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Autore: MoneLu1223    28/12/2013    0 recensioni
"Ha presente le ultime ricerche che sta svolgendo?"
"Come potrei non…"
"Bene. Per i prossimi due mesi andrà a lavorare sul territorio."
La cosa mi suonò strana. Io studiavo la terra che mille anni fa era chiamata America. Era sparito quel continente, immerso dalle acque, spazzato via dai cataclismi.
Genere: Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1 - JULIET
 
Un leggero scatto e la porta si aprì. L’aroma di caffè e di brioches appena sfornate furono la prima cosa che sentii non appena misi piede nel locale. A parte un leggero chiacchiericcio sovrastato dal rumore dei jet che di tanto in tanto passavano davanti al posto. Poche persone erano sedute ai tavolini del piccolo bar dove ero appena entrata e pochi si voltarono non appena richiusi la porta.
“Ciao Juliet!”
Tom, il barista sorridente, alto, sulla trentina, smilzo ma dal viso cordiale, mi accolse sorridendomi.
“Il solito?”
“No Tom, oggi preferirei qualcosa di più leggero, ho passato una nottataccia.”
Il barista mi sorrise e si girò dall’altra parte e nel frattempo andai ad accomodarmi su una delle poche poltroncine rimaste libere. Pochi minuti dopo, Tom, si avvicinò a me e mi versò nella tazza un po’ di latte bollente e mi servì un cornetto, poi si sedette di fronte a me.
“Non dovresti stare dietro al bancone e servire i clienti?” lo guardai con aria interrogativa e allo stesso tempo divertita.
“Tranquilla, Alex può farcela benissimo da solo e poi non starò mica qui per l’eternità! Ogni tanto fa bene scambiare quattro chiacchiere con una vecchia amica.” Mi squadrò da sopra a sotto, poi, per qualche secondo, volse la testa dall’altra parte, come se cercasse di scovare qualcuno appostato in silenzio ad origliare . Tom aveva sempre avuto un debole per me e sapevo che, qualunque cosa gli avessi detto, non l’avrebbe mai rivelata a nessuno. Avevo dieci anni quando ho conosciuto Tom, ero appena arrivata a Tentown. Il lavoro dei miei genitori non lasciava scampo: eravamo costretti a trasferirci spesso. Ma quando ci trasferimmo qui avemmo fortuna: papà finalmente trovò un posto fisso. Conobbi Tom a scuola. All’inizio non mi stava molto simpatico, ma col tempo scoprimmo di avere un sacco di cose in comune. Fu allora che legammo parecchio. Quando lasciammo il liceo le nostre strade si divisero per un bel po’ di anni, fino a qualche tempo dopo: quando lo trovai per la prima volta a lavorare nello stesso bar in cui andai quel giorno. Era il 20 febbraio del 3427 e, nella mattina del mio incontro con Tom al Bar, eravamo già entrati nel mese di giugno, quindi non era passato che qualche mese da quella volta. Da allora andai spesso lì e, essendo l’unica persona di cui mi fidavo ciecamente, quando avevo bisogno di parlare con qualcuno mi rivolgevo esclusivamente a lui.
“Allora, come procede il lavoro?”
“Quale dei due intendi?” lo guardai divertita, mentre lui si faceva più serio.
Lavoravo part-time in un grande centro commerciale, ma questo faceva parte della solita, noiosa e monotona vita normale. No, avevo anche cose ben più importanti da fare. Per anni avevo lavorato in uno studio nella High Street, in una società chiamata SoF. Lì facevo le mie ricerche, raccoglievo informazioni ed esponevo le mie tesi, con l’aiuto di alcuni colleghi, si intende. Ma l’ultimo argomento delle mie ricerche sembrava averli lasciati perplessi e sin da subito si erano mostrati poco volenterosi nello svolgere il loro lavoro. Alcune volte arrivai persino a pensare che mi ritenessero fuori di testa per quella faccenda, ma loro sapevano che per nulla al mondo avrei rinunciato a tutto quello e quindi, se pur di malavoglia, mi aiutarono.
“Lo sai bene di quale parlo, Juliet.” Notai un ombra passare sul suo viso. “A che punto sono le ricerche?”
“A buon punto” mentii.
Non avevo mai detto a Tom delle avversioni che i miei colleghi avevano verso questo programma ed ero sicura che sarebbe rimasto deluso se gli avessi detto che le cose non procedevano bene. Alle volte detestavo i miei colleghi, soprattutto quando cercavano di farmi capire che tutto quello che facevo era solo una follia e che da quel progetto non avremmo ricavato niente. Io ero sicura di quello che facevo.
“Sono contento.” fece lui increspando un sorriso e sorseggiando dalla sua tazza tenendo lo sguardo sul mio volto.
“Non mi hai ancora detto come mai hai avuto una nottataccia.” osservò lui, scrutando il mio viso. “Sembri stanca e il tuo viso è pallido, c’è qualcosa che non va?”
“Niente di grave, sono stata sveglia tutta la notte per preparare la sintesi dei dati.” Ancora una volta dovetti mentirgli e la cosa non mi piaceva, ma non volevo che si preoccupasse troppo. Evidentemente lui lo capì, perché mi disse: “C’è qualcosa che non mi hai detto, Juliet? Sai che a me puoi dire qualsiasi cosa.”
“Niente, niente.” presi in fretta la tazza da sopra al tavolino e sorseggiai il mio latte. Lui mi guardò cupo, ancora una volta aveva capito che mentivo.
“Ne sei proprio sicura?” fece ancora lui con fare inquisitorio.
“Sicurissima.” ribattei secca ma allo stesso tempo con un po’ di senso di colpa nella voce.
Il suo sguardo preoccupato si sciolse in un piccolo sorriso.
“Ehi, Alex, perché non porti dell’altro latte? O preferisci bere un The ora?” disse rivolgendosi a me.
“Va benissimo un’altra tazza di latte, grazie.”
“Come vanno gli affari nel centro commerciale?”
“Benissimo!” gli dissi, lieta di poter finalmente cambiare argomento.
“Gli affari vanno a gonfie vele e stiamo guadagnando tantissimo!”.
Tom fece una piccola smorfia e ,ancora una volta, il suo sguardo si incupì. “ Qui le cose non vanno molto bene, come vedi.” e accennò alla parte vuota del locale. “Penso che presto saremo costretti a chiudere se la gente diminuisce ancora.”
Lo guardai tristemente, ma poi mi venne un idea: “Magari, se le cose non dovessero andare bene, posso parlare con la direttrice del centro commerciale perché assuma sia te che il ragazzo.”
il mio sguardo si spostò da Alex al volto di Tom, ora un po’ più sereno.
“Sei davvero molto gentile, grazie dell’offerta.” Sul suo viso comparve un sorrisetto. “Non molti si sarebbero preoccupati quanto te di farmi trovare un altro lavoro” era come se lo dicesse più a se stesso che a me. “Sai, non è più come prima. Dopo che ho finito l’università ho perso i contatti con tutti i miei compagni e mi sembra di non avere loro notizie da secoli ormai. E così sono dovuto andare in cerca di un lavoro tutto solo. Finché non vidi un annuncio vicino alla porta di questo bar dove si diceva che stavano cercando un barista e così eccomi qui. All’inizio, quando c’era il vero padrone, il locale era più florido. Ma dopo il suo incidente…” .
Il suo racconto venne interrotto da un leggero scatto alla porta, qualcuno era entrato. Un uomo alto, corpulento, dai capelli biondi e gli occhi scuri si stagliava sulla porta. Il suo viso sembrava tutt’altro che amichevole a primo impatto. Sembrava una di quelle persone che sarebbe stato meglio non contrariare. Tom si girò per vedere chi era entrato, poi abbozzò un sorriso.
“Jake, amico mio!” il barista si alzò in piedi e diede calorosamente il benvenuto al nuovo invitato, questi invece non fece altro che guardarsi attorno, indifferente. “Vieni a sederti con me, c’è una persona che vorrei farti conoscere!” dopodiché ordinò al ragazzo di servire una bottiglia di Whiskey all’uomo.
Ecco, pensai. Spero che sia più simpatico di quanto sembra. L’uomo si sedette davanti a me e, ancora una volta, si guardò attorno, squadrando chiunque nella stanza. Lo guardai nervosa e, inaspettatamente, questo si girò verso di me, guardandomi torvo.
“Lui è Jake.” presentò Tom, “Jake, lei è Juliet.”
“Piacere!”
L’uomo strinse la mia mano, ma non parlò. Fu Tom a parlare per lui e per me.
“Sai Jake…” disse Tom abbassando di netto la voce così che solo noi tre potessimo sentire.
“Tu e Juliet avete gli stessi interessi, a quanto ho capito.”
Lo guardai interrogativa. Tom, per tutta risposta, mi fece un occhiolino.
“Jake, Juliet sta lavorando al tuo stesso progetto da un po’. E sembra che abbia bisogno di una mano.”
Lo guardai con aria colpevole, allora aveva capito che le cose non stavano andando troppo bene. Mi lasciò spiazzata. Come diamine aveva fatto a capire che non avevo fatto progressi? Ma la cosa che mi colpì di più fu che un’altra persona stesse lavorando sul mio stesso progetto. D’un tratto lo vidi guardarmi con crescente curiosità.
“Davvero?” per la prima volta nell’arco di quella conversazione sentii la profonda voce dell’uomo.
“Davvero!” gli risposi io di rimando.
“ E… hai trovato qualcosa di interessante?”
In quello stesso istante capii di avere l’attenzione dell’uomo tutta per me.
“Qualcosa. Ma niente di rilevante, ancora. Tu?”
“Anche io ho trovato qualcosa. Potremmo lavorare insieme, se lo desideri, Juliet.” Una mano in più era esattamente ciò che mi serviva . Quindi, allora, non solo avrei avuto una mano nelle ricerche ma avrei finalmente avuto qualcuno che mi sosteneva per davvero. Qualcuno, che credeva in tutto quello in cui credevo io. “Certo che lo desidero!” dissi con un po’ di entusiasmo in più di quello che ci avrebbe messo una persona in condizioni normali.
Vidi per la prima volta accennare un piccolo sorriso sul volto dell’uomo.
“Sarò onorato di lavorare con te.” disse.
“Una cosa, però. Vorrei escludere tutte le persone che mi hanno aiutata nel progetto sin ora. Queste persone non credono in quello che crediamo noi e quindi sarebbero solo d’intralcio al nostro lavoro.”
“Di chi stai parlando?” l’uomo parve ancora più incuriosito.
“Della cerchia di scienziati e analisti che hanno lavorato al progetto con me.”
Ma prima che l’individuo potesse fare qualche altra domanda continuai a spiegare: “Lavoro in un ufficio nella High Street con queste persone, non mi hanno aiutata molto fino ad ora ed è questo il motivo per cui preferirei escluderle.”
L’uomo parve capire.
“Allora ci rivedremo presto?” mentre si stava alzando, Jake, mi guardò per un attimo e poi mi disse:
“Ho degli impegni oltre al lavoro che svolgi anche tu, sono un architetto.”
“Fantastico, anche io ho un altro lavoro! Lavoro nel centro commerciale in Hill Road. Quindi dovremmo metterci d’accordo sugli orari di ritrovo!”
“Allora non c’è bisogno che tu venga a cercarmi, verrò a trovarti io lì se ce ne sarà bisogno.”
Con un ultimo cenno, salutò me e congedò Tom e uscì fuori dalla porta.






*ANGOLO DELLO SCRITTORE*
Ciao a tutti! Questo è il primo capitolo della nostra storia “Alla ricerca del Continente Emerso”! Esatto, nostra, perché per creare quello che leggerete sono state ben quattro mani: io, Mone, ho scritto i capitoli pari, dove il POV è di Jake, mentre Lu si è occupata di quelli dispari, prendendo la voce di Juliet! Beh, che dire: siamo entrambi appassionati dal mondo dello scrivere e questa è stata la nostra prima opera. Ci siamo impegnati e sappiamo che impareremo a migliorare sempre! Perciò chiediamo a voi di comunicarci le vostre opinioni, farci sapere se la nostra storia vi piace, se ci sono falle nella trama o quant’altro! Grazie per l’attenzione!
Mone
  
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