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Autore: RainAgainst    28/12/2013    2 recensioni
E’ ancora viva? Dalla quinta elementare ne ho perso i contatti. Anzi, dalla quarta, mi ricordo che si trasferì a Roma. All’epoca non avevamo ancora il cellulare, i contatti si perdevano. Come vecchi documenti, come elastici per capelli.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono seduta sulla panchina di fronte alla gelateria. E’ sabato sera, piove. Ho un ombrello, non mi bagno. Davanti a me sfilano parecchi giovani, in compagnia, pronti a divertirsi. Chiudo gli occhi, ma so che non sono morta. E’ il ’43. Io e Mirella siamo compagne di banco, la maestra ci sta insegnando le divisioni con il resto. Io le capisco, Mirella no. Il giorno dopo le suggerisco durante la verifica, e lei prende un voto più alto del mio. Lì per lì me la prendo, ma subito mi passa. Chissà che cosa sta facendo adesso Mirella. E’ ancora viva? Dalla quinta elementare ne ho perso i contatti. Anzi, dalla quarta, mi ricordo che si trasferì a Roma. All’epoca non avevamo ancora il cellulare, i contatti si perdevano. Come vecchi documenti, come elastici per capelli. Adesso è il ’53, io e Dario attraversiamo la strada sterrata per andare a vedere la partita di pallone della squadra di Roberto. Scherziamo, ci abbracciamo, ogni tanto scappa qualche bacio, la squadra di Roberto vince e la sera andiamo tutti quanti a festeggiare. Mangiamo, beviamo, balliamo. Nel locale suona un bel jazz. Mi sembra l’America. E’ il ‘60. Io e Dario ci giuriamo amore eterno all’interno di quella splendida chiesa sulla collina dove da piccola la nonna mi portava ad osservare il panorama. Mi diceva sempre che se mi sporgevo un po’ riuscivo a vedere la mia casa, ma io non ci sono mai riuscita. La nonna era un po’ magica. Me la ricordo al matrimonio, vestita di rosa, in prima fila, visibilmente commossa mentre io, imbarazzata, facevo cadere il velo dalla mia testa, arrossendo, e Dario me lo raccoglieva, sorridendo.
E’ il ‘64. In sala parto c’è tanta gente, sembra che il mio piccolo mondo si sia fermato per me. C’è anche la nonna: questo è uno degli ultimi ricordi che ho di lei. L’ultimo, forse. La sua mano calda e sicura stringe la mia, non la lascia mai durante tutta quella notte in cui la Silvana non voleva nascere. E poi mi ricordo anche gli occhi della nonna quanto è spuntata fuori la Silvana. Erano simili a quelli del matrimonio. La nonna me la ricordo come forte e particolarmente orgogliosa di me. Mi ripeteva che ero speciale e bellissima. Nessun altro me lo ha mai detto. Adesso è il ‘72. Ho 36 anni e la mamma viene a mancare. Mi fa male il cuore, la Silvana mi chiede se quella stella che luccica nel cielo sia la nonna. Le rispondo di sì e scoppio a piangere. Mi copro il viso con una mano. Allora lei si stringe a me e mi fa notare che quella sembra dar luce anche alle altre circostanti. La stringo forte, è la mia vita. E’ il ’77. Dario si ammala, e io sprofondo. Non posso perdere Dario adesso. Gli sto vicino, me ne prendo cura, come del giocattolo più bello del mondo quando si hanno sei anni. Pian piano lo vedo guarire, migliora, finché un giorno si riprende. Forse la stella della nonna lo ha guardato, dice la Silvana. E l’86. Di anni ne ho 50 e viene a mancare anche il papà. Questa volta la Silvana non è accanto a me, è in viaggio con Gianni, il suo fidanzato. Allora cerco le sue mani in quelle di Dario. Mi accorgo che la sua presenza silenziosa mi ha accompagnato per tutta la vita. E’ stato un marito sincero, affettuoso, c’è sempre stato senza mai farmelo pesare. Ho amato Dario. L’ho amato ogni giorno fino al 5 Settembre del ’95, quando la malattia me lo ha portato via. Ho maledetto il cielo, quel giorno, ma poi ho capito che il cielo non ne aveva colpa. Faceva parte del normale susseguirsi degli eventi. L’amore non è per sempre. Ciò che è destinato a restare è il suo ricordo. Io ricordo l’amore di Dario. Ricordo i baci nascosti quando eravamo ragazzi, ricordo il sesso nelle notti fredde, ricordo le sue mani lisce e i suoi occhi azzurri. Penso a lui ogni giorno, ma non alzo gli occhi verso il cielo. Stringo le mani sul cuore, che accelera i battiti. Dario per me è questo ora: un battito accelerato, un brivido nello stomaco, e una lacrima strozzata.
E’ il 2000. La Silvana e Gianni danno luce a Francesco. Il mio primo nipote. Nel 2002 mi regalano anche la Giada. Non conosceranno mai il nonno Dario, mi rammarico. Passo tanto tempo con i miei nipotini. La compagna di asilo della Giada ha una nonna che ha una faccia familiare. I nostri sguardi spesso si incrociano quando le andiamo a prendere, ma nessuna delle due ricorda dove abbia già visto l’altra. Un giorno mi viene in mente: è Mirella. Anche lei si ricorda di me. Mi racconta della sua laurea in matematica e della sua brillante di docente universitaria. Ma mi confessa che le divisioni le fa sempre con la calcolatrice. Allora rido, e lei mi chiede di me. Le racconto la mia storia. E’ il 2009.
Riapro gli occhi. La strada è la stessa, la pioggia s’è interrotta. Giungo le mani. Prego che anche la Giada e Francesco abbiano una vita come la mia. Richiudo gli occhi. Non sono morta.
  
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