28/12/2013
2 recensioniMean.
Taylor aprì gli occhi di scatto: aveva avuto un incubo. Ancora.Si mise seduta a gambe incrociate sul suo letto, fece dei respiri profondi per tranquillizzarsi, ma nulla.
E allora ricorse alla sua unica fonte di sfogo, l'unica che funzionava sempre: prese una penna, un foglio, e cominciò a scrivere. Non le importava che erano le tre di notte, che il giorno dopo avrebbe avuto un'intervista, voleva solo togliersi dalla testa quell'immagine che la tormentava ormai da anni, e quale maniera migliore di metterla per iscritto, imprigionandola con l'inchiostro su un foglio di carta?
E scrisse.
Scrisse di quell'uomo che l'aveva fatta piangere per anni, che con un colpo solo riusciva a buttarla giù.
Di quell'uomo che le faceva continuamente notare i suoi difetti, che li sottolineava ogni volta che ce n'era l'occasione, come se lei non li vedesse.
Erano passati anni, ma le sue parole facevano ancora male, come dei coltelli affilati.
Scrisse della sua voce, che odiava come il gesso quando gracchiava sulla lavagna, di come lei volesse soltanto renderlo fiero, ma nulla sembrava mai colpirlo o renderlo felice.
«Non andrai mai da nessuna parte, non con la musica e quella voce che ti ritrovi!» quante volte lo aveva sentito pronunciare quelle parole? E quante volte lei, in risposta, era scoppiata a piangere e si era chiusa in camera sua?
Scrisse di quella volta in cui aveva giurato a sé stessa che tutto quello schifo un giorno sarebbe finito, che sarebbe stata abbastanza grande e forte da non permettergli più di picchiarla, che sarebbe scappata da quella vita che non sentiva sua.
Scrisse di come non vedeva un buon futuro per quell'uomo così perfido nel profondo, di come lo vedeva solo ed ignorato da tutti.
Scrisse tutto ciò che provava e che aveva tenuto dentro per anni.
Taylor alzò lo sguardo dal foglio e si guardò allo specchio. Invece di vedervi riflessa la Taylor ventunenne, con i capelli scompigliati e gli occhi rossi di pianto, vide la piccola e innocente Taylor tredicenne, che correva in camera sua, sbattendo la porta. Una voce maschile la chiamava e le urlava di uscire, ma la piccola Taylor non voleva proprio saperne. «Sei un bugiardo, sei patetico, sei la persona più cattiva che io abbia mai conosciuto!» urlò la piccola, la faccia nascosta nel cuscino.
Poi la Taylor sedicenne si rivolse allo stesso uomo. «Io te lo avevo detto, ti avevo detto che un giorno me ne sarei andata, che avrei vissuto in una grande città, e guardami, ho le valigie in mano. Avevo promesso a me stessa che un giorno sarei stata abbastanza forte da non permetterti di toccarmi mai più, e giuro che non ti farò mai più avvicinare a me. Sai qual è una cosa che non cambierà mai, però? Il fatto che tu sia una persona cattiva.» lo guardò negli occhi, sprezzante, e si sistemò meglio la borsa con la chitarra sulle spalle. «Addio, papà.» prese la sua valigia e sbattè la porta dietro di sé, senza mai voltarsi.
Taylor posò la penna per l'ultima volta sul foglio, poi lo mise sul comodino accanto al suo letto e tornò a dormire, decisamente più sollevata.
But all you are is mean.
All you are is mean.
And a liar,
And pathetic,
And alone in life
And mean, and mean, and mean, an mean.
But someday I'll be living in a big old city,
And all you're ever gonna be is mean.
Someday I'll be big enough so you can't hit me,
And all you're ever gonna be is mean.
Why you gotta be so mean?
myspace.
Sì, so benissimo che Mean non è stata scritta per questo motivo, ma ho una mente contorta e prima di scoprirlo ero straconvinta che parlasse di un qualcosa del genere. Mi è tornata in mente dopo tanti anni e l'ho scritta, spero vi piaccia c:
fab.