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Autore: Water_wolf    29/12/2013    1 recensioni
Avete presente quelle storie che parlano di angeli? E quelle sui quattro elementi? Ecco, prendetele e buttatele nel cestino perché questa fanfiction non ha nulla a che vedere con la normalità. Perciò, ecco gli ingredienti per questa storia:
-Un angelo rincorso in metro
-Una quindicenne sempre in ritardo
-Una Milano piovosa
-Una sana dose di divertimento
-Tre cucchiai di buona musica
-Cavolate q.b
-Magia in abbondanza
-Quattro Elementi strampalati
-Una missione da compiere
-Un pizzico d'amore (attenzione a non esagerare!)
[Cap. 6 “Prendi appunti coscienza: quando un padre arrabbiato incontra un ragazzo semi nudo in casa con sua figlia, il ragazzo semi nudo è un ragazzo morto”. Il pugno lo colpì in pieno volto, l’angelo cadde a terra, dal labbro era iniziato a scendere sangue. ]
[Cap. 10 Devi aiutarlo. Devi salvarlo. Corri. Più forte. Va’ da lui. Lui ha bisogno di te. Jonas ha bisogno di te. Quei pensieri, quella consapevolezza, le facevano muovere le zampe freneticamente, mentre i cuore aveva abbandonato il petto già da un po’ per trovare una sistemazione più accogliente in gola. ]
Genere: Azione, Comico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"And you let her go [...]
Hoping one day you’ll make a dream last
But dreams come slow and they go so fast
Let Her Go, Passenger"

 

Dopo un po’, Chiara si asciugò gli occhi, tirò su col naso e per la prima volta si guardò. I suoi vestiti avevano un aspetto orribile: stracciati in più parti, coperti di sangue secco in alcuni punti, c’era persino una macchia scura e viscida di quella che era stata Astra. Se avesse potuto specchiarsi, non era sicura di essere capace di riconoscersi.
Jonas non certo messo meglio, le numerose piccole ferite che perdevano lentamente ma costantemente sangue e gli abiti a brandelli. I capelli erano arruffati come un nido d’uccelli e il suo viso sembrava smagrito, oltre che immensamente stanco.
<< Dovremmo tornare indietro, i soldati hanno il diritto di sapere che Astra… >> si interruppe, la parola “morta” faticava a uscirle dalla bocca. << … che Astra è stata sconfitta e non c’è più. >> aggirò l’ostacolo.
Jonas annuì, le strinse la mano e rilassò le spalle, dispiegando le ali. Un raggio di luce le colpì, donando loro una parvenza impalpabile e illuminando d’oro i capelli dell’angelo. Volarono bassi, evitando i sempre più rari scontri aerei tra Bianchi e Neri, i quali sembravano essersi accorti che la loro regina era morta.
Chissà, si chiese Chiara, se ci sarà un modo per farli tornare normali, riunirli alle loro famiglie. Sperò vivamente di sì, mentre sorvolava Upward, avvicinandosi al Muro.
Il palmo di Jonas le dava lievi scosse, scintille di elettricità che la mantenevano vigile. Senza più il fiato sul collo di una possibile sconfitta, la paura di essere schiacciata dall’esorbitante superiorità numerica degli avversari, riusciva a concentrarsi su tutti i muscoli doloranti e i lividi che si era procurata.
Ormai vicini al Muro, videro Emilia e Dimitri sbracciarsi da terra, facendo loro segno di scendere di quota. Non appena mise i piedi sull’asfalto, Chiara soffocò nell’abbraccio stritolante dell’amica.
<< Emy, non voglio mangiare i tuoi capelli! >> bofonchiò, sputacchiando i ciuffi biondi che le erano finiti sulla lingua come un gatto.
La Custode del Fuoco la liberò, sorridendole felice.
<< Avevo una paura terribile che ti fosse accaduto qualcosa di brutto. >> disse.
<< Sto bene. >> la rassicurò Chiara, ma Emilia aveva l’aria di chi le avrebbe fatto firmare un contratto con il quale le vietava di mettersi in pericolo.
Dimitri tossicchiò e, mordicchiandosi una pellicina, intervenne << La nostra frigida presidentessa ci ha richiamato, non credo voglia aspettare. >>
<< Da quando conosci una parola così poco utilizzata? >> domandò Jonas.
Dimitri lo guardò un po’ stupito. << Davvero esiste? Io pensavo di aver coniato un nuovo nomignolo unendo “fredda” e “rigida”. >>
<< Tipico. >> commentò l’angelo, prima di scoppiare a ridere, trascinandosi dietro anche gli altri.
<< Immagino >> iniziò Chiara, recuperando un po’ di serietà << che Shai e Andre’ siano già dalla nostra frigida amica. >>
<< Mh-mh. >> confermò Emilia. << Muoviamoci, forza. >>
I Bianchi a terra si stavano ritirando in capannelli più o meno numerosi di soldati, medici e mogli che sfuggivano ai controlli e andavano ad abbracciare i mariti.
I ragazzi si fecero strada, sgusciando come anguille, finché non li raggiunse una figura conosciuta. Il maggiore Connor fece loro cenno con un braccio, indicando il luogo in cui c’era il Presidente Winter.
Chiara si rese conto, sbalordita, che la donna era circondata da un muro di infermiere che la tartassavano di domande e premure che lei, invece, si stava sforzando di liquidare con dolcezza. Sembrava l’avesse esaurita nelle precedenti ore di cure.
Alla fine, la vide prendere un grosso respiro e ordinare a una sua guardia del corpo di dispendere quelle persone con o senza gentilezza. Le infermiere si allontanarono, ma rimasero in vista, scoccando occhiate a una benda candida attorno al braccio della Winter.
Chiara diede una lieve gomitata a Emilia, tirandola a sé.
<< Non mi avevi parlato di questo particolare. >> sibilò, quasi con accusa.
La bionda scrollò le spalle. << Sarà pure fredda, ma se si è perfino presa un proiettile per Upward, vuol dire che ci tiene a questa città. >>
<< Già. >> si costrinse a ammettere la Custode dell’Acqua, mentre Shai e Andrea si ricongiungevano al gruppo.
La mora lanciò uno sguardo a Dimitri, che le fece l’occhiolino, prima di assalire Jonas. Chiara non sentì quello che gli diceva, però riuscì a sentire la punta delle orecchie farsi incandescente e immaginò fosse una frase del genere “dovevi proprio andare a salvarla? Hai rischiato così tanto!”.
Scoccò un’occhiataccia a Jonas, che si affrettò a staccarsi da Shai e rassicurarla in poche parole, le guance spolverate di rosso per l’imbarazzo. Dimitri emise una sorta di risatina a singhiozzo trattenuta a stento, quando vide Andrea fare una smorfia e affiancarsi a lui con aria offesa. Emilia gli sussurrò qualcosa all’orecchio che, invece di farlo smettere, lo fece ridere ancora di più.
Se quella è una risata, considerò Chiara, assomiglia al verso di una foca morente. Era un pensiero così assurdo che le affiorò un sorriso alle labbra.
Il Presidente Winter ruppe quella riunione, annunciando << Vedo che siete tutti qui sani e salvi. >>
Si sistemò la fasciatura sul braccio, guardandola come si fa con uno scarafaggio particolarmente brutto. Poi sorrise, forse il primo sorriso davvero sincero che faceva da quando Chiara la conosceva.
<< Sono felice che siate riusciti a portare a compimento il vostro destino. E’ incredibile pensare che dei ragazzini siano la chiave di una guerra, ma è ancora più straordinario osservarli in azione e vederli portarci alla vittoria. >>
<< E’ un complimento, vero? >> chiese Dimitri, sottovoce, ma si sentì ugualmente.
La Winter allargò il suo sorriso. << Sì, lo è. Ma non vi ho chiamato qui solo per complimentarmi. >>
E ti pareva, sbuffò Chiara nella sua mente. Doveva saperlo che la presidentessa non faceva mai nulla se non c’erano dietro almeno cinque altre ragioni. Indicò con il braccio sano il cielo, dove i Bianchi stavano sedando le piccole rappresaglie dei Neri ancora in corso.
<< Vedete? >> domandò.
Annuirono.
<< Non abbiamo idea di come possano tornare come prima della trasformazione. >> Si accigliò, e la sua espressione si incupì. << Speravo in voi per risolvere quest’altro problema. >>
Era la stessa domanda che si era posta Chiara e cui non sapeva rispondere. Shai schioccò le dita all’improvviso, facendola sobbalzare, già pronta a combattere. Aveva ancora parecchia adrenalina in circolo.
<< Io una soluzione ce l’avrei. >> esordì.
Guardò Andrea, quasi mettendolo sotto esame, e quest’ultimo corrugò la fronte, senza capire.
Continuò a fissarlo, mentre recitava << La Niayh era l’atlante della verità, capace di illuminare e oscurare, di scrivere e cancellare, ma anche di cambiare. >>
Il Presidente Winter spalancò gli occhi, mormorò quelle frasi lentamente e sembrò sul punto di mettersi a piangere per la felicità. Chiara pensò che era davvero molto stanca se il suo cervello lasciava che certe fantasie nascessero.
Lanciò un’occhiata di soppiatto a Emilia, che gesticolò con le mani e pregò che lei capisse ciò che aveva immaginato. Suo malgrado, Chiara intuì qualcosa che riguardava uno spogliarello e una corsa per tutta Upward nuda, sventolando un cartello con su scritto: “Ho la soluzione! Sono la presidentessa migliore del mondo!”
Dormire. Doveva dormire. Il sonno le avrebbe fatto bene, a lei e a tutti.
Andrea si grattò il collo con fare nervoso, gli occhi verdi che fuggivano dallo sguardo penetrante del Presidente.
<< Credo… credo di poterlo fare, sì. >> articolò con fatica.
<< Bene! >> esclamò la Winter, forse con un po’ troppo entusiasmo. << Avete tempo un’ora per prepararvi, dopodiché, procederemo alla ri-trasformazione. Maggiore Connor! >> chiamò, e il soldato comparve in un istante, batté i tacchi e si mise sull’attenti.
Chiara pensò che era uguale a uno dei militari che si vedevano nei film d’azione, solo più sudato e stanco.
<< Tappa al padiglione medico; si procuri anche degli abiti nuovi. Può andare. >> lo congedò, e l’uomo si esibì nel saluto.
Prese in consegna i ragazzi e fece fare loro dietro-front verso un edificio basso che era stato adibito a ricovero per i feriti. Appena entrarono, videro tendoni di plastica dividere quello che prima era una grossa hall in tante sale in cui poter operare. L’aria odorava di guanti in lattice e antibatterici.
Chiara storse il naso. Non le piacevano troppo gli ospedali, soprattutto se la malata non era lei. Le ricordavano troppo il periodo che aveva passato al capezzale di sua mamma, dopo l’incidente col padre.
Cercò istintivamente la mano di Jonas, che trovo calda e sicura. Una dottoressa in camice verde acqua fermò senza tante grazie il maggiore Connor, puntandogli un indice contro il petto.
<< Ha idea di quanti microbi stia portando qui dentro? Non può entrare così e… >> iniziò, ma l’uomo scostò la sua mano dal proprio corpo e la interruppe << Sto eseguendo degli ordini, signora. Servono controlli e vestiti nuovi per i Custodi. >>
La dottoressa assunse un colorito tra il viola prugna e il rabarbaro per la vergogna, ma non poté parlare ancora, perché il soldato riprese << E, molto francamente, non mi interessa assolutamente niente di quanti microbi io possa introdurre qui. >>
Girò i tacchi senza aspettarsi una risposta, dando una pacca sulla spalla a Dimitri per farlo avanzare.
<< Non si azzardi ad aspettare questi ragazzi qua dentro, chiaro? >> gli gridò dietro la donna. << Non ha la minima idea di cosa possa trovarsi sulla pelle di un maschio adulto che ha appena combattuto! >>
Si rilassò solo quando il maggiore Connor varcò la soglia, si diede una sistemata alla alta coda di cavallo castana e si raddrizzò gli occhialetti viola sul naso.
<< Seguitemi, avanti. >> invitò, sorridendo benevola ai sei.
Forse anche lei dovrebbe starsene in un ospedale, osservò Chiara, cui il comportamento della dottoressa sembrava parecchio strano.
La donna li condusse attraverso un telo di plastica giallo, entrando in un’ala diversa dell’edificio. Indicò sei diversi spicchi – muniti di altrettanti lettini – dove si sarebbero dovuti accomodare in attesa di chi si sarebbe occupato di loro.
Chiara sfiorò le labbra di Jonas in un bacio brevissimo, poi si sedette sopra il lettino grigio topo. Poco dopo, entrò una sorridente infermiera sui vent’anni che, chiudendo i due lembi del telo che formavano la stanza con una molletta, si occupò di lei.
La aiutò a spogliarsi, le chiese dove sentisse più dolore – cosa piuttosto difficile da definire, visto che si sentiva più strapazzata di un uovo – e pulì qualche graffio dal sangue. Uscì e ritornò con dei pantaloni scuri e una maglietta anonima, entrambi i capi perfettamente sterilizzati, e glieli porse.
<< Stia tranquilla, nonostante tutto, è sana come un pesce. >> la rassicurò, allontanandosi per permettere a Chiara di vestirsi.
<< Ci mancherebbe, sono la Custode dell’Acqua. >> mormorò tra sé, ma l’infermiera era già sparita.
Si cambiò in fretta, lasciando che i vecchi abiti si sparpagliassero al suolo, e si sentì incredibilmente più pulita. Infilò la mano in una tasca dei pantaloni e vi trovò una zolletta di zucchero, che si ficcò in bocca, grata. Ben presto, le si sciolse sulla lingua. Dimitri era già sfuggito dalle grinfie del proprio medico, nessuna fasciatura evidente.
Quando si furono riuniti tutti, la prima dottoressa li condusse fuori dall’edificio, dove li consegnò al maggiore Connor, che li aspettava con la schiena appoggiata al muro. Si beccò un’occhiataccia, ma sembrò non farci caso.
<< Allora, >> disse << tirate fuori il libro magico e saremo pronti in anticipo. >>
<< Non è un libro magico. >> borbottò Andrea, ma il fatto che Dimitri fece apparire l’Atlante della Verità dal nulla non contribuì molto.
Infatti, il militare indicò il volume che fluttuava sul palmo del ladro come prova eloquente.
Andrea brontolò qualcos’altro mentre si riprendeva il libro, senza tralasciare di dare uno scappellotto a Dimitri, il quale si voltò verso Emilia e domandò << Essendo la mia ragazza, non dovresti impedirgli di trattarmi in questo modo? >>
La bionda alzò un sopracciglio. << Da quando vuoi la mammina? Avete un conto in sospeso, voi due, sbrigati a estinguerlo. >>
Dimitri avrebbe volentieri ribattuto, ma la sincera risata del soldato glielo impedì. Bofonchiò qualcosa riguardo alla gioventù che nessuno capì, però si rifece serio in fretta, assumendo quell’aria seria e composta tipica del contegno militare.
Più si facevano vicini a luogo dell’incontro con il Presidente, più si rendevano conto di che dimensioni era l’esercito di Neri di Zeigen e Astra. Gli angeli erano una schiera scura che circondava il Muro, ma molti se ne stavano aggiungendo e rimpolpavano le file, sempre sotto il controllo dei militari.
Avevano lo sguardo vacuo, notò Chiara, come se la perdita dei comandanti li rendesse infinitamente tristi, automi senza scopo. Presto, videro la Winter discutere con altri nomi importanti, discutendo e dando ordini. Assunse un’aria compiaciuta nell’osservare Andrea e l’Atlante della Verità.
Assistettero alla preparazione di quel colossale schieramento. Chiara guardò il cielo, sforzandosi di scorgere anche il minimo puntino nero, ma i suoi occhi incontravano solo macchie bianche: nuvole o angeli.
Andrea era visibilmente nervoso e, per non mostrare l’ansia, si sedette a gambe incrociate per terra e incominciò un dialogo con la terra che si estendeva sotto l’asfalto. Sembrava una specie di monaco buddhista che praticava l’arte della meditazione.
Quando la Winter annunciò che era il momento, i Neri erano così tanti da assomigliare a una nube temporalesca in avvicinamento. Andrea si alzò, si spazzolò i jeans e cercò l’appoggio nello sguardo dei compagni, che gliene infusero quanto più poterono.
Il Presidente si fece avanti, percorse con lo sguardo i nemici, poi si voltò verso la folla alle sue spalle, che si era fatta compatta e silenziosa.
Chiara non seguì l’inizio del discorso, si perse subito tra i paroloni utilizzati. Sembrava la sua professoressa di Storia, a scuola, che aveva il dono di farla addormentare. Poi sentì la parola “dimissione” e quasi spiccò un balzo per lo spavento.
Un tornado di “cosa!?” e “come?” le invasero la testa. Si levarono protese dalla folla, tanto che la Winter dovette ripetere quella parte del suo discorso per farla assimilare a tutto.
<< E’ stato un anno difficile, un periodo di guerra che non si vedeva da anni a Upward. Un così grande utilizzo di energia e forza mi è costato molto, ci è costato molto, e ora sono così spossata da sentirmi prosciugata. E’ per questo, che garantirò la stabilità di Upward e dopodiché mi dimetterò, in modo che altri più vigorosi di me possano sorreggere il peso di questa città. >>
Fece una pausa. La parte che seguì, sembrò quasi una supplica.
<< Per favore, non rendete questa scelta più dolorosa di quello che è già. Non scomparirò, non vi abbandonerò, ma ho bisogno di un periodo di riposo. >>
Fu abile a tenere le redini delle persone che protestavano, giocando la carta del grande momento in cui il Custode della Terra avrebbe riportato indietro i cari dai Bianchi.
Il ragazzo raggiunse la Winter, che si fece indietro, e diede le spalle al pubblico. Scrutò tutti quegli angeli delle piume nere, tamburellò le dita sul dorso dell’Atlante della Verità e distese le spalle.
Aprì il libro, sfogliò le prime pagine, finché non ne trovò una che lo soddisfaceva. Divaricò le gambe e i suoi piedi affondarono di un paio di centimetri nella terra, creando un contatto stabile. Mise due dita a mo’ di segnalibro, gettò una lunga occhiata al volume, alzò la testa e parlò.
Ma non nella lingua degli umani, italiano, francese, tedesco o russo che fosse. Parlò come parlerebbe una quercia, un salice, un tasso; così soavemente, però, come farebbero le violette e le campanule, le margherite e gli ibischi.
E non successe nulla.
Chiara si era aspettava qualcosa, un segno della magia che veniva portata a compimento, ma non accadde niente.
Temeva che da un momento all’altro, Andrea si sarebbe girato e avrebbe detto << Scusate, non è possibile farli tornare normali. Spero non vorrete usarmi come bersaglio, nel caso aveste un fucile. >>
Invece, dall’Atlante della Verità si sprigionò una luce talmente potente che la ragazza si protesse gli occhi con le mano. Quando sbatté le palpebre e i puntini smisero di danzarle davanti agli occhi, le sembrò che stesse piovendo cenere.
Poi, si rese conto che erano le piume scure degli angeli. Le ali di questi ultimi, da nude, misero a velocità innaturale un piumaggio nuovo e luccicante come diamanti. Le espressioni cupe scomparirono dai loro visi e, per la prima volta da molto, troppo tempo, si resero conto di chi erano veramente.
Chiara era talmente sbalordita che non riusciva a muoversi o a parlare.
Una donna dai capelli biondissimi, sciolti sulle spalle, si illuminò ancora più degli altri. Allargò le braccia e gridò << Joseph! >>
<< Mamma! >>
Alla sinistra di Chiara, la gente aprì un varco, da dove un bambino dai ricci dorati corse ad abbracciare la donna. Lei lo prese al volo, lo fece girare più volte e scoppiò a piangere. Fu la scintilla che diede il via all’abbraccio collettivo con quelli che pochi minuti prima erano i loro acerrimi nemici.
La Winter scomparve nella folla, la figura di Andrea fu inghiottita da un turbinio di piume bianche. Chiara si accorse che Jonas la stava tenendo per le spalle per paura di perderla. Sentì Emilia chiamare il suo nome, così si voltò e vide che Andrea era riuscito a tornare da loro prima che scoppiasse quella confusione.
Con fatica, trascinandosi dietro Jonas, la raggiunse. Il Custode della Terra tremava. Sorrise a trentadue denti quando Shai lo investì, ma la violinista dovette poi reggere il peso del ragazzo, che si era accasciato su di lei, privo di sensi per lo sforzo.
In quel momento, Chiara si rese conto della felicità che le inondava il petto e del cuore che le sembrava battere con rinnovata forza nel petto, il sottofondo di una giornata gioiosa che sarebbe rimasta nella storia.
§

Chiara sapeva di essere sul punto di piangere. Sentiva le lacrime pungere dietro gli occhi e la bocca era già piena del loro sapore salato. Perché doveva essere così difficile per lei?
Shai non faceva una piega o, almeno, era più brava di lei a tenersi dentro le emozioni, quando doveva separarsi dal suo quasi-ragazzo. Non sapeva con certezza né se Andrea era innamorato di lei né se sarebbe mai potuto sbocciare qualcosa, eppure, nonostante quelle domande assillanti, sembrava serena, come se niente potesse disturbarla.
Be’, certo, Emilia doveva essere sempre quella più fortunata, con il fidanzato che sì era speciale, ma non era un angelo che viveva a chilometri sopra la sua testa.
Andava tutto bene: Upward si stava riprendendo lentamente, i cittadini si prodigavano ogni giorno per abbattere il Muro, ci si stava avviando verso una futura pace. Ma dei Custodi lì non c’era più bisogno, così, la Winter non aveva esitato per comunicar loro di ritornare a Milano.
Attraversato lo Specchio – il passaggio che divideva la città volante dalla terra – e solo in quel momento Chiara si era resa conto che Jonas non restava con lei.
Non poteva essere in ritardo semplicemente coi mezzi pubblici o le scadenze, ma anche coi collegamenti mentali. Perché sarebbe stato ingiusto trattenere l’angelo, sottrarlo a una famiglia che lo amava già prima che si scoprisse la sua natura di Custode.
Capiva perfettamente il motivo che lo spingeva ad allontanarsi da lei, la sua promessa di tornare a farle visita ogni volta che poteva, eppure…
Eppure, separarsi da lui sarebbe stato come impacchettare la persona che più si amava e spedirla oltreoceano, all’Isola di Pasqua, su una nave.
Chiara si strinse a lui, si aggrappò alla sua felpa grigia come se ne andasse della sua stessa vita. Inspirò il suo profumo, appoggiò la testa sul suo petto e sentì il suo cuore battere regolare.
Non te ne andare, Jonas. Ti prego.
Ma l’angelo l’abbracciò forte, la cullò, e poi la allontanò da sé con decisione. I suoi occhi grigi erano un tumulto di emozioni, specchio di quelle di Chiara. Le baciò la fronte, come se fosse una bambina.
<< Sssh. Tranquilla. Andrà tutto bene. Non è finita, la nostra relazione, il nostro amore, continua. Non basterà il cielo a dividerci. >> sussurrò sulla sua pelle, il fiato caldo che le faceva il solletico.
Chiara si ripeté quelle frasi nella testa, come faceva con una regola, per crederci e tenerla a mente.
Andrà tutto bene. Non è finita. Non basterà il cielo a dividerci.
<< Ti prego… >> mormorò ancora, sentendosi egoista ma non avendo la forza per troncare subito quel saluto. 
Jonas la allontanò di qualche centimetro in più, la ammirò da quella distanza e si sforzò di sorridere.
<< Ehi, questo è un arrivederci. >> mormorò.
Intrecciò le dita a quelle di Chiara, si portò lo mano al petto e disse << Lo prometto. >>
La ragazza si diede il tempo di tre lunghi respiri, prima di annuire e lasciare andare la mano dell’angelo.
<< Mi mancherai. >>
Si aspettò il solito “anche tu” di tradizione, ma Jonas spiegò le ali diafane e le fece l’occhiolino.
<< Se non ti mancassi, non sarei importante. >>
Anche Shai era pronta a ripartire per Upward, aspettava che il loro saluto si concludesse. Chiara afferrò Jonas per la felpa un’ultima volta, si alzò in punta di piedi lo baciò, imprimendo in quel bacio tutto ciò che stava provando: rabbia per la separazione, tristezza, comprensione, amore e tanta, tanta paura di perderlo per sempre.
Quando si staccò, mise su il miglior sorriso di cui era capace e osservò il suo fidanzato prendere il volo. Se ci avesse pensato solo qualche settimana prima, si sarebbe data della pazza. Lei e un ragazzo, che tra l’altro vola pure? Ma scherziamo!
Sentì la calda presenza di Emilia al suo fianco e gliene fu grata. I quattro, lei, la bionda, Dimitri e Andrea, imboccarono la metropolitana insieme. Chiara non disse nulla, lasciando che i discorsi della sua migliore amica riempissero quel vuoto. Cercò di salutare con calore Andrea, arrivato alla fermata Stazione Centrale, ma aveva la testa da un’altra parte.
Lui non sembrò farci molto caso, dopotutto, non poteva sapere quali pensieri si affollassero nella mente del genovese. Dimitri gli batté forte qualche pacca sulla spalla, lo fissò con intensità e scoppiò a ridere senza motivo.
<< Non scomparire, mi raccomando, Andre’. >>
L’altro gli sorrise. << Sei il Custode dello Spazio, amico, dovresti essere bravo a trovare le cose. >>
E lasciò che le porte si chiudessero davanti a lui, sventolò la mano e si accodò alle persone che stavano prendendo le scale mobili.
Per sua madre, quella era una semplice gita di massimo un paio di giorni, e l’incanto di Shai sul tempo aveva funzionato alla grande: erano partiti all’alba ed erano stati a Upward meno di una settimana, ma lì erano a malapena le sette di sera. A Genova, la casa di Andrea, quello sarebbe stato solo un ritorno in anticipo.
Per Dimitri, che non aveva dimora fissa, la questione “tetto sopra la testa” era un po’ complicata. Emilia lo aveva invitato a casa sua, per quella sera, ma speravano nella gentilezza di Giovanni per dargli un’abitazione fissa. Che tornasse a rubare o vivere come capitava, non era contemplato.
Chiara si perse a pensare a come doveva essere la camera da letto di Jonas, o come lo avrebbero accolto i suoi compagni di classe. Si ricordò di suo padre, che non sarebbe stato contento di vederla tornare tardi, e fece una smorfia.
Alzò lo sguardo, notando che la metro si stava fermando in un punto in cui avrebbe potuto prendere l’autobus che l’avrebbe portata poco lontano dalla casa di Giovanni. Non le sarebbe affatto dispiaciuto passare la serata con lo scrittore, a raccontargli tutto ciò che era accaduto in quei giorni.
Immaginò la sua faccia quando gli avrebbe detto che si era mosso a rallentatore, proprio quando il treno si fermò e aprì le porte per far entrare le persone.
Balzò in piedi, baciò velocemente le guance di Emilia e annunciò, piena di una nuova allegria << Vado da Giò! >> e sgusciò via.
Fece gli scalini quattro a quattro, rischiò di inciampare e andò a sbattere contro una signora con la borsa, bagaglio che si era portata ad Upward e che era stato quasi inutilizzato. Almeno, visto che c’erano dentro i suoi vestiti, non era dovuta tornare a Milano con gli abiti sterilizzati forniti dall’ospedale.
Si lasciò trasportare da quella foga, che le diede energia sufficiente a raggiungere in tempo l’autobus che stava abbandonando la fermata-capolinea in quel momento. Si sedette con uno sbuffo sul sedile di plastica e si perse a guardare sfilare davanti a sé i viali.
Si ricordò di scendere quasi per miracolo, dal momento che era sul punto di addormentarsi, e notò che era iniziata a scendere una pioggerellina leggera, di quelle che sarebbe troppo aprire l’ombrello e troppo poco ripararsi sotto il cappuccio. Ma Chiara non aveva né l’uno né l’altro, così percorse il blocco di case a viso scoperto, finché non raggiunse la casa dello scrittore.
Aveva le chiavi della porta nella borsa e salì senza citofonare. L’uomo di mezza età le aprì la porta dell’appartamento, già sulle labbra la frase “no, guardi, sono ateo” per allontanare i Testimoni di Geova. Poi, si rese conto di chi si trovava davanti e l’accolse in un grande abbraccio.
<< Come mai tutto questo affetto? >> chiese Chiara, abbandonando la borsa ai suoi piedi ed entrando nell’appartamento.
Giovanni le intimò di togliersi le scarpe, per risparmiare al pavimento un po’ di sporco.
<< Be’, sei andata in una città sulle nuvole per combattere il male e sei tornata, ergo avrai sconfitto i tuoi nemici e sei tornata sulla Terra vittoriosa. >> rispose lui.
Chiara rise. << Detta così, sembra un film degli X-Men. >>
Giovanni scrollò le spalle. La ragazza si svestì, ripose le scarpe nella scarpiera e raggiunse lo scrittore in cucina.
<< Fame? >> domandò, la testa dentro il frigorifero.
<< Ah-ah. Cosa prepara lo chef? >> scherzò la quindicenne.
L’uomo riemerse dall’elettrodomestico, si grattò la barba e propose << Anatra all’arancia, pesce e frutti di mare oppure dell’ottima pasta al sugo? >>
<< Dubito fortemente che tu sappia cucinare i primi due piatti. >> replicò Chiara.
<< I miei strumenti sono la carta e la penna, non i fornelli. >> si difese, chiuse il frigorifero e aprì l’anta della credenza dall’altra parte della cucina.
Permise a Chiara di non fare nulla mentre lui scaldava l’acqua, così la ragazza si sedette al tavolo e giocherellò con la pasta cruda nella confezione. Osservò Giovanni tirare fuori il sugo, uscire sul balcone e tornare dentro con qualche foglia di basilico, che teneva in un vasetto sempre a portata di mano. Intanto, la sua mente ritornò a Jonas e la tristezza tornò a opprimerle il petto.
Non si accorse degli occhi dello scrittore su di sé finché lui non le domandò cosa non andava. Chiara non provò nemmeno a mentire.
<< Ci siamo dovuti separare. >> disse piano, chinando la testa.
Giovanni le si sedette di fronte e ascoltò il breve resoconto di quella giornata senza battere ciglio.
<< Ho paura, Giovanni. Paura di perderlo per sempre, di rimanere sola con il cuore spezzato. >> sospirò piano Chiara.
Lo scrittore le sorrise comprensivo. Prese tra le dita uno spaghetto crudo, mostrandolo alla ragazza.
<< Sai che se provi a romperne uno in due soli pezzi mettendolo tra pollice e indice dell’altra mano non ci riesci? >> domandò.
<< No. >> rispose lei.
Giovanni eseguì l’operazione, e quattro frammenti dello spaghetto crudo ricaddero sul tavolo della cucina.
<< Non puoi dividerlo a metà in questo modo, dovresti forzarlo tu stessa per separarlo a metà. Altrimenti, i pezzi non saranno mai meno di tre. >> spiegò.
<< E questo cosa c’entra con me e Jonas? >> chiese Chiara, lanciando un’occhiata scettica alla pasta.
<< C’entra eccome, invece. >> ribatté Giovanni. << Pensa allo spaghetto come a due persone che si amano e vogliono restare insieme, che hanno unito le loro anime e i loro cuori. Di per sé, in questa situazione, non si dividerebbero mai in due sole parti se non c’è un grosso problema all’interno della coppia, nessuna causa esterna. Se si lasciassero per la seconda ipotesi, le loro vite non sarebbero troncate di netto una dall’altra. Le anime si possono allontanare, dividendosi in più pezzi, perché due corpi possono essere lontani chilometri ma i cuori possono battere insieme anche a quella distanza, perché sono frammenti a sé, che richiedono integrità e si parlano e amano anche se non sono vicini, in attesa che la carne dei due torni insieme. Pensa a te e a Jonas come questo spaghetto: guarda come il vostro amore esige un frammento tutto per lui, che vi unisce nonostante tu sia a Milano e lui in cielo, a Upward. >>
Chiara fissò gli occhi su quei quattro pezzettini di pasta. Prese quello che doveva essere il cuore e se lo rigirò tra le dita, per poi osservarlo con interesse in bilico sulle unghie.
<< Tu credi che ce la faremo? A non spezzarci a metà, intendo. >>
Giovanni le sorrise. << Io non lo credo, ne sono certo. >>
Anch’io ne sono sicura, pensò tra sé e sorrise. No, non ci spezzeremo.
Il timer che aveva caricato lo scrittore suonò, destandola da quel pensiero. Giovanni spalancò gli occhi.
<< Forza, non abbiamo ancora preparato la tavola! >>
Chiara si mise ad aiutare l’uomo in cucina, evitando disastri come la mancanza del sale, e cenarono sullo sfondo delle avventure che aveva compiuto ad Upward. Il buio scese e lo scrittore la invitò a dormire a casa sua, così lei fece una breve telefonata a suo padre per chiedergli il permesso. Sarebbe rimasta lì comunque, ma era meglio non farlo arrabbiare.
Con infinita calma, si infilò nel pigiama e si lavò i denti, usando tutto ciò che aveva lasciato nell’appartamento e che aveva nella borsa. Si infilò nel letto singolo della camera degli ospiti, scivolando pian piano nel dormiveglia.
All’improvviso, spalancò gli occhi di scatto e si mise seduta in un lampo.
Si era appena resa conto che domani c’era scuola e lei non aveva fatto i compiti. Si lasciò ricadere sul cuscino con un mezzo gemito. Si passò una mano sul viso, per poi abbandonarla sulle coperte.
Che nessuno mi venga a dire che la scuola non è una rottura di palle.
 
***
Angolo dell'autrice
Sono orgogliosa di potervi presentare il penultimo capitolo di questa storia, scritto per la maggior tempo di notte, quand l'ispirazione non mi dava pace. Non dico quanto amore abbia dimostrato la mia famiglia nel sentirmi battere i tasti fino a tardi x'D
Forse è anche dovuto a questo il delerio sulla pasta, che non sono sicura di comprendere appieno pure io, ma stava nel personaggio di Giovanni e nella sua mentalità dell'amore.
In molti speravano che Jonas e Chiara stessero insieme, invece no^^ Andrea e Shai sono avvolti nel mistero, sta a voi decidere se saranno una coppia oppure meno, chissà se i vostri pensieri coincidano con i miei. La Dimilia, d'altro canto, crescerà rigogliosa! Se poi vogliamo fantasticare su maggiore Connor/dottoressa maniaca dei batteri, non mi dispiacerebbe scrivere qualcosa su di loro.
Anyway, la Winter se ne esce con la dimissione, l'ultimo final twist di questo personaggio.
In conclusione, questo capitolo, seppur più lungo degli altri, ho cercato di renderlo più leggero e magari divertente, perché dopo combattimenti/ammazzamenti/ansia/oddio-potrei-morire ci voleva ^u^ Spero vi sia piaciuto, un bacio!

Water_wolf


 
  
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