Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |      
Autore: SpectorHidan    28/12/2013    0 recensioni
Un ragazzo insoddisfatto di se stesso e del mondo che lo circonda ottiene una seconda possibilità dopo la morte. Con poteri divini tratta le persone come pezzi di una scacchiera ma non tutti i pezzi cederanno ai suoi ordini.
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Interrompiamo il programma per riferirvi una spiacevole notizia! L’inviata sul posto è pronta a raccontarci tutta la dinamica dell’accaduto!”
“Buonasera! Lo spiacevole omicidio è accaduto proprio alla piazza centrale della città! Un povero adolescente di soli 16 anni è stato trapassato il cranio da un proiettile ed è morto sul colpo. Si era scatenata una violenta sparatoria tra bande e quel poveretto ne è rimasto coinvolto senza nessun motivo. I suoi amici che lo accompagnavano sono stesi per terra in lacrime e i familiari, appena saputo dell’accaduto, non sono più riusciti a controllarsi e hanno fatto della piazza un luogo di tormento e rammarico. Nessuno degli aggressori è stato rintracciato e nessuna prova decisiva è stata lasciata. Questo ragazzo è morto senza alcun motivo e non si sa neanche chi sia stato. Possiamo davvero definire questo mondo giusto? La sottoscritta passa la parola allo studio.”
“Così è questo il motivo per cui sono morto? Pazienza, tanto mi stavo annoiando.” Dissi distogliendo lo sguardo dal televisore della stanza d’attesa.
“Numero 78, si faccia avanti!” esclamò una voce femminile. Che pizza. Erano ancora al 78 e io ero il 5604. Pensai che ci fosse ancora un po’ da aspettare e mi misi l’anima in pace. Tanto ero sicuro che mi avrebbero mandato all’inferno per accidia.
“Ma che stanchezza! Pensavo che almeno nell’aldilà le file fossero veloci!” urlai, ma nessuno mi considerò. Erano tutti impegnati a tremare per la paura di finire in un posto terribile. Io no, io ero abituato a rassegnarmi, ad arrendermi, ad annoiarmi…
“Hai ragione, amico!” mi avvicinò un tizio tutto coperto da un impermeabile. “Anche io non ne posso più di aspettare. Che ne dici di ammazzare il tempo chiacchierando? Ah no, meglio di no, altrimenti allunghiamo la fila! Ah-ah-ah-ah!”
Sorrisi per la battuta idiota e mi sedetti accanto a lui. Il tipo si svestì e si mostrò. Aveva un aspetto orientale. I suoi capelli erano nero pece, lunghi e tutti arruffati e spettinati. Portava due orecchini rotondi tanto larghi che arrivavano alle spalle. La sua carnagione era grigia, che colorazione strana! Aveva degli occhi castani molto estesi e infine portava una collana con tante perle unite fra loro che sembravano arrugginite e scalfite.
“Noto che sei diverso dagli altri. La morte non ti fa paura?” mi chiese.
“Durante la mia vita ho capito quando ci si deve arrendere. E questo è l’elite degli esempi.” Risposi indifferente.
“Se avessi la possibilità di tornare ancora una volta sul mondo terreno, quale sarebbe il tuo più grande desiderio che prima non sei riuscito a realizzare? Cosa faresti?” mi aveva fatto una domanda strana. Ma il quiz di questo trasandato suonava divertente e non ci perdevo nulla a rispondere.
“Renderei tutto più divertente … a modo mio …” replicai con gli occhi nel vuoto.
“Per esempio?” domandò il ragazzo con curiosità
“Essere capaci di modificare il corso degli eventi, provocare e cessare sofferenze. Essere colui che decide per gli altri. Se si potesse fare, sarebbe uno spasso …” risposi un po’ imbarazzato. Forse avevo dato una risposta troppo infantile e irreale.
“E allora provaci. Ma quando arriverà il momento in cui non ti divertirai più, sappi che sarai tu quello a soffrire come nessuno ha mai sofferto prima …”
“Ehi, cosa vuoi dir…!” Non riuscì a chiedere spiegazioni al tizio lugubre che una folata di vento e sabbia mi spiazzò. Non appena riaprì gli occhi, però, non ero più alla sala d’attesa.
Era un cimitero. Non ci misi molto a capire ciò che era successo: ero tornato davvero in vita. Sentivo il mio cuore pulsare e riuscivo a toccarmi, a sentire la materia.
Mi osservai attorno e notai una lapide. Era la mia lapide. Avevo avuto la possibilità di resettare la mia esistenza. Soltanto leggere il mio vecchio nome mi faceva venire il voltastomaco. Però almeno avevo ottenuto un informazione interessante: La lapide più nuova era datata un anno dopo quella mia. Quindi pensai che ero stato riportato in vita a distanza di un anno.
“Quanto desidererei che quella lapide si frantumasse!” Non appena terminai la sentenza, la lapide esplose in mille pezzi. Non ci credevo. Ciò che avevo desiderato, si era automaticamente realizzato. Provai ancora.
Desiderai che tutte le lapidi del cimitero bruciassero, che era una cosa davvero impossibile. Ma niente era impossibile per me ormai. Anche la roccia si mise a bruciare per mio volere.
Ormai era assicurato. Tutto ciò che avevo chiesto a quel pazzo della sala d’attesa era stato avverato. Che sia stato Dio o lui stesso, non era una cosa rilevante. Tutto ciò che importava è che era così.
“Per prima cosa, devo cambiare aspetto. Ormai quel che ero prima è morto.”. Così immaginai l’aspetto che volevo assumere, e subito il desiderio fu esaudito. Capelli bianchissimi sparati verso l’alto, con un ciuffo lungo penzolante verso l’occhio destro. Occhi blu e carnagione chiara. Le parti restanti del corpo le lasciai invariate, poiché andavano bene. Ero magro e abbastanza alto.
Decisi di cambiare anche abbigliamento: Una camicia tutta spiegazzata e dei pantaloni neri eleganti combinate a scarpe altrettanto formali.
“Ah-ah-ah-ah! Che soddisfazione! D’ora in poi mi chiamerò Void e non vedo l’ora di divertirmi! Bene, ora devo fare qualche esperimento per vedere ciò che riesco a fare con i miei poteri. O almeno se riesco a fare le cose essenziali.” Dissi fra me e me e decisi di provare una cosa che avevo sempre desiderato di fare: il teletrasporto.
Chiusi gli occhi e scelsi la cima della Tour Eiffel. Non appena li riaprì, mi vidi sospeso nel cielo di Parigi, sul punto di precipitare.
“Dannazione, sto cadendo da un altezza smisurata! Spero di saper volare!” non ebbi neanche il tempo di preoccuparmi che già levitavo felicemente tra le nuvole.
Mi teletrasportai a terra e decisi che era l’ora di godermi un buon caffè. Lo ordinai e lo ricevetti velocemente (anche se non avevo la minima idea di come funzionasse il francese, la sapevo misteriosamente.).
“Sono due euro, grazie.” Disse il commesso. C’era un motivo se ero entrato in un bar e avevo ordinato senza avere neanche un soldo. Volevo verificare se riuscivo a controllare la mente delle persone.
“Ma come, pensavo che per il migliore dei migliori fosse gratis!” dissi con disapprovazione.
Improvvisamente l’occhio destro del commesso diventò blu e l’uomo mi rispose con indifferenza: “Ma certo, padrone. Scusi, non l’avevo riconosciuta. È libero di andare, e torni quando vuole.”
Perfetto. Avevo avuto la conferma che potevo controllare anche la mente altrui. Ero praticamente un Dio sceso in terra. Non mi restava che trovarmi una bella casa.
“Sarebbe una bella fortuna se trovassi dietro l’angolo un vecchio riccone in punto di morte che non ha eredi.” Mi voltai e vidi una limousine parcheggiata di fronte all’ospedale. “Ah, giusto. Ogni cosa che desidero si avvera. Ah-ah-ah-ah!”
Risolta in un non niente la faccenda dell’eredità, ero finalmente diventato possessore di un eredità che poteva ritenersi grande quanto un millennio di stipendio di un politico. E se per un caso assurdo, i miei soldi terminassero, con i miei poteri potevo produrne a palate.
Se finissi per avere tutto gratis, l’economia del paese si friggerebbe.
Mi concessi un attimo di riposo e mi sdraiai sul divano di fronte al camino. Il fuoco mi ricordava che avevo ancora un problema, una cosa che nella scorsa vita mi aveva tormentato fino ad uccidermi. Il solo pensiero mi toglieva tutto l’entusiasmo e mi riconduceva sulla via dell’insoddisfazione. Improvvisamente il fuoco si accese esageratamente e dalle fiamme spuntò fuori il tipo lugubre che avevo incontrato nell’aldilà.
“Che c’è, già ti sei annoiato?”. Disse il tizio balzando alle spalle del divano.
“No, sarebbe impossibile con ciò che riesco a fare. Stavo solo rimembrando brutti ricordi … e a come rendere divertenti anche quelli.”
“Comunque io non mi sono presentato.” intervenne sgarbatamente il ragazzo, interrompendo la mia risposta. “Puoi chiamarmi Dark. È molto banale, ma le tenebre sono la cosa che amo di più. Sono così… nere! E ovviamente voglio aggiungere che sono stato io a donarti i miei poteri.”
“Se mi permetti, ti definirei patetico. Io non cederei mai un potere del genere. A uno sconosciuto, poi.” Affermai con arroganza.
“Io mi ci annoio. E presto farai la stessa fine anche tu. E per quanto riguarda il fatto che sei uno sconosciuto, non è vero, in te ci sono più tenebre di quanto pensi. È questo che mi ha spinto a fare il patto!” Esclamò Dark, dandomi una pacca sulla spalla.
“Giusto che ci sei, allora, spiegami i dettagli di questo patto! Sei stato così vago la prima volta.” Gli domandai minaccioso, ma lui si voltò e corse verso il fuoco.
“Ora vuoi troppo! Prima inizia a divertirti e poi ci vediamo alla cassa! Ciaooo!” e così dicendo, sparì nelle fiamme come era venuto.
“Tanto non ho bisogno dei suoi suggerimenti, non è che un demone senza nessun accenno al senso dello svago!”
 
“Ragazzi, ora basta! La lezione sta per iniziare!” gridò la professoressa cercando di interrompere il chiasso degli studenti. “Oggi c’è anche una novità! Avremo un nuovo compagno che viene dall’estero. Proviene da una famiglia molto ricca, quindi è abituato a uno stile di vita molto particolare. Nonostante ciò, i genitori lo hanno iscritto per il terzo anno delle superiori in una scuola pubblica, per permettergli di socializzare meglio. Date un caloroso benvenuto al vostro nuovo compagno Void!”
Entrai nella classe, mi presentai molto obbiettivamente e osservai i miei nuovi compagni. Nuovi per modo di dire, poiché era la stessa scuola che frequentavo prima di morire e cercavo delle persone in particolare.
“Mi siederò al banco rovinato in fondo, accanto la finestra.” Dissi.
“Ma non c’è nessun banco del genere!” disse un alunno. Ma subito dopo il ragazzo si voltò e comprese che il banco c’era; sarà misteriosamente apparso?
“Bene Void. Ho saputo che sei molto abile in tutte le materie! Ti prego di venire subito alla lavagna e risolvere un’equazione che nessuno in classe è riuscito a concludere.” Esclamò la professoressa e iniziò a scrivere la traccia sulla lavagna.
Mi avviai alla lavagna, e maneggiando il gesso con una velocità assurda, la conclusi, senza alcun errore.
“Ma come ha fatto? E così velocemente!” Disse esterrefatto un tale.
“Era ovvio che pezzenti come voi non sarebbero stati in grado di risolvere un innocuo calcoletto. Fate pena.” Dissi con prepotenza e tornai al posto.
“Cosa hai detto, brutto figlio di papà! Ripetilo se hai il coraggio!” mi disse un ragazzo vivace, di nome Layphel. Era un ragazzo non molto alto, ma comunque con un buon fisico.  Non era né furbo né intelligente, ma aveva qualcosa che impediva alla persone di odiarlo, anche se io ero un eccezione. Aveva gli occhi verdi e i capelli castani arricciati. Indossava la divisa scolastica come me e tutti gli altri, ovvero una camicia con la cravatta blu e i pantaloni beige. Avevo già avuto la grandissima fortuna di conoscerlo anche nella mia vita precedente …
Ignorai le sue provocazioni e voltai lo sguardo alla finestra, come era mio solito fare.
Se non si era capito, avevo controllato la professoressa affinché chiamasse me per fare quella sottospecie di calcolo matematico. Feci la stessa ora con tutti gli altri professori della giornata in modo da sottolineare la mia superiorità.
Alla scoccare del secondo finale delle ore di lezione, Layphel si avvicinò al mio posto e diede una botta sul banco.
“Fai tanto lo sbruffone perché fai il professore ma sei tu che meriti una bella lezione, riccone di sto…”
“Basta, Layphel. Anche io non sopporto le persone di quel genere, ma fare il bullo non serve a niente. Così non fai altro che evidenziare l’abisso.” Intervenne una ragazza posando la sua candida mano su quella del ragazzo. La tale si chiamava Jillian. Era una ragazza bassa e carina. Aveva i capelli neri lunghi fino al collo, le quali punte erano tinte di rosso. Anche lei aveva gli occhi verdi, e lo stesso identico sguardo del ragazzo. Vestiva della divisa scolastica femminile: camicia con fiocco rosso e gonna blu. Ha principi morali ben definiti ma una personalità caotica che ti impedisce di conoscerla a fondo. Anche lei era una persona che conoscevo bene, ed era il motivo principale del mio tormento.
“Che bello mi tieni per mano, come sei dolce!” Esclamò Layphel con tenerezza incrociando il suo sguardo con quello della ragazza.
“Smettila, non è il momento di farmi arrossire!” e Jillian gli assestò uno schiaffo che lo scaraventò contro il muro.
Allora i due iniziarono a bisticciare, come due perfetti innamorati e questo mi disgustava.
Nella vita precedente ero molto innamorato di Jillian, ma lei non ricambiava per nulla. Era invece innamorata di lui, di Layphel. Lui, che non aveva niente più di me, non era nient’altro che una scimmia e la attraeva più di me che ero bello e perfetto.
Nonostante adesso non me ne importi più nulla dell’amore, vederli felici insieme era ingiusto. Dovevano soffrire per sempre!
Ma soprattutto, quella infame di Jillian … Eravamo buonissimi amici e ci frequentavamo, diceva di volermi bene … ma perché dopo appena un anno è già così felice e spensierata! Dovrebbe essere in un letto, dalla mattina alla sera, a piangere la mia morte, la morte del migliore!
-Non è giusto. Non avrai mai la felicità che desideri, brutta sguattera … Io desidero che piangi! Piangi! Piangi! Piangi! Piangi! Piangi!- Pensavo ciò, ma nonostante lo ripetessi all’infinito non succedeva nulla. I miei poteri sembravano non avere effetto su di lei, ma perché?! Infuriato sollevai il banco e lo ribaltai violentemente. Il rumore attirò l’attenzione dei due che smisero di beccarsi.
“Ehi, non si fanno queste cose a scuola!” Mi rimproverò Jillian.
“Scusate ragazzi, è che è troppo vomitevole vedervi così uniti …” Replicai con un tono lugubre.
“Ma non è come pensi, noi non…!” Spostai la ragazza e la zittì, dicendo che non mi importava nulla e che volevo andarmene.
“Un ultima cosa …” dissi e i ragazzi si voltarono verso di me. “Non provate a rompermi più le scatole o farete una brutta fine. Pff, comuni mortali.”
“Comuni mortali? Ma chi ti credi di..!” Layphel era pronto a ribattere ancora ma la ragazza lo zittì per evitare ulteriori problemi. Aveva capito che non ero solo ricco e prepotente.
Una volta uscito dalla classe, mi reputavo soddisfatto. Con i miei poteri ero riuscito a trovarmi in classe con le persone che odio di più al mondo.
“Ah-ah-ah… Potrete anche essere immuni ai miei poteri per qualche motivo inconcepibile, ma state attenti  perché i guai arrivano anche da chi vi sta intorno. Che il divertimento abbia inizio!”
 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: SpectorHidan