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Autore: S_ Lily _S    29/12/2013    2 recensioni
« È morta. »
Crollò. Crollò a terra, e il pavimento sembrò sprofondare e il tempo fermarsi. I vetri si infransero, le gambe non ressero più; e faceva dannatamente male, le lacrime che lottavano per non uscire.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Marlene McKinnon, Sirius Black | Coppie: Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Please, don't let me go. 

 { 12 Ottobre 1978 } 

« McKinnon! Acc - o
h, andiamo, torna qui! »
La neve, quell'anno, aveva preso a cadere prima del solito. Soffici fiocchi bianchi ricoprivano completamente l'asfalto, le cime degli abeti e le vette cupe del castello, bagnando le scarpe e gli accurati risvolti di chi, come l'ormai diciassettenne Sirius Black, era costretto ad attraversare - di corsa, con il fiato corto - il cortile di pietra che collegava i lati opposti della scuola. Rideva, Marlene McKinnon, nascondendo le gote arrossate tra i filamenti della sciarpa: avrebbe vinto la corsa e, una volta raggiunto il corridoio, la strada sarebbe stata tutta in discesa. 
« Prendimi! » 
Strascicando i piedi, il busto piegato in avanti e le labbra distorte in un timido, faticato sorriso, Sirius Black alzò le mani in un chiaro segno di resa. La osservò fermarsi, voltarsi e piegare la testa di lato, incuriosita, poi socchiuse gli occhi e si lasciò cadere. Il fitto strato di neve lo accolse, silenzioso; l'impatto con il pavimento gelido gli provocò una serie di brividi di freddo, inducendolo a serrare con forza la mascella, poi allargò braccia e gambe e sorrise alla volta celeste - momentaneamente tappezzata di nuvole di pioggia.
« Pace. Questa volta hai vinto tu. »
 Quando il ragazzo chinò indietro la testa, il sorriso macchiato di una rara felicità, Marlene non c'era più. E il sole scomparve, la neve smise di cadere e dell'angelo che Sirius aveva fatto, del suo vestito candido e delle ali spiegate, non vi fu più traccia. 

{ 22 Dicembre 1979 } 

« Giornata pesante, non è vero, McKinnon? »

Quella sera, la scia rosea del tramonto insisteva a non volersene andare, creando la classica atmosfera pre natalizia a cui maghi e streghe, presi dalle compere e le visite dell'ultimo minuto, non avevano mai fatto caso. Marlene McKinnon camminava, le mani piene di grosse buste dai colori sgargianti, le labbra socchiuse in un'espressione di disappunto. Avrebbe potuto riconoscere quella voce in ogni dove: pungente, irritante, con quel pizzico di arrogante ilarità in grado di far perdere la testa a qualsiasi essere di genere femminile presente nei paraggi.
« Sirius Black. »
Il ragazzo abbozzò un sorriso, spettinandosi il ciuffo scuro che, quella mattina, aveva accuratamente pettinato in vista degli ultimi acquisti settimanali. Dall'ultima volta in cui si erano visti - il giorno successivo alla consegna dei diplomi, Marlene lo aveva accusato di egocentrismo patologico davanti a tutta la scuola e poi ci aveva fatto sesso, per tutta la notte - il filo di barba che era solito tagliare era cresciuto tanto da coprirgli completamente la mascella, donandogli un'aria da bello e dannato di cui proprio non aveva bisogno. La verità era che, nell'incantesimo di Sirius Black, Marlene c'era caduta eccome: aveva fatto l'irreparabile errore di guardarlo, innamorarsene e poi negare, negare tutto e soffocare i sentimenti in una patetica sciarpa di lana. E, seppur lontano dagli occhi, Sirius Black non aveva lasciato neppure una volta che, all'udire del suo nome, il cuore di Marlene non mancasse di un battito. Era successo tutto troppo in fretta, si era detta; la guerra avrebbe spazzato via tutto l'amore e quel briciolo di speranza che, in cuor suo, la ragazza continuava a nutrire. E invece eccolo lì, in tutto il suo splendore di "uomo maturo": avrebbe potuto saltargli al collo e sussurrargli quanto, durante i mesi che Marlene aveva passato a combattere la sua guerra, gli fosse mancato. E invece avanzò, curvando leggermente un sopracciglio e tenendo bel saldi i manici delle buste di regali, quasi potessero prender vita e scappare via dalla vergogna. 
« Eh già. »

E poi successe che il tramonto, quella sera, durò tutta la notte, le Burrobirre diventarono due e le carezze, mischiate ai baci mischiati alle lacrime, diventarono graffi. E quei segni, i segni della loro guerra, non andarono più via. 

 { 2 Aprile 1981 } 

« È morta. »
Crollò. Crollò a terra, e il pavimento sembrò sprofondare e il tempo fermarsi. I vetri si infransero, le gambe non resserò più; e faceva dannatamente male, le lacrime che lottavano per non uscire. 
"Sto crollando," urlò "sto crollando a pezzi". E desiderò rincorrerla e stringerla e fare un angelo di neve, di nuovo. 
Crollò, crollò a terra. Ma non ci fu nessuno, nessuno a salvarlo ancora. 

             
          Never.
  
  
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