Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: Notalovestory    29/12/2013    2 recensioni
Non si accorse dei passi leggeri di qualcun'altro avvicinarglisi da dietro.
Non si accorse di quando quel qualcuno compì un elegante giro dietro a lui, per poi arrivargli alle spalle.
Non sentì il freddo quando una bocca congelata gli si poggiò sensualmente sul collo.
Non sentì mai nulla, tranne il dolore che gli provocò la sua discesa negli Inferi.
Genere: Sovrannaturale, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Bloody:
Diciassette anni prima.




Sentiva il cuore battere insistentemente contro la gabbia toracica, il suo petto si alzava e abbassava velocemente. Si guardò intorno. Sebbene non avesse idea di che ora fosse, immaginò che l'alba si stesse avvicinando. Il cielo si stava lentamente schiarendo e il bosco, a quell'ora, era silenzioso, tranne che per i suoi passi veloci sopra le foglie e i ramoscelli secchi che spezzavano la quiete nei dintorni.
Si fermò per un momento, le mani appoggiate sulle ginocchia. Chiuse gli occhi, i capelli erano disordinati e scompigliati, e il respiro fuoriusciva in piccole nuvolette fuori dalla bocca, sfilando davanti ai suoi occhi. Da quanto stava correndo? Minuti? Ore? Giorni? Si rizzò nuovamente in piedi, non poteva fermarsi, non in quel momento. Sentiva che una piccola distrazione gli sarebbe costata la vita, e non era del tutto nel torto.
Spostò una delle mani dal ginocchio e se la portò sul petto, l'asma non gli aveva mai creato problemi, sapeva di esserne affetto, ma sapeva anche che non sarebbe stata certo quella la causa della sua morte. Si slacciò la camicia bianca e logora, lasciando libero il petto coperto da una leggera fascia di muscoli. Si sentiva soffocare. Si guardò indietro, notando con orrore delle fiamme mentre serpeggiavano contro il cielo.
Non si accorse dei passi leggeri di qualcun'altro avvicinarglisi da dietro. Non si accorse di quando quel qualcuno compì un elegante giro dietro a lui, per poi arrivargli alle spalle. Non sentì il freddo quando una bocca congelata gli si poggiò sensualmente sul corpo. Non sentì mai nulla, tranne il dolore che gli provocò la sua discesa negli Inferi.





 
"Esistono creature particolari, chiamate vampiri.
Qualcuno di noi ha prove della loro esistenza.
Nonostante noi non abbiamo assoluta certezza riguardo alla nostra triste esperienza,
gli insegnamenti e le testimonianze del passato sono prova
sufficiente per persone con occhi ben aperti."


«Grace, aspetta! Aspetta!» 
Grace sorrise, e si voltò, facendo ondeggiare la chioma di capelli biondi liscissimi, che riavviò con un fulmineo gesto della mano minuta, per poi far strofinare delicatamente le labbra, rese più morbide del solito dal lucidalabbra color pesca.
Se c'era una cosa che Grace Bennet amava più di qualsiasi altra cosa al mondo era stare al centro dell'attenzione. Amava quando la gente si sbracciava per salutarla o farsi notare da lei, amava quando le chiedevano particolari sciocchi della sua vita tanto per saperne di più su di lei, amava sapere che la gente andava in visibilio sapendo di essere fra le sue simpatie. Ma la ragazza che le stava correndo incontro non era solo una delle sue simpatie, o una qualsiasi ragazza che conosceva a malapena. Quella era Rachel, Rachel Styles, la sua migliore amica dai tempi della quarta elementare.  Le sorrise raggiante, il naso leggermente arrossato dai primi freddi invernali, la sciarpa nera stretta intorno al collo e il berretto rosso scuro con la scritta "commes des f*ckdown" in nero, sulla stoffa che risopriva la fronte. Grace le sorrise di rimando, guardandola, aspettando che le dicesse qualcosa. 
«Studiamo insieme oggi pomeriggio?» l'amica non la fece attendere. Grace sorrise, adorava la casa dell'amica, era sempre così calda e accogliente, con un forte odore di vaniglia.
Ogni volta che studiava da Rachel l'esito della giornata era sempre il solito, sacchi a pelo, camino acceso (anche d'estate) e film sui vampiri. La sua migliore amica impazziva per quelle creature, si documentava da sempre su di loro. Le mensole della sua stanza erano piene di libri riguardanti i vampiri. Aveva delle saghe, come Twilight, o anche libri che utilizzava per accumulare informazioni. Grace lo trovava un argomento stupido, lei non credeva a quelle cose, ma non l'aveva mai detto a Rachel, non avrebbe mai desiderato di ferire i suoi sentimenti. Infine annuì e, mentre la mora le sorrideva e si congedava, andando verso la classe di informatica, si appoggiò all'armadietto e guardò il braccialetto che si erano scambiate anni prima. Più che amiche.

Rachel chiuse la porta di casa e si precipitò dentro, buttò la borsa, piena di libri, accanto al mobile all'entrata e ci lasciò scivolare sopra le chiavi, che slittarono sulla superficie liscia e caddero a terra, facendo un tintinnio fastidioso. Non si scomodò ad abbassarsi per riprenderle e si fermò in corridoio, a guardarsi intorno.
Quella casa, la sua casa, era da sempre molto silenziosa. Era tutto così... morto. E lei era così sola. Sua zia non era mai presente, troppo occupata a dividersi fra i suoi due lavori per mantenere la sua nipotina orfana e la casa. Aveva anche Grace. Ma riguardo la sua migliore amica aveva una strana sensazione, se ne sarebbe andata molto presto, ne era sicura. L'avrebbe lasciata sola anche lei. Si portò una mano alla fronte, momentaneamente vittima di un capogiro. Quando la testa smise di pulsare, corsa in cucina, prese la vodka dal mobile a cassetti accanto al frigo e si riempì due bicchieri. Li lasciò lì, e salì lentamente le scale, compagna solo la sua solitudine e il leggero struscio che emettevano i suoi calzini a contatto con il legno.
Prese il pacchetto di Marlboro rosse, che teneva dentro al comodino nero, e se lo rigirò fra le dita fine e delicate. Al medio indossava il vecchio anello di suo padre. Prima di aprirlo, e prenderne il contenuto, agguantò l'accendino bianco e fece scattare la rotella. Subito la fiamma, non molto alta, divampò dalla punta e Rachel ci passò in mezzo la mano, come rapita. 
Il fuoco. Il fuoco la spaventava, non aveva mai passato troppo tempo accanto ad un camino. Le fiamme sembravano avvicinarsi sempre di più a lei, volendola avvolgere, e portare assieme a loro. Cenere alla cenere.
Quella volta non lo accese, ci poggiò di nuovo il dito sopra, e non diede importanza al calore incredibile che emanava la rotella. Quando ritirò il dito, una piccola striscia bordeaux le attraversava il pollice, non se ne curò e prese di nuovo il pacchetto di sigarette. Lo osservò, come si osserva una vecchia e prestigiosa statua. Finalmente lo aprì, e ne tirò fuori la sua vera compagna d'avventure. Una canna, fina e lunga, piena della cosa, l'unica cosa, che la faceva sentire veramente bene. Se la portò alle labbra dischiuse, e l'accese.


Rachel scattò a sedere, la fronte imperlata di sudore, mentre cercava di far rallentare i battiti cardiaci controllando il respiro. Fuoco, di nuovo. Il fuoco era sempre nei suoi incubi. Rachel era chiusa dentro una casa, con una donna seduta su di una sedia a dondolo e improvvisamente un enorme incendio divampava, bruciando ogni cosa. La donna non alzava mai la testa, in nessun sogno, mentre Rachel correva verso la porta cercando di aprirla o sfondarla inutilmente. Implorando aiuto. Il sogno si interrompeva ogni volta che le fiamme riuscivano a raggiungerla e lei si svegliava, sudata e terrorizzata, mentre toccava l'anello che era appartenuto a suo padre.
Una volta calmata, riuscì a distinguere il trillio del campanello. Grace, se ne era completamente dimenticata.
La ragazza si alzò e si strofinò gli occhi struccati mentre scendeva lentamente le scale, scivolando sui calzini di lana. Quando aprì la porta si trovò davanti Grace, che la guardava con un'espressione perplessa. 
Quando Rachel riaprì gli occhi erano già passate le cinque del pomeriggio, e il suono del campanello echeggiava nel salotto vuoto. La ragazza si alzò e si strofinò gli occhi struccati mentre scendeva lentamente le scale, scivolando sui calzini di lana. Quando aprì la porta si trovò davanti Grace, che la guardava con un'espressione perplessa. 
«Dov'eri finita?» si limitò a chiederle, rimanendo ferma e senza provare a varcare la porta. Rachel la fissò. Gli effetti non erano ancora totalmente scomparsi e ne prese atto quando si ritrovò a ridacchiare sommessamente con una mano poggiata delicatamente sulla bocca. Grace la guardò sorpresa. 
«Cosa c'è da ridere?» Rachel prendendola per mano, la trascinò all'interno della casa. Grace si sfilò il cappotto rosso dalle braccia. e andò a sedersi sul divano e guardò Rachel che, dall'altra parte della stanza, stava ricambiando lo sguardo, continuando a ridere. 
«Rachel!» tuonò infine la bionda, alzandosi in piedi e facendo qualche passo verso l'amica, «Che diavolo sta succedendo?»
Rachel serrò ermeticamente la bocca, sembrava sorpresa. Grace abbassò lo sguardo, ma lo rialzò quando sentì lo strusciare dei piedi dell'amica sul pavimento. Rachel mosse qualche passo in avanti, socchiudendo gli occhi, e inclinando la testa, lasciando che i capelli castani le scivolassero sulla spalla sinistra. Quando guardò di nuovo Grace aveva gli occhi spalancati.
«Grace, Grace, Grace...» Rachel camminò di nuovo verso l'amica, ma, invece di fermarsi davanti a lei, cominciò a girarle lentamente attorno, studiandola attentamente, nei minimi dettagli. 
«Rachel? Ti senti bene? Hai bisogno di aiuto?»
«Oohh, la ragazza perfetta che tenta di aiutare la pazza alcolizzata, che scena toccante...» 
«Di cosa stai parlando? Io...»
«Sai che ti dico, Grace?» Rachel pronunciò il suo nome come se stesse parlando di Satana. Quando sorrise in modo quasi sadico, Grace abbassò la testa e chiuse gli occhi. Ma quando l'amica si sporse sopra di lei, facendo in modo che le sue labbra fossero vicinissime al suo orecchio si scoprì a trasalire. Ormai si trovava con le spalle al muro, senza via d'uscita.
«Sei patetica» il soffio d'alito freddo che seguì la frase della mora fece rabbrividire Grace, che chiuse ancora di più gli occhi e cercò di tenere a bada il tremore al labbro.
«Rachel, io... io posso...»
«Grace, sta' zitta» ordinò Rachel, portandosi una mano congelata fra i capelli scuri e in disordine. Grace inspirò profondamente.
«Rachel»
«Stai zitta»
«Rachel, ascoltami»
«Vattene, Grace, vattene, vattene! Mi hai stancata!»
«Rachel, per favore»
«Ti ho appena detto» ribadì, con un tono che fece rabbrividire la bionda «Di chiudere il becco, smettila, smettila!» 
Rachel alzò la voce di qualche tono, che diventò lamentosa, come una specie di latrato.
«Chellie...» con un movimento fulmineo verso il tavolo Rachel afferrò qualcosa che Grace non fece in tempo a vedere. Ma, quando l'amica si girò, trasalì. Una bottiglia, un bottiglia di Vodka spezzata a metà. Quando la brandì scagliette di vetro caddero sul pavimento, senza fare alcun rumore. Anche il soprannome Chellie faceva parte del suo terribile incubo, della sua maledizione. Non voleva sentirlo. Si coprì le orecchie con le mani, tagliandosi il lobo con il vetro della bottiglia, pur di ricordare l'incendio, la donna con la testa bassa che sussurrava qualcosa, senza che lei capisse mai cosa volesse dire. L'unica cosa che capiva era "Ti prego, salva Chellie", la donna ripeteva qualla frase accompagnata da altre parole incomprensibili come una preghiera, fino a che le fiamme non arrivavano ad avvolgerla, uccidendola. 
«Vattene!» Grace non se lo fece ripetere due volte, lasciò cadere la borse e corse fuori, terrorizzata. Aveva scordato il cappotto dentro, ma non le importava, a malapena sentiva il freddo che le pungeva le mani nude e le guance bagnate. Non poteva chiamare sua madre,  stava piangendo e non sarebbe riuscita a spiegare cos'era successo in casa Styles. E sua madre, per quanto tenesse a quella ragazza, l'avrebbe di sicuro denunciata. Non poteva procurarle altri dolori, Rachel aveva sofferto tanto, e lei non era stata capace di offrirle il suo aiuto. Grace si sentì stringere dolorosamente il cuore e senza fermarsi a pensare, non ci sarebbe comunque riuscita, iniziò a correre verso il bosco. Corse a perdifiato, corse fino quando non si rese conto di non essere a conoscenza del posto in cui era finita. Era sul ciglio di una strada deserta e completamente buia. Si fermò, e iniziò a respirare profondamente, per riprender fiato e smettere di versare lacrime copiosamente. Il rumore dello spezzarsi di un ramo le fece drizzare la schiena. Si guardò intorno, e si diede della stupida, di sicuro un animale aveva schiacciato un ramo nel bosco, solo un animale.
Forse conosceva quel posto, ma il buio e lo shock per l'accaduto a casa di Rachel non le permettevano di ragionare in modo lucido, e si stava lasciando compromettere da ogni minimo rumore. Nel frattempo una macchina con la musica altissima le sfrecciò accanto, rischiando di buttarla a terra. Grace seguì i fari con lo sguardo, troppo sconvolta per provare a fare un autostop. Continuò a singhiozzare e si accorse solo dopo pochi istanti del silenzio che incombeva in quel bosco. Troppo impaurita per tentare di pensare ad una soluzione, ricominciò a camminare fino a che non si ritrovò di nuovo a correre. Corse, sentendo a malapena la stanchezza o il freddo, corse, sperando di svegliarsi nel suo letto e scoprire che era stato solo un orribile incubo (senza sapere che l'incubo avrebbe iniziato a viverlo), corse, fino a che una mano fredda non le si poggiò sul braccio. Riusciva a sentire il freddo glaciale che emanava, anche da sotto lo spesso maglione di lana grigia. Il sangue le si pietrificò nelle vene, il respiro le si bloccò in gola. L'altra mano le cinse piano la vita, e la strinse a sé, Grace sentì il suo corpo aderire a quello del suo aggressore e si scoprì a parlare a bassa voce, mentre delicate nuvolette uscivano dalle sue labbra socchiuse. Stava pregando.
«Sshh, Dio non può aiutarti adesso» dal braccio, la mano del ragazzo scivolò alla spalla. Pur non vedendolo, Grace sapeva che stava sorridendo. Le spostò dolcemente i capelli dal collo e iniziò a tracciarle dei cerchi sulla nuca con la punta delle dita fine, delicate e ghiacciate. La sua voce, al contrario del suo tocco, era calda e vellutata, bassa e roca, quasi come le melodie che intonano le mamme, con l'intento di far dormire i loro bambini. Grace sentì il tocco leggero sparirle dalla nuca e sentì il viso del suo assalitore avvicinarsi al suo. La sua bocca si avvicinò all'orecchio della ragazza, e cacciò un sospiro leggero, seguito da una frase pronunciata in un sussurro, come se stesse soffiando sopra ad un fior di leone, che Grace non sarebbe riuscita a sentire se non per il silenzio mortale che regnava sovrano per il bosco e la strada.
«Tranquilla, principessa, non sentirai nulla»
E poi, il buio. L'incubo era appena iniziato.
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Notalovestory