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Autore: EvgeniaPsyche Rox    27/12/2013    7 recensioni
Roxas si alzò elegantemente e si spolverò i jeans; dopodiché fece per raggiungere la porta, quando Sora si piazzò di fronte a lui, ottenendo in risposta uno sguardo esasperato. Nonostante ciò il castano si avvicinò all'orecchio del fratello e gli sussurrò: «Non ti preoccupare Roxas, presto anche tu sentirai la magia del Natale. Babbo Nachele ti aiuterà, lui non mi ha mai deluso.»
«Vai a 'fanculo Sora, tu e quel ritardato di Babbo Nachele.»
«ROXAS!»
Genere: Comico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Roxas, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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-Note di Ev'-
E' opportuno sottolineare che io non ho mai visto il film di ''A Christmas Carol'', quello diretto da Robert Zemeckis; in compenso ho guardato la versione di Barbie (Lo so, è patetico) e quella di Topolino, se non ricordo male.
Insomma, la famosa storia la conosco, ma ovviamente non sarà tutto sputato uguale (?), anzi...



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A Christmas Carol



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Sora Caldwell si schiarì la voce un paio di volte e si sistemò il colletto della felpa sulla quale vi era disegnata una renna; dopodiché tentò di assumere un'espressione da persona colta, per quanto fosse possibile con quella sua faccia da tonno inscatolato (Come lo definiva amorevolmente suo fratello gemello) e, sotto gli occhi dei suoi genitori che lo guardavano con il tipico ebete sorriso da gente con lo spirito natalizio (Sempre espressioni che fuoriuscivano dalla graziosa bocca del fratello), iniziò finalmente a parlare:
«Caro Babbo Natale, quest'anno ho deciso di non chiederti molto. In fondo sono un ragazzo molto molto molto molto fortunat... Ah, mi sono dimenticato un ''molto''! Dicevo, sono un ragazzo molto molto molto molto molto fortunato: ho dei genitori buoni buoni, come i kinder sorpresa, delle zie amorevoli, dei nonni che profumano di legno marcio di roba dimenticata in cantina, e un fratello... Un fratello molto... Ehm, gentile e... Disponibile, sì. E-Ecco, sì, sono fortunato, perciò non ti chiederò molto; quest'anno vorrei soltanto la PS3 per far ingelosire il mio migliore amico Riku, un cagnolino dalmata come quello della Carica dei 101, una macchinina telecomandata, un'astronave spaziale, una delle tue renne, possibilmente Rudolph, così potrei arrivare a scuola facilm-»
«Ehm, S-Sora, Sora», lo interruppe la madre con aria leggermente perplessa e intimorita, sforzandosi comunque di mantenere il caratteristico sorriso da ''Chissenefrega se mi bastonano, mi rubano l'auto, mi massacrano i parenti o se mi figlio mi chiede cose impossibili, io devo comunque sorridere perché è Natale!'' (Ennesima espressione tipica del libro segreto ''Io odio lo SchifoNatale'', attraverso il quale il medesimo autore aveva scritto anche ''Mio fratello è un'ameba'' e ''Il mio stalker è diventato il mio fidanzato- Sequel di mio fratello è un'ameba''). «caro, non pensi che alcuni di questi... Ehm, giocattoli, dovremmo regalarli ai bambini più sfortunati? Per non parlare del fatto che a Babbo Natale Rudolph potrebbe sempre servire... Non credi?»
Il castano abbassò le iridi azzurre ed ingenue -O forse stupide?- verso la propria letterina macchiata di inchiostro e bava, poiché l'aveva scritta la sera prima dopo una maratona di Adventure Time, finendo dunque per addormentarsi come un sasso, e, dopo una manciata di secondi, puntò nuovamente gli occhi sui due adulti seduti sul divano di pelle. «Bene!  Allora dirò a Babbo di tenersi la sua renna...  Ah, non ho ancora finito di leggere! Allora... Sì, poi vorrei la pace nel mondo e...», gli occhi del fanciullo si alzarono nuovamente e si posarono con fare indagatorio sulla figura rannicchiata in un angolo del soggiorno, la quale stava ringhiando qualche stregoneria che aveva letto su Internet contro l'albero accuratamente addobbato. «E vorrei che insegnassi a mio fratello a credere nel vero spirito del Natale! Vorrei che Roxas iniziasse ad amare il panettone e il pandoro, le decorazioni, le luci, i film natalizi, i cappellini a tema, i regali... E vorrei che iniziasse a credere in te! Puoi anche non portarmi la PS3, basta che insegni a Roxas a credere... Ti prego, Babbo! Portalo con te al Polo Nord, o magari porta qui qualche elfo, sono sicuro che Roxas si sentirebbe a suo agio, dato che in altezza ci azzecca in tutt-»
«Va bene Sora, credo che il vecchio Babbo Nachele abbia afferrato il concetto». Questa volta fu l'uomo a parlare prima di alzarsi, passando poi una mano sui capelli del figlio, il quale in tutta risposta accennò un largo sorriso. «Spero che Babbo Natale legga la mia lettera prima di tutte le altre!  E tu Roxas hai scritto a Babbo Nat-»
«Non osare accostare quel nome accanto al mio, Sora. Non osare». Un giovane sedicenne dai capelli biondi e disordinati si voltò con gli occhi blu che emettevano lampi e saette da tutte le parti; lanciò poi qualche altra maledizione contro l'albero di Natale, sperando di vederlo prendere fuoco improvvisamente, e tornò a squadrare il fratello. «Non dirmi che ancora credi a-»
«Roxas! Io e tuo padre già da qualche anno ti abbiamo permesso di smettere di festeggiare il Natale, ma almeno lascia che Sora si goda l'atmosfera!»
«Atmosfera? Ma se le luci di quest'anno le hanno riciclate dalla raccolta differenziata dei bambini della scuola materna! E comunque, mamma, in caso non te ne fossi accorta, ho capito benissimo che il panettone in cucina è scaduto da-»
«Adesso basta signorino! Fila in camera tua e non osare intralciare più i miei piani!»
«Con piacere». Roxas si alzò elegantemente e si spolverò i jeans; dopodiché fece per raggiungere la porta, quando Sora si piazzò di fronte a lui, ottenendo in risposta uno sguardo esasperato. Nonostante ciò il castano si avvicinò all'orecchio del fratello e gli sussurrò: «Non ti preoccupare Roxas, presto anche tu sentirai la magia del Natale. Babbo Nachele ti aiuterà, lui non mi ha mai deluso.»
«Vai a 'fanculo Sora, tu e quel ritardato di Babbo Nachele.»
«ROXAS!»
 






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«Allora... Ehm, è stato un bel pomeriggio. Un bel pomeriggio molto... Uh, silenzioso?». A quel patetico tentativo di concludere la giornata in maniera decente, Roxas voltò lentamente la testa verso l'uomo accanto a sé; lo squadrò dall'alto verso il basso, ringhiò qualcosa a denti stretti, sbuffò e ridusse le iridi a due fessure. 
Axel dal canto suo si sistemò il colletto della giacca rossa e si sforzò di accennare un sorriso, cercando di ignorare la sua inquietudine di fronte all'atteggiamento del suo fidanzato che faceva tranquillamente concorrenza ad una belva feroce pronta a divorare il prossimo; tra l'altro ciò era anche abbastanza deprimente, dal momento che ormai doveva essere abituato alla nuvola nera che galleggiava pigramente sulla testa del biondo durante il periodo natalizio.
«Andiamo, non mi guardare così.»
 Il diretto interessato in tutta risposta sbuffò nuovamente con il naso e non batté ciglio.
«Se... Se provassi a darti un bacio mi divoreresti la bocca o qualcosa del genere?»
Roxas corrugò la fronte e assunse un'espressione ancora più minacciosa, per quanto il suo volto, ancora ingenuo e con tratti infantili, glielo permettesse; sperò dunque di far sembrare che le sue gote fossero arrossate non a causa del freddo, bensì dalla rabbia pronta ad esplodere da un momento all'altro.
«Roxas, cazzo, ma non sono mica io quello che ha inventato il Natale!»
«Potrebbe essere stato un tuo antenato.», nonostante la risposta di Roxas fosse piuttosto secca ed aspra, Axel fu lieto di udire finalmente la sua voce; infatti si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo e si avvicinò con cautela al ragazzo, sistemandogli accuratamente la sciarpa attorno al collo. Dopodiché ritirò immediatamente le mani, impaurito dal fatto che il suo fidanzato potesse seriamente sbranargli le dita o qualcosa del genere, e lanciò un'occhiata vaga al cielo nuvoloso. «Quindi condannerai anche me?»
«Ovvio.»
Axel sbuffò rumorosamente e decise di mettere da parte il sarcasmo, almeno per un po'; squadrò dunque per una manciata di secondi la ghirlanda appesa alla porta e storse le labbra. «Lo sai che non mi hai ancora spiegato perché odi tanto il Natale?»
Il sedicenne incrociò le braccia al petto e sollevò istintivamente il soppraciglio sinistro, in parte irritato dalla curiosità di Axel, e in parte lieto di poter sfogare -Per l'ennesima volta, tra l''altro- il proprio odio nei confronti di quella tremenda festività. «Semplice. Odio tutto, praticamente tutto e tutti. Odio le luci per strada, chissà quanto spende il comune per queste stronzate. Odio i turisti che invadono la città, odio la neve che si infila perfino nelle mie mutande e mi fa arrivare a scuola in ritardo tutte le sante volte, odio quell'ameba di mio fratello che diventa più rompiscatole del solito, odio i parenti che si ammassano tutti da noi. Quella megera di zia Maggy e le sue domande indiscete, Iddio, perché qualcuno non le cuce la bocca? Sai, Axel, odio pure i sorrisi falsi e tutte le altre cazzate.»
Il fulvo, che aveva ascoltato quel lungo monlogo (Praticamente Roxas aveva parlato più in quel momento che nelle ultime due settimane) con aria alquanto perplessa, si scrollò le spalle ed emise dalla bocca un po' d'arietta fredda. «Guarda che questi non sono motivi validi.»
«Come no?»
«I parenti danno fastidio a tutti, ma è un fastidio ''falso''. Tipo quando mi dici che io ti do fastidio, io e i miei baci, però in realtà mi ami alla follia, no?»
Roxas inarcò nuovamente un soppraciglio, costringendo il rosso a schiarirsi la gola. «B-Beh, ti piaccio, no?»
«No.»
«E allora perché stiamo insieme, sentiamo?»
«Perché almeno ho qualcuno con la macchina che mi può portare dove cazzo voglio.»
«Ah, sì? E se smettessi di accompagnarti dove cazzo vuoi?»
«Ti mollerei senza pensarci due volte». A quella risposta secca ed apatica Axel si sentì un poco offeso, per quanto fosse abituato all'atteggiamento distaccato del biondo; decise dunque di lasciar perdere, anche per evitare una discussione, poiché Roxas sarebbe stato davvero capace di lasciarlo nel bel mezzo della Vigilia di Natale.
«Quello che intendevo dire, Roxas», tentò di riprendere il discorso iniziale, «era che i tuoi motivi non hanno delle basi, capisci? Cioè, non so... Hai tipo avuto qualche trauma riguardante il Natale da piccolo? Qualche bambina ti ha regalato un completino natalizio sexy? O un Babbo Natale ha cercato di ucciderti? Il pranzo di Natale ti è andato di traverso e-»
«Axel, piantala con queste stronzate.»
«E allora aiutami a capire!», trillò improvvisamente il più grande, oltre il limite della propria pazienza. «Insomma, perché?»
«Ma non c'è un perché! Tu perché odi i documentari della Domenica pomeriggio? Mica ti hanno violentato psicologicamente!»
«Che cazzo di esempio sarebbe?!»
«E' un esempio come tutti invece!»
«Non puoi passare la vita a fare il Grinch, cazzo! Anche perché il Grinch alla fine comprende la magia del Natale e-»
«Ancora con 'sta storia della magia del Natale?! Non basta Sora con queste stronzate da film, ti ci devi mettere pure tu?!»
«Sì, cazzo, e non urlare perché-»
«Oh, Axel, ciao!». I due litiganti interruppero la propria vivace discussione e si voltarono all'unisono verso la soglia della porta, nella quale vi era ad accoglierli lo smagliante sorriso della signora Caldwell. «Buona vigilia di Natale!»
«Oh, grazie», si affrettò a mormorare l'uomo, tentando di darsi un contegno e di riprendersi dal dibattito con il proprio fidanzato. «Anche a lei.»
La donna poi si voltò verso il figlio e ridacchiò un poco prima di avvicinarsi al rosso. «Sssh, non vorremmo risvegliare la natura del Grinch!»
Axel soffocò a stento una risata e scosse la testa. «Oh, no, certo che no!»
«Permesso, se spostaste gentilmente i vostri sederi, io vorrei passare», si intromise Roxas con aria irritata, facendosi strada tra le due figure prima di entrare in casa, sfilandosi immediatamente il cappellino di lana azzurro.
La madre lanciò un'occhiataccia al giovane prima di rivolgersi nuovamente all'uomo con un caldo sorriso. «Beh, allora ti aspettiamo domani!»
«Se Roxas non farà a pezzi la casa o cose così, volentieri.», commentò sarcasticamente Axel dopo essersi assicurato che il diretto interessato fosse abbastanza lontano da non poter sentire; dopodiché udì la risata della donna e fece un cenno con la mano prima di voltarsi, uscendo dal piccolo cortile di casa Caldwell.
Il Grinch, o meglio, Roxas, nel frattempo stava guardando con aria inorridita il soggiorno traboccante di persone; c'erano tutti, ma proprio tutti.
Zia Maggy con la sua borsa di Titty che aveva acquistato da bambina e che ancora conservava con fierezza, raccontando di visita in visita che quella borsa aveva contenuto tutti i suoi segreti più intimi che avevano costellato la sua adolescenza (Preservativi, sigarette e chi più ne ha più ne metta. Roxas temeva seriamente che presto o tardi se ne sarebbe uscita con qualche importante codice di chissà quale società segreta).
Zio Xigbar con la sua aria apparentemente sinistra, la quale però nascondeva un ex-marinaio leggermente schizzato che ogni volta narrava una storia differente su come aveva perso l'occhio destro (L'ultimo Natale era arrivato alla sua avventura all'interno della balena più grande dei sette mari).
Nonna Johanna, meglio conosciuta come ''Nonna Jo' '', era probabilmente la figura più... Particolare della famiglia (Insomma, faceva concorrenza a Sora), poiché era convinta che suo marito fosse ancora vivo, nonostante fosse passato in miglior vita da ben tre anni.
E la cosa che più inquietava Roxas era che la situazione peggiorava di Natale in Natale; non solo costringeva i suoi genitori a tenere una sedia vuota per il ''Nonno Frank'', addirittura chiacchierava con lui e talvolta gli passava il sale o l'olio.
Vi era poi nonno Joseph Nicholas William Robert II Freinkward; il solito -O forse non così tanto- vecchio dalle manie di protagonismo, che ancora pensava di trovarsi nel dopoguerra e si vantava di esperienze che probabilmente si era solo sognato nella casa di riposo.
E ultimi, ma non meno importanti, vi erano i suoi due cugini, Vanitas e Ventus, conosciuti anche come ''Yin e Yang'', dati i caratteri totalmente opposti.
Il primo scorbutico, sadico e alquanto bastardo, a dirla tutta, al contrario di Ventus che passava la giornata di Natale a sorridere a tutti e a dare regali perfino a gente che non conosceva, come Axel o Hayner.
Per un periodo perfino i signori Caldwell avevano iniziato a definire lui e suo fratello come ''Yin e Yang'', ma Roxas si era rifiutato categoricamente di accettare tutto ciò, poiché pensava che Sora non era il suo opposto, bensì era semplicemente l'apice della demenza umana.
«Roxas!». Un ragazzo praticamente identico al biondo si illuminò e si fece spazio tra i vari parenti, avvicinandosi al diretto interessato che nel frattempo aveva emesso un lungo sospiro. «Ciao, Ventus.»
«Il tuo regalo è laggiù, insieme agli altri. Mi raccomando però, non aprirlo prima di domani!»
«Cercherò di frenare il mio entusiasmo.», mormorò con apatia ed evidente sarcasmo il ragazzo, senza batter ciglio; dopodiché spostò un poco lo sguardo e sbarrò gli occhi, notando che Sora lo aveva visto: «Ehi, c'è Roxas! Rooooxas, finalmente! Mancavi solo tu!»
«Roxas? Uuuh, ma come sei diventato grande! Vieni qui, che zia Maggy ti mostra la sua borsetta!»
«Ma quale borsetta e borsetta», si intromise un'anziana signora dalla voce rauca e profonda. «Roxas, scommetto che hai passato tutto questo tempo con quel vagabondo del tuo ragazzo. Com'è che si chiamava? Alex? Alexis? Axley? Sappi caro, che anch'io e Frank da giovani amavamo l'avventura! Vieni qui a salutarlo, è tutto il viaggio che freme dalla voglia di vederti!»
Il sedicenne fece un passo indietro con aria terrorizzata; si voltò di scatto e fu sul punto di fuggire da quella scena degna di un racconto di Stephen King, quando si scontrò con zio Xigbar, il quale lo afferrò per le spalle e si chinò verso di lui per raggiungere la sua altezza, sussurrandogli poi all'orecchio: «Non puoi scappare dal tuo destino, ragazzo. Non puoi.»
E Roxas si maledisse per non aver frequentato il corso di recitazione a scuola; magari avrebbe potuto imparare a fingere di svenire.






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L'ultima cosa che fece prima di addormentarsi fu maledire i suoi genitori per aver invitato tutti i parenti un giorno prima di Natale.
«Ma Roxas, così avremo l'occasione di stare insieme più tempo!»
Certo. Più tempo, certo!
Come se una giornata non fosse già abbastanza.
Per non parlare del fatto che durante la cena Vanitas non aveva fatto altro che stuzzicare Ventus, il quale aveva cercato in ogni maniera di mantenere la calma; nonna Jo', nel frattempo, lo aveva incitato a chiacchierare con Frank, chiedendogli di parlare di ''quel vagabondo di Axel''; Sora intanto si era intromesso in tutte le fottutissime conversazioni, infilando in ogni sua dannatissima  frase l'espressione ''La magia del Natale!''
E quella era stata soltanto la cena della Vigilia.
Roxas si era dunque addormentato con i brividi lungo la schiena e il suo sonno fu infastidito da parecchi incubi riguardanti i suoi parenti, alberi volanti che tentavano di divorarlo e luci assassine che cercavano di strozzarlo come pitoni.
Questo fino a quando non successe l'inimmaginabile.
Il ragazzo infattì spalancò gli occhi nel bel mezzo della notte, svegliato da un improvviso rumore; Roxas si mise immediatamente a sedere sul materasso, stringendosi le coperte al petto. 
Avrebbe dovuto aspettarselo; in fondo aveva la casa traboccante di parenti, e probabilmente o quel babbuino di suo fratello stava cercando di avere un'allegra chiacchierata notturna con Babbo Natale, o suo cugino Vanitas voleva fargli qualche scherzo di cattivo gusto.
O potevano essere entrambe le cose.
Un altro rumore seguito da un'imprecazione poco elegante. Il biondo, dopo essersi svegliato completamente, allungò il braccio verso la sua sinistra e accese il piccolo abat-jour, sgranando le iridi blu di fronte alla figura dolorante intenta a massaggiarsi il piede.
«HAYNER, MA.... MA SI PUO' SAPERE CHE CAZZO CI FAI QUI?!»
Il diretto interessato sobbalzò e andò nuovamente a sbattere contro il letto; dunque si morse con forza la lingua e si impose di non gridare. «Cazzo! Roxas, abbassa la voce, dannazione!»
«Abbassa la voce?!». Roxas sbatté più volte le palpebre con aria sconvolta e scosse la testa, domandandosi se si trovasse ancora in qualche sogno (O incubo, a seconda dei punti di vista). «Ma ti rendi conto che sono le due di notte e tu sei qui... Nella mia stanza! E... Perché cazzo sei vestito in questa maniera così ridicola?!»
L'intruso infatti indossava una lunga camicia beige ricoperta di fotografie di ogni genere, le quali ritraevano principalmente Roxas, soprattutto negli anni dell'infanzia. 
«Andiamo Rox, proprio non l'hai capito?»
«Sì, ho capito che sei un coglione. Come sei entrato?! Ti ha fatto entrare quell'idiota di Sora con la scusa della magia del Natale o sei passato attraverso i muri? E soprattutto che cazzo vuoi?! Sai, domani mi aspetterà una giornata di me-»
«Attraverso i muri, esatto!». Il volto del giovane si illuminò di un'improvvisa luce che inquietò non poco il biondo; già gli era toccato un completo idiota come fratello, ora perfino il suo migliore amico era diventato uno stramboide di livelli disumani?!
Roxas scostò di scatto le coperte, ignorando il fatto che stesse indossando un pigiama alquanto discutibile su cui vi erano disegnati degli orsetti, e si avvicinò al compagno, spingendolo verso la porta chiusa. «Io credo che tu abbia bevuto un po', Hayner. Non dirò nulla a nessuno, a patto che tu ti leva dai coglioni senza troppe storie.»
L'ospite, al contrario, si voltò a sua volta e afferrò l'amico per un polso, scuotendo la testa. «Non hai capito un cazzo come al solito, Roxas. Io sono il fantasma del Natale passato!»
A quella scioccante rivelazione il povero disgraziato dai capelli dorati assunse un'espressione sconvolta; Roxas deglutì rumorosamente, guardò prima la mano di Hayner che stringeva il suo polso, poi Hayner stesso. «... Ti prego, dimmi che è stato Sora o che sei ubriaco. Ti supplico.»
Il compagno fece un cenno negativo con il capo e allungò la mano libera verso l'alto; successivamente accennò un sorriso sghembo piuttosto inquietante (Soprattutto dal punto di vista di Roxas), e schioccò le dita. «Il tuo viaggio sta per iniziare, Roxas!»
«Intendi dire il viaggio per ritrovare il tuo cervello?»
«E sta' zitto!»
Fu in quel momento che il ragazzo comprese di trovarsi in un sogno. O meglio, lo sperò con tutto se stesso, perché altrimenti tutto quello in cui aveva creduto fino a quel momento si sarebbe infranto; infatti ad Hayner era bastato schioccare le dita per mutare di punto in bianco la realtà intorno a loro e, come per magia, si erano ritrovati in una stanza che Roxas riconobbe immediatamente come il soggiorno della sua vecchia casa.
«Hayner, io continuo a non capire.»
«Non devi capire, devi guardare.»
«E piantala con 'ste frasi filosofiche da film del cazzo». Hayner, o meglio, il fantasma del Natale passato, fece per replicare, quando delle urla attirarono l'attenzione dei due, interrompendo il loro dibattito.
Dopo un paio di secondi apparve come un fulmine un bambino da una folta chioma castana e disordinata; il piccolo Sora si fiondò dunque sull'albero di Natale e afferrò il primo regalo che gli capitò tra le mani, iniziando poi a gridare: «E' Natale, è Natale! Sveeeeglia, è Natale!»
«Ma quello... E' mio fratello.», mormorò con aria confusa e perplessa il biondo, continuando a scrutare la scena che stava avvenendo di fronte a sé; nel frattempo Hayner incrociò le braccia con fare soddisfatto, iniziando a vantarsi delle sue doti da ''Fantasma del Natale passato''.
«Sora, non urlare, andiamo», la signora Caldwell apparve sulla soglia della porta con un paio di rughe in meno e si avvicinò al figlio con un largo sorriso dipinto sul volto, cercando intanto di riscaldarsi le spalle. «lo sai che dobbiamo aspettare gli altri per aprire i regali.»
«Ma... Ma io li voglio aprire adesso!»
La madre sospirò rumorosamente di fronte all'aria afflitta del bambino. «E va bene, ma soltanto uno!»
«Oh, grazie mille mamma! Io ne aprirò uno, e Roxas anche!»
«Non credo che Roxas voglia aprire i-»
«Mi avete svegliato». Sora e la signora Caldwell, proprio come Hayner e Roxas, si voltarono di scatto verso un altro bambino che era apparso sulla soglia della porta: capelli biondi e ribelli, occhi blu grandi e assonnati, labbra imbronciate e un'aria piuttosto infastidita.
Roxas ebbe un sussulto quando si riconobbe.
«Sembravi proprio una pallina.», si permise di commentare ridacchiando Hayner, ottenendo in risposta una gomitata dall'altro.
Il nuovo arrivato si strofinò l'occhio sinistro e si avvicinò con fare titubante verso l'albero. «E' già Natale?»
Sora saltò immediatamente in piedi e corse verso il fratello, prendendolo per mano prima di trascinarlo verso i numerosi regali presenti. «Dai Roxas, la mamma ha detto che possiamo aprirne uno! Quale vuoi aprire? Io non so quale scegliere! Mi aiuti tu?»
Il bambino dai capelli dorati squadrò con aria impassibile i pacchetti colorati di fronte a sé; successivamente posò lo sguardo sul fratello e, infine, guardò la madre prima di schiudere le labbra: «Mamma, io ho fame. Mi prepari la colazione?»
A quella domanda la signora Caldwell sospirò pesantemente e annuì, abbandonando la stanza; Roxas si scostò dal castano e si affrettò a seguirla, lasciando il fratello in mezzo all'albero di Natale e agli altri due intrusi.
«Cazzo, Rox, eri proprio un rompicoglioni già da allora». A quell'osservazione poco elegante il biondo lanciò un'occhiata truce al compagno. «Fottiti, Hayner.»
«Abbi il coraggio di dire che non ho ragione!»
«Non è questo il punto, cazzo!», tuonò Roxas, sbuffando rumorosamente. «E' che così non vale!»
«Cosa non vale?»
«Non mi stai insegnando un bel cazzo. Di solito il fantasma del Natale passato dovrebbe mostrare gente felice, gente che ama il Natale! Così poi progressivamente il protagonista inizia ad odiarlo... No?»
«Non è colpa mia se tu lo odiavi già da bambino.»
«E allora a che serve avermi svegliato nel bel mezzo della notte?»
Hayner si scrollò le spalle e non rispose, tornando a concentrarsi sulla figura di Sora che pareva aver perso gran parte dell'entusiasmo iniziale; il bambino si limitò infatti ad afferrare un pacchetto rosso con estrema lentezza, scartandolo poi senza la tipica gioia dei giovani fanciulli durante il giorno di Natale.
«Mi hai fatto vedere questo per farmi sentire una merda?»
«Suppongo di sì.»
«Bene, adesso che ci sei riuscito posso tornare a dormire?»
Il fantasma del Natale passato scosse la testa. «Non ancora. Prima voglio vedere un flashback dove ci sono anch'io. Non mi ricordo com'ero da bambino!»
«Ehi, ma tu dovresti fare cose per me, non per te, razza di egoista!»
«Ma che cazzo vuoi? Quando mai mi ricapiterà di essere il fantasma del Natale passato, eh? Devo approfittarmene!»
Roxas sospirò pesantemente e roteò gli occhi con aria sconsolata, mentre Hayner, accanto a lui, schioccò le dita con fare soddisfatto.
In un attimo il soggiorno della vecchia casa del biondo scomparve, lasciando posto ad un cortile gelido e innevato; Roxas si strinse immediatamente le spalle e iniziò a battere i denti. «Idiota, ci ammaleremo!»
Hayner gli lanciò un'occhiata truce e gli fece la linguaccia. «Oh, ma non fare la bambinetta!»
«La bambinetta?! Guarda che se poi mi raffr- Oh, aspetta...». Il ragazzo improvvisamente si illuminò e allontanò le mani dalle proprie spalle. «Ma se mi ammalassi domani non potrei scendere con tutti gli altri rompiscatole! Sarebbe proprio un peccato.»
«Ma figurati se ti permetterò di ammalarti». Il fantasma del Natale passato infranse i sogni del compagno senza troppe cerimonie prima di fargli segno di tacere, indicando una mandria di bambini che, dopo il suono della campanella, stava correndo verso i giochi al centro del cortile.
Roxas fece scorrere lo sguardo da una figura all'altra, riuscendo a riconoscere alcuni volti; vide addirittura Olette, con due graziose trecce e le gote arrossate a causa del freddo, quando Hayner lo distrasse gridando: «Eccomi, eccomi laggiù!»
Ad una decina di metri di distanza, infatti, spuntò correndo un bambino dall'aria vivace e biricchina; Hayner, con quegli occhi marroni luccicanti e curiosi, si guardò attorno e urlò, proprio come aveva fatto il fantasma del Natale passato poco prima: «Roxas, sono qui!»
I due intrusi spostarono istintivamente gli occhi e notarono poco più lontano un'altra figura minuta con una goffa giacca azzurra, una sciarpa di lana che gli copriva le labbra e il naso, i guanti rossi e un buffo cappellino bianco che gli nascondeva i capelli; Roxas si voltò all'indietro e notò la presenza del suo compagno. Dunque deglutì e fece per fuggire via, ma a causa dell'enorme quantità di vestiti gli risultò praticamente impossibile, permettendo dunque di venire raggiunto da quella peste di Hayner.
«Ma quanti anni avevamo?». Domandò il disgraziato del presente, corrugando la fronte. 
«Quattro o cinque, credo.», rispose con un mormorio l'altro, incrociando le braccia con fare pensieroso. «Ero tenero, eh?»
«Mica tanto.», replicò istintivamente il biondo prima di ridurre gli occhi a due fessure. «Penso di... Di ricordarmi quello che sta per accadere.»
«Ah, sì? Io ho proprio un vuoto.»
«NO, NON LO VOGLIO FARE IL GIOCO DI NATALE!». I due ragazzi vennero interrotti dall'urlo del bambino dalla giacca azzurra, il quale tentava in ogni maniera di allontanarsi dal compagno. «No, no, no! Vai via!»
«Ma Roxas, guarda che è divertente!»
«Non è vero!», strillò il biondo e fu sul punto di scappare, o almeno, tentare di farlo, quando inciampò all'indietro a causa dei suoi pesanti stivaletti neri. 
«Roxas, se non lo farai Babbo Natale ti metterà sulla lista dei cattivi!»
A quell'affermazione il piccolo Roxas si lasciò sfuggire un singhiozzo; si asciugò immediatamente gli occhi con i guanti e si strinse le gambe al petto, guardando con aria impaurita il compagno che aveva iniziato a scavare una fossa nella neve. 
«E-Ehm, c-credo che sia il caso di andare.», il fantasma del Natale passato cercò di distrarre il giovane, deglutendo rumorosamente. «I-I tuo percorso è finito qui, puoi tornare a dormire!»
«No, no, adesso voglio vedere che succede.», mormorò Roxas, stringendo le labbra. «Ho... Ho come un flashback... Tu... Tu da piccolo...»
«Andiamo Roxas, torniamo a casa!», lo incitò Hayner nervosamente, afferrandolo per il polso sinistro; l'altro si scostò bruscamente e scosse la testa, avvicinandosi ai due bambini. «Tu... Tu da piccolo eri un bastardo senza scrupoli, adesso ricordo!»
Proprio in quel momento il bambino dalle iridi marroni, infatti, aveva terminato la fossa e si era voltato verso il compagno; successivamente gli sorrise con aria rassicurante e gli fece cenno di avvicinarsi. «Dai Roxas, vieni!»
«M-Ma... Io ho paura...»
«Ti devi fidare di me! Guarda che poi ti tiro fuori! Devi solo stare alle regole del gioco di Natale!». Roxas allora si alzò, seppur con le gambe tremanti, e raggiunse la piccola fossa; a quel punto lanciò uno sguardo implorante ad Hayner che non batté ciglio. Dunque chiuse gli occhi e si lanciò nella buca, accucciandosi il più possibile. «Non farmi restare qui per troppo tempo, per favore.»
«Non ti preoccupare.», Hayner accennò un flebile sorriso e si accertò che nessuna maestra lo stesse osservando; dopodiché afferrò una manciata di neve e iniziò a lanciarla all'interno della fossa.
«Tu, figlio di...»
«Cazzo, ma tra tutti i ricordi dovevo beccare proprio questo?!», si maledisse il fantasma del Natale passato, deglutendo rumorosamente di fronte agli occhi irati del compagno. «S-Suvvia Roxas, ero piccolo e-»
«Eri uno stronzo, altro che piccolo!»
«M-Ma guarda che alla fine ti ho tirato fuori!»
«Stronzate! Alla fine ero scoppiato a piangere e la maestra ha dovuto scavare ovunque per ritrovarmi!»
«... Ah, giusto. E poi avevano chiamato i miei e le avevo prese di brutto da mio padre.»
Roxas si alzò la manica del pigiama con un'espressione particolarmente adirata. «Sì, e adesso le prenderai da me.»
Hayner allora si affrettò a schioccare le dita, facendo scomparire in un lampo il cortile innevato della loro vecchia scuola materna. 
I due ragazzi si ritrovarono dunque nel punto in cui era iniziata quella surreale situazione a cui Roxas faceva ancora fatica a credere; il nostro protagonista, infatti, sentì sotto di sé il suo morbido materasso e tirò un sospiro di sollievo. 
«... Comunque mi dispiace.»
«Sei ancora qui?!»
«E va bene, va bene! Me ne vado!»
«Meglio, altrimenti è la volta che ti arriva davvero un pugno.», sputò Roxas con aria irritata, risistemandosi sotto le coperte. «Ah, Hayner?»
«Mh?»
«Perché sei tu il fantasma del Natale passato?»
Il ragazzo si sentì spaesato di fronte a quella domanda; si grattò un poco la testa e si scrollò le spalle. «Eh, beh, devi sapere che io e- Ah, cazzo!»
«Cosa?»
«Stavo per rivelarti chi è il fantasma del Natale presente!»
«Che? Non dirmi che c'è pure-»
«Sssh! Dicevo, io e... Lei, ehm, abbiamo fatto ''Sasso, forbice e carta'' per decidere quali posti prendere, perché entrambi volevamo il Natale passato. Alla fine ho vinto io, eh, già. Che poi non ho mai capito perché la carta battesse il sas-»
«Hayner, ti vuoi levare dal cazzo o hai bisogno di un invito scritto?»
Il diretto interessato gli lanciò un'occhiata truce. «Migliore amico un cazzo. Beh, ci vediamo domattina. Spero che tu mi abbia fatto un bel regalo.»
«Sì, sì, certo, adesso però ciao». Il biondo diede la schiena al fantasma del Natale passato e chiuse gli occhi, cercando di convincersi che quello era stato tutto un sogno, o meglio, un incubo, e che ovviamente non poteva durare così a lungo; ergo, non sarebbe mai giunto nessun fantasma del Natale presente.
O almeno, così sperava.






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«Roxas? Roxas, ehi? Svegliati!»
Un mugugno seguito da un pugno contro l'aria in risposta.
«Roxas, ti prego non mi rendere tutto più difficile...». La misteriosa figura scosse delicatamente il biondo che allora si decise finalmente ad aprire leggermente le palpebre; si strofinò gli occhi e si lasciò sfuggire uno sbadiglio, pensando di trovarsi davanti a sua madre.
Al contrario, rimase stupito al notare che la stanza era ancora immersa nel buio più totale e che di fronte a sé, seduta sul materasso, vi era Xion che lo stava guardando con aria preoccupata.
Il biondo arrossì vistosamente e si ritrasse di scatto. «O-Oh cazzo! Xion, ma che diavol-»
«Ssssh», la giovane fanciulla dai capelli corvini appoggiò l'indice sulle proprie labbra e si alzò, facendo un lieve inchino. «Io sono il fantasma del Natale presente.»
La ragazza indossava una veste bianca che le copriva le ginocchia, la quale si confondeva con la sua pelle chiara; il suo capo, al contrario, era circondato da un'appariscente ghirlanda che, a seconda dei punti di vista, poteva darle un'aria più graziosa o comica.
Roxas abbassò leggermente le coperte, incerto se mostrare o meno il proprio pigiama; il fatto era che si sentiva sempre un po' in soggezione di fronte a Xion.
Non che le piacesse, no, certo che no; al contrario, il punto era proprio che la ragazza si era dichiarata con lui un paio di anni fa e, nonostante lei non pareva essersela presa più di tanto di fronte al suo rifiuto e addirittura si fosse fidanzata con Riku, Roxas temeva sempre di finire in situazioni imbarazzanti.
Proprio come quella che stava vivendo, esatto.
«Non dirmi che anche tu hai deciso di intrufolarti in camera mia per questa pagliacciata», sospirò pesantemene il biondo, scostandosi completamente le coperte. «Ma poi si può sapere come cavolo riuscite ad entrare qui dentro?»
Xion accennò una lieve risata e allungò la mano verso il ragazzo, il quale, dopo un lungo sospiro sconsolato, decise di afferrarla per alzarsi una volta per tutte. «Mai sentito parlare della magia del Natale, Roxas?»
«Purtroppo sì, spesso.», brontolò il biondo, sforzandosi di non imprecare o maledire qualcuno. 
La giovane si lasciò sfuggire un sorriso e tirò fuori da una tasca una piccola bacchetta circondata dalle tipiche luci natalizie. «Sei pronto?»
«Se proprio non ho altra scelta...»
Xion mosse un poco la bacchetta e in un attimo la stanza scomparve intorno ai due; Roxas a quel punto sentì una forte nausea e si ritrovò prima a cadere nel vuoto, poi su quello che presto capì essere un asfalto.
Si spolverò il pigiama e alzò un poco la testa: a quel punto sbarrò di scatto gli occhi di fronte ad un'auto che si stava avvicinando pericolosamente a lui. Lanciò un urlo e si mise le mani sul volto, attendendo la propria fine che, inaspettatamente, non parve giungere.
Roxas riaprì le palpebre e si accorse che numerose macchine lo stavano attraversando senza ferirlo in alcuna maniera, il che in parte lo sollevò e in parte lo inquietò. Successivamente si affrettò ad alzarsi e fece per guardarsi attorno, quando si sentì strattonare di scatto da una mano che lo afferrò per riportarlo finalmente sul marciapiede innevato.
«S-Scusa, ehm, non sono molto brava negli atterraggi...»
«Ho notato, Xion», farfugliò con affilata ironia il biondo, lanciandole un'occhiataccia. «Perfino quel cretino di Hayner era in grado di-»
«Oh, eccolo, sssh!». La ragazza gli tirò una gomitata e indicò un uomo dai folti cappelli rossi uscire da un ristorante con aria particolarmente allegra. «Grazie mille, davvero!»
Roxas sgranò immediatamente le iridi, riconoscendo il proprio fidanzato; si avvicinò di qualche passo e lo squadrò con estrema attenzione, accorgendosi che stava indossando i medesimi vestiti del pomeriggio precedente.
E che probabilmente quella era proprio la Vigilia.
Un ragazzo dai capelli a spazzola raggiunse Axel sulla soglia della porta e gli lanciò un raggiante sorriso. «Di nulla, tanto a mio padre in questo periodo serviva un aiuto! Ma tu non ti stanchi un po' troppo?»
Il rosso scosse la testa e si infilò le mani in tasca. «Farei questo ed altro, lo sai. Beh, adesso devo proprio andare. Buon Natale Demyx, alla prossima!»
«Buon Natale anche a te, Axel!», salutò vivacemente l'altro prima di richiudere la porta e posizionare accuratamente il cartello su cui vi era scritto ''Chiuso''.
«Ma che... Che ci faceva lì?». Roxas si voltò con aria smarrita verso il fantasma del Natale passato, il quale inclinò la testa su un lato con un debole sorriso. «Ci lavorava, Roxas. Da un bel po'.»
«No... No! Lui lavora al bar, in un bar, cioè, io lo so...»
«Ha fatto due lavori.»
«E... E perché?», domandò Roxas, anche se temeva di conoscere vagamente la risposta; la ragazza dunque gli fece cenno di riprendere a camminare e si affrettarono a raggiungere Axel, il quale, nel frattempo, aveva svoltato l'angolo.
Il biondo si accorse, attimo dopo attimo, di essere stranamente agitato; più si avvicinava al fulvo, più sentiva il proprio battito cardiaco accelerare vertiginosamente.
«Ma perché non mi sveglio, perché, accidenti, sarà colpa della cena che mi è rimasta sullo stomaco», brontolò tra sé e sé il fanciullo con aria sconsolata, chiedendosi perché diavolo continuasse a dare corda a quell'assurda situazione.
L'uomo dai capelli fiammeggianti intanto continuava a camminare, mantenendo un passo anche piuttosto veloce rispetto al solito; attraversò la strada senza neanche badare all'enorme quantità di macchine presenti, e raggiunse incolume il marciapiede. Superò un paio di pasticcerie e una macelleria, poi si infilò in un negozio che Roxas conosceva fin troppo bene, dato che ci entrava almeno una decina di volte durante il corso della settimana.
Il biondo si avvicinò alla vetrina, decidendo di osservare la scena dell'esterno, probabilmente dimenticandosi di poter entrare senza essere visto da nessuno; vide Axel muovere animatamente le labbra verso Zack, il proprietario, il quale, dopo aver accennato una risata, si era voltato e aveva afferrato... 
Roxas sgranò le iridi blu e fece istintivamente un passo indietro: perché diavolo Axel aveva acquistato uno degli skateboard più costosi della città?!
E ancora una volta la risposta la conosceva bene.
Axel uscì dal negozio con un sacchetto particolarmente grande e Roxas intuì che si stava avviando a casa per poter posare il regalo, passando poi a prenderlo per permettergli di sfuggire dall'insopportabile allegria natalizia tipica di Sora.
E chissà come si era sentito di fronte alla sua espressione imbronciata e irritata (Cioè, più irritata del solito) e, soprattutto, dinnanzi al suo silenzio infinito.
«Adesso sì che mi sento veramente una merda.», commentò ad alta voce il sedicenne, sospirando pesantemente. Sapeva perfettamente tra l'altro che Axel studiava in un'Università piuttosto costosa e se i suoi turni al bar gli consentivano di pagargli l'occorrente necessario, il secondo lavoro lo doveva aver preso esclusivamente per quell'acquisto non di poco conto.
Roxas sentì addirittura l'impulso di piangere, ma decise di trattenersi, sia perché voleva conservare un briciolo d'orgoglio, sia perché si trovava sempre in compagnia di Xion, la quale, proprio in quel momento, diede finalmente voce ai propri pensieri: «Vuoi rimanere ancora qui?»
«Ma poi perché l'ha fatto? Non doveva, io non gliel'ho mica chiesto!», sbottò sordamente il giovane dalle iridi blu, tirando un pugno all'aria. «E lo sa che io odio il Natale!»
«Odi ancora il Natale, Roxas?», domandò candidamente la corvina, inclinando un poco la testa su un lato.
«No, cioè, sì, volevo dire sì!». A quella risposta sconnessa e un poco incerta Xion sospirò e assunse un'espressione tipicamente materna, un'espressione che giaceva tra il rimprovero e la dolce comprensione; dunque sollevò in aria la propria bacchetta e guardò con attenzione il ragazzo. «Allora, torniamo a casa?»
«Sì», rispose Roxas con fare pensieroso, per poi sobbalzare di scatto, dando alla propria voce un tono allarmato: «N-No, aspetta, no, Xion!»
Troppo tardi; sentì già quella fastidiosa sensazione di nausea e intorno a sé le strade affollate vennero rissuchiate dal nulla; in un attimo il ragazzo si ritrovò nuovamente a precipitare e, proprio come aveva temuto, l'atterraggio non fu affatto il morbido materasso del suo letto, bensì il duro pavimento della sua stanza che gli provocò un'atroce botta al naso, seguita da un: «Cazzo, che male!»
«Oddio, Roxas, scusa!». Il fantasma del Natale presente si precipitò verso il giovane ancora a terra e lo aiutò ad alzarsi; il biondo, dal canto suo, ebbe il forte impulso di rispondere con qualcosa come ''Scusa un cazzo!'', ma decise di contenersi, anche perché se veramente tutta quella pagliacciata non era un suo incubo probabilmente Xion se la sarebbe presa per davvero.
«Beh, se dopo questa botta non mi sono svegliato sto seriamente prendendo in considerazione il fatto che forse questa faccenda non sia frutto della mia mente malata», farfugliò Roxas, indeciso se essere terrorizzato o più tranquillo; si massaggiò un poco il naso ancora pulsante e si voltò verso la ragazza, la quale nel frattempo si era allontanata un poco con un flebile sorriso dipinto sul volto. «Credo sia ora che tu ti corichi a letto.»
«E a che scopo? Tanto -Quanto si sentì idiota ad affermare una cosa del genere, solo il Cielo lo sapeva- tra poco arriverà il fantasma del Natale futuro.»
Xion accennò una sottile risata, senza commentare direttamente ciò che aveva detto il giovane. «Ma penso sia il caso che tu dorma lo stesso un po', non credi?»
Roxas non sapeva se era Xion ad essere particolarmente persuasiva, o se semplicemente lui non aveva voglia di discutere con una ragazza; sta di fatto che decise, seppur con un lungo sospiro, di seguire il suo consiglio. Dunque si coricò sul materasso e si sistemò le coperte, brontolando un po' tra sé e sé come suo solito.
«Buon Natale, Roxas.»
Il ragazzo si strinse un poco le spalle e appoggiò la testa sul cuscino, socchiudendo gli occhi. «Buon Natale anche a te, Xion.»






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Il sonno di Roxas fu particolarmente burrascoso; un paio di volte si svegliò di colpo, sia per poter cogliere in flagrante il fantasma del Natale futuro per poterlo mandare a quel paese senza tanti giri di parole, sia perché sentì i passi di Sora per il corridoio che tentava o di beccare Babbo Natale, oppure di capire che cosa contenessero i regali attraverso strani meccanismi che solo il suo cervello (Se mai ne possedeva uno) comprendeva.
Per non parlare degli strambi sogni che fece; tra le sue seghe mentali stile ''Forse, siccome sono in un sogno già in partenza, allora in questo sogno mi sono addormentando e sto a mia volta sognando'', spuntavano nuovamente quelle vipere malefiche dei suoi parenti, seguite poi da atroci sensi di colpa causati soprattutto dalla scoperta del secondo lavoro di Axel.
Roxas si voltò di scatto e si accorse di avere la punta del naso vicina ad una superficie particolarmente fredda e liscia; mugugnò qualcosa di incomprensibile come ''Vaffanculo nonna, lasciami in pace'' e sollevò leggermente le palpebre, stordito.
Un'improvvisa folata di vento lo investì e il biondo batté istintivamente i denti, quando si accorse di non avere alcuna coperta nei d'intorni e, soprattutto, di non trovarsi sopra il suo amato materasso che a quanto pare quella notte non poteva vedere per più di due ore di fila.
Roxas tentò di issarsi sulle proprie braccia e sbadigliò sonoramente, tastando nel frattempo con le mani il terreno su cui si trovava: nulla di particolare, semplice terra.
Successivamente allontanò un poco il volto e a stento soffocò un grido quando si accorse di trovarsi di fronte ad una lapide di marmo; il giovane indietreggiò faticosamente, schiacciando con le gambe qualche fiore sparso qua e là, per poi decidersi finalmente ad alzarsi, traballando ancora a causa dello shock e del sonno.
Si strofinò gli occhi un paio di volte e lanciò un'attenta occhiata all'ambiente circostante; oh, fantastico, un cimitero.
Quando si dice ''Il Natale è nell'aria!''
E adesso che cosa sarebbe successo? Degli zombie vestiti da Babbo Natale sarebbero spuntati dalle tombe? Tanto ormai le aveva viste tutte!
Roxas si voltò all'indietro, probabilmente per cercare un'uscita, e sussultò di fronte alla vista di un'imponente figura incappucciata di nero, la quale reggeva una lunga falce da Cupo Mietitore nella mano sinistra.
Che tutta quell'assurdità fosse stata solo una scusa per portarlo direttamente alla morte? 
Roxas deglutì rumorosamente e guardò con estrema attenzione la lama della falce particolarmente lucente; poi sollevò le iridi impaurite verso l'ombra confusa all'interno del cappuccio, immaginandosi un teschio vivente o addirittura il vuoto assoluto.
Il biondo tentò di attingere un po' di coraggio dentro sé e prese un profondo respiro; fu sul punto di dire qualcosa, tipo implorarlo di non ucciderlo in maniera troppo atroce, quando la figura misteriosa lo precedette: «Quel pigiamino ti sta davvero bene, Roxas.»
Il sedicenne dunque si irrigidì sul posto; abbassò la testa verso i propri orsacchiotti poco adeguati al contesto, e tornò a guardare con aria sconvolta il Cupo Mietitore.
Davvero la morte aveva pure voglia di scherzare?!
Per non parlare del fatto che con quella voce tenebrosa e profonda il complimento, seppur ironico, non lo lusingava affatto.
«Ma... Sei la morte, sì?»
La figura incappucciata scosse la testa. «Io sono il fantasma del Natale futuro. Got it memori- Oh, merda, no, no, fai finta che non abbia detto nulla!»
Roxas spalancò la bocca, più scioccato che mai; emise un mugugno sconnesso, poi si riscosse e si tirò una manata in faccia, pensando a quanto fosse stupido il suo fidanzato che, nel frattempo, si stava maledicendo in tutte le lingue possibili.
«Axel, mi vuoi spiegare che cazzo ci fai qui?! Anzi, perché cazzo io sono qui?!»
«Non sono Axel!», tuonò l'uomo, tentando pateticamente di assumere nuovamente un tono di voce più misterioso, senza però ottenere grandi risultati. «Io sono il Cupo Mietitor- Cioè, cazzo no, aspetta!», Axel si sfilò il cappuccio nero, mettendo in mostra il suo volto spigoloso e i suoi folti capelli rossi. «Ricominciamo, okay? Tu fai finta di non aver visto nulla. Magari torna lì accanto alla tomba e fingi di dormire anco-»
«Axel!», lo interruppe con un'espressione a dir poco infuriata il più piccolo. «Ma ti stai sentendo? Cazzo, la demenza di Sora sta davvero influenzando tutti! Si può sapere perché sei qui?!»
«Te l'ho detto», riprese il fulvo con aria offesa, risistemandosi il cappuccio in testa nella speranza di creare nuovamente l'atmosfera cupa e tenebrosa che ormai era andata a farsi benedire. «sono il fantasma del Natale futuro. Got it memorized?»
 Roxas sospirò rumorosamente e strinse i pugni, sforzandosi in ogni maniera di non gridare ancora; ripensò a quello che gli aveva mostrato Xion e scosse la testa, decidendo che forse non era il caso di domandare ad Axel perché diavolo si fosse stancato tanto per fargli un regalo incredibilmente costoso.
A meno che tutto ciò fosse stato programmato così dettagliatamente che perfino Axel stesso sapeva che lui sapeva che... Ah, perché era tutto così complicato?!
Roxas sputò qualche insulto a denti stretti e si strinse le spalle. «E allora mi dici perché sono qui?»
«Non volevo svegliarti», spiegò con un tono improvvisamente premoroso l'uomo, non riuscendo a mostrarsi duro come avrebbe desiderato. «eri così dolce. Quindi ho deciso di portarti qua e aspettare che ti svegliassi da solo.»
Le gote del minore si arrossarono leggermente e Roxas voltò di scatto la testa, tentando di non darlo a vedere. «Peccato che non sia stato il massimo aprire gli occhi e trovarsi faccia a faccia con una tomba.»
Axel accennò la sua tipica risata squillante e scompigliò i capelli del minore; dopodiché lo superò e gli fece cenno di seguirlo.
Roxas continuò a brontolare qualche maledizione tra sé e sé, chiedendosi perché diavolo Axel non ce l'avesse con lui. Insomma, il pomeriggio precedente si era comportata in maniera poco carina (Non che fosse una novità, dato il suo scontroso carattere) e a causa sua aveva dovuto sgobbare il doppio e, nel frattempo, studiare pure per gli esami dell'Università.
E quel riccio fiammeggiante continuava a sorridere, a coccolarlo e a fare l'imbecille patentato?!
Sbuffò con il naso e arricciò le labbra -Probabilmente se Axel si fosse voltato proprio in quel momento gli avrebbe tirato le guance, come suo solito, uscendosene con un tono smielato e da diabete stile: ''Oh, ma che faccino imbronciato!''-, pensando che in fondo forse era proprio per quel motivo che si era innamorato di Axel.
No, no, non innamorato.
La sua era solo una cotta. Una cotta un po' forte, ecco tutto. Una cotta un po' forte che era finita con un fidanzamento, con baci, carezze e... Sì, solo una cotta!
Roxas, immerso nei propri pensieri, continuò a camminare fino a scontrarsi con la schiena dell'uomo, il quale si voltò verso di lui e indicò la lapide di fronte a loro. «Eccola lì.»
Il giovane spostò le iridi verso la direzione indicata e cercò di focalizzare la vista; allora sussultò un poco e strinse le labbra, senza sapere esattamente che cosa dire.
''Johanna Sarah Caldwell. -1928 -2023.'' 
«Però, ha vissuto un bel po' la vecchietta.», si azzardò a commentare il fulvo, ottenendo un'occhiataccia dal biondo; dopodiché quest'ultimo sospirò un poco e si consolò pensando che almeno nonna Jo' avrebbe rivisto per davvero suo marito.
«Ma quindi ora siamo tipo nel 2023?»
«Già.»
«E il motivo per cui mi hai mostrato la tomba di mia nonna sarebbe...?»
A quella domanda Axel corrugò la fronte e assunse un'espressione perplessa, nonostante Roxas non potesse vedergli il volto più di tanto a causa del cappuccio; dunque l'uomo si schiarì un poco la voce, cercando di non fare l'ennesima figuraccia: «Ehm, vedi, avrei dovuto tipo mostrarti qualche conseguenza derivante dal tuo odio nei confronti del Natale e...»
«E cos'è, mentre facevo a pezzi l'albero di Natale ho sbadatamente tagliato la gola a mia nonna che è morta sul colpo?»
«No, no!», trillò il maggiore, scuotendo la testa. «Non c'entra niente, eh...»
«Ho capito: il mio odio verso il Natale non ha portato nessuna fottutissima conseguenza e allora mi hai trascinato in un luogo a caso, tanto doveva essere solo deprimente per farmi sentire in colpa, giusto?»
Axel sospirò pesantemente e si tolse il cappuccio una volta per tutte. «Se ti rispondo che è così mi uccidi?»
«Probabile, dal momento che avresti potuto risparmiarti questa stronzata.»
«Beh, ma doveva pur esserci il fantasma del Natale futuro, non credi? E tanto se non fossi venuto avresti passato la notte a rigirarti nel letto, cercando di indovinare quale imbecille sarebbe venuto a romperti le palle.»
Roxas non rispose, accorgendosi che, effettivamente, il ragionamento di Axel non faceva una piega; dunque si limitò a lanciare un'ultima occhiata alla lapide di sua nonna posizionata accanto a quella di nonno Frank. Allora si scrollò di dosso la lieve malinconia al cuore e tornò a guardare l'uomo di fronte a sé. «Bene, quindi niente luoghi in cui portarmi?»
«A dire il vero, potrei mostrarti come nel corso degli anni diventi sempre più rompicoglioni durante il periodo natalizio. Addirittura nel 2022 litigheremo, anzi, abbiamo litigato, uh. Brutta esperienza.»
«E perché non mi hai mostrato quella, invece di portarmi qui?»
Axel squadrò il suo fidanzato da capo a piedi e a fatica represse un sorriso di fronte a quel buffo pigiama. «Semplice, perché mi avrebbe fatto male vederci litigare.»
Solo Dio sapeva quante volte Roxas passò le nottate a maledire Axel per quella dannata, dannatissima frase detta in maniera così sciolta, schietta, senza peli sulla lingua.
Quella frase che lo fece sentire così schifosamente in colpa, più di prima, insomma.
Il biondo storse il naso ed ebbe il forte impulso di mandare a quel paese l'altro, quando quest'ultimo alleggerì un poco l'atmosfera: «Per non parlare del fatto che proprio non mi va vedermi più vecchio, anche se sicuramente sarò sempre un gran figo.»
Roxas cambiò immediatamente espressione e si lasciò sfuggire una mezza risata. «Certo, certo, come dici tu.»
«Beh?»
«Nemmeno a me va di vedermi a ventitre anni, perciò possiamo lasciare riposare i morti in pace una volta per tutte.»
«Non vuoi che faccia il romantico e che ti porti sulle mie spalle volando? Guarda che questa falce fa miracoli!»
«No, grazie, non voglio cavalcare uno stramboide che crede di essere ancora ad Halloween.»
Axel allora scoppiò in una fragorosa risata e scosse leggermente la testa prima di allungare la mano verso Roxas che, dopo qualche secondo, si decise ad afferrarla. «Allora leviamoci dalle balle.»
«Sono curioso di vedere quale metodo idiota userai tu per riportarmi a casa.»
«Aspetta e vedrai». Axel batté un paio di volte la propria falce su un mazzo di rose rosse accanto a chissà quale lapide e a Roxas parve quasi di vedere il terreno sotto di sé cedere; si aggrappò istintivamente alla tunica del rosso e chiuse di scatto gli occhi. 
Udì di sfuggita la risata di Axel ed un suo commento lontano: ''Guarda Roxas che non ti uccido davvero!''
Roxas allora riaprì immediatamente le palpebre, pronto a ribattere, quando si accorse di trovarsi sul suo materasso, con le coperte fino al naso. Lanciò un'attenta occhiata alla sua stanza e constatò che era tutto in ordine, ad eccezione della porta semiaperta; udì dei passi in lontanaza e sbuffò pesantemente.
E adesso chi mancava? Il fantasma del Natale del trapassato prossimo?
Fortunatamente per lui no; infatti dopo una manciata di secondi vide Sora camminare in punta di piedi. Il castano a sua volta notò che era sveglio e gli fece cenno con l'indice di rimanere zitto; quindi sventolò la mano sinistra in segno di saluto e riprese la propria spedizione verso il soggiorno.
Roxas sospirò e fu sul punto di sistemare meglio il cuscino, quando si accorse di un'ombra dietro suo fratello con un'aria tutt'altro che amichevole; Vanitas attraversò il corridoio in punta di piedi con un secchio d'acqua in mano e un diabolico ghigno dipinto sul volto.
3, 2, 1...
Il biondo si coprì immediatamente le orecchie nella futile speranza di non udire lo squillante urlo di Sora espandersi per tutta la casa.
 






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«Come sarebbe a dire che sta ancora dormendo? Ma stiamo scherzando o cosa? E' Natale, andiamo!»
«Hayner, io non credo sia una buona idea, lo sai com'è fatto Roxas...»
«E chissenefrega!»
Le palpebre del giovane si sollevarono leggermente nell'esatto momento in cui la porta della sua stanza venne spalancata da un'individuo dai pantaloni color verde militare e una pesante felpa bordeux. «Cazzo, è ancora a letto! Non si preoccupi signora Caldwell, ci penserò io a svegliarlo!»
«Lasciamolo in pace, dai, sono sicura che si sveglierà tra poco!», tentò nel frattempo di convincerlo una ragazza dai capelli a caschetto del medesimo colore dell'ebano. «Magari si arrabbia...»
Il ragazzo ignorò i consigli di Xion e si precipitò nella stanza senza troppe cerimonie, scostando violentemente le coperte da un Roxas ancora assonnato e stordito.
«Buon Natale, Roxas!», tuonò poi a gran voce il biondo, facendo tremare perfino i muri della casa. «Allora, ti muovi ad alzarti o ti devo prendere io di peso?»
Il diretto interessato si mise lentamente a sedere e con gli occhi ancora arrossati e un paio di occhiaie da far invidia ad un panda; successivamente si voltò con uno sguardo omicida verso i due intrusi. «Uscite. Immediatamente. Dalla. Mia. Stanza.»
Xion deglutì rumorosamente e afferrò Hayner per un braccio, affrettandosi a trascinarlo verso l'uscita nonostante l'altro continuasse a dimenarsi, strillando che se l'avrebbero data vinta a Roxas quello si sarebbe rimesso a dormire, sbattendosene altalmente le palle del Natale e di tutto il resto.
Ma così non fu.
Roxas si alzò, seppur faticosamente, dal letto e si spogliò di quel pigiama che era stato spettatore di tutte le assurdità che gli erano capitate nel corso della nottata; il biondo aveva comunque ricordi molto vaghi, che parevano essere diventati leggermente più nitidi solo quando si era ritrovato di fronte ad Hayner e Xion.
Sapeva però che aveva una tremenda voglia di tirare un pguno ad Hayner e di gridare un bel ''Scusa un cazzo!'' a Xion.
Il motivo gli era ancora ignoto, ma forse ci sarebbe arrivato nel corso della giornata.
Aprì l'armadio e si infilò un paio di jeans chiari; dopodiché fece per afferrare la sua amata maglia a quadri bianchi e neri, quando un indumento sepolto negli abissi dell'armadio attirò la sua attenzione, chissà perché poi.
Roxas si morse furiosamente il labbro, maledicendosi più e più volte prima di decidersi a prendere il maglione natalizio di lana che gli aveva regalato zia Maggy un paio di anni fa; lo indossò in fretta e furia, constatando che ancora gli stava piuttosto bene, e prese un lungo, lunghissimo respiro di fronte allo specchio.
Avanti Roxas, puoi farcela.
Il sedicenne uscì dalla propria stanza e chiuse la porta dietro di sé; una volta fatto il terzo passo lungo il corridoio, cercando di andare il più lentamente possibile, fermandosi addirittura ad ammirare i vari quadri appesi lungo i muri, come se non li avesse mai visti poi, si sentì travolto da una misteriosa forza che poi scoprì essere quell'ameba di suo fratello.
«Roxas, eccoti finalmente! Guarda cosa- HAI INDOSSATO IL MAGLIONE DI ZIA MAGGY! E' UGUALE AL MIO, HAI VISTO?! ADESSO SIAMO PROPRIO GEMELLI!», strillò il castano come una ragazzina in piena crisi ormonale, stritolando dalla felicità la mano del fratello che, nel frattempo, aveva perso parzialmente l'udito.
«Sora, datti una calmata, cazzo!»
Il diretto interessato però non lo ascoltò e gli infilò in un lampo un cappello da elfo di un verde luccicante. «Ora sei perfetto! Adesso andiamo, dai!»
«Non crederai mica che io mi presenti con questa merd-»
«ANDIAMO ROXAS, DAI!», ripeté urlando il castano, rendendo completamente sordo il povero disgraziato; Sora quindi lo trascinò fino al soggiorno, nel quale, alla vista del nuovo arrivato, si creò lo scompiglio più totale.
«Guardate, è arrivato Roxas!»
«Oh, caro, hai indossato il mio maglione! Proprio quest'anno che te ne avevo comprato un altro, pensa un po'!»
«Roxas, ho parlato con quel vagabondo di Alexis; è proprio un bravo ragazzo, sai? Ha pure chiacchierato con nonno Frank!»
«Vieni qui Rox, ti devo raccontare di come la strega più potente dei sette mari mi ha strappato l'occhio!»
«Roxas, razza di bastar- Cioè, cuginetto caro, vorresti venire qui a spiegare a tuo padre che non sono stato io a rovesciare l'acqua in testa a Sora in piena notte?»
Il biondo, con estrema fatica, si sforzò di sorridere a tutti, quando una mano lo acchiappò per il maglione e lo trascinò accanto all'albero accuratamente addobbato.
Roxas si voltò verso il suo salvatore e si scontrò con l'espressione irritata del suo migliore amico che reggeva in mano un libro. «E questa merda che cosa sarebbe?!»
Il ragazzo si lasciò sfuggire un sorrisetto soddisfatto; forse questa storia del Natale non era poi così male. «Il mio regalo per te fatto con tanto amore, no?»
«Ma lo sai che mi fa schifo leggere!»
«A Natale puoi fare quello che non puoi fare mai, ricordi?», lo prese allegramente in giro Roxas, senza riuscire più a trattenere una risata.
Hayner ridusse gli occhi a due fessure e gli lanciò un'occhiata truce. «Stronzo.»
«Buon Natale, Hayner.», e, dopo aver detto ciò, Roxas si dileguò senza lasciare il tempo all'altro di replicare; notò la presenza di Xion accanto alla finestra, intenta a sorseggiare una tazza di cioccolata calda ammirando il cortile innevato. 
Roxas le si avvicinò con aria un po' titubante, ma non appena la giovane gli rivolse un caloroso sorriso si sentì più a proprio agio. «Ehi, Roxas.»
«Ciao Xion», mormorò il biondo, stringendosi un po' le spalle. «Tutto bene?»
La corvina guardò un poco il liquido marrone all'interno della tazza e accennò una risata. «Non ti preoccupare, non rivelerò a nessuno degli orsetti sul tuo pigiama.»
Roxas allora sussultò leggermente, sorpreso; poi si ricordò che la ragazza era insieme ad Hayner quando era stato svegliato e rise anch'egli. «Ah, bene, ti ringrazio. Comunque Buon Natale.»
Xion sollevò di scatto le iridi azzurre verso il compagno e lo guardò intensamente. «Ma Roxas, noi ci siamo già fatti gli auguri.»
«Cosa?»
«Roxas!». Il diretto interessato si voltò di scatto e notò la presenza di suo cugino Ventus accanto al tavolo traboccante di fumanti tazze di cioccolata calda, panettone e pandoro. «Dai, vieni qui, muoviti!»
Il biondo salutò con un cenno la ragazza e si incamminò verso Ventus con aria perplessa, facendosi spazio tra zio Xigbar e sua madre. «Che c'è?»
«Il tuo amato ragazzo ti sta cercando come un dannato; è così disperato che mi ha scambiato per te.»
«E-Eh?»
«E vai, Roxas!», Ventus lo spinse leggermente in avanti e Roxas si scontrò così con la schiena di un uomo dalla folta capigliatura rossa; Axel si voltò di scatto e si illuminò in un attimo. «Nanerottolo, ti ho trovato finalmente! Auguri, eh.»
«Auguri un corno», sputò il biondo con le gote già leggermente arrossate. «scambiarmi ancora per mio cugino? Dopo tutto questo tempo? Vai a fare in culo, Axel.»
Quest'ultimo sollevò leggermente un soppraciglio. «Ah, sì? Beh, vorrà dire che questo bel regalo impacchettato con così tanta cura lo terrò per me...»
«E tienite-», il biondo si interruppe di colpo, invaso da flash piuttosto confusi e da fitti sensi di colpa. Guardò Axel con estrema attenzione, storse le labbra e afferrò il regalo tra le sue mani, sedendosi sul pavimento a moquette per scartarlo con tutta tranquillità sotto lo sguardo divertito dell'uomo.
Roxas sciolse il nastro rosso e strappò la carta su cui vi erano disegnati numerosi fiocchi di neve; era da tempo che non provava quel formicolio un po' infantile allo stomaco, quell'emozione mista alla curiosità, anche perché al suo compleanno la maggior parte della gente preferiva regalargli una manciata di soldi per lasciargli decidere da solo che cosa comprare.
E non appena uno skateboard nuovo di zecca parve luccicare particolarmente in mezzo al soggiorno, Roxas spalancò la bocca, incredulo, udendo solo di sfuggita i commenti stupiti dei suoi genitori e di qualche suo cugino.
Axel rispose ai ringraziamenti della madre del biondo con un sorriso e si chinò verso quest'ultimo, appoggiando dolcemente una mano sulla sua gamba che pareva quasi tremare un poco a causa della forte emozione. «Allora? Sono riuscito a farti amare il Natale, almeno un po'?»
Roxas alzò le iridi blu cobalto più luminose che mai verso il fulvo e si accorse che avrebbe voluto rispondergli che il Natale avrebbe doluto amarlo da sempre, da sempre per davvero, soltanto perché lo passava in sua compagnia.
Ma non lo fece, sia perché erano pur sempre circondati da tutti quei parenti e amici, sia per timidezza, che per orgoglio. 
In compenso allungò un poco il volto e stampò un flebile bacio sulle sue labbra, perché sapeva che questo sarebbe bastato a rendere felice Axel che, infatti, accennò una sottile risata. «Prego, piccolo elfo del Polo Nord.»
E mentre nonna Jo' attaccò per l'ennesima volta con le sue avventure amorose con nonno Frank, permettendo talvolta a quest'ultimo di intervenire, Sora si avvicinò a sua madre e, in un orecchio, le sussurrò: «Hai visto, mamma? Te lo avevo detto che Babbo Natale esiste veramente.»
 
 
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*Note di Ev'*
E tanto per contraddire la mia nota iniziale, ad essere sincera, giusto ieri sera ho beccato casualmente ''A Christmas Carol'' su rai3, il che per me è stato davvero assurdo, poiché avevo terminato proprio da qualche ora la mia storia.
L'ho guardato abbastanza attentamente e, oltre al fatto che sono stata grata di non averlo vista bambina perché altrimenti davvero mi sarei spaventata (?), ho notato che, sì, le differenze sono molte. Moltissime.
Insomma, a parte a Natale, Roxas non è così stronzo e crudele come il protagonista del film di cui attualmente mi sfugge il nome; e, soprattutto, la sua infinita avarazia (?) non causa tragiche morti di bambini e cose di questo genere.
Ma, ripeto, la mia storia non voleva essere una roba sputata e appiccicata soltanto sostituendo i personaggi di Kingdom Hearts; senza contare il fatto che la mia è comunque una commedia, invece quel film mi ha messo addosso un'angoscia pazzesca, omg-
Ma passiamo oltre.
Se siete giunti fino a qua, vi faccio i miei più sinceri complimenti e vi ringrazio con tutto il cuore, perché, cazzo, quanto è lunga questa benedetta One-shot. Troppo.
Quest'idea mi era venuta in mente già a Novembre, ad essere sincera; e inizialmente volevo dividere la storia in tre capitoli per i rispettivi fantasmi, ma come sempre mi sono ridotta all'ultimo minuto, la storia l'ho iniziata il 25, l'ho terminata ieri, quindi...
Quindi nulla, è uno dei capitoli più lunghi che io abbia mai scritto, 'orcabbestia. Al contrario di qualche altra storia però non credo (Spero) sia parsa pesante (Sempre spero :c), perché comunque è una storia che voleva strappare un sorriso, una risata, qualcosa.
Correggerla è stato il solito suicidio, ma sorvoliamo.
Era da tempo che non mi buttavo in questo genere, davvero. Ed è strano, perché su questo sito iniziai proprio con fan fiction comiche, mi pare, omg- Mi sono divertita molto però, lo ammetto, anche rileggendola non potevo fare a meno di sorridere un po'.
Non credo servano nemmeno analisi di chissà quale calibro (?), poiché non vi sono grandi significati allegorici o cose del genere. Abbiamo un Roxas che fa il Grinch della situazione, con un /semplice/ odio verso il Natale (Che chissà non sia nato proprio per il gioco bastardo di quell'idiota di Hayner) che lo porta a mandare a quel paese tutto e tutti, a partire da Sora e finendo con il povero Axel. (PERCHE' IN QUESTA STORIA, MIRACOLOSAMENTE, E' A LUI CHE POSSIAMO AFFIBBIARE L'AGGETTIVO ''POVERO'').
E così di notte iniziano le incredibili avventure di Roxas con i tre fantasmi, rispettivamente Hayner (Non potevo non mettercelo, cazzum, non potevo), Xion e i suoi atterraggi formidabili e... Axel, sì. Che poi rileggendo la storia per un'ultima volta mi sono accorta che quella falce sapeva tanto di Marluxia, ma sorvoliamo di nuovo, pffh-
Giungiamo dunque alla parte finale, dove Roxas, seppur con qualche 'fanculo piazzato qua e là, inzia ad essere meno avverso nei confronti del Natale, soprattutto perché, 'orcabbestia, Axel ha fatto di tutto e di più per lui.
Morale della storia: Babbo Natale esiste.
 

 
E boh, che dirvi... Auguri? Di Natale in ritardo, spero che stiate comunque passando delle piacevoli vacanze, io dal canto mio traballo, questo è un periodo poco carino, ma se evito di pensare la scuola credo sia decisamente meglio. 
In compenso vi faccio gli auguri per il 2014, e per tutti quei poveri sfigati che come me impighieranno 8 mesi a non sbagliare sul quaderno, scrivendo 2013 tutte le santissime volte.
Se avete letto questa storia vi invito calorosamente a recensire; siamo o no a Natale? -Più o meno, pffh- 
Spero di avervi strappato un po' di sorrisi, suvvia. Anche se la sottoscritta non ne sa proprio un cavolo di cenoni con i parenti, davvero. A Natale ho scritto questa storia, un'amica mi è venuta a trovare e ho scoperto che insieme siamo in grado di cucinare dei biscotti da paura che abbiamo fatto fuori guardando ''Edward-mani di forbice''. E per cena ho mangiato la pizza, che per me è la cosa più buona sulla faccia della Terra, altro che tacchino, zie o nonne schizzate.
Detto ciò, mi dileguo.
See ya'-!
E.P.R.
   
 
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