo giardinetto davanti a casa, quella mattina, un libro in mano, i capelli che si riempivano di riflessi ramati alla luce del sole…l'erba era secca a causa del caldo, e scricchiolava piacevolmente sotto i suoi piedi nudi…e poi aveva alzato lo sguardo, e l'aveva visto. Un gufo, le piume leggermente arruffate di un bella sfumatura color castagna, che le si stava avvicinando. Lily non ne aveva mai visto uno da vicino…aveva strillato.

Petunia e sua madre erano corse fuori…il volatile aveva lasciato cadere una busta color seppia sulle loro teste e si era allontanato. Una busta, dove c'era scritto il suo nome, Lily Evans, in grandi ed eleganti lettere color muschio.

Lily l'aveva afferrata, con tutta la curiosità che l'aveva sempre contraddistinta…per un momento aveva immaginato che quella fosse la lettera di una fata, che le diceva che anche lei era una fatina…per un attimo aveva sperato che una volta aperta la lettera le sarebbe spuntato un paio di ali luccicanti e sarebbe stata libera di volare e spargere polverina di diamanti sulle piante, sui fiori, sulle persone…lei aveva sempre adorato le fate.

Invece quel foglio di pergamena sottile e ruvida, scritto con inchiostro nero, le aveva rivelato che lei, Lily Evans, era una strega. Aveva dei poteri magici. E avrebbe ricevuto un'istruzione alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.

Nella sua mente si affollarono stupore, paura, allegria, miriadi di domande che lì per lì non trovarono risposta. Non ci voleva credere. Non era possibile. Era troppo bello per essere vero…come ricevere in regalo il vestito troppo costoso che si era sempre desiderato, o come poter girare tutto il mondo…Lei non poteva possedere poteri magici…i maghi e le streghe non esistevano, anche se era così bello crederci! E poi…perché Petunia non aveva ricevuto la sua lettera di pergamena spessa da un bel gufo o da una civetta candida come neve su un davanzale? Lei aveva quattordici anni ormai…

Ma poi Lily si era ricordata di quando si era arrabbiata con i suoi genitori, poco più di un anno prima, e la tazza che teneva in mano si era frantumata, senza che lei la stringesse o la buttasse per terra…o di quando un ragazzino voleva rubarle la bicicletta e quella misteriosamente era come sfuggita dalle sue mani tornando verso di lei…Avvenimenti strani, a cui non aveva saputo dare una spiegazione.

In lei aveva iniziato ad insinuarsi un dubbio, insidioso e affascinante come un serpente color smeraldo…il dubbio che la magia in realtà esistesse, e che gli uomini semplicemente rifiutassero di ammetterlo, rinchiusi nella loro roccaforte di certezze impenetrabili, troppo comode per essere messe in discussione...Lily aveva visto lo stesso dubbio aleggiare leggero e impertinente negli occhi del padre e della madre.

Insieme a quell'avviso c'era un elenco di libri e accessori da acquistare, manuali di materie che Lily non aveva mai sentito nominare, come Pozioni e Incantesimi, una bilancia d'ottone, una bacchetta…Il treno per la scuola sarebbe partito alle undici in punto del primo settembre dalla stazione di King's Cross a Londra, binario nove e tre quarti…anche quelle indicazioni bizzarre l'avevano colta del tutto impreparata.

I suoi genitori, pur essendo ancora molto scossi e turbati, avevano accettato la novità di buon grado. Si erano complimentati con la figlia, erano felici per lei. Una strega in famiglia…non capitava tutti i giorni. In pochi giorni l'orgoglio aveva preso il posto della sorpresa, della lieve diffidenza e della convinzione che fosse solo uno scherzo di cattivo gusto. E rivolgevano mille domande curiose alla figlia, che in realtà non poteva rispondere, la totale ignoranza del mondo magico uguale a quella dei genitori. E da quel momento Petunia era cambiata. I suoi occhi si erano offuscati, coperti da una leggera foschia di delusione e invidia, ombre tristi solcavano il suo viso magro, le mani sempre intrecciate che non volevano farsi toccare. Si era rifiutata di andare con i genitori e Lily a Diagon Alley, quella lunga via nascosta dietro un anonimo muro di mattoni aranciati, e aveva ascoltato con espressione sofferente i racconti entusiasti di quel luogo così diverso dal mondo a cui erano abituati…maghi e streghe con lunghe tuniche colorate e mantelli che frusciavano impercettibilmente, negozi di scope volanti, gufi e creature magiche, calderoni, piume di fagiano per scrivere, la Gringott, la banca dei maghi…i pub dove si potevano bere Burrobirra, Whisky Incendiario e Acquaviola, i negozi che esponevano nelle vetrine dolci di tutti i tipi, tavolette di cioccolato enormi, piccole api di zucchero, lecca lecca rosa e azzurri…e Lily le aveva anche mostrato la sua bacchetta nuova, la divisa della scuola, gli ingredienti che le sarebbero serviti per preparare le pozioni, il piccolo calderone e la bilancina d'ottone..aveva gli occhi che scintillavano come smeraldi alla luce del sole, un sorriso che si esprimeva meglio di tante parole.

Petunia sembrava volerne rimanere al di fuori, sembrava volersi limitarsi ad osservare quell'universo sconosciuto attraverso un freddo vetro brinato. Non voleva sfogliare i libri nuovi della sorella, e non poteva soffrire il gatto nero che aveva comprato al Serraglio Stregato e che avrebbe portato con lei a Hogwarts…la sua nuova scuola, la sua nuova casa, una casa in cui Petunia non sarebbe mai entrata. Petunia era invidiosa. Morbosamente, immensamente invidiosa. Aveva passato tutto il mese di agosto a chiedersi perché, perché lei non aveva ricevuto nessuna lettera, nessuna maledetta lettera che le dicesse che anche lei avrebbe potuto attraversare il muro di mattoni e ritrovarsi a Diagon Alley, strega in mezzo ad altre streghe e ad altri maghi? Perché non poteva indossare una veste azzurro polvere e agitare in aria la bacchetta facendo spuntare dal nulla una cascata di scintille colorate? Perché Lily avrebbe avuto quest'opportunità e lei no? La rabbia la divorava come un cancro maligno, la feriva come un coltello affilato che lacerava tutti i sentimenti d'affetto che provava verso sua sorella. Aveva iniziato a ignorarla, a non parlarle più, non voleva più avere a che fare con lei…non voleva. Voleva dimenticare i legami di sangue che le univano, voleva cancellare la sua esistenza, come una vecchia foto ridotta in cenere dalla fiamma calda di una candela. Stava cercando di convincersi che dopotutto lei era stata fortunata. Sperava che il mondo magico si rivelasse pieno di persone inaffidabili, disgustose, anormali, folli, pericolose…in fondo sperava che anche sua sorella si sarebbe rivelata tale. Una spostata. Sperava che non avrebbe trovato amici in quella scuola, così si sarebbe pentita di averla abbandonata, di averla lasciata sola, sola con le sue lacrime salate e che profumavano di metallo. Così William e Louise Evans avrebbero disprezzato Lily, si sarebbero resi conto che non era una figlia che meritava il loro affetto…e avrebbero ringraziato lei, avrebbero ringraziato Petunia, che era stata così brava a tenersi lontana da quel vortice nero e nebbioso salvato da apparenze confortanti, come una torta amara avvolta da lucida carta dorata…

Quando Lily era partita, lei non era andata ad accompagnarla alla stazione di King's Cross. Con la scusa di un mal di testa molto forte, era rimasta nella sua stanza, ad osservare suo padre che caricava sull'auto il grosso baule e la gabbia con il gatto della sorella…era rimasta ad osservare, con una mano che scostava la tenda, finchè la macchina non era stata più visibile. Non avrebbe più visto i capelli fiammanti di Lily per nove mesi, non avrebbe più mangiato le frittelle che le piaceva cucinare la domenica mattina con l'aiuto della madre, non l'avrebbe più sentita cantare a bassa voce le sigle dei vecchi cartoni animati…Si era sentita in colpa per non averla nemmeno salutata, ma la rabbia e l'invidia avevano sopraffatto ogni altro suo sentimento.

Lily aveva dovuto lottare contro le lacrime mentre l'auto si dirigeva a Londra. Non si era mai allontanata da casa per più di due settimane e ora stava per partire per nove mesi. Non conosceva nessuno, sentiva che avrebbe faticato per trovarsi degli amici, a causa della sua nota timidezza che la faceva sempre rimanere nascosta nel suo angolino d'ombra, non aveva mai usato la piccola bacchetta che aveva riposto nella borsa prima d'ora, né conosceva il mondo magico. In più, sua sorella non le aveva più parlato da quando aveva ricevuto la sua lettera di convocazione, e non era nemmeno venuta a King's Cross per salutarla. Si sentiva così sola, mentre fissava il suo riflesso sul finestrino dell'auto e accarezzava distrattamente il suo gatto, che faceva sommessamente le fusa…

Ma sei anni erano passati. Sei lunghi anni. E tante cose erano cambiate. Lily stessa era cambiata. Simile alla bambina che aveva aperto quella lettera sperando di veder spuntare un paio d'ali di fata sulla sua schiena, ma diversa. Aveva scoperto, arrivata a Hogwarts, che tanti altri studenti erano babbani, proprio come lei. Nemmeno loro sapevano usare la bacchetta, o preparare una pozione. Non lo sapevano nemmeno i ragazzi e le ragazze cresciuti in famiglie di maghi.

La Casa a cui era stata assegnata era Grifondoro, e nella torre di Grifondoro aveva passato gran parte del suo tempo, quando non frequentava le lezioni, osservando i suoi compagni che giocavano a scacchi magici, scaldandosi su una delle poltrone rosse vicino al fuoco o semplicemente guardando i prati ghiacciati e la capanna del guardiacaccia, Hagrid, dalle grandi finestre dai vetri smerigliati.

Si era abituata ad inviare lettere a casa utilizzando i gufi che la scuola metteva a disposizione, e che si potevano trovare salendo nella Guferia, aveva passato i pomeriggi più caldi in riva al lago, osservando i movimenti lenti della piovra gigante e bagnandosi i piedi nell'acqua che sembrava quasi nera, e aveva trascorso notti insonni a studiare prima degli esami.

Il suo rapporto con Petunia era peggiorato con il passare del tempo. O meglio, si era stabilizzato. Non si erano mai scritte. Nemmeno una riga. Nemmeno qualche parola tracciata in fretta macchiandosi il palmo della mano di inchiostro nero. Si erano semplicemente ignorate, il loro legame sepolto, chissà dove, in fondo al loro animo.

Quando Lily tornava a casa, durante le vacanze estive, si osservavano a lungo, senza parlare. Quando lo facevano, le frasi che uscivano dalle loro bocche atteggiate in smorfie di sospetto erano fredde, di circostanza. Come se fossero state scolpite nel marmo.

Petunia aveva un fidanzato, da quanto Lily aveva potuto capire ascoltando i discorsi dei genitori. Non ne sembravano entusiasti. Si chiamava Vernon. Un aspetto discutibile, e un carattere ancora più discutibile. Scontroso, morbosamente ossessionato dalle apparenze, ostile a tutto quanto si discostasse anche solo minimamente dalla norma. Lily non l'aveva mai visto. Sospettava che Petunia gli avesse detto di essere figlia unica. Non voleva che Vernon sapesse che aveva una sorella minore che stava studiando per diventare una strega. Petunia si vergognava di lei. Poteva leggere la paura nei suoi occhi stretti, quando Vernon la passava a prendere nelle sere d'estate e la aspettava sotto il portico. Petunia aveva paura che Lily uscisse dalla sua stanza, che lui la vedesse e facesse domande…ma Lily non l'aveva mai fatto. Non voleva affatto essere giudicata da uno sconosciuto.

"Lily! Ti vuoi muovere? Non dirmi che devi ancora vestirti! Lo sai che Diagon Alley è sempre affollatissima il giorno prima dell'inizio della scuola…"

La voce di Louise Evans riportò la ragazza alla realtà. Era il trentuno di agosto, e il giorno dopo sarebbe tornata a Hogwarts per iniziare il settimo e ultimo anno. Sarebbe salita di nuovo sull'espresso rosso e lucente, avrebbe mangiato tramezzini e zenzerotti per pranzo e avrebbe indossato la divisa nuova prima di scendere dal treno, sarebbe salita su una carrozza che non aveva bisogno di cavalli per muoversi e avrebbe di nuovo visto avvicinarsi le immense torri del castello dal finestrino spruzzato di pioggia…e non avrebbe più pensato a sua sorella. A quanto Petunia dovesse odiarla.

Lily aprì l'armadio, si infilò un paio di jeans e una maglietta, afferrò la lista dei libri che era sulla scrivania e una spazzola di legno e scese le scale, mentre si spazzolava i lunghi capelli rossi.

Una cornice sullo scaffale più alto e lontano della stanza, che conteneva una foto di lei e Petunia da piccole, si rovesciò quando la porta si chiuse con un tonfo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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