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Autore: _fly_with_me    29/12/2013    1 recensioni
Una ragazza malinconica in fuga dalla sua realtà che le sta stretta.
Una ragazza romantica con un quaderno dei ricordi sotto braccio.
Una ragazza stanca della routine, scalza con i sandali in mano.
Una ragazza triste, seduta sotto un pesco.
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Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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FIORI ROSA, FIORI DI PESCO
 
Credevo di volare e non volo
Credevo che l'azzurro di due occhi per me
Fosse sempre cielo, non e'
Fosse sempre cielo, non e'

 
- Lucio Battisti, Fiori Rosa, Fiori di Pesco
 
 
La ragazza pensò che forse, quello era il momento giusto per andarsene.
Si, doveva lasciare tutto e tutti, abbandonarli al loro destino. Perché nel suo cuore sentiva cosi.
Si, doveva lasciare sua madre, l’unica donna nella sua vita che non l’aveva mai abbandonata, che l’aveva sempre amata, che non le aveva mai voltato le spalle nel momento del bisogno.
Si, doveva lasciare suo padre, anche se questo non le sarebbe dispiaciuto più di tanto. Quell’uomo burbero, iroso, con una tendenza a deturpare la felicità altrui.
Si, avrebbe dovuto lasciare Mila, la sua fedele cameriera. La sua alleata, la sua complice.
Si, avrebbe dovuto lasciare quell’austerità regolare e mai infranta della corte.
Si, avrebbe dovuto lasciare la sua vita per come era in quel momento, per andare chissà dove, in un luogo sperduto, o magari semplicemente aveva bisogno di staccare un po’ da quella realtà che la opprimeva quotidianamente.
Si, avrebbe dovuto lasciare quel dolore, finalmente, quelle spine nel fianco che da sempre la accompagnavano lungo la sua vita.
 
Lei era fragile.
Lei era imperfetta.
Lei era diversa.
 
Era per questo che se ne andava.
 
Il portone principale dava sul giardino.
Era una fresca serata di tarda primavera, e l’aria era satura dei profumi degli alberi. Alcuni petali cominciavano a svolazzare a terra, con un movimento lieve, quasi impercettibile.
L’erba verdissima scricchiolava sotto i suoi piedi nudi.
Sotto braccio aveva un quaderno, il suo vero compagno di viaggio.
Tutte le citazioni, i ricordi, le vite di chi aveva conosciuto nei suoi 16 anni erano racchiuse dentro quello scrigno dalla copertina sgualcita e le pagine ingiallite dal tempo.
Le foto migliori che possedeva erano quelle più malinconiche, perché lei era sempre stata una ragazza malinconica, la rappresentava: foto sotto salici piangenti, raggomitolata su una panchina del giardino… e poi c’erano i paesaggi: le montagne, il mare, le rare volte in cui vi si era recata, la campagna verdeggiante intorno al dominio di suo padre.
 
Una ragazza sola. Con un paio di sandali in mano.
Una ragazza sola. Sola con il suo quaderno dei ricordi.
Una ragazza sola. Nel giardino rigoglioso.
Una ragazza sola. Seduta sotto le fronde ombrose di un albero di pesco.
Una ragazza sola. Nel tramonto luminoso di primavera.
Una ragazza sola. Che non sa dove andare.
 
Lei era fragile.
Lei era imperfetta.
Lei era diversa.
 
La giovane si sedette sotto il pesco. Posò il piccolo diario accanto a lei e si appoggiò al tronco, esile ma resistente, rugoso ma gentile, accogliente.
Pensava.
Chi era lei?
Da dove veniva?
Qual era il suo destino?
Interrogativi importanti, i suoi.
Il cielo dietro di lei sembrava in mano ad un pittore creativo e alla sua tavolozza. Totalmente in balia del suo volere. Un po’ come lei.
Azzurro di sfondo.
Violetto, come i piccoli non-ti-scordar-di-me che erano spuntati tra l’erba.
Rosa, come i fiori di pesco sopra di lei. Alzò gli occhi per rimirarli e si accorse che amava la natura.
Amava quel suo essere madre, quel suo accogliere ognuno com’era, quella sua perfezione divina, quel suo amare il mondo talmente tanto da farlo così bello, così indescrivibile.
Riconosceva la sua potenza silenziosa. Si sentiva minuscola al confronto. Si sentiva osservata nel profondo, dove nessuno era mai arrivato. Con la natura si sentiva a casa.
Un petalo le cadde su una mano.
Lo osservò da vicino. Osservò la sua delicatezza, la sua forza interiore che scorreva insieme alla linfa nelle sue microbiche venature. Osservò la sua capacità di resistere, attaccato al ramo, fino a che “Qualcuno” o “Qualcosa” non avesse deciso che sarebbe dovuto cadere, scivolare nel’oblio.
 
Lei era fragile.
Lei era imperfetta.
Lei era diversa.
 
Lei doveva resistere.
Come quel petalo.
Ed era per questo che non se ne sarebbe andata.
  
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